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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2016-2017 - Vangelo di Matteo
INDICE
Vegliate dunque perché non sapete I DOMENICA di AVVENTO - 27 Novembre 2016
in quale giorno il Signore vostro verrà Matteo 24, 37-44
Quando ero ragazzo mi dicevano che il credente è uno che vive di sicurezze, non conosce incertezze, dubbi, perché trova la verità in Dio e nei rappresentanti di Dio, nei "pastori" della Chiesa: l'importante è che si fidi e creda senza troppo pensare.
Quando sono cresciuto e ho cominciato a leggere il Vangelo e pagine come quella di oggi, ho constatato che invece i primi cristiani vivono lo sgomento, l'incertezza, il dubbio; non riescono a capire quello che sta succedendo e quello che sperano che avvenga.
Hanno una certezza che Gesù viene, che Lui è l'oggetto della loro speranza, che i valori di Gesù devono compiersi in questo mondo... ma quando, come? Non riescono a individuarlo, non riescono a capire, sono sgomenti, non sanno...!
Da una parte c'è chi dice: "Verrà presto e in maniera straordinaria, gloriosa". Da un'altra parte si rendono conto che il tempo passa. Paolo, il grande apostolo, diceva che lui non sarebbe morto prima del ritorno di Gesù nella gloria. Paolo è morto e Gesù non è venuto. Non sembra cambiare niente, anzi lo smarrimento, la violenza sembra aumentare nel mondo e - allora - che cosa bisogna pensare?
Vedete, a me sembra che, nel mondo di oggi, molti cristiani vivono questo stesso sentimento. Da una parte la speranza che il mondo vada sempre più avanti: la medicina progredisce quasi ogni giorno, così la scienza, la tecnologia. Dall'altra parte le guerre, la violenza, la sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
In questi giorni si manifesta per la mancanza di rispetto per le donne, la violenza quasi quotidiana che subiscono. Cos'è questo mondo? Dov'è la verità? Cosa si può fare? Ecco - vedete - lo smarrimento, il dubbio, l'incertezza!
Se vi capita di incontrare un cristiano che pensa di sapere tutto, che è sicuro, ascoltatelo bene e vi accorgerete che è un intollerante, un fanatico - oppure - semplicemente un maleducato che non ha rispetto del prossimo.
I primi cristiani, no! loro vivono l'incertezza, il dubbio, lo sgomento; non riescono ad immaginare il futuro... Da una parte hanno le luminose immagini, che leggono il sabato come abbiamo fatto noi oggi, del profeta Isaia: "le lance diventeranno aratri, le spade diventeranno falci, non ci sarà più la guerra, la pace regnerà sulla terra" Dall'altra parte lo sgomento e la paura di un mondo sempre più violento.
Ma - allora - chi ha ragione? Chi è Gesù? Cosa porta nel mondo? Avrà ragione Lui?
Lo sconcerto, il dubbio, l'incertezza - a volte di più, a volte di meno - accompagna la vita del cristiano giorno per giorno e (come avete ascoltato) questi primi cristiani non riuscendo a capire granché, dicono: "Ma forse la cosa più importante è che noi ci impegniamo nel lavoro di ogni giorno". Avete ascoltato come citano delle strane parole dell'Antico Testamento che sembra non c'entrino niente: "Come al tempo di Noè mangiavano, bevevano, si sposavano..." Poi aggiungono: "Due uomini saranno nel campo… due donne macineranno alla mola…" Allora forse la nostra attenzione deve essere rivolta a queste cose. Allora forse senza troppo pensare a quello che verrà, senza lasciarci sgomentare per il futuro, ciascuno di noi deve essere attento alla propria vita di ogni giorno. Vivere il proprio lavoro, il rapporto con gli altri, la famiglia e cercare di mettere dentro tutto questo i valori di Gesù: la giustizia, la tenerezza, il rispetto... Costruire il futuro è compito dell'uomo… l'oltre è affidato alle mani di Dio. Conviene ripetere le parole di Gesù che ha detto tante volte: "Non abbiate paura".
Poi... chi aspettiamo il giudice severo che giudica e condanna, aspettiamo il fuoco, la distruzione? Oppure, aspettiamo Gesù che ha accolto Zaccheo, Matteo, la donna adultera? Ascoltiamo Gesù che ha saputo raccontare la parabola del Padre che prepara la festa per il figlio che torna?
Cosa c'è nel futuro? Un Dio severo pronto a distruggere e a punire o il Dio della misericordia e della riconciliazione? E i cristiani vivono l'incertezza, il dubbio. Non sanno... e dicono: "Forse il mio compito è qui: il lavoro alla mola, nel campo". È questo lo spazio della vita cristiana. È qui che noi possiamo vivere i valori di Gesù.
E - allora - se c'è qualcuno di voi (ne ho incontrati tanti nella vita) che a volte si sente sgomento, ha dei dubbi, non capisce né il presente, né il futuro e si sente rimproverato da qualche "cristiano" (ce ne sono anche oggi) di quelli che pensano di sapere tutto, di possedere la verità perché la verità viene da Dio, di quelli che parlano con la bocca dell'ultimo predicatore, dell'ultimo santone che hanno ascoltato: diffidate di loro, sono dei fanatici, degli intolleranti, sono più spesso dei maleducati, incapaci di rispetto.
Se un cristiano non sa rispettare chi ha il dubbio, chi si porta nel cuore l'incertezza, chi vive lo sgomento, chi si guarda in giro in questo mondo con preoccupazione e paura ... se non si sanno rispettare queste persone non si è cristiani.
Il cristiano è colui che ti cammina accanto, anzi colui che sente che Gesù è venuto a camminarci accanto e condivide con te lo sgomento e non ha parole assolute, ti invita a camminare, e cerca di metterti nel cuore i valori autentici, il fuoco della tenerezza, della ricerca, la fame e la sete di giustizia, la passione per il bene, giorno per giorno nei rapporti con la gente che ci sta intorno, lavorando... oggi non si lavora più alla mola o non si ara più nel campo almeno qui a Roma, abbiamo tanti altri lavori, altri compiti e dentro questi lavori e dentro la vita concreta noi possiamo vivere la speranza, il desiderio di un mondo che sia un po' migliore.
Posso darvi un consiglio: non guardate troppo la televisione, per carità non la guardate! Vi toglie la speranza. Parlano solo del male. Il bene non si vede e il bene c'è nel mondo ed è solo il bene che può dare speranza.
Allora più che la televisione guardatevi intorno e stringete la mano a chi si da' da fare per gli altri, a chi vive la tenerezza senza fare grandi cose, chi vive il rispetto per i figli. I nonni (ce ne sono tanti anche qui) che corrono, si sacrificano per i nipoti: "Avessi un po' di libertà (ho sentito dire da qualcuno di loro) devo sempre correre: al tennis, alla scuola, al catechismo, alla musica... faccio sempre l'autista, sono ridotto a fare l'autista".
Bene, fate l'autista, ma fatelo senza farvi prendere dall'angoscia per un mondo sempre più complesso e complicato. Il cristiano cerca di conservare nel cuore la speranza. Sa, che Gesù cammina con noi, ci ha ripetuto tante volte che non possiamo, non dobbiamo avere paura.
Il Signore ci aiuti.
"Convertitevi, perché il II DOMENICA di AVVENTO - 4 Dicembre 2016
regno dei cieli è vicino!" Matteo 3, 1-12
Una piccolissima premessa che è utile per l'ignoranza di noi cattolici italiani. Quando vi dicono che il Vangelo è un messaggio dolce, tenero mentre l'Antico Testamento è severo, duro invitate a leggere (portate a casa il foglietto non serve più) le luminose parole del profeta Isaia... sono parole tra le più belle che sono state scritte, sono più dolci di alcune di quelle del Nuovo Testamento e magari confrontatele con le parole che abbiamo ascoltato del Vangelo... fine della premessa!
C'è una cosa che colpisce sempre quando si legge il Vangelo insieme, è la differenza profonda che c'è tra Giovanni il Battista e Gesù. Giovanni va nel deserto, si veste di peli di cammello, mangia cavallette, e miele selvatico, digiuna... Gesù è tutto il contrario: non va nel deserto, non si veste in maniera strana, mangia e beve, qualche volta, lo rimproverano perchè non fa i digiuni rituali, ma soprattutto Giovanni minaccia il castigo, il fuoco: "Già la scure è posta alla radice degli alberi… ogni albero che non porta frutto viene tagliato e gettato nel fuoco". Se leggete più avanti nel Vangelo trovate un altro albero... il padrone vuole tagliarlo, ma il contadino dice: "Aspetta, mettiamo il concime, zappiamo, il prossimo anno forse porterà frutto"… l'anno prossimo forse dirà le stesse parole.
Giovanni parla di Gesù come uno che viene a raccogliere il grano nel granaio e a bruciare la paglia con un fuoco inestinguibile. Gesù non parla di fuoco, non parla di giudizio... e - allora - mi chiedevo: "Cosa resta di Giovanni Battista per un credente?"
Ci ho pensato su un po' e ho concluso che di Giovanni Battista resta qualche cosa di essenziale per la fede ebraico-cristiana, per la nostra fede: resta il grido del profeta contro l'ingiustizia, resta l'invito serio a convertirci, a tenere vigile la nostra coscienza, a non perdere il senso del bene e del male.
Gesù ci ha insegnato a non aver paura del castigo. La paura del castigo non ha mai cambiato il cuore dell'uomo, quello può cambiarlo sono i valori che ha dentro, è una coscienza vigile, attenta, che cerca il bene e la giustizia.
Una coscienza che l'uomo cerca di custodire con cura e di difenderla nel mondo in cui vive e oggi ne abbiamo un particolare bisogno (se ho capito qualcosa), perché - vedete - oggi - (mi è capitato di ascoltarlo molte volte) di fronte a comportamenti scorretti… evita se puoi di pagare le tasse, cerca di risparmiare, vai dal dentista e non fatti fare la fattura... la risposta è: "Così fan tutti..."
Ecco... "così fan tutti" e la mia coscienza si obnubila, si attutisce; non c'è più quel senso rigido della giustizia, del bene, del rispetto del bene pubblico.
Oggi abbiamo un'altra tentazione: la televisione ci mette davanti ogni giorno tutto il male del mondo e rischiamo di abituarci, ormai il nostro cuore (in parte giustamente perché non sopporterebbe), non freme più, non sente più l'indignazione di fronte allo sfruttamento del prossimo alla gente trattata come schiavi, anche in questo paese ... pensate alla raccolta della frutta, dei pomodori. Tuuto rischia di sembrarci normale e non ci indigniamo più, la nostra coscienza accetta tutto! Accetta la guerra, la morte dei bambini: ecco allora il bisogno del grido del profeta.
C'è un'altra cosa che ho sperimentato parlando di queste cose. Oggi se parlate con qualcuno dei mali di questo nostro paese, tutti puntano il dito contro i politici: "È tutta colpa loro, tutta colpa dei politici". E la cosa che mi incuriosisce è che i politici di una parte e quelli dell'altra si danno del "politico" come se fosse l'offesa più grave che si possa dare.
Chissà se un giorno riscopriremo che siamo tutti, volenti o nolenti, uomini politici, perché tutti partecipiamo del tessuto della città e qualunque cosa io faccia o non faccia è un atto politico: politico nel senso più profondo, più vero della parola, contribuisce al bene della "polis" della città, oppure nuoce al bene della città.
Qualunque gesto che io faccia, il più semplice... da quello di buttare la carta per terra, dal non pagare il biglietto della Metro o qualunque altra cosa vi venga in mente: son tutti gesti politici. Tutti siamo invitati a custodire la "polis" ne va della nostra vita e di quella dei nostri figli.
C'è un altro problema soprattutto per noi cattolici. Fin da piccoli siamo stati abituati alla confessione e a un certo tipo di confessione. Ora la confessione può diventare la più raffinata educazione che l'uomo abbia inventato all'ipocrisia, all'obnubilazione della coscienza.
La gente si va a confessare: "Io ti assolvo dai tuoi peccati..." Quello se ne va e ritorna a fare come prima.
Se volete un po' sorridere... mi citavano nella settimana passata la battuta di un film di Woody Allen, uno degli ultimi (non l'ho visto, forse qualcuno di voi l'ha visto). In una famiglia ebrea, un figlio si è comportato come un delinquente. Ha fatto di tutto: ucciso, spacciato droga, fatto del male al prossimo, eccetera. Dice alla mamma: "Mi sono convertito al cristianesimo perché lì mi hanno detto che poi alla fine mi confesso, mi assolvono e vado in Paradiso". La mamma gli ha risposto: "Avessimo inventato noi una cosa del genere avremmo fatto fortuna".
Gli Ebrei non hanno inventato la confessione. Per loro è fondamentale la conversione… dovrebbe esserlo anche per noi.
Ecco perché (secondo me) quello che resta di Giovanni Battista è il grido del profeta, un grido di cui nel nostro paese abbiamo un grande bisogno. Il grido contro l'ingiustizia. Un grido che ci riguarda tutti. L'invito a convertirci, a non lasciare che la coscienza si addormenti: "Così fan tutti". C'è tanto male nel mondo se ne faccio anch'io un pochino ...
Il bene dipende dal coraggio di ciascuno di noi; è questo che il profeta ci ricorda: convertitevi non perché dovete aver paura del castigo che viene da Dio. Dio non castiga nessuno, ma - ricordatevi - il male piccolo o grande (se è male) sciupa la vita, la propria e quella degli altri.
Se non sciupa non è male. Ci hanno detto che tante cose erano peccato. Quando ero bambino andavo a confessarmi e dicevo: "Ho detto le parolacce" e il prete mi assolveva e mi raccomandava di non dirle. Poi (per fortuna) ho avuto dei catechisti che dicevano più parolacce che parole e secondo loro le parolacce sono un' opera buona, quando si dicono tra amici per scherzare o quando sono necessarie. Certo, se l'avessi dette a mia madre ci sarebbe rimasta male e allora sarebbe stata una cosa seria.
Ecco - vedete - la coscienza è una cosa delicata che dobbiamo custodire soprattutto nel rispetto dell'altro, nella ricerca di quello che è giusto, buono, nel tentare di evitare tutto quello che fa male intorno a me, tutto quello che fa soffrire, che sciupa la vita.
Non dobbiamo aver paura del castigo di Dio, non ci sono fiamme! Un cristiano serio (secondo quello che ho capito) non crede all'inferno, lo ritiene un'idea assurda, completamente assurda. Un cristiano sa che il male è una cosa seria, gravissima perché sciupa la vita dell'uomo. È questo il grido del profeta: la vita, la polìs, la città, il mondo è affidato a ciascuno di noi e se non manteniamo la coscienza vigile, se ciascuno di noi non si converte il mondo si sciupa, si rovina, e la colpa (per quota parte: nessuno si faccia scrupoli) è di ciascuno di noi: ecco perché non possiamo dimenticare Giovanni Battista.
Il Signore ci aiuti.
"Ecco, sono la serva del Signore: IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2016
avvenga per me secondo la tua parola" Luca 1, 26-38
Domenica scorsa ascoltavamo le dure, aspre parole del Profeta. Parole probabilmente gridate in piazza davanti a tutti. Parole in parte violente: il grido contro l'ingiustizia… e dicevamo che non possiamo dimenticare il grido di Giovanni Battista. La sollecitazione che ci era rivolta a tenere vigile la nostra coscienza: il grido contro tutto quello che c'è di male nel mondo.
Oggi (come avete ascoltato) il clima è completamente diverso. Non siamo sulla piazza, non c'è gente, si parla sottovoce... un dialogo nel silenzio, nella tranquillità di una piccola casa di campagna.
Là, Maria e l'Angelo che arriva a chiederle di generare il Santo, di generare la vita, l'amore, la bellezza. L'Angelo le chiede di dire il suo sì e Maria è perplessa: "Come posso? Mi chiedi forse qualche cosa di impossibile e io ne sono capace? Non ne posso fare a meno? Sarò capace di essere testimone in questo mondo? In questo mondo in cui c'è il male, il peccato, la violenza?"
E Lei l'ha conosciuta fino in fondo questa violenza, fino ad assistere sotto la croce al tormento crudele del Figlio. Affrontare il male, essere testimoni di vita, di giustizia sarà possibile? Generare il Santo, generare l'amore, posso farlo?
E l'Angelo insiste: "Te lo chiede il Signore. Lo Spirito ti guiderà". E allora Maria ha quasi un sussurro: "Eccomi... eccomi, quello che posso tenterò di farlo!"
Sembra la storia di un'avventura straordinaria. Sembra la storia di un caso unico, ma quando si esce dal racconto simbolico, dal mito, ci si accorge che la storia di Maria è la storia di ciascuno di noi. A ciascuno di noi arriva la chiamata, il sussurro dell' Angelo: "Vuoi anche tu generare il Cristo? Vuoi anche tu vivere i suoi valori, portare un po' di amore nel mondo?"
Anche noi esprimeremmo lo sconcerto di Maria: "Come è possibile? Vedi questo mondo come è pieno di male, Vedi quanta violenza e io che posso fare? Sarò capace anche nelle piccole cose?" E l'Angelo insiste e chiede anche a noi il coraggio del nostro sì.
E oggi, queste parole dette sottovoce forse ci fanno guardare il mondo con un altro occhio.
Capita (a me come a voi) di ascoltare alla televisione, alla radio tanti numeri. Numeri di gente che muore. Numeri di gente che uccide, che fa violenza. Numeri di gente sfruttata... tanti numeri che ci vengono ripetuti quasi ogni giorno.
A me è capitato nella settimana scorsa di ascoltare con meraviglia un numero che non avevo mai ascoltato, un numero quasi sussurrato... non so perché si diceva, ho afferrato soltanto il numero. Qualcuno diceva che in Europa ci sono novantasei milioni di persone che fanno parte di associazioni di volontariato, che dedicano qualche tempo della loro esistenza agli altri: nelle carceri, negli ospedali, nelle mense, nell'aiuto alle persone... novantasei milioni di persone!
Chi citava questo numero diceva,: "Se si mettessero insieme sarebbero la nazione più grande d'Europa". E in questo numero sono convinto che non siano contati i genitori che si mettono al servizio dei figli, i nonni che gratuitamente danno una parte del loro tempo libero sacrificandosi per i nipoti. Gli amici che - a volte - donano ore e giorni per qualche amico in difficoltà, senza essere iscritti a nessun gruppo di volontariato.
Se mettiamo insieme tutti questi numeri troveremmo la maggioranza, la stragrande maggioranza dell'Europa e allora... Allora il mondo ci appare diverso e allora ci sembra che l'Angelo non parli invano. Ci sembra che a questo annunzio dell'Angelo ci sia tanta gente che risponde, chi più chi meno, secondo le proprie possibilità.
Anche a noi, a ciascuno di noi nel silenzio della nostra coscienza, là dove riusciamo a isolarci un po' dal rumore della piazza, dal grido della "folla" che in questi giorni rimbomba in questo nostro paese, dalle ingiurie, dalle parole forti e dure... anche noi possiamo, ritirandoci nel silenzio, ascoltare la voce dell'Angelo che ci chiede: "Anche tu puoi generare Gesù, i suoi valori, un po' di amore, un po' di tenerezza..."
Il Vangelo dice che basta un solo bicchiere d'acqua dato con gratuità e generosità a chi può averne bisogno. Anche noi - come Maria - abbiamo una sola piccola parola, sussurrata: "Eccomi...!" Anche noi come Maria possiamo dire: "Ma sarò capace?"
Pensate (per fare qualche esempio) a un ragazzo (ce ne sono tanti anche qui a Ostia) a cui chiedono: "Puoi venire ad insegnare un po' d'italiano a questi stranieri che vengono spauriti e non ne sanno una parola?" E si domanderà: "Sarò capace? Non riesco nemmeno a prendere sei in italiano a scuola e mi chiedi di insegnarlo a un altro? Sarò capace?" E poi, con generosità: "Eccomi, farò quello che posso!"
Vedete - quella che sembra la storia straordinaria, eccezionale di Maria, un prodigio assoluto... è la storia mia, la storia vostra, la storia di ogni credente, di ogni uomo. A ciascun uomo può arrivare la voce; una voce sottovoce... non si grida, non c'è bisogno di alzare la voce.
Un invito... e c'è una sola risposta: "Eccomi, faccio quello che posso, con semplicità. È il mio contributo alla bellezza del mondo". Come Maria anche noi possiamo farlo.
Il Signore ci aiuti.
"Sei tu colui che deve venire o III DOMENICA di AVVENTO - 11 Dicembre 2016
dobbiamo aspettare un altro?" Matteo 11, 2-11
Giovedì scorso celebrando la festa dell'Immacolata ci fermavamo sulla perplessità, sul dubbio di Maria: "Sarò capace? Come posso generare il Santo? Come posso generare l'amore?
E ci dicevamo che questo dubbio è stato spesso anche il nostro dubbio. Quando vedevamo la possibilità di fare del bene, ci siamo spesso domandati: "Ma ne siamo capaci, siamo in grado?"
Il dubbio di Maria, riguarda lei: "come posso?". Così è spesso il nostro dubbio: "sarò capace?"
Oggi il dubbio è molto più drammatico perché non riguarda noi, riguarda Lui. Giovanni il Battista è in carcere, momento di grande difficoltà per lui, manda i suoi discepoli a chiedere: "Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Dobbiamo, possiamo credere in Te, oppure c'è dell'altro?".
Non so se posso coinvolgervi, ma questo dubbio attraversa a volte la vita del cristiano. Ha attraversato la mia vita e forse quella di qualcuno di voi: Gesù ha veramente ragione?!
Ci dice: "Beati i miti, i misericordiosi, quelli che hanno fame e sete di giustizia, beati quelli che si preoccupano della pace, quelli che si mettono al servizio del prossimo..." Ma ha ragione? Ha senso questo nel mondo? Non è meglio farsi i fatti propri? Non è meglio pensare a se stessi, al più, se vogliamo essere generosi, alla nostra famiglia, ai nostri cari? Che ci importa del mondo? Poi è giusto, in questo mondo, essere miti? Non è meglio cercare la forza, la potenza?
Si può in questo mondo parlare di povertà, di non cercare di arricchirsi a tutti i costi? Oppure è bene accumulare denari che ci diano sicurezza, ci facciano stare tranquilli, non ci facciano vivere nella miseria? È bene cercare la giustizia? O non è meglio preoccuparsi soltanto delle piccole cose di tutti i giorni? Insomma, ha ragione Lui o è soltanto un'illusione?
È il dubbio che qualche volta attraversa la vita di un credente. Ed è un dubbio pesante... (l'ho sperimentato tante volte) perché mette sensi di colpa: ma ho fede, credo veramente in Gesù, oppure è tutta un'illusione?
Sono più di cinquant'anni che leggo il Vangelo e mi meraviglio sempre delle straordinarie intuizioni di questi primi cristiani… oggi il Vangelo di Matteo (non so se avete notato) di fronte al dubbio più radicale che può avere un credente: "Sei Tu, oppure ci siamo sbagliati, dobbiamo aspettare un altro", per farci una carezza, per consolarci, ci dice: "Non fatevi - per carità - sensi di colpa, non servono a niente, guardate, questo dubbio lo ha avuto il più grande tra i nati di donna"! Ah, ma allora se è stato il dubbio del più grande... se viene anche a me in un momento di difficoltà della vita... l'unica cosa che non posso farmi è un senso di colpa. Il dubbio accompagna la vita di ogni credente. Qualche volta rischia di deprimerci, ma più spesso è una spinta in avanti.
Quando ero giovane mi dicevano che il credente non ha dubbi, deve credere senza pensare, fidandosi ciecamente di Dio, della parola del Signore, fidandosi (che è molto peggio) dei ministri della Chiesa. È una sciocchezza! La vita qualche volta, specialmente in certi momenti, ci mette davanti al dubbio più profondo del credente: avrà ragione Lui? Val la pena di seguire il Signore? Il senso della vita è quello di cui Lui parla o è totalmente un altro? Le sue parole sono luce e verità o soltanto un'illusione che serve a consolare la vita di noi poveri uomini su questa terra?
Gesù risponde al dubbio di Giovanni battista dicendo: "Andate a dirgli quello che vedete: i ciechi vedono, i sordi odono, i muti parlano, gli zoppi camminano, i morti risorgono..." Sembrerebbe ad una lettura ingenua che Gesù dica a Giovanni Battista: "Guarda i miracoli..." Ce lo hanno ripetuto tante volte, non c'è niente di più sciocco! Il miracolo non ha mai fatto credere nessuno!
C'è qualche altra cosa - invece - che Gesù dice: "Guardate i segni... c'è qualcuno che è capace di vedere al di là del dubbio, c'è qualcuno che apre gli occhi, apre le orecchie, è capace di parlare, qualcuno che viveva nel "fango" e ha saputo rialzarsi e camminare, c'è chi è capace di fare del bene, di credere nel bene e allora... allora cercati un amico, un compagno".
È bello nei momenti del dubbio avere qualcuno vicino che ti stringa la mano, che ti dica: "Coraggio, l'ho avuto anch'io il dubbio, ma adesso vedi, provo a camminare, tento di credere".
La fede non è un cammino a buon mercato, è beato colui che sulla sua strada... (a me è capitato di trovarne molti, sono particolarmente fortunato, spero che anche voi ne abbiate trovati) nei momenti di dubbio ha trovato degli amici che invece continuavano ad andare avanti, a manifestare la speranza, a credere ...
Segni... piccoli segni che a volte ti fanno quasi toccare con mano che Gesù ha ragione.
Il mondo non si cambia, è troppo grande, troppo difficile, troppo pieno di male... ma c'è tanta gente che apre gli occhi e beato te se ne trovi uno vicino. Se trovi qualcuno che ti dà la mano, che cammina con te, che ti rimette la speranza nel cuore, che ti fa buttare il cuore aldilà del dubbio, dell'ansia, soprattutto del senso di colpa.
Non abbiate paura, la vita del credente è fatta di dubbi, è fatta di incertezze... da superare ogni giorno, con coraggio, stringendoci a Lui e stringendo la mano a chi cammina con noi.
Senza amici, senza qualcuno che condivide con noi la speranza, forse non ci può essere fede.
Ecco perché Gesù dice ai discepoli: "Andate a dirgli: guarda c'è della gente che ce la fa, beato chi non si scandalizza di me". E allora anche Giovanni nel momento più difficile della vita, perchè sta per morire... può ricordare che c'è gente che continua, a sperare, a credere nella giustizia, nell'amore, a credere che Gesù sia "Colui che deve venire".
Il Signore dia anche a noi la fortuna di avere degli amici che con noi vivono il dubbio e cercano di buttare il cuore aldilà.
Il Signore ci aiuti.
"Giuseppe, non temere di prendere con IV DOMENICA di AVVENTO - 18 Dicembre 2016
te Maria, tua sposa ... ella darà alla Matteo l, 18-24
luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù"
Domenica prossima è già Natale. Quest'anno leggiamo il Vangelo di Matteo ed è Giuseppe, non Maria, come quando leggiamo gli altri Vangeli, che ci prepara al Natale.
Giuseppe, nel Vangelo, non dice nemmeno una parola: il grande silenzioso!
Eppure se usciamo dal racconto simbolico, dal mito, Giuseppe ha da insegnarci qualche cosa di importante, forse di fondamentale per la nostra fede, per la nostra stessa vita. Vediamo alcune cose...
La prima, forse quella che tocca il cuore stesso del Vangelo... (forse non ve ne siete accorti) avete ascoltato che Giuseppe è "giusto", ma non vuole denunciare pubblicamente la sua donna: è il dramma, il grande conflitto di quest'uomo. È un giusto: la legge gli impone di denunciare la sua donna, è chiaramente adultera, deve essere sottoposta a giudizio e condannata alla lapidazione.
Ma Giuseppe è innamorato della sua donna, la stima, non riesce a capire che cosa è successo, come è stato possibile. Ed ecco che stretto tra la legge e l'amore, sceglie l'amore! Non denuncia la sua donna, non sa che fare; la rimanda in segreto, forse aspettando di capire che cosa è accaduto.
Ora - vedete - (se ho capito qualcosa) questo è il cuore stesso del Vangelo. Tra la legge e l'amore il credente deve scegliere l'amore, la giustizia vera che è fatta di accoglienza, di rispetto profondo dell'altro.
Pensate... se nel secolo scorso ogni cristiano, di più, ogni uomo avesse saputo fare questa scelta non si sarebbero uccisi dieci innocenti per vendicare una persona morta. Non si sarebbe ubbidito alle leggi razziali, che erano contrarie in modo evidente, al rispetto, all'amore dell'altro: questo è il cuore del Vangelo.
Matteo ci prepara al Natale proprio dicendoci: "Se volete accogliere Gesù dovete essere in grado di scegliere tra la legge e l'amore, tra le tradizioni, le regole, le cose che si son sempre fatte e l'amore, il rispetto dell'altro".
La seconda cosa che la sua vicenda straordinaria ci insegna... Giuseppe deve accogliere con stupore, con meraviglia, incapace di capire la sua donna che cambia. Ci troviamo di fronte a una vicenda eccezionale, ma questa è la vicenda di ogni coppia: si cambia, cambiano i sentimenti, le circostanze, il modo di pensare… e non vale soltanto nel rapporto amoroso tra l'uomo e la donna, vale anche, e a volte in maniera molto più drammatica, nel rapporto tra un genitore e un figlio: occorre la capacità di accogliere, di stupirsi, di accettare il cambiamento e di continuare ad amare nel rispetto. Anche un'amicizia se vuole durare non può che conservare lo stupore, l'accettazione dei cambiamenti…
C'è ancora un'altra cosa che Giuseppe può insegnare soprattutto ai papà. Giuseppe deve imparare a fare spazio al Figlio e questo, per un maschio, non è una cosa naturale. Per una donna accettare il figlio è naturale: lo porta dentro per nove mesi, ci cresce insieme, lo sente suo. Un maschio deve imparare... ad essere padre, ad accogliere il figlio, a riconoscerlo, sentendo che questo figlio... non è suo, viene da un'altra dimensione. Noi uomini possiamo costruire un libro, un orologio, addirittura un missile che va sulla luna; ma un uomo, no! Un uomo viene da un'altra dimensione. Non può che essere accolto nello stupore, non si può che fargli spazio. Ed ecco che Giuseppe è invitato a fare spazio a questo Figlio. A questo Figlio che sa che non è suo Figlio, ma ogni figlio che nasce non è solo figlio del papà e della mamma... ogni figlio è figlio della vita, per chi crede è il figlio di Dio.
Ecco perché Giuseppe ci può insegnare le cose essenziali della vita e - quindi - può prepararci al Natale. Natale è accogliere la sorpresa e accogliere Dio che viene in questo mondo. Natale è fare spazio a Gesù. Natale è accogliere nel mondo la speranza, la luce, l'amore. Natale è far nascere un Figlio ed è questo che Giuseppe può insegnarci.
Signore ci aiuti.
"Oggi, è nato per voi un Salvatore... NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2016
troverete un bambino avvolto in fasce" Luca 2, 1-14
Per tentare di rivivere la notte di Natale, ci conviene fare ricorso a tutta la fantasia che ha permesso alla comunità di Luca di scrivere questo straordinario racconto. Un racconto di fantasia, certo! Ma la fantasia - a volte - ci permette di cogliere il cuore stesso della vita e della fede e allora proviamo ad immaginare ...
Immaginiamo di metterci in cammino nella notte di Betlemme: è buio, fa freddo, ma se alzate gli occhi potete vedere il cielo stellato. Noi non siamo più abituati a vederlo, nelle nostre città non si vede più il cielo, ma provate ad immaginare il cielo della notte di Betlemme... un cielo pieno di stelle; una cosa straordinaria, di una bellezza unica e, per noi che sappiamo cos'è il cielo, gli spazi infiniti, il mistero, le tante cose che non sappiamo.
Ecco - allora - che il nostro cuore non può che aprirsi allo stupore, alla meraviglia, alla ricerca, al desiderio di conoscere, di scoprire.
Non solo, se ascoltate attentamente si comincia ad udire il canto degli Angeli. Oltre la bellezza del creato, oltre lo stupore per questo mondo straordinario, c'è un canto capace di scaldarci il cuore, in cui intuiamo l"oltre" e parla di cose che non riusciamo nemmeno a immaginare… e ci invita alla pace… possiamo proseguire con il cuore, ormai dilatato e il desiderio di vedere.
E ci avviciniamo a questa capanna, una piccola capanna lontano dal villaggio "perché non c'era posto per loro nell'albergo". Lì, forse la cosa più bella del mondo: una mamma, un Bambino. Un piccolo Bambino attaccato al seno della madre, che succhia avidamente il latte.
Casa c'è di più bello, cosa avvicina di più al mistero della vita di un bambino che nasce? Viene dalle profondità della vita, dalle profondità della storia. Un bambino, ogni bambino e non soltanto questo Bambino eccezionale, è un dono della vita.
Un pastore ci dice che l'Angelo ha annunciato che quel Bambino non è un bambino come tutti: è il Salvatore! In quel Bambino Dio si fa presente nella nostra vita... Salvatore... abbiamo tanto bisogno di salvezza in questo mondo così pieno di violenza, di sopraffazione, di male, di disprezzo dell'uomo.
Abbiamo bisogno di una "coperta", che riscaldi il mondo, il cuore degli uomini, che ci protegga dai mali di questa terra... abbiamo bisogno di Dio, forse ha deciso di intervenire e prendersi cura della nostra vita.
Ora possiamo chiedere a Maria se ci permette, almeno per un istante, di prendere in mano quel Bambino e stringerlo al seno: è straordinario quel Bambino!
Ma presto ci accorgiamo che ha freddo, è Lui che ha bisogno di coperte! Noi speravamo che portasse una coperta a riscaldarci e invece dobbiamo riscaldare Lui. Dobbiamo correre a cercare una coperta... forse dobbiamo essere capaci di costruire una coperta!
Non è venuto a coprire il nostro mondo con una coperta che lo protegga da ogni male, è venuto a condividere la nostra vita, i bassifondi della nostra storia, la dove gli uomini hanno bisogno di coperte… la capanna di Betlemme ne è il simbolo.
Ecco, stringendo forte questo Bambino possiamo prendere un impegno: fabbricare "coperte"! Non è Dio che fabbrica coperte per custodire il mondo, lo chiede a noi. A noi chiede di costruire coperte che scaldino il cuore di chi ci vive accanto ogni giorno, che diano tenerezza, vicinanza, attenzione…
E forse ci chiede anche coperte che riscaldino chi ha freddo, soprattutto i bambini. I bambini dei nostri terremotati. I bambini di Aleppo. I tanti bambini del mondo che sentono freddo perché non hanno coperte.
Il Bambino che nasce non ci promette di portarci coperte, chiede a noi di farle per chi ci sta accanto e per chi sta un po' più lontano. È quello che possiamo promettere: allora avremo accolto Gesù e il suo invito alla pace, a custodire il mondo, a preparare coperte.
Il Signore ci aiuti.
Maria da parte sua custodiva MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - 1 Gennaio 2017
tutte queste cose meditandole Luca 2, 16 - 21
nel suo cuore
Se non siete troppo assonnati, visto che è Domenica direi qualche parola in più rispetto al mio solito dell'inizio dell'anno in cui uso solo fare gli auguri.
Vorrei dirvi qualche cosa a cui penso ormai da tanto tempo e che forse può aiutarci a capire qualche cosa della nostra fede.
Mi sono convinto che la tradizione cattolica ha fatto un grande torto a Maria.
Le elucubrazioni teologiche per definirla Madre di Dio e poi l'aver fatto o se volete, ridotto Maria alla "grande madre", che ci protegge dall'ira di Dio. Dio che ci veniva spesso presentato come minaccioso, per cui dovevamo rifugiarci sotto il manto di Lei. Poi la grande distributrice di grazie. Colei a cui bisogna rivolgerci e "se Voi non ci volete aiutare diteci almeno a chi dobbiamo rivolgerci" - dicevamo nella supplica alla Madonna di Pompei.
Oppure, come dice Dante nei suoi versi:
"Donna se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua distanza vuol volar senz'ali".
Se chiedete una grazia e non ricorrete a Maria - non a Gesù, o al Padreterno - è come se il vostro desiderio "voli senz'ali".
Negli ultimi tempi le cose si sono ancora di più complicate con tutta una serie di apparizioni, di visioni, segreti, di messaggi che hanno riempito l'attenzione della comunità cristiana. Tutto questo (secondo me) ha fatto perdere a molta gente la semplicità, la grandezza della Mamma e anche la sua importanza come testimone di Fede.
La mamma per un figlio è fondamentale e Maria lo è stata per Gesù. Immaginatela con la fantasia... Lei, nei primi mesi in cui è incinta, è la prima volta... quante ansie, quanti timori. Immaginate il suo sussulto quando ha sentito per la prima volta muovere nel suo seno, Gesù... e poi il dolore del parto e poi il latte e poi il lavarlo, il coprirlo, e poi i primi sorrisi attraverso i quali - Gesù - ha cominciato ad aprirsi al mondo e le prime parole.
Anche per Gesù - come per tanti bambini del mondo - la prima parola sarà stata proprio: mamma! E c'era Lei, lì con la sua tenerezza! Lei che cercava di dedicare tutta se stessa a suo Figlio.
E avrà cominciato, diventato più grande, quando imparava a camminare e poi ad ascoltare... a raccontargli le antiche storie... le storie di Abramo, di Sara... di Mosè, dell'uscita dall'Egitto. Le storie di Adamo, di Eva... i tanti racconti della tradizione della Bibbia che hanno nutrito la fede di Gesù fin dalla più tenera infanzia.
E poi... poi Gesù cresceva e forse andava intuendo qualche cosa di più profondo, andava cercando nella Scrittura le cose essenziali. Cosa avrà pensato Maria? Si sarà sgomentata come tanti suoi contemporanei, oppure avrà capito, o forse ancora di più, è stata proprio Lei a fargli intuire le cose essenziali della fede?
Se ripenso a mia mamma credo che sia successo proprio così! A volte, la mamma, ti fa intuire quello che è essenziale nel rapporto con Dio e nella fede.
E poi... poi questo Figlio voleva andarsene. Nazareth gli stava stretta, la sua famiglia non gli bastava più. Voleva andare in giro per il mondo. Voleva sostituire Giovanni che era in prigione e non poteva più parlare… e Gesù aveva conosciuto Giovanni, era stato suo discepolo.
Maria cosa avrà fatto, avrà pensato di trattenerlo, per i grandi pericoli a cui andava incontro, oppure lo avrà incoraggiato. Una cosa è certa, Maria ha creduto in Lui, lo ha seguito passo passo, sarà andata più volte lontano da Nazareth, là, sul lago ad ascoltare le Sue parole, le Beatitudini, le semplici parabole che Gesù raccontava e credo che poche persone come Maria, le abbiano fatte proprie, forse perché le diceva proprio suo Figlio.
Quelle parole Lei le ha custodite nel suo cuore, come dice il Vangelo di oggi, e la ritroviamo sotto la croce, quasi sola. I discepoli, quelli che sembravano gli amici, impauriti sono scappati, ma Lei la mamma, no! Lei è rimasta lì straziata dal dolore a vedere suo Figlio morire.
E poi... poi non si è lasciata travolgere dal dolore, è rimasta a Gerusalemme con la prima comunità, è rimasta con i suoi parenti, quelli che il Vangelo chiama i "fratelli di Gesù". È rimasta con gli altri apostoli e forse Lei più di tutti ha saputo testimoniare la fede nella Risurrezione.
Per una mamma il figlio, soprattutto un Figlio come Lui, non può morire. Deve rimanere viva la sua memoria, le cose che ha detto, i sogni della sua vita e questi sogni ha cercato di testimoniarli. Per Maria, Gesù, è il Vivente e di questo è testimone.
Non so se siete d'accordo con me, ma quando si tolgono dalla figura di Maria tutte le sovrastrutture, tutte le pratiche a volte semipagane che accompagnano il suo culto e si cerca di ritrovare Maria, la sua autenticità di donna, di madre, la si sente vicina. Vicina un po' come le nostre mamme. Vicina come una persona che ha saputo stare accanto a suo Figlio, ha saputo crescerlo, ha saputo credere e testimoniare. Ecco credo che questo sia veramente Maria.
Vorrei concludere come al solito, rileggendovi la benedizione che abbiamo letto nella prima lettura che è una delle più belle dell'Antico Testamento, la ripetiamo per noi:
Ci benedica il Signore e ci custodisca. Il Signore faccia risplendere per noi il suo volto e ci faccia grazia. Il Signore rivolga a noi il suo volto e ci conceda pace.
Ecco l'augurio sincero che posso farvi è che veramente ci sia pace nel vostro cuore e pace in questo mondo che ne ha tanto, tanto bisogno.
Il Signore ci aiuti.
Ed ecco la stella che avevano visto spuntare, EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2017
li precedeva finché giunse e si fermò sopra Matteo 2, 1-12
il luogo dove si trovava il bambino.
Non cercate nel cielo la stella di Betlemme, non c'è! Non c'è nessuna stella che scenda e si fermi su una casa. Non cercate di sapere chi sono i Magi, da dove vengono: sono personaggi immaginari. Erode il grande, lui no, non è un personaggio immaginario. Di lui conosciamo tante cose dagli storici contemporanei: un grande re. Non pensate che fosse così pazzo da aver paura di un Bambino, da far ammazzare tutti i bambini di Betlemme: sono simboli, tutti simboli.
Il Vangelo non può essere letto se non come un simbolo. Ed è importante il simbolo, perché dentro il simbolo io posso ritrovare me stesso. Non stiamo parlando di personaggi di tanto tempo fa, ma di me e voi, se volete immergervi in questo racconto sentirete parlare di voi e - allora - il simbolo avrà un significato diverso per ciascuno di noi, perché ciascuno di noi vive la sua situazione, si trova nel proprio ambiente, ha la sua educazione e - quindi - questa Parola, questo simbolo diventa vero in ciascuno di noi e diverso: è questa la bellezza e la grandezza del Vangelo... un racconto simbolico. Allora vediamo questi simboli...
I Magi vengono da lontano e inseguono la luce. Ecco, sono degli inseguitori della verità, dei cercatori di senso. Cercano di capire la verità della vita: che cosa è giusto, cosa non lo è, quali sono i valori fondamentali... inseguono la luce.
E la inseguono senza stancarsi, camminano a lungo, incontrano delle difficoltà ma non si fermano. Qualche volta succede anche per i Magi, come per noi che la luce si oscura, arrivano dubbi, perplessità. Non so se ve ne siete accorti, ma quando entrano in Gerusalemme la luce non si vede più e poi la ritrovano "con grandissima gioia": sono passati dentro la città e lì hanno trovato tutte le difficoltà per un credente di inseguire e cercare la luce. Guardiamo queste difficoltà...
La prima... trovano i "sapienti": quelli che sanno, quelli che credono di sapere. Sono sicuri, rispondono prontamente: "Dove nasce?" . "A Betlemme nasce il Signore, l'Atteso, così è scritto". Ma avete visto? Nessuno di loro si muove, non cercano più, sicuri della loro dottrina, del loro conoscere, certi di possedere la verità.
E qualche volta - così è successo nella storia della Chiesa - la verità si cerca di imporla addirittura con la forza. La verità non si può imporre, va cercata, non ci si arriva mai e questo (lo sapete) non vale soltanto per le verità della fede, ma in tutti i campi della vita. Vale per la scienza, per la medicina, per l' arte... vale per l'educazione dei figli, per la scuola.
Chi cerca la verità, chi insegue il senso della vita non si ferma mai e non si contenta di quelli che dicono: "È così!" Chi cerca i valori essenziali della vita non si contenta dei moralisti che affliggono anche oggi la nostra Chiesa e il nostro mondo... continua a cercare.
C'è un altro ostacolo, forse ancora più grande, che incontra "l'inseguitore della verità" ed è la "folla". Avete sentito...? Tutta Gerusalemme si turba: è la folla! Si agita, si impaurisce, non capisce, rifiuta di pensare, a bocca aperta, pronta ad applaudire e a seguire chiunque gli indichi una strada, qualunque essa sia, non pensano; sono stati educati a non pensare. Il rischio più grande per l'uomo è quello di essere educato a non pensare, di diventare "folla", di lasciarsi trascinare: ecco il rischio che incontrano i Magi.
Poi ce ne è un altro simboleggiato da Erode: è la violenza. La violenza che i primi cristiani hanno conosciuto come persecuzione. La violenza che anche noi sentiamo in questo mondo. La sentiamo anche a casa nostra e ci fa paura e rischia di farci rinchiudere, di non cercare più la verità. Buttare il cuore aldilà della violenza, della paura; questo è essere inseguitori di luce fino alla fine.
E - alla fine - incontrano Gesù e trovano in Lui la luce, intuiscono in Lui dei valori e se ne tornano a casa, evitando Erode, portandosi nel cuore la ricerca che non si ferma, e continueranno a rendere viva nella loro esperienza la luce che hanno scoperto in Gesù di Nazareth.
Vedete... questi simboli ci riguardano e non conviene domandarsi chi sono i Magi, lo sono il "Mago", ciascuno di voi. Ciascuno di noi insegue la luce, cerca i valori importanti, il senso della vita.
E anche noi incontriamo delle difficoltà, ma ciascuno in modo diverso. Chi è per voi il "sapiente"? Quali sapienti incontrate? Cosa è per voi la "folla"? Per molti è la televisione, i mezzi di comunicazione. Ci vogliono tutti imbonire, rendere incapaci di pensare e sarà diverso per ciascuno di noi, qualcuno se ne accorge qualcun altro meno…
Che voglio dirvi? I simboli li viviamo, li traduciamo ciascuno nella propria esperienza e diventano una cosa diversa per me e per ciascuno di voi: è questa la bellezza del simbolo.
Allora, nessuno si sgomenti se dico: "Non c'è stata mai una stella, non ci sono stati i Magi..." Queste storie non solo sono vere, ma sono "verissime". Verissime perché mi riguardano e riguardano ciascuno di voi.
Tutti noi siamo "inseguitori di luce" se vogliamo essere credenti. Ciascuno di noi senza stancarci dobbiamo imparare a pensare, ad andare oltre la "folla", a non fidarsi di quelli che sanno tutto, a non aver paura della violenza e continuare a camminare, a cercare: è difficile! Ma il Vangelo non è a buon mercato: è sogno, è ricerca, è cammino come quello dei Magi.
Il Signore ci aiuti.
Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni BATTESIMO del SIGNORE - 8 Gennaio 2017
per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva Matteo, 13 - 17
impedirglielo dicendo: "Sono io che ho bisogno
di essere battezzato da te e tu vieni da me?"
Ho letto e riletto questa pagina del Vangelo, ad un certo punto a me è capitato di rimanere colpito dall'imbarazzo dei primi cristiani nel vedere Gesù dalla parte dei penitenti che vanno a farsi battezzare da Giovanni.
Avete ascoltato, Giovanni dice: "Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?" E Gesù risponde: "Lascia stare, per ora perché conviene che adempiamo ogni giustizia".
È strano questo imbarazzo. L'imbarazzo di accettare Gesù nella fila dei penitenti.
Provate ad immaginare con la vostra fantasia... tutta questa gente che si è messa in fila, ha ascoltato la voce di Giovanni... come sapete una voce severa che invita alla conversione, che minaccia castighi, che stanno per arrivare… e sta compiendo un rito di purificazione, di rinnovamento... si immergono nell'acqua… e Gesù? Gesù sta con loro!
I primi cristiani, Pietro, Andrea... probabilmente avranno camminato con Lui - erano tutti discepoli di Giovanni - andando a farsi battezzare da lui.
E poi... quando hanno capito che Gesù era il Figlio, la presenza di Dio nel mondo si sono detti: "Perché non è stato Lui a battezzare? Perché anche Lui si è fatto battezzare da Giovanni?" Faticano a capire Gesù dalla parte di quelli che si mettono in cammino per la purificazione.
Mi sembra di aver capito l'imbarazzo dei primi cristiani! Ho capito la difficoltà che prova la comunità cristiana, che ho provato anch'io (non so se la mia esperienza è simile alla vostra) perché Gesù ci è stato sempre presentato come Colui che giudica, scruta il cuore, può condannarti... Sentirlo accanto a me nel cammino di chi ha bisogno di pace, di rinnovamento, di giustizia, di gratuità ... questo mi sorprendeva anche perché - vedete - nella Chiesa di Dio, l'autorità ha spesso preso la parte di Giovanni, raramente quella di Gesù.
Quando ero un giovane prete ho passato ore e ore in confessionale, sempre dall'altra parte (a quel tempo c'erano le grate) e adesso mi domando: chissà se qualcuno di quelli che si mettevano in fila si è accorto che Gesù non stava dietro la grata, ma con loro in fila, alla ricerca di un cammino di rinnovamento...
Vedete, anche in queste ultime settimane molte persone (ne ho incontrate parecchie) si sono rallegrate perché nella Chiesa di Dio ci sono delle cose che vengono salutate come una grande novità: la comunione ai divorziati risposati, l'assoluzione a quelli che hanno commesso l'aborto. Ecco, la Chiesa sempre dall'altra parte! La Chiesa che giudica: "Sì, venite, noi vi assolviamo, prima però dovete fare un lungo cammino e noi giudicheremo questo cammino e se sarete degni potrete avere l'assoluzione". Perché non ci accorgiamo che Gesù sta dall'altra parte? Perché il modello è Giovanni Battista e non Gesù? È una domanda che mi faccio e rivolgo anche a voi.
Credo che Gesù sia venuto per mettersi accanto a noi, per camminare con noi, con la gente che ha il cuore pesante, che fa fatica. Ho conosciuto delle persone che hanno vissuto la separazione e del divorzio ed è fatica, ed è dolore a volte. Ho conosciuto anche delle persone che hanno vissuto il dramma dell'aborto e c'è ansia, e senso di colpa - a volte - drammatico...
Perché queste persone non sentono Gesù accanto a loro, che cammina con loro alla ricerca della pace, ricerca del superamento del male, della giustizia, della gratuità, della bellezza della vita?
Perché la Chiesa spesso giudica, a volte severamente, condanna, mette sensi di colpa e non sente il dovere - come Gesù - di camminare accanto all'uomo che ha peccato, magari di preparare per lui il "banchetto della festa"? Ma questo è il Vangelo - almeno per quello che ho capito io - allora mi domando: perché troppe volte noi preti stiamo dalla parte di Giovanni Battista e non dalla parte di Gesù?
Il Signore ci aiuti.
"Ecco l'agnello di Dio, colui che II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Gennaio 2017
toglie il peccato del mondo" Giovanni 1, 29-34
Non so quanti di voi se ne sono accorti perché, purtroppo, spesso ascoltiamo il Vangelo senza troppa attenzione. Giovanni ha detto per due volte: "Io non lo conoscevo". Ma come, non è il cugino? Il Vangelo di Luca ci dice che addirittura ha sussultato nel grembo della madre prima che nascesse. Come può dire che non lo conosce?
Non sappiamo cosa c'è dietro questa tradizione che fa dire a Giovanni: "Io non lo conoscevo". La comunità di Giovanni è una comunità particolare. Forse c'è l'indicazione che Giovanni è rimasto sorpreso... (più avanti nel Vangelo sentiremo addirittura che ha dei dubbi) perché non ha conosciuto Gesù quando è andato in giro ad annunziare l'Evangelo. Gesù è rimasto a Nazareth e soltanto quando Giovanni è stato messo in prigione, Gesù ha lasciato il suo paese e ha cominciato a predicare.
Poi, probabilmente per sentito dire, Giovanni ha scoperto che quel suo Cugino che aveva sempre fatto il falegname, era invece una persona straordinaria, forse è accaduto così. Ma, più probabilmente, qui c'è tutta la meraviglia, lo stupore dei primi cristiani per avere scoperto Gesù.
Molti di loro non lo conoscevano proprio, non lo avevano mai visto. Altri lo conoscevano come il falegname di Nazareth. Altri lo conoscevano come il discepolo di Giovanni che era stato con loro ad ascoltare il profeta. Con loro si era fatto battezzare e poi... la sua Parola e il fascino della sua persona.
Gesù cominciava a dire parole e a testimoniare con la vita... un mondo "altro" che incantava i primi cristiani e - questo - ci testimoniano nella frase: "Io non lo conoscevo".
Ho avuto, pian piano, la fortuna di scoprire Gesù… se posso parlare della mia esperienza, in questa frase, c'è qualcosa di più... c'è che noi, Gesù, fino in fondo non lo conosciamo mai e anche oggi potrei dire: "Non lo conosco abbastanza, debbo continuare a cercarlo, a scoprirlo".
In Italia l'ottanta per cento, dicono... - forse la percentuale diminuisce un po' ma non ha importanza - di essere cristiani, ma se la mia esperienza è autentica, credo che meno del dieci per cento abbia in qualche modo conosciuto Gesù, sia rimasto affascinato dalla sua Parola.
Molti si dicono cristiani perché sono devoti di padre Pio, della Madonna, perché ascoltano e ammirano il Papa, ma Gesù, la sua Parola, il fascino della sua vita, i sogni del suo cuore... quanti veramente li hanno fatti propri?
Vedete... sono arrivato ormai a ottanta anni e sento parlare di Gesù da quando avevo un anno e cominciavo ad ascoltare… e forse dalle parole di mia madre, di mio padre ho potuto cogliere alcuni aspetti essenziali del rapporto con Gesù.
Ma poi la mia vita è stata una scoperta, giorno per giorno. Mi capita di leggere ancora il Vangelo... l'ho letto centinaia di volte, eppure ogni volta mi sembra di intuire qualche cosa di nuovo. Mi sembra di scoprire qualche cosa che mi affascina della personalità di Gesù, della sua Parola, dei sogni del suo cuore, che sono particolarmente luminosi e importanti per la mia vita.
Qui vorrei fare una parentesi... Se volete sempre meglio conoscere Gesù ascoltate gli atei. Voi avete probabilmente dei nipoti, dei figli che dicono di non credere, e se vi capita di parlare di fede, ascoltate le loro dure obiezioni, ascoltateli con attenzione.
Credo che un grande dramma della Chiesa sia quello di non avere saputo ascoltare quelli che si dicevano atei, o meglio, quelli che credevano in maniera diversa... a cominciare da Voltaire... e anche oggi capita qualche volta anche a voi di ascoltare alla televisione delle persone che non credono (Gli ultimi che mi è capitato: Veronesi, Augias, Rovelli...) se li ascolti la tua visione di Gesù, della sua Parola si purifica, diventa più viva, più vera. Devi saper rispondere, saper conciliare la tua fede con le loro obiezioni, a volte profonde.
Non ci aiuta qualche volta la tradizione. Alcune parole che troviamo anche nel Vangelo non ci aiutano. Prendete una frase che abbiamo letto oggi, che tutti conoscete e che ripetiamo ogni volta la Domenica: "Ecco l'agnello di Dio, Colui che toglie i peccati del mondo". Vi siete mai chiesti: (come ci invitano a chiedere gli atei) "Ma che significa? Tolto il peccato del mondo, ma dove?". Il mondo è pieno di male: guerre, sfruttamenti, povertà, miseria...
Quando ero giovane, qualche prete di quelli bravi, diceva: "No, no non hai capito, non è che Gesù toglie il peccato, prende su di sé (la parola latina: "tollit" significa "prendere su") i peccati, per offrirsi come vittima sacrificale sulla croce.
Bello! dici all'inizio e poi: "Ma questa è una pazzia! Quella croce significa che Dio ha voluto la morte del Figlio, per me? Dio vuole il sangue, vuole la morte? Ma che Dio è? In che Dio credo in un Padre o in un Moloc che esige il sangue per espiare il peccato?".
Ecco - vedete - che allora pian piano devi andare oltre e chiederti: "Ma chi è Gesù per me?" E posso testimoniare... Gesù, durante tutta la vita ha affascinato la mia mente e il mio cuore. Ho scoperto in Lui i valori che credo essenziali per vivere. Ho scoperto in Lui la gratuità, la libertà, la capacità di aprirsi al mondo, di andare oltre, di cercare il volto del Padre, senza paura.
Ho sentito Gesù accanto a me, non che mi toglieva il peccato dal cuore, ma che mi aiutava a cercare la luce, apriva orizzonti nuovi, mi faceva vedere la possibilità di un mondo diverso, più giusto, più bello: ecco il Signore che ho sentito accanto a me in questi lunghi anni e che ho tentato di scoprire e che ancora vado cercando, perché Gesù fino in fondo non lo conosciamo mai.
Bisogna sempre cercarlo, come i Magi anche noi possiamo sempre inseguire la luce. Chi è Gesù per me? Quale luce porta nella mia vita? Come posso essere sempre più affascinato dai sogni del suo cuore, dalla realtà della sua vita? È questo (per quello che ho capito) il cammino cristiano.
Il Signore ci aiuti.
Disse loro: "Venite dietro a me, III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Gennaio 2017
vi farò pescatori di uomini" Matteo 4, 12-23
Abbiamo ascoltato il racconto della chiamata dei discepoli, della vocazione di questi pescatori chiamati ad essere apostoli, a testimoniare nel mondo l'Evangelo di Gesù. Una vocazione, una chiamata particolare. Cos'è la vocazione?
Sono ormai più di cinquantacinque anni che sono prete e come potete immaginare tante volte mi hanno chiesto: "Don Checco, come ha sentito la chiamata? È stata una voce, un'ispirazione, qualcosa che ha sentito dentro di lei?" Cos'è la vocazione? Come uno sperimenta la chiamata di Dio?
Tempo fa, quando parlavo ancora con della gente giovane, cercavo di dire qualche cosa... adesso non lo faccio più! Vi direi: "Avete due o tre ore di tempo per ascoltare? Potrei raccontarvi un po' della mia vita fin da quando ero bambino".
La mia famiglia, mio papà, mia mamma, qualche zio straordinario che ho avuto, i miei amici d'infanzia, la mia parrocchia, i primi tentativi di fare un po' di catechismo, l'Azione Cattolica, dei sacerdoti che ho incontrato, delle persone straordinarie che hanno attraversato la mia adolescenza e poi dei sentimenti, dei valori, delle idee... tante circostanze che hanno determinato il fatto che a un certo punto ho detto: "Forse, questa è la mia strada".
Come potete immaginare con tanta titubanza: "Sarò capace, non sarò capace?" E poi ho pensato: "Forse occorre fidarsi...". Anche perché avevo accanto degli amici, poi (sono stato fortunato) sono entrato in un seminario in cui c'era tanta gente straordinaria che studiava con me, avevamo la fortuna di avere un superiore eccezionale... e tutto questo ha condizionato il fatto che nel 1961 sono diventato prete.
Prete per le circostanze... se fossi vissuto da un'altra parte e se avessi incontrato altre persone avrei fatto probabilmente un qualunque altro mestiere.
Ma allora la vocazione è determinata dalle circostanze della vita? Credo di sì! E la cosa che mi colpiva quando ho cominciato a leggere questo Vangelo con un po' di attenzione... è che sembra anche Gesù sia diventato quello che è diventato per una circostanza.
Avete ascoltato: "Quando Gesù seppe che Giovanni è stato arrestato, lasciò Nazareth…" E ci possiamo chiedere: "Perché ha aspettato che Giovanni fosse arrestato, aveva trent'anni, poteva cominciare un po' prima, c'era gente che aveva bisogno di Lui… e se Giovanni non fosse stato arrestato sarebbe rimasto a fare il falegname?".
Non c'è dato di rispondere a queste domande! Certo, mi colpiva che anche la vocazione di Gesù fosse in qualche modo determinata dalle circostanze.
Questo mi ha portato alla convinzione che la vocazione non è qualcosa che riguarda il prete, la suora, il frate, il missionario o persone speciali... la vocazione riguarda tutti... tutti noi, in qualunque condizione viviamo e non solo il medico, l'insegnante... che sembrano avere vocazioni speciali, ma anche colui che sta all'ufficio delle poste, colui che raccoglie le immondizie per la strada ... ognuno nella propria situazione ha la sua chiamata, si trova a fare quel lavoro, quella vita… poi ci sono vocazioni comuni: essere marito, moglie, soprattutto la vocazione di essere padre, madre, nonni (ce ne sono parecchi qui).
Ecco, siamo chiamati a viver le nostre circostanze, la situazione in cui ci viviamo.
Ma è solo questo la vocazione? Solo circostanze? Ecco, vorrei dirvi qualche cosa in più raccontandovi un piccolo fatto che mi è capitato - ormai - tanto tempo fa. Quando stavamo nella parrocchia di Stella Maris, venne il vescovo a fare un'assemblea parrocchiale. Il vescovo era monsignor Riva (qualcuno di voi l'ha conosciuto, una brava persona con cui si poteva parlare) e diceva che lui era vescovo per volontà di Dio. Io, non so perché, mi trovavo in fondo alla sala alzai la mano e gli dissi: "Eccellenza, secondo me, lei è vescovo per volontà di Paolo sesto, il quale - forse - s'è anche sbagliato. Quello che Dio vuole è che lei sia un buon vescovo".
Ecco - forse - la chiamata, la vocazione è proprio questo: che tu, in qualunque situazione ti trovi, qualunque siano le circostanze della tua vita, cerchi di essere un buon prete, una buona madre, un buon padre...
Certo, non è sempre semplice! Non mi chiedete se sono stato un buon prete... confido sempre nella misericordia di Dio.
La vocazione (secondo me, se ho capito qualcosa) è proprio questo: cercare di vivere, nelle circostanze in cui la vita ci ha messo, i valori in cui crediamo… e per noi che siamo cristiani, tentare di seguire Gesù.
Anche noi abbiamo sentito come Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni l'invito: "Venite con me, cercate di camminare sui miei passi. Cercate di conservare nel vostro cuore i miei valori, i sogni del mio cuore". Fino ad arrivare a quello che è il sogno del cristiano, come diceva l'apostolo Paolo alla fine della sua vita: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me". È Gesù che vive in noi, che ci riempie il cuore di valori, di ideali tentando di renderci capaci di essere i migliori preti, le migliore suore, i migliori padri, le migliori madri: a questo ci chiama il Signore! Fare quello che possiamo perché la nostra vita sia sempre più bella, più ricca, per essere sempre più capaci di dono e di condivisione con gli altri, di servizio e di amore.
Questa è la vocazione dentro le circostanze della vita che ci hanno portato a seguire tante strade diverse.
Il Signore ci aiuti.
"Beati i miti, i misericordiosi, IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 29 Gennaio 2017
beati quelli che hanno fame Matteo 5, 1-12a
e sete di giustizia, beati gli
operatori di pace"
Quella che abbiamo appena ascoltato è senza dubbio la pagina più nota e da molti ritenuta la più bella del Vangelo, ma a leggerla e rileggerla ci si accorge che - forse - è la più sconvolgente e la più difficile.
Se volete fare un gioco per lasciarvi sorprendere da questa pagina provate a chiedervi: negli ultimi tempi quante volte avete detto - magari - con un pizzico d'invidia a qualcuno: "Beato te" o se volete, provate a chiedere a varie persone, cominciando dai ragazzi: "A chi dici: beato te?" e troverete infinite risposte, una diversa dall'altra, ma difficilmente qualcuna delle frasi che abbiamo appena letto.
A me, se volete sorridere un po', è capitato nella ultima settimana di dire più volte, con un pizzico (nemmeno tanto piccolo) di invidia: "Beato chi sa ascoltare e godere appieno della musica". Ho degli amici che quando sentono della musica e specialmente la classica sembrano sollevarsi da terra e volare... a me non è mai stato dato e quindi ho detto spesso: "Beato te che sai godere così di quest'arte straordinaria che è la musica... una risposta, ne potreste avere infinitamente varie, raramente uguali a quelle del Vangelo.
E queste non sono semplici ad interpretare. Noi siamo abituati a ripeterle, ma forse conviene soffermarsi.
Chi avrebbe il coraggio di dire e che significa dire: "Beato te che piangi - eccetto che uno pianga di gioia - beato te che sei povero, beato te che sei perseguitato, beato te che soffri". Ci sono anche oggi (ci sono stati sempre nel corso della vita cristiana fin dai primissimi tempi) quelli che ripetono queste parole che sono veramente offensive per chi soffre. Non si può dire a uno che soffre: "Beato te perché soffri, la sofferenza è un dono Dio" è veramente una follia.
Ma - allora - che significa dire: "Beato te che piangi, beato te che sei povero, beato te che sei perseguitato". Qui - forse - dovreste togliere il "beato te", perché qui forse si risponde ad un'altra domanda: "Da che parte sta Dio, chi preferisce Dio?" E non rispondete subito, come ho sentito rispondere varie volte: "Dio non può stare da nessuna parte, Dio sta con tutti, Dio non può preferire nessuno, per Dio siamo tutti uguali".
No! Dio è come una mamma, se ha dei figli e uno se ne ammala, lei starà dalla parte di quello che s'è ammalato, con lui perderà il suo tempo, a lui dedicherà le sue cure e inviterà i fratelli a prendersi cura di chi è malato, a stargli vicino: questo ci dice questa pagina!
Dio sta dalla parte di chi piange, di chi soffre, di chi è povero, di chi è perseguitato e ci invita a stare da quella parte e non basta pregare, occorre - se è possibile - fare quello che si può per asciugare una lacrima, per tenere la mano sulla spalla a qualcuno che soffre e che ha bisogno di sentire qualcuno vicino con tutta la tenerezza possibile.
Ed ecco, per stare vicino a chi tribola bisogna avere un cuore mite, misericordioso, affamato e assetato di giustizia: è questo che Gesù ci chiede, è questo che anche noi stamattina possiamo chiedere al Signore... che ci faccia un cuore ricco di gratuità, di tenerezza, della capacità di togliere la sofferenza, di scoprire cosa giova alla pace e di viverla ogni giorno ...
"Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia" È questo che il Signore ci chiede per stare vicino a chi piange, per schierarci dalla loro parte, per dare una mano a chi soffre.
Un'altra cosa vorrei farvi notare su questa pagina del Vangelo, che ritengo straordinaria e sconvolgente... Avete notato...? A me è capitato di costatare che pochi lo hanno notato! Qui non si dice: "Beato chi crede, beato chi prega, chi va a Messa, beato chi ascolta le parole del Papa". "Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace"
Lo sguardo si allarga ai confini del mondo perché in ogni religione e anche fuori delle religioni... tra coloro che si dicono atei ci sono tanti che hanno un cuore così!
Sto leggendo un libretto di Umberto Veronesi, un sillabario laico... non so se a qualcuno è capitato tra le mani e dicevo stamattina: "Che peccato che non so scrivere, scriverei quasi esattamente le stesse cose!"
È questa la grandezza di questo Vangelo. Io credo, per me Gesù è fondamentale, Dio è l'essenza della mia vita, lui dice di non credere, eppure scriveremmo le stesse cose.
Nelle parole del Vangelo non si fa differenza tra religioni, tra chi crede e chi non crede. La differenza è solo tra l'uomo mite e l'uomo che non lo è; tra l'uomo misericordioso e l'uomo non lo è; tra chi ha fame e sete di giustizia e chi non l'ha; tra chi cerca la pace e chi non è capace di pace... non c'è altra differenza.
Ecco perché il Signore ci invita ad accogliere queste parole e a seguirlo accanto a chi piange. Lui sta da quella parte. Lui è venuto per questo e là chiama anche noi. Possiamo chiedergli che stamattina queste parole rinnovino il nostro cuore.
Il Signore ci aiuti.
"Voi siete il sale della terra, V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Febbraio 2017
voi siete la luce del mondo" Matteo 5, 13-16
Una delle tentazioni di chi predica (posso esservene testimone perché sono più di cinquant'anni che predico, con un po' di fatica devo dire) è leggere: "Voi dovete essere il sale della terra. Voi dovete essere la luce del mondo", e poi aggiungere: "Adesso, cerco di dirvi come dovete comportarvi per essere luce e sale ". È una tentazione a cui i preti cedono molto facilmente.
Poi ti capita di leggere e rileggere, magari insieme a qualcuno, questa pagina del Vangelo e ti accorgi che Gesù non ha detto: "Voi dovete... ma voi "siete" la luce, voi "siete" il sale".
Allora puoi girare la domanda… e provate anche voi a farlo, se vi riesce. Chiedetevi: "Chi è stato per me luce e sale? Chi mi ha fatto intravedere qualche cosa della giustizia, della verità, del bene? E chi ha dato gusto e sapore alla mia vita?".
Io c'ho provato nella settimana passata e sono passati davanti ai miei occhi, magari passeggiando in pineta, decine e centinaia di persone... Alcune importanti... (io sono stato una persona fortunata, sono uno - forse posso coinvolgervi - dei cristiani più fortunati della storia, ho avuto addirittura la fortuna di conoscere un Papa straordinario (che è un vero miracolo): Giovanni...
Ho avuto la fortuna di conoscere personaggi della nostra tradizione religiosa, pensate a don Milani, don Mazzolari... Ho avuto la fortuna di avere come amico un prete straordinario (anzi più di uno). Ho avuto la fortuna di avere degli insegnanti che sapevano comunicarti qualche cosa di autentico. Ho avuto la fortuna di incontrare addirittura qualche genio di quelli che sanno veramente portarti all'essenza delle cose, aprirti prospettive nuove, spalancarti orizzonti di luce. Ho letto tanti libri: tante persone che hanno studiato e dedicato la vita per rendere più ricca la "luce del mondo".
Ma soprattutto ho incontrato persone di tutti i giorni a cominciare dalla mia più tenera infanzia: mio papà, mia mamma... poi durante la mia vita tanti altri...
Mi passavano davanti agli occhi tante immagini: bambini... alle volte i bambini ti danno l'essenza delle cose e poi dei ragazzi, dei giovani, quando (tanti anni fa, negli anni sessanta, settanta) avevo da condividere la ricerca soprattutto con i giovani. Che cosa straordinaria discutere con loro, passarci delle ore a cercare di guardare il mondo, di illuminarlo con una luce un po' diversa da quella che ti forniscono la televisione, i giornali, i mezzi di comunicazione.
E poi tante persone con cui ho letto il Vangelo. Ho letto il Vangelo centinaia di volte insieme con della gente e sempre qualche volta attraverso una domanda, un'osservazione la luce diventa più viva, più bella.
E poi la tenerezza delle persone anziane. Ne ho conosciute tante nella mia vita di parroco... che delicatezza! E anche la capacità di guardare alla vita con quel senso della saggezza e forse della tenerezza che viene soltanto con gli anni. Tante persone che hanno dato luce alla mia vita!
E voi? Provate a chiedervelo (se volete) in questa settimana: "Chi ha dato luce alla mia vita?" Poi fatevi un'altra domanda: "Chi ha dato sapore e gusto alla mia vita?" E qui prima potete guardare le cose grandi: l'arte... sono stato spesso incantato e ho cercato di vedere più che potevo pitture straordinarie: (non ho mancato quasi nessuna mostra di quelle che si sono fatte qui a Roma) libri, film, musica... tutto quello che da gusto e sapore alla vita.
Ma poi, poi le cose di tutti i giorni: l'amicizia, la tenerezza, gli incontri, le cose più banali.
Ricordo ancora, quando ero adolescente, le panchine del Granicolo, le conoscevamo tutte, sapevamo quali erano quelle più comode e passavamo ore a chiacchierare d'estate, fuggendo dalla calura che c'era laggiù in basso… bastava salire al Gianicolo e c'era il ponentino. Si chiacchierava, si passavano ore insieme.
E poi andando avanti passeggiate in montagna con degli amici… e arrivare in cima e guardarsi intorno, un panorama straordinario e poi ritrovarsi a cena con degli amici, o chiacchierare lungo la strada o ritrovarsi intorno a una buona tavola. E, per voi, l'amore, la tenerezza, la passione, i figli, i nipoti... tutto questo da gusto e sapore alla vita.
Allora potete vedere quanta fiducia Gesù ripone in noi: "Voi siete la luce del mondo, voi siete il sale della terra".
E quando uno è convinto come me (spero che lo siate almeno in parte anche voi) di avere ricevuto tanto, allora non c'è bisogno di far la predica. Quando uno ha vissuto la gratuità, la gratitudine viene spontanea. Viene spontaneo tentare di rendere - almeno un po' - quello che si è ricevuto.
Non vi fate scrupoli, come me, dicendo: "Ho ricevuto tanto e ho dato poco". Forse ciascuno di noi cerca di dare quello che ha. Può conservare nel mondo quello che ha avuto: la ricchezza di luce, di gusto che ha potuto ricevere da tutta la gente che con lui ha condiviso il cammino della vita e forse anche noi siamo stati per gli altri... qualche volta penso che me lo debba dire Gesù perché io, mah?!... Se lo dice Lui ci devo credere (voi che dite?) "Voi siete il sale della terra". Quindi Gesù potrebbe dire: "Tu sei il sale della terra". "Sarà… se lo dici Tu!".
A parte gli scherzi, ricordatevi in questa settimana, tutti quelli che sono stati "sale e luce" per voi e chiediamo al Signore di poter esserlo anche noi per chi ci vive accanto.
Il Signore ci aiuti.
Non sono venuto ad abolire la VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Febbraio 2017
Legge, ma per dare compimento". Matteo 5,17-37
Come avete ascoltato e facilmente compreso, il Vangelo di oggi è molto complesso, ci vorrebbero ore per spiegarne i vari punti. Non è facile per noi da capire, ma il Vangelo non è stato scritto come si farebbe oggi dal principio alla fine, bene ordinato: è - come avete visto - un collage di frasi che si sono formate nel corso degli anni... che vengono unite in questo grande discorso che apre il Vangelo di Matteo e a volte non hanno molta relazione le une con le altre.
Cercherei (se mi riesce) di darvi il senso globale di quello che abbiamo letto (sempre per quello che ho capito io, non me lo fate ripetere troppe volte, ognuno può dire soltanto quello che ha capito, magari può sbagliare, nessuno può parlare in nome della Chiesa, ciascun prete parla solo in nome suo e dice cose più o meno sagge) e allora vediamo se mi riesce di farvi intuire qualche cosa di questa pagina.
Avete sentito che da una parte c'è l'affermazione di Gesù (o almeno messa in bocca a Lui) che sembra piuttosto netta: "Della legge non passerà un solo iota o un solo trattino…".
E poi... una serie di: "È stato detto, ma io vi dico". È stato detto nella Legge e quell"io vi dico" a volte ne cancella una parte, cosa intendono i primi cristiani? Gesù cosa è venuto a fare?
C'è una parola che aiuta a capire: "Sono venuto a dare compimento". Come si può portare a compimento la Legge?
Ecco, per aiutarvi a comprendere... immaginate che si viva dentro un grande spazio circondato da alte mura che servono a proteggere la vita dell'uomo. Le mura sono la Legge.
Una legge che l'uomo ha cercato di costruire nel corso dei millenni con grande fatica fin dalle più antiche e sommarie leggi che avrete sentito nominare: "Occhio per occhio, dente per dente, vita per vita...". È il primo tentativo di limitare la violenza dell'uomo: se ti rompono un dente, tu puoi rompere un dente, non puoi cavare l'occhio, altrimenti quello ti uccide.
Oppure se vuoi cacciare una donna (il maschilismo era imperante) devi scrivere il motivo e che non sia un motivo futile… gli altri ti possono giudicare.
Ecco, si cominciano a cercare delle regole che difendano la vita dell'uomo, soprattutto i più deboli e il cammino dell'uomo è andato avanti costruendo leggi sempre più complesse, più valide e rispettose della vita dell'uomo.
La Legge è il risultato del lungo e faticoso cammino dell'uomo, una cosa importantissima, ma secondo Gesù - probabilmente - ha dei rischi. Il primo: che uno osservi la legge per ricevere un premio, per sentirsi buono e magari poter giudicare gli altri… o per paura del castigo.
Non solo, la legge corre un altro rischio - specialmente per i più giovani - il fascino del proibito. Chissà che cosa c'è aldilà delle mura? Mi proibiscono di fumare, a casa, ma forse fumare mi fa sentire più grande! (Potreste fare tanti esempi del genere).
Gesù cerca di dire alla sua gente: "Voltate le spalle al muro, guardate avanti" e immaginate allora che al centro di questo grande spazio ci sia una "montagna" su cui Gesù ci invita a salire. Una montagna in cui non contano più le leggi ma l'anima della legge. Una montagna in cui Gesù ci invita a cercare la libertà, la giustizia, l'amore, la tenerezza, il rispetto dell'altro.
Provate... (per fare un esempio che forse aiuta a capire) ad immaginare che venga qui san Francesco e gli diciate: "Francesco, non uccidere, non rubare, non mentire", vi guarderebbe negli occhi con il suo sguardo mite: "Rubare? ma io quello che avevo l'ho dato ai poveri. Uccidere? Non ho ucciso nemmeno il lupo, sono andato a farci due "chiacchiere". Mentire? Ho cercato di essere sempre sincero e limpido".
Ecco - vedete - per Francesco la legge è sparita, quasi che non ci sia più, perché lui ha cominciato a salire la "montagna". Ha cominciato a cercare i valori. Non lo riguarda "non uccidere", a lui interessa amare, andare incontro alla persona sofferente. Per lui non importa "non rubare", a lui interessa condividere la vita. Per lui non è importante "non giurare il falso, non mentire" a lui interessa essere vero, sincero.
San Francesco non era sposato… molti di voi lo sono. Vivere l'amore significa non preoccuparsi più della legge del divorzio. Si può provare a vivere un amore libero, rispettoso, non basta "non commettere adulterio".
Non so se mi sono spiegato. Se si sale sulla "montagna" la legge non conta più perché si insegue il valore, il sogno. L'ideale del bene, dell'amore, della giustizia, della tenerezza, del rispetto, della sincerità, della verità, eccetera...
E - allora - man mano che si sale (come dice l'apostolo Paolo) siamo liberi dalla legge come Francesco, lui è libero dalla legge, è inutile che gliela ricordiate, per lui non conta più.
C'è anche una frase che ci riguarda: "Se stai per portare la tua offerta davanti all'altare e lì ti ricordi che c'è qualcuno che ha qualcosa contro di te, lascia l'offerta all'altare e va a riconciliarti". "Ma io non gli ho fatto niente, è lui che ce l'ha con me" "Non importa, va a riconciliarti: la pace è molto più importante della preghiera".
Vedete il sogno, il cammino verso l'alto, il salire sulla montagna. E più avanti il Vangelo di Matteo ci dirà forse la cosa più importante: "Questa montagna non ha la cima", quindi non importa arrivare. Non c'è chi arriva prima e chi dopo, l'importante è salire... Perché dico che è una montagna senza cima, perché Matteo scrive: "Siate perfetti come è perfetto Dio". Se mi dicono: "Sii perfetto (ho lo stesso nome) come san Francesco dico: non ce la posso proprio fare e rischio di farmi venire i sensi di colpa… ma se mi dicono: "Sii perfetto come Dio". Beh, allora vivo tranquillo, tanto perfetto come Dio non c'è riuscito nemmeno san Francesco. Nessuno! l'importante è camminare. L'importante è credere, tentare di vivere questi valori.
C'è un grande problema quando questo sogno, questo cammino verso l'alto, diventa regoletta… allora si cade nel ridicolo.
Ve lo dico con parole semplici. Nella mia vita ho dovuto varie volte consolare delle persone che hanno tentato di vivere un rapporto d'amore, ma non ci sono riusciti e hanno dovuto divorziare e gli dicevano: "Non puoi fare la Comunione" e alcuni a Messa ci soffrivano: "Perchè non posso fare la Comunione? Posso anche aver sbagliato, anzi forse non ho neanche sbagliato... era un amore infantile e poi siamo cresciuti e diventati diversi e l'amore è finito: perché non possiamo vivere un amore nuovo, più ricco? Perché non possiamo anche nella Chiesa vivere il divorzio?" (I maligni dicono che se i preti si sposassero il divorzio sarebbe un sacramento, ma siccome non si sposano...) Comunque il divorzio, mai! per nessun motivo, salvo la santa ipocrisia della Rota dove quello che conta sono i soldi. Se vuoi annullare il matrimonio l'importante è che tu abbia abbastanza soldi per pagare un buon avvocato. Il bello è che quasi nessuno si scandalizza nella Chiesa di cose di questo genere… il divorzio assolutamente no!
Io per diventare prete ho dovuto giurare una quindicina di volte e fra l'altro giurare cose assurde. Se avessi detto al mio vecchio saggio (per fortuna) rettore. "Monsignore, non posso giurare Il vangelo parla chiaro "Non giurate affatto…" Mi avrebbe guardato con i suoi occhi carichi di saggezza: "Checco, sono sciocchezze, ci sono cose molto più importanti, giura e non pensarci".
Ecco - vedete - due pesi e due misure. Per diventare prete ci condannavano a giurare decine di volte… ma divorzio mai!
Ecco (se ho capito qualcosa) il Vangelo è una cosa seria, anche la legge è una cosa seria, ma se volete vivere la legge, se volete che i vostri figli, i vostri nipoti vivano la legge, allora riempite il loro cuore di valori, di ideali, aiutateli a "salire" e saranno "liberi" dalla legge. Aiutateli ad amare il prossimo e non ruberanno. Aiutateli ad amare la pace e non uccideranno nessuno. Aiutateli ad avere un cuore sincero e limpido e non mentiranno. Aiutateli ad avere rispetto per la donna e sapranno amare e non vorranno mai possedere un'altra persona e non ci saranno più femminicidi su questa terra.
Ecco, un uomo può vivere la legge pienamente soltanto se ha un tesoro nel cuore, un tesoro ricco, quello che Gesù ha cercato di portarci.
Il Signore ci aiuti.
"Siate perfetti come è perfetto VII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Febbraio 2017
il Padre vostro celeste" Matteo 5, 38-48
Le parole che abbiamo ascoltato sembrano, a una prima lettura, non solo paradossali, ma addirittura assurde. Chi di noi se gli danno uno schiaffo su una guancia porge l'altra? Se qualcuno gli prende la borsa o il vestito gli dà anche il cappotto? Parole assurde!
Chi di noi è capace di amare il suo nemico e di pregare per lui? Ma è di questo che parla questa pagina del Vangelo? Probabilmente no! Oggi il Vangelo tenta di farci gettare uno sguardo nel cuore stesso di Dio, nei suoi sogni, nella grandezza infinita del suo cuore.
Avete ascoltato: "Siate figli del Padre vostro; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti".
Qualcuno di voi (soprattutto chi ha i capelli bianchi) ricorderà... siamo stati educati alla fede nella paura di Dio. La mia infanzia è stata accompagnata dal "triangolo" con un occhio in mezzo, l'occhio di Dio, che scruta ogni segreto, anche del mio cuore, pronto a condannare e castigare.
La mia idea di Dio è stata segnata dalla convinzione che Dio premiasse i buoni e punisse i cattivi. Abbiamo avuto anche in questi ultimi giorni (ce ne sono stati tanti negli anni passati) autentici folli (secondo me) che dicevano: "Il terremoto è la punizione di Dio". Come può Dio punire un bambino per le colpe degli adulti? Eppure, non immaginate quante mamme ho incontrato nella mia vita che avevano paura di essere punite nei figli per qualche loro sbaglio. La paura di Dio!
Ma è questo il Dio del Vangelo? Il Dio che fa piovere sui giusti e gli ingiusti, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, soprattutto il Dio della parabola del Padre misericordioso, che al figlio che ha sciupato tutto e torna e non si sente più figlio e vuole essere trattato come uno schiavo purché mangi... prepara la "festa".
Il sogno di Dio di rispondere al male con il bene, di rispondere all'odio con l'amore, di rispondere alla negatività con la bellezza. Ecco, di Dio parla questa pagina! E ci invita a tentare di essere come Lui.
Dobbiamo togliere dal nostro cuore l'idea di un Dio che giudica, che punisce, che condanna e - addirittura - che ha potuto pensare all'inferno. A mio avviso non c'è idea più assurda dell'inferno. Una punizione eterna... non solo, l'idea dell'inferno è contraria al Vangelo, a questa pagina, alla parabola del Padre, al Dio che fa sorgere il suo sole sui giusti e sugli ingiusti.
Se volete sorridere un po'... Tante volte, quando qualche amico andava magari a fare una gita e mi diceva telefonando che da loro pioveva, dicevo: "È giusto: cosa dice il santo Evangelo, che piove sugli ingiusti. Qui a Ostia ci siamo noi e c'è il sole". Nessuno mi ha mai detto che nel Vangelo c'è scritto il contrario! Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Fino a questo punto è radicato il concetto che Dio premia i buoni e castiga i cattivi! (Tra l'altro questo va bene per noi che viviamo in città, per il contadino è tutto il contrario, la benedizione è la pioggia e il guaio il sole quando non smette di brillare).
Un'immagine - dunque - di Dio! Questo Vangelo ci dice anche che il sogno di Dio può essere il nostro sogno: tentate di essere come Lui! Siccome Matteo è buono ci dice: "Attenti, però, vi sto dicendo di essere perfetti come Dio, quindi se non ci riuscite non spaventatevi; perfetto come Dio non può essere nessuno. L'importante è tentare di vivere nel tuo cuore, nella tua famiglia, nell'umanità questo sogno, il sogno di rispondere al male con il bene".
Vedete, noi uomini qualche volta non ci pensiamo, ma abbiamo un solo modo di rispondere al male, alla violenza, alla negatività... la possibilità di moltiplicare la vita, la tenerezza, il piacere nei confronti di quelli che ci stanno intorno ogni giorno. Non abbiamo altra possibilità!
Non pensate che siano cose lontane dalla nostra vita. Pensate che al tempo di Gesù i due terzi degli uomini erano schiavi. Pensate che lungo la via Appia c'erano lunghe file, decine, centinaia di crocefissi. Oggi (per fortuna) in gran parte del mondo la pena di morte è stata abolita
Oggi, nelle carceri, c'è il sogno - in gran parte non realizzato - ormai antico in questo nostro paese, perchè abbiamo avuto dei grandi maestri... il sogno che il carcere non sia la vendetta dello Stato, non sia infliggere male a chi ha fatto male, ma il tentativo di recuperarlo, di aprirlo di nuovo alla bellezza, alla dignità della vita, al valore del bene.
Sono casi estremi, ma riportatelo nella vostra vita di ogni giorno, senza sensi di colpa, senza ansia perché a volte non ci si riesce, a volte è impossibile perché per riconciliarsi bisogna essere in due... ma il sogno che dovremmo portarci dentro (il sogno di Dio) è rispondere al male con il bene, con la tenerezza, con la gioia, con il moltiplicare intorno a noi il piacere, la voglia di condividere la vita, di camminare insieme, la voglia di cercare le cose giuste... non abbiamo altro strumento!
Quindi - se ci pensate - queste parole che sembrano così assurde sono il sogno di Dio, il sogno che Dio ci invita a far nostro. Ci dicono: "Non rassegnatevi a questo mondo. Non rassegnatevi a questa violenza. Non rassegnatevi al male, non rispondete con il male, come potete, con rispetto di chi non ci riesce".
Non ho mai capito perché un giornalista metta un microfono davanti a una donna a cui hanno ucciso un figlio e gli chieda: "Tu lo perdoni?" Non ho mai capito perché nessuno gli strappi il microfono! Si può chiedere a una mamma: "perdoni?" in quel momento drammatico e che significa perdonare? Forse si può cercare di dire a questa mamma: "L'unico modo che hai per rispondere alla morte di tuo figlio, se ti riesce, perché è quasi impossibile per te, è moltiplicare anche in nome di tuo figlio la tenerezza, l'amore, l'attenzione all'altro, la condivisione, la possibilità di dare piacere, gioia a chi ti sta intorno... allora potrai continuare a vivere, potrai anche, in questo tuo amore, in qualche modo far vivere tuo figlio e il mondo sarà più bello".
Sogni... (ve l'ho ripetuto infinite volte) il Vangelo è sogno. Sogno, ma non illusione. Sogno concreto che può trasformare la nostra vita e può renderla più bella. Il sogno di Dio che può incarnarsi nel nostro cuore e nel nostro vivere quotidiano. Non è a buon mercato. È impossibile diventare perfetti come Dio, ma l'importante non è arrivare, l'importante è provarci, è crederci, senza paura.
Il Signore ci aiuti.
Guardate gli uccelli del cielo... VIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Febbraio 2017
Osservate i gigli del campo… Matteo 6, 24-34
Quando si legge... (a me è capitato di farlo centinaia di volte) questa pagina del Vangelo con vari gruppi di persone, si trovano riflessioni, sentimenti, emozioni molto diverse e - a volte - contrastanti.
Chi ama la natura si ritrova nella frase: "Guardate i gigli del campo, guardate gli uccelli del cielo". Chi si ferma a guardare gli uccelli, la loro varietà, il loro modo di muoversi, di costruire il nido (a me è capitato anche ieri). Chi si ferma con stupore di fronte a un giglio, ad una fioritura di narcisi, ad un martagon, chi trova in una roccia un raponzolo chiomoso o lungo il sentiero un gruppo di violette... si ritrova in queste parole: la contemplazione della bellezza della natura, lo stupore! Sembra un'anticipazione del Cantico delle Creature di san Francesco; meraviglia davanti alla bellezza del mondo, al fascino delle persone, al sorriso di un bambino... è quanto di più bello e gratuito ci possa essere.
Poi - però - qualcuno nota: "Ma noi non siamo uccelli del cielo, né gigli del campo. Noi dobbiamo preoccuparci di come vestiamo, di cosa mangiamo, di cosa beviamo e dire: Non preoccupatevi perché Dio vi aiuterà, c'è una Provvidenza che provvede a tutto"... per molti di noi suona come un'offesa intollerabile per i nostri genitori.
Chi ha i capelli bianchi come me è vissuto nel tempo della guerra, quando il papà e la mamma dovevano affannarsi in tutti modi per cercare qualcosa con cui nutrirci e - a volte - si toglievano il cibo di bocca per farci mangiare qualcosa… ed era l'affanno, la ricerca di ogni giorno.
E - dunque - queste parole cosa vogliono dire? Che c'è una Provvidenza che provvede a tutto? Ma dov'è questa provvidenza se pensiamo ai tanti bambini che muoiono di fame e i cui genitori - per quanto si diano da fare - non riescono a trovare il pane? Che senso hanno queste parole? Sono un'offesa per noi, soprattutto per i poveri?
Ma se leggete più avanti trovate altre parole che - forse - vi aiutano a capire e danno il senso profondo di quello che abbiamo letto: "Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta".
Allora non si tratta di rassegnarsi e di affidarsi a una provvidenza che è un'illusione per la vita dell'uomo. Si tratta di cercare... ma di cercare prima di tutto la giustizia. Pensate se su questa terra noi uomini fossimo capaci di cercare prima che la gloria, la potenza, il denaro, il successo... la giustizia e la fraternità... non ci sarebbero più guerre, non ci sarebbe più fame, ci sarebbe cibo per tutti.
Pensate se in questo paese si fosse capaci di cercare la giustizia, l'onestà, l'amore per il proprio lavoro, il rispetto per le persone e non solo il proprio interesse... non ci sarebbe più corruzione, non ci sarebbe più assenteismo, non ci sarebbero più truffe nei confronti dello Stato e - soprattutto - nei confronti della gente... perché non esiste uno Stato in astratto, esistono persone concrete che soffrono se chi deve non fa il proprio lavoro.
Ecco: "Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, cercate i valori autentici e il resto vi sarà dato in abbondanza" e troverete la ricchezza e la bellezza del mondo.
E - allora - potete ritornare ai gigli del campo, agli uccelli del cielo perché la radice che permette di cercare prima la giustizia viene proprio dalla capacità di contemplare, di stupirsi, di meravigliarsi di fronte alla bellezza del creato, delle cose, degli animali, degli uomini. Quando un uomo vive lo stupore, quando sente che tutto è dono, è capace di vivere con gratuità la bellezza della vita. Qualcuno dice che la bellezza può salvare il mondo, ma la bellezza salva il mondo se sappiamo contemplarla, se sappiamo viverla, se sappiamo farla nostra nella gratuità... allora rispetteremmo il creato, non faremmo più violenza alla natura e non ci preoccuperemmo soltanto di arricchire, di essere superiori agli altri...
Ci preoccuperemmo che il mondo sia bello, che un bambino continui a sorridere e - allora - ci sarà pane per tutti, ci sarà giustizia per tutti. Ecco, queste parole che in certi momenti sembrano un'illusione, una offesa addirittura per la povera gente... diventano vere, diventano il cuore della vita dell'uomo. Amate la vita, la natura, vivete la gratuità, abbiate rispetto e la vita sarà più bella e tutti potranno vivere in pace.
È un sogno - direte voi - ve l'ho ripetuto infinite volte il Vangelo è sogno, ma non illusione. Sogno concreto su cui possiamo camminare, passo dopo passo - come possiamo - senza scoraggiarci mai, l'importante è avere un cuore gratuito, capace di contemplare la bellezza e di viverla come possiamo.
Il Signore ci aiuti.
In quel tempo, Gesù fu condotto I DOMENICA di QUARESIMA - 5 Marzo 2017
dallo Spirito nel deserto, per Matteo 4, 1-11
essere tentato dal diavolo.
L'inizio della Quaresima ci invita ad una riflessione sulla tentazione e sul peccato. Questa è una parola che ho visto sempre meno capita o addirittura rifiutata da parte di molti cristiani; non vogliono sentire parlare di peccato. Mi sono chiesto perché? La mia esperienza mi ha permesso di intuire qualche cosa.
Vedete - specialmente quando ero giovane (adesso - per fortuna - non si usa più) ho passato ore e ore in confessionale e devo dirvi che - forse - l'ottanta per cento o ancora di più di quello che le persone dicevano, non aveva niente a che fare con il peccato.
Raccontavano le solite cose, recitavano quasi a memoria un ritornello che avevano imparato da bambini: "Non ho detto le preghiere, ho disubbidito, ho detto parolacce" e altre cose di questo genere… poi, molti di voi ne hanno fatto esperienza, l'ossessione per il sesso della Chiesa, specialmente in quei tempi: non solo un atto, ma anche una parola, un pensiero impuri erano considerati peccati mortali.
Tutto questo ha portato ostilità verso la parola: peccato. Giustamente non si capiva più cosa significasse. Un sacerdote amico quando ero giovane, mi diceva: "Io lascio sempre parlare chi viene a confessarsi, poi gli dico: finora hai detto quello che pensavi che volessi sentire, adesso dimmi se c'è qualche cosa che veramente ti pesa nella tua vita". Io non l'ho mai fatto, non so se per pigrizia, (me lo sono domandato) oppure per rispetto di persone spesso anziane, che ripetevano sempre le solite parole.
Certo è che nessuno mi ha mai confessato che non mette le frecce quando va in macchina, oppure che arriva tardi a un appuntamento o che getta della carta per la strada… o anche cose più serie nessuno quasi mai mi ha confessato che non paga tutte le tasse o non si fa fare la ricevuta dal dentista o per qualche episodio di corruzione o altre cose del genere.
Spesso accusavano i soliti peccati imparati da bambini… allora non si capisce più cosa c'è veramente di male nella nostra vita.
Il Vangelo di oggi (è un simbolo penso che tutti lo capiate) forse ci aiuta a farci le domande serie. Il peccato non è una serie di atti, è soprattutto un atteggiamento di fondo da cui viene tutto il resto.
La prima domanda che possiamo farci è quella della prima tentazione di Gesù: il pane lo spezzi per te o per gli altri? Le tue capacità le usi per te oppure le metti a disposizione degli altri nel servizio? Insomma la stessa domanda che pone nella prima Lettura il racconto di Adamo ed Eva: sei tu il centro del mondo, vuoi essere come Dio, l'arbitro del bene e del male, oppure condividi la vita, rispetti il fratello, cerchi di fare strada insieme?
Se rispetti il fratello metterai le frecce quando vai in macchina, non mancherai a un appuntamento, non butterai la carta per la strada, sarai attento a non vivere episodi di corruzione, a pagare le giuste tasse eccetera. Questo è il rispetto del mio prossimo!
La seconda tentazione riguarda oggi parecchia gente, perché è la tentazione dell'apparire, del ricercare l'applauso della folla, del farsi vedere; oggi soprattutto che si vive di mezzi di comunicazione ... tutti "postano" cose sulla "rete" (io non me ne intendo) per mostrarsi agli altri, per farsi vedere, per ricevere il consenso, l'applauso, "il mi piace". È il rischio di voler solo apparire.
Poi - forse - c'è un'altra domanda: "In cosa consiste la mia religione? Ricerca del segno, del miracolo, del prodigio, dell'intervento provvidenziale di Dio?" Gesù rifiuta il prodigio! Non si butta dal punto più alto del tempio per farsi sorreggere dagli angeli. Lui vuole camminare insieme con la gente nella vita quotidiana, nel servizio, nell'attenzione agli altri.
L'ultima tentazione - forse - sembra non riguardarci tanto: la ricerca dei soldi, del potere... "tutti i regni del mondo". Certamente nessuno di noi sogna i regni del mondo, il potere. Eppure - se ci pensiamo attentamente, possiamo domandarci: "Nella vita quotidiana, nei rapporti con mio marito, con mia moglie, con i figli, con gli amici, non cerco anch'io un po' di potere? Non cerco di impormi agli altri in qualche modo? Non cerco sempre la ricompensa per tutto quello che faccio, incapace di vivere di gratuità?".
Ecco le domande vere e per queste domande non c'è bisogno di confessarsi. C'è bisogno di convertirsi, di tentare - se ci riesce - di cambiare qualche cosa, magari piccola, nella nostra vita. È questo l'impegno che possiamo prendere per questa Quaresima.
Il Signore ci aiuti.
E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto II DOMENICA di QUARESIMA - 12 Marzo 2017
brillò come il sole e le sue vesti divennero Matteo 17, 1-9
candide come la luce.
I primi cristiani oggi ci invitano a salire sul monte, a contemplare lo splendore di Gesù, quasi un anticipo della Risurrezione: avete ascoltato "non parlate a nessuno di questa visione prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti".
Dopo l'annuncio della sua morte in croce, che abbiamo letto nella pagina precedente c'è per i discepoli un momento di luce a cui siamo invitati anche noi.
Come si è formato questo racconto, che è certamente simbolico? Non pensate che sia un fatto accaduto tanto tempo fa, sono simboli che valgono anche per noi, a cui siamo chiamati a partecipare, che possiamo vivere.
Come si è formato questo racconto? Certamente qui ci sono i grandi simboli dell'Antico Testamento: la montagna, conoscete il racconto del Sinai, la voce di Dio che detta a Mosè la legge, la nube che tutto ricopre, ma forse c'è anche il ricordo di qualche momento straordinario della vita di Gesù con i suoi discepoli, qualche momento magico in cui i discepoli hanno sentito Gesù particolarmente vicino, in cui sono stati incantati dalla sua parola, dalla sua personalità, sembrava loro di toccare quasi con mano la verità, la luce di Gesù, si sentivano scaldare il cuore.
Non so se anche a voi è mai successo di avere qualche volta dei momenti magici: a me è capitato più di una volta: dei momenti in cui Gesù ti sembra vivo, lo senti presente nella tua vita, ti sembra quasi di toccare con mano i suoi valori, la sua realtà, i sogni del suo cuore: tutto sembra sicuro, tutto semplice, tutto possibile… questi momenti purtroppo passano in fretta.
Aldilà di come si sia formato questo racconto, qui c'è la professione di fede dei discepoli. Una fede che matura certamente dopo la Pasqua che qui viene proiettata in un racconto durante la vita di Gesù: là sul monte Gesù si manifesta come la luce, il suo volto è splendente, Gesù si manifesta come colui che porta a compimento la grande tradizione di Israele, accanto a Lui ci sono Mosè ed Elia a mostrarlo, quasi a dire: è Lui il compimento di tutte le attese, in Lui si manifesta la pienezza della Parola di Dio. E poi la voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio, l'amato… ascoltatelo".
Anche noi siamo invitati a guardare il Signore stamattina, a sentirlo presente nella nostra vita, a credere che il Signore è la nostra luce, che in Lui troviamo i valori che rendono veri nella nostra esistenza i sogni che possono scaldarci il cuore.
Ma c'è un altro messaggio in questa pagina: sono momenti di luce, soltanto momenti, spesso nella vita del cristiano ritornano presto momenti di buio, la difficoltà di credere. Non si può restare sul monte: Pietro, come avete ascoltato, vuole fare tre capanne si vuole fermare lì: è troppo bello, c'è solo luce, tutto sembra certo, tutto sicuro, ma non si può restare sul monte bisogna scendere giù, bisogna riprendere le strade della vita e allora ritorna il dubbio, ritorna l'incertezza, la fatica di credere, di camminare.
Il Vangelo è ricco di questi episodi: qualcuno di voi ricorderà, sul mare in tempesta Gesù dorme, ancora sul mare con il vento contrario Gesù arriva, ma sembra un fantasma, qui forse la frase più forte, tutto sparisce: "non videro più nessuno se non Gesù solo", Gesù diventa "nessuno": è la fatica del cristiano di credere, di continuare a sentire propri i valori di Gesù anche quando dal monte bisogna scendere, andare giù in mezzo alla gente, a confrontarci con i problemi del mondo, ad affrontare il male.
Laggiù, se leggete poco appresso nel Vangelo, ci sono i diavoli cattivi (il diavolo lo sapete nel Vangelo è il simbolo del male) il compito del cristiano e combattere il male e a volte il male è pesante, sembra soffocarci e per continuare a combatterlo, dice il Vangelo, ci vuole un granello di fede, bisogna essere capaci di spostare le montagne: non si tratta di fare miracoli, si tratta in questo mondo, così pieno di violenza, in cui spesso siamo tentati di dire: "Chi ce lo fa fare, perché sforzarci di credere ancora che sia giusto voler bene, condividere la vita, accogliere gli altri; che sia giusto vivere il servizio?" eppure questa è la fede: si tratta di credere in Gesù, continuare a pensare che Lui ha ragione, che i suoi valori sono autentici, che con Lui possiamo continuare a camminare.
C'è un'altra tentazione nel fermarsi lassù sul monte, una tentazione presente nella Chiesa di oggi in tanti gruppi di cristiani: ci ritroviamo tra di noi, stiamo bene, ci sentiamo sicuri della nostra fede, possiamo giudicare il mondo, possiamo sentirci giusti: è una tentazione, non ci si può chiudere nel proprio guscio, nel proprio gruppo, c'è il mondo con cui bisogna confondersi, in cui bisogna vivere cercando di rendere presenti i valori in cui crediamo, altrimenti la nostra fede diventa sterile, se non addirittura l'arroganza di chi pensa di essere giusto, di sapere tutto: non è più fede è soltanto fanatismo.
Ecco, oggi siamo invitati a salire sul monte a guardare Gesù, a sentirlo presente, vivo nella nostra vita. Quando ci ritroviamo in chiesa la Domenica ci nutriamo di Lui, possiamo sentire nella sua Parola qualche cosa che ci tocca il cuore, ma lo sapete non possiamo costruire qui la tenda, è fuori che possiamo vivere i valori di Gesù nel posto dove lavoriamo, nelle nostre case, nel nostro quartiere, con la gente che ci sta intorno, è lì che possiamo tentare di combattere il male, dentro di noi prima di tutto e poi fuori di noi e soprattutto di far presenti e vivi nella vita di ogni giorno i valori di Gesù che sul monte abbiamo contemplato.
È bello salire un monte, è bello ritrovarsi con Gesù, contemplare la sua luce, sentirsi scaldare il cuore: sono momenti preziosi, ma qualche volta spariscono, presto torna il dubbio, la difficoltà e soprattutto non si può rimanere sul monte bisogna scendere giù in mezzo alla gente e soltanto lì che si può vivere la fede e una fede piccola come un granello di senape può permetterci di spostare le montagne, di continuare a credere senza stancarci nella gratuità e nell'amore.
Il Signore ci aiuti.
"Se tu conoscessi il dono di Dio III DOMENICA di QUARESIMA - 19 Marzo 2017
e chi è colui che ti dice: "Dammi Giovanni 4, 5-42
da bere!", tu avresti chiesto a lui
ed egli ti avrebbe dato acqua viva"
Leggeremo in queste tre domeniche i grandi racconti del Vangelo di Giovanni che servivano, fin dai tempi più antichi della Chiesa, a preparare i catecumeni al Battesimo nella notte di Pasqua. I grandi simboli battesimali: l'acqua, la luce, la veste candida erano interpretati e spiegati da questi grandi racconti. Cerchiamo di raccogliere l'essenziale di questi racconti complessi.
Vi ho detto, con rammarico, "erano" perché purtroppo non lo sono più. È accaduto nel corso dei secoli che il Battesimo degli adulti fosse trascurato e diventasse solo per i bambini e questi grandi racconti con i bambini non c'entrano niente ed è cambiato il senso dei segni battesimali.
Non so se anche a voi è capitato, a me è capitato tante volte di domandare: "Di che cosa è segno l'acqua del Battesimo?" e quasi tutti, se non tutti, mi rispondevano: "L'acqua purifica, lava, toglie le macchie del peccato originale".
Quando ero bambino pensavo che nascessimo con una specie di tunica macchiata da questo mitico peccato originale e immersa nell'acqua del Battesimo questa veste diventava candida e io diventavo completamente nuovo e figlio di Dio, come se prima non lo fossi.
Come avete ascoltato di lavare non se ne parla affatto. Nel luogo dove è nato il Battesimo là, ai confini del deserto, l'acqua molto prima di essere un segno di purificazione e di pulizia è un segno di vita. Dove c'è acqua spuntano i fiori. Dove c'è acqua l'uomo può vivere e se non c'è acqua non si vive.
Gesù invita questa donna e tutti noi a bere acqua viva e non dobbiamo più pensare (se ho capito qualcosa) al Battesimo perché noi tutti siamo stati battezzati da bambini, dobbiamo pensare alla vita cristiana di cui il Battesimo è il simbolo e domandarci: "Cos'è vivere da cristiani?"
Il messaggio che oggi questa straordinaria pagina del Vangelo ci dà: vivere da cristiani significa "avere sete". Sete dell'acqua viva, non dell'acqua stagnante, dei tanti pozzi inquinati di questa nostra società, non dell'acqua della "tradizione" per quanto essa sia sacra: è Gesù che ci dà l'acqua che zampilla per la vita eterna… non solo, può far diventare noi fonti di acqua viva, se cerchiamo i valori autentici.
Avete ascoltato... qui c'è un problema che i discepoli e la donna e tutti sentono: la discriminazione tra uomo e donna, tra Giudei e Samaritani: "perché parla con una donna?" E la donna: "perché parli con me che sono Samaritana?"
Bere l'acqua viva di Gesù... via tutto questo! Non c'è più né uomo né donna (dirà l'apostolo Paolo) siamo tutti uno in Cristo. Non c'è più né Giudeo né Greco o Samaritano, siamo tutti uno in Cristo. Il Signore ci chiama all'unità: questa è l'acqua di cui abbiamo sete e in questo mondo, come nel mondo di sempre, questa dovrebbe essere la sete più forte dell'uomo.
La "sete" dell'unità, il coraggio di non fare più discriminazioni, il rispetto di ogni uomo, il tentativo di essere "uno".
C'è ancora di più, è una sete religiosa. Domanda la donna: "Tu sei il Messia, dove bisogna adorare Dio, a Gerusalemme (come dite voi) o qui su questo monte?". "Credimi donna né qui, ne lì" Via tutto questo, via tutte queste tradizioni, per cui Dio si trova in un solo luogo, Dio è dappertutto, si deve "adorare il Padre in spirito e verità!"
Come sarebbe importante che i cristiani fossero educati a questa sete di acqua viva e non ad abbeverarsi in "pozzi" vecchi pieni di devozionismo, di fanatismo... Non c'è "acqua" lì! L'acqua è ricerca di Dio in spirito e verità. Acqua è fascino dei valori essenziali che in Gesù possiamo intuire e scoprire. Ecco chi è il cristiano: un uomo assetato, che cerca la verità, il bene, la giustizia, la pace e non si ferma e non si rassegna alle divisioni, alle differenze. Non c'è uomo, non c'è donna, non c'è straniero, non c'è concittadino: siamo tutti figli del Padre, siamo tutti alla ricerca della luce, alla ricerca dell'acqua, alla ricerca di quelli che sono i valori che rendono ricca la vita, che ci permettono di vivere da uomini liberi.
Vivere con dignità nel rispetto, nella libertà, nella gratuità: per questo è venuto Gesù!
Ma "l'acqua" la dobbiamo cercare. Ecco perché Gesù si avvicina alla donna e gli dice: "Ho sete". Vuole suscitare in lei la "sete". Sete di un'acqua che Lui può dare. La sete dell'acqua viva. Questa sete siamo invitati a riscoprirla dentro di noi, qualunque sia il nostro cammino cristiano.
Dobbiamo sempre ricordarci che non siamo arrivati. Un cristiano non si sente mai arrivato, non si sente mai sazio, non ha mai bevuto abbastanza, deve continuare a cercare l'acqua, l'acqua viva e allora può anche lui tentare, per chi gli sta intorno, di essere sorgente di acqua che porta qualche cosa della vita, dei valori fondamentali, che sa superare le tradizioni, le divisioni, che sa guardare il futuro e cercare il bene e la giustizia e la pace.
Il Signore ci aiuti.
"Va' a lavarti nella piscina di Siloe" IV DOMENICA di QUARESIMA - 26 Marzo 2017
Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Giovanni 9,1-41
Il giorno del Battesimo, dopo essere stati bagnati con l'acqua, abbiamo ricevuto una candela: un segno, un simbolo. Simbolo della luce di Gesù, seguendo la quale siamo stati invitati a camminare. Eravamo troppo piccoli, non capivamo nulla.
Se qualcuno di voi ha avuto la fortuna di vivere la grande notte di Pasqua, sa quanto è suggestivo il simbolo della luce, il grande cero che rappresenta Gesù che entra nella chiesa buia e si accende e poi dal cero tutte le candele dei presenti finché la chiesa non si riempie di luce.
Ecco, il credente è uno che trova in Gesù la luce, che insegue in Gesù la luce e non si sente mai arrivato, non pensa mai di possederla pienamente.
Avete ascoltato la frase durissima che chiude il Vangelo che abbiamo letto: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato, ma siccome dite: "noi vediamo", il vostro peccato rimane". Ecco, chi pensa di vedere, di sapere, chi non cerca più, ha perso la luce di Cristo, il cammino dietro di lui!
Il cammino dietro Gesù è un cammino che non finisce: è la ricerca della luce ogni giorno, è avventura alla ricerca della luce senza stancarsi… e guai a pensare di possederla!
Nella comunità cristiana (come sapete) è stata tante volte tradita questa pagina del Vangelo. Troppe volte i cristiani - soprattutto i capi della cristianità - hanno pensato di possedere la luce e hanno istituito inquisizioni e hanno bruciato quelli che la pensavano diversamente e spesso avevano intuito valori più profondi della sequela del Signore.
Credere di possedere la verità porta al fanatismo, porta a bruciare - addirittura - chi la pensa diversamente: è il peccato di chi pensa di credere e diventa soltanto un fanatico.
La straordinaria pagina che abbiamo appena letto è particolarmente complessa, vi consiglio di rileggerla a casa perché è piena di significati: è tutto un racconto simbolico...
Avete capito che il cristiano nella sua ricerca della luce suscita spesso l'indifferenza, la paura di chi potrebbe dargli una mano... i genitori non ne vogliono sapere: "Chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di sé". Avevano paura dei giudei.
Ecco... la paura ci impedisce di cercare la verità e spesso anche nella vita della Chiesa, quando ci avventuriamo alla ricerca della verità, troviamo intorno a noi la paura di dire qualche cosa di troppo, di esagerare, di sbagliare. A me è capitato tante volte… cercavo di scoprire qualche cosa e vedevo intorno a me troppa gente - anche studiosi - che non parlavano, non si esprimevano per paura. Paura di essere tagliati fuori dalle loro cattedre, di non poter pubblicare un libro.
Nel parlarci della ricerca della luce la prima comunità cristiana tocca due aspetti che ritiene fondamentali e che ancora - dopo duemila anni - non abbiamo digerito. Quando ci penso mi sento veramente un po' avvilito!
Perché il Vangelo non ci apre gli occhi? Due aspetti: (lo avrete forse notato) uno è la relazione tra il peccato e la disgrazia.
Chiedono a Gesù: "Chi ha peccato lui o i suoi genitori?" A quel tempo (duemila anni fa!) non sapevano niente della malattia, da dove venisse, non sapevano niente di batteri, di virus e di altri malanni e tutto veniva dal peccato, tutto veniva da qualche trasgressione, magari che non hai fatto tu, ma fatto tuo padre, tuo nonno o qualcuno dei tuoi antenati.
La domanda a Gesù: "Chi ha peccato lui o i suoi genitori". "Né lui, né i suoi genitori". Si deve spezzare il legame tra la sofferenza, il dolore e la punizione che viene da Dio! Non vi sembra che dovrebbe essere chiarissimo duemila anni dopo?!
Eppure anche a voi è capitato di ascoltare (anche recentemente) qualche "saggio" prete che dice: "Il terremoto: punizione dei peccati". O un cardinale: "l'AIDS, punizione della corruzione del mondo moderno". Duemila anni dopo e siamo ancora là! Ancora la "luce" del Signore non ha aperto gli occhi di coloro che credono di possedere la verità.
Un altro aspetto tocca il Vangelo di oggi, che ritiene fondamentale: "Non viene da Dio costui perchè non osserva il sabato". Ecco, il sabato impedisce di guarire e "sabato" è la legge, la tradizione, le regole: sono ingiuste se non rispettano l'uomo.
Ancora oggi (duemila anni dopo) vi ritrovate ad assistere discussioni sul funerale negato a uno che ha scelto di porre termine alla sua vita o ascoltate definire "omicida" il padre che ha voluto staccare i "tubi" della sua figliola, ormai non più vivente. Ancora oggi sentite discutere se i divorziati e risposati possono fare la Comunione... sempre la "legge" che prevale sull'uomo, sulla misericordia, sull'attenzione: questo invece potrebbe farci scoprire la luce, vedere...!
Vedere che l'uomo non è fatto per il"sabato", il sabato, la legge, la tradizione, le regole sono fatte per l'uomo. L'uomo è l'unica cosa sacra: questo significa "vedere"!
Ho fatto qualche esempio ma se ne potrebbero fare infiniti altri e quindi quando verrà Pasqua, se qualcuno di voi parteciperà alla notte di Pasqua e si troverà quella candela in mano, si dica nel profondo del cuore: "Sono un cercatore di Luce". Una luce che non è mai posseduta, una luce che va sempre cercata. Seguendo Gesù posso intuire qualche cosa di quello che è fondamentale nella vita: cogliere i valori che veramente rispettino l'uomo, perché l'uomo - a sentire il Vangelo e l'Antica Scrittura - è l'unica cosa sacra.
Tutto è fatto per l'uomo e Gesù non è venuto per essere servito, ma per servire e tutto dovrebbe servire l'uomo, il più piccolo degli uomini in questo c'è la "luce", Gesù è venuto a tentare di aprirci gli occhi. È difficile, lo è stato per i nostri padri e lo è anche per noi. Chiediamo a Gesù che apra i nostri occhi!
Il Signore ci aiuti.
Detto questo gridò a gran voce: V DOMENICA di QUARESIMA - 2 Aprile 2017
"Lazzaro Vieni fuori". Il morto uscì… Giovanni 11, 1-45
Il giorno del Battesimo ci hanno consegnato una veste bianca, è ridotta oggi ad un piccolo panno bianco che si appoggia sul petto del bambino. Noi non capivamo niente e, anche oggi, i bambini non capiscono niente di questo segno del Battesimo.
Per i primi cristiani era forse il segno più importante che ricevevano nella notte di Pasqua. Se aprite un calendario potete trovare che la domenica dopo Pasqua è la domenica "in Albis". (l'alba, in latino è la veste bianca... questa! Noi sacerdoti portiamo ancora quando celebriamo la veste bianca) E la indossavano per un'intera settimana e la toglievano la domenica seguente: "Dominica in albis deponendis": quando si tolgono le vesti bianche: un segno, un simbolo!
Nella notte di Pasqua i primi cristiani si immergevano nella grande vasca - erano tutti adulti - e ascoltavano la voce dell'apostolo: Siete morti con Cristo, siete entrati con Lui nel sepolcro e siete risorti ad una nuova vita e adesso vi rivestite di Lui. Rivestitevi di Gesù, dei suoi ideali, dei sogni della sua vita. Siete passati dalla morte alla vita, avete lasciato dietro le spalle tutto quello che sa di morte, tutto quello che sciupa la vita, che rovina l'esistenza dell'uomo, tutto quello che è violenza, umiliazione, sofferenza, guerra, oppressione: tutto avete lasciato dietro le spalle per cercare con passione la vita.
Questo momento così forte del Battesimo dei primi cristiani era spiegato e introdotto dal Vangelo che abbiamo letto stamattina. Penso che abbiate imparato a leggere il Vangelo e quindi non facciate più le domande che mi sono sentito rivolgere tante volte dai ragazzi: "Perché se Gesù voleva così bene a Lazzaro ha permesso che morisse, non poteva evitarlo prima, perché ha aspettato tanto prima di andare là?".
Sono domande ingenue perchè quello che abbiamo letto è un racconto simbolico, non è un fatto accaduto tanto tempo fa. Noi non sappiamo cosa sia successo, non sappiamo se Lazzaro (tanto per fare una piccola ipotesi) fosse una persona poco perbene, una specie di bandito che nell'incontro con il Signore ha potuto lasciare il male dietro di sé. Non sappiamo che cosa è veramente successo! Il racconto di Lazzaro c'è solo nel Vangelo di Giovanni e questo (secondo gli studiosi) è un po' strano. Tutti gli altri Vangeli conoscono Maria, Marta, Lazzaro ma non hanno mai sentito parlare della risurrezione. Questo ci conferma ancora di più che è un racconto simbolico e i racconti simbolici sono più importanti dei fatti, perché riguardano me e riguardano voi.
In questo racconto ci viene proposto il coraggio di andare aldilà della morte e di tutto quello che, in questo mondo, manda "cattivo odore".
Avete ascoltato: "È da quattro giorni nel sepolcro, manda cattivo odore". Non sentite anche voi ogni giorno - amaramente - quanto "odore" di morte c'è su questa nostra terra?! Quanta schiavitù, quante umiliazioni dell'uomo, quanta guerra, quanta povertà, quanta miseria... tutto questo è morte! Da tutto questo il cristiano dovrebbe liberarsi, dovrebbe combattere perchè tutto questo sia vinto!
Il sogno di un mondo bello, felice, in cui la vita sia pienezza rimane un sogno: cosa possiamo fare giorno per giorno? Cosa ognuno di noi può fare perché intorno a sé... anche in casa, nei rapporti quotidiani non ci sia niente che sciupa la vita? Ci sia il piacere, la gratuità, la capacità di condividere la vita, la giustizia, il bene? Cosa possiamo fare perché dalla nostra vita, dall'esperienza di chi ci sta intorno sia tolto tutto ciò che è male, tutto quello che sciupa la vita? Il senso del Battesimo e della vita cristiana: una scelta della vita, del bene, un combattimento contro il male... e il male - badate - non è qualche cosa di astratto (se ho capito) è tutto quello che "puzza" di morte. Tutto quello che umilia la vita, la sciupa, la rende infelice: contro questo il cristiano combatte
E il cristiano sa (questa pagina lo dice con chiarezza) che non è a buon mercato. Quando Gesù dice ai suoi discepoli: "Andiamo in Galilea". Gli dicono: "No, lì cercano di ucciderti". "Andiamo lo stesso!" e Tommaso (avete ascoltato): "Andiamo anche noi a morire con Lui".
Ecco la determinazione del credente: combattere la morte a tutti i costi, combattere quello che sciupa la vita, costi quel che costi, anche a rischio della vita. Seguire Gesù significa accettare questo combattimento senza paura, ma per farlo bisogna crederci!
Credere veramente nella vita! Quando davanti al sepolcro gli dicono: "È da quattro giorni che è lì, ormai puzza". "Tirate via la pietra!". Bisogna credere nella possibilità che l'uomo, ogni uomo passi dalla morte alla vita.
Sono sogni, sogni che ciascuno di noi dovrebbe tentare di rendere concreti nell'esperienza della propria vita e questo è qualche cosa di diverso per ciascuno di noi. Ognuno sa o dovrebbe cercare di sapere qual è la sua battaglia, che cosa può fare perché la vita trionfi, sia più bella, più ricca di piacere, di gratuità, di amore...
Ed è diverso per ciascuno di noi: questo è essere cristiani, non soltanto osservare pratiche, recitare preghiere, partecipare alla Messa... no! l'essenza della vita cristiana è un combattimento contro il male, rivestendoci di Gesù.
Ecco, la veste bianca che i primi cristiani indossavano la notte di Pasqua, diceva loro: "Vi siete rivestiti di Cristo. Indossate i suoi valori, i sogni della sua vita. Cercateli senza stancarvi, ed è' compito vostro tradurli nella vita di ogni giorno". Non sarà facile e qualche volta non si capisce cosa significa, perchè il mondo è pieno di morte e sapere quale passo si può fare è assai complicato, perché sarebbe bello che tutti fossero buoni, che tutti fossero pacifici e non ci fosse più guerra... purtroppo non è così! Questo nostro mondo è pieno di peccato e ogni uomo che cerca la vita deve domandarsi: "Io che posso fare? Qual è il mio spazio di credente? Che cosa significa, per me, essermi rivestito di Cristo? Che cosa significa in questa situazione concreta e quanti compromessi dovrò fare per portare - almeno un pizzico - dei valori di Gesù?" Sarebbe bello se potessi portare "cento", ma qualche volta mi debbo contentare di portare "dieci" o forse nemmeno, solo "due" e non sarà facile, eppure... io devo sentirmi rivestito di Cristo. Debbo portare questa "veste bianca"!
Questa veste è un segno, un simbolo, il simbolo più forte forse della vita cristiana: "Siamo rivestiti di Cristo". I suoi sogni, i suoi valori, i suoi ideali e la sua vita dovrebbero diventare la nostra vita. Quanto sia difficile, lo sapete bene!
Il Signore ci aiuti.
"Hanno portato via il Signore dal sepolcro RISURREZIONE del SIGNORE - 16 Aprile 2017
e non sappiamo dove l'hanno posto!"... Giovanni 20, 1-9
Quando si leggono con un po' di attenzione i vari Vangeli, si rimane colpiti dal fatto che mentre i racconti della Passione sono praticamente identici in tutti e quattro i Vangeli, quando si passa invece ai racconti della Risurrezione, ogni Vangelo va per conto suo, in maniera contraddittoria, per uno tutto si svolge a Gerusalemme, per un altro tutto invece in Galilea, oppure un po' di qua e un po' di là. Il Vangelo di Marco finisce bruscamente con la paura delle donne e non aggiunge altro.
Questo significa che ogni comunità cristiana ha la sua esperienza, un'esperienza personale della Risurrezione. L'altra cosa che colpisce è che mentre - prima - tutti vedono Gesù: la folla, gli scribi, i farisei, Pilato, Erode, i sommi sacerdoti... tutti lo vedono! Dopo, il Signore risorto lo vedono soltanto coloro che hanno fede! Quindi la Risurrezione è una questione di Fede. Non si vede più il Signore se non nella fede! È solo la fede che permette di riconoscere il Vivente.
C'è un'altra cosa che sorprende... tutti coloro che incontrano il Signore fanno fatica a riconoscerlo. Sembra ci sia, nei Vangeli, una grande difficoltà a credere nella Risurrezione. Tutto questo stupisce, ma quando ci si pensa ritroviamo la nostra esperienza più viva: l'esperienza della Risurrezione.
Perché - vedete - credere che Gesù sia il Vivente è qualche cosa che attiene alla fede di ciascuno di noi, quando tentiamo - a volte con fatica - di riconoscere che Gesù ha ragione, che non hanno ragione la violenza, l'odio che lo hanno inchiodato sulla croce, ma ha ragione Lui, il suo desiderio di pace, di giustizia.
Ha ragione il Profeta di Nazareth che diceva: "Beati 'i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, quelli che hanno fame e sete di giustizia". Ha ragione Lui che racconta la parabola del Padre misericordioso. Ha ragione Lui che si rifiuta di tirare la pietra verso la donna sorpresa in adulterio, che va incontro alla gente che ha sbagliato, che cerca di rimettere in cammino. Ha ragione Lui che apre gli occhi ai "ciechi", fa udire i "sordi", fa risorgere i "morti". Ha ragione la vita. Ha ragione la passione per la vita: è questo il senso della Pasqua!
Noi crediamo che Gesù è vivente, che ha ragione, e credere questo per i cristiani di tutti tempi - e noi non facciamo eccezione - costa una grande fatica.
Occorre veramente far ricorso a tutta la propria fede. Quando apriamo la televisione e ci guardiamo in giro nel mondo vediamo guerre, violenze, morte, fame, bambini che soffrono, il grande dolore del mondo... continuare a credere nell'amore, nella giustizia, che sono beati i miti, e non i violenti, i misericordiosi e non gli arroganti, che hanno ragione gli assetati e affamati di giustizia... questo che richiede tutta la nostra fede e - qualche volta - è una fede difficile.
Ci sono delle frasi del Vangelo che quando si leggono sorprendono: "Se avete fede come un granello di senape potete dire a quest'albero: sradicati e gettati nel mare o a questo monte: spostati e mettiti nel lago". Chi legge si chiede: "Che significa?". Sono racconti allegorici che non riguardano i monti che si spostano nel lago, ma la capacità dell'uomo di credere nella giustizia, nel bene e sapete - anche oggi - quanto questo sia difficile per noi. Quanto continuare a pensare che Gesù ha ragione richieda tutto il coraggio della nostra fede.
Qualche volta non ci riusciamo, ma non scoraggiamoci! Ce lo ha detto il Vangelo con chiarezza: "La fede è difficile è come spostare un albero o un monte nel mare"! Occorre trovare il coraggio di guardare il mondo e dire: "Non è così, non è possibile accettare tutto questo!".
Allora possiamo fare anche un altro piccolo passo per celebrare la Pasqua: spegnere la radio, la televisione, chiudere i giornali e guardarci intorno. Basta che vi guardiate intorno anche qui... (io conosco parecchi di voi) e troverete desideri di pace e troverete bisogno di gratuità, tenerezza, servizio dell'uno verso l'altro: questo è celebrare la Pasqua!
Questo è riconoscere che Gesù è vivente, che ha ragione Lui, che non si è perso nei solchi della storia, che non è stato sconfitto, che non è tutto finito su quella croce, perché ancora, nel suo nome, c'è tanta gente che continua a credere nel bene, nella gratuità, nella tenerezza, nella vita: questa è la Pasqua!
È sentire il Signore vivente in mezzo a noi e dire con parole dei bambini: "Ha ragione Lui" Non possiamo accettare questo mondo così carico di violenza e di morte. Il mondo ha bisogno di vita e dobbiamo crederci con tutta la passione del nostro cuore.
Una fede come un "granello di senape" ci permette di credere nell'amore, nella vita, nella tenerezza: è quello che possiamo augurarci di tutto il cuore celebrando la Pasqua del Signore, sentendolo vivente qui, tentando di nutrirci di lui, dei suoi valori, dei sogni della sua vita, di sentirlo vicino a noi nel nostro cammino verso un mondo più giusto e più vero; un mondo di risurrezione e di vita e non un mondo di violenza e di morte, un mondo di pace, di giustizia, di tenerezza, di servizio dell'uno verso l'altro.
Il Signore ci aiuti.
"Abbiamo visto il Signore..." II DOMENICA di PASQUA - 23 Aprile 2017
Giovanni 20, 19-31
Quando ero ragazzo, (penso sia accaduto a molti di voi) ho dovuto ascoltare con pazienza molte prediche sull'incredulità di Tommaso. Tommaso veniva criticato perché non vuole credere, ha bisogno di toccare, non si fida. Ci dicevano: "Guai ad avere dubbi, bisogna credere senza vedere, bisogna fidarsi".
Poi, crescendo, mi è sembrato di intuire - invece - che Tommaso è uno dei personaggi fondamentali del Vangelo. Fondamentale perché Tommaso ha bisogno di avere un contatto diretto, personale, vivo con Gesù.
Vedete, quando si scrive il Vangelo di Giovanni... siamo circa verso l'anno cento dopo Cristo, sono passati ormai settanta anni dalla morte di Gesù, quasi nessuno dei discepoli è sopravvissuto. Tutti coloro che leggono il Vangelo lo hanno ricevuto da testimoni, sono persone che non hanno visto e secondo la comunità di Giovanni, è fondamentale dire loro: "Attenzione, non vi fidate senza avere la capacità di discernere che cosa è giusto e cosa non lo è. Quello che è fondamentale è che ciascuno di voi abbia un contatto diretto con Gesù, che vi avventuriate alla ricerca di Lui, che cerchiate di far vostri i suoi valori, i suoi ideali, i sogni del suo cuore".
Siamo tutti diversi e ciascuno di noi può avere un'esperienza diversa di Gesù di Nazareth. Alle volte i testimoni (già allora, oggi non ne parliamo!) possono darci una visione distorta di Gesù e ciascuno di noi ha non solo il diritto, (secondo me) ma anche il dovere di cercare un rapporto personale e vivo con il Signore.
Vedete, quando si legge con attenzione il Vangelo, troviamo delle parole che ci lasciano sconcertati e diciamo: "Queste cose Gesù non può averle dette. Sono il frutto del rancore, del desiderio di vendetta dei primi cristiani che sono perseguitati e, da queste parole, devo prendere la distanza". Qualcuno mi ha rimproverato: "Ma come prendi la distanza dal Vangelo? Il Vangelo non è parola di Dio, parola del Signore?" No! è stato scritto da gente come noi, da povera gente che si porta dentro rancori, violenze, desideri di vendetta e che possono scrivere cose che con Gesù non hanno niente a che spartire. E il compito mio è cercare di discernere e non direi solo compito mio, è compito nostro, compito di una comunità che cerca, che non si rassegna, che vuole cercare di intuire sempre meglio cosa Gesù ha detto, cosa ci ha voluto insegnare.
Vedete, quando ero giovane ho avuto la fortuna di incontrare persone (avevo quattordici anni) che, quando c'erano le discussioni con gli amici, a scuola, con gente che non credeva o che diceva: "Noi non crediamo nei preti, nella Chiesa" e mi hanno insegnato a rispondere: "Noi non crediamo nei preti, noi crediamo in Gesù!" Ne sono convinto ancora!
Noi non crediamo nei preti, noi crediamo in Gesù! Anche se poi, nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare preti straordinari che sono stati - per me - veri testimoni di Gesù.
Allora - ecco - bisogna discernere chi è per me un vero testimone del Signore. Chi mi aiuta a conoscere, a intuire Gesù di Nazareth... ed è un'avventura! Un'avventura in cui posso sbagliarmi, che devo cercare di vivere con un cuore il più sincero e gratuito possibile, ma non posso farne a meno perché è soltanto la mia coscienza che può guidare il mio cammino. Il primato della coscienza è sempre stato esaltato dai grandi della storia della Chiesa. È soltanto la mia coscienza che mi può mettere in un contatto diretto con Gesù di Nazareth e - quindi - non posso che esercitare lo spirito critico, discernere con attenzione e questo non vale soltanto per i primi cristiani, questo vale oggi per i preti, per i vescovi, per il Papa.
Voi avete non solo il diritto, ma il dovere di avere spirito critico, di dire: "Questo secondo me è sì, questo è no, questo secondo me è esagerato, questo è una sciocchezza !"
Mi capita di parlare con cristiani di tutti i giorni che ascoltano sciocchezze... a volte cose addirittura indegne, dette dai preti (anche qui a Ostia, non facciamo eccezione, nessuna parte del mondo fa eccezione).
Ci vuole spirito critico! Lo spirito critico non vale (lo sapete bene) soltanto nell'ambito della fede, vale in tutti i campi. Oggi, che siamo sommersi da informazioni, lo spirito critico è fondamentale. È fondamentale in tutto perché noi... che siamo gente semplice tutto quello che abbiamo di cultura, di storia, di arte, di scienza, di tecnica... tutto lo sappiamo dagli altri.
Non abbiamo fatto noi scoperte e - allora - dobbiamo cercare di discernere, di capire chi ha più ragione, di chi posso fidarmi di più, chi ha studiato meglio e a chi dare fiducia, conservando la capacità di discernere.
E - badate bene - lo spirito critico è l'esatto contrario della maldicenza e della sfiducia che affligge - in maniera straordinaria - questo nostro paese e forse il mondo intero.
Un esempio scandaloso è la querelle che ormai dura da mesi, sui vaccini. Una cosa incredibile! C'è sfiducia ormai da parte della gente anche nella medicina, c'è l'idea che ci siano sempre occulti complotti che ci costringono, ci condizionano e non si rendono conto che poi si lasciano condizionare dall'ultimo "trombone" che parla, senza sapere quello che dice.
C'è gente - a questo mondo - a cui il cervello non si collega con la bocca e parla... e la gente troppo spesso è disposta ad ascoltare l'ultimo "trombone".
Vale nella Chiesa... ci sono i "santoni" che parlano e tutti a bocca aperta, ma stanno dicendo cretinerie... È successo sempre nella storia della Chiesa!
Ecco perché noi dovremmo far di Tommaso un santo speciale. Dovremmo mettere le sue statue quasi dappertutto. È Tommaso l'uomo giusto. È l'uomo del dubbio. È l'uomo che, dei discepoli, non si fida, che vuole toccare con mano, che vuole fare esperienza viva di Gesù, che deve cercare di capire chi è veramente Lui e Gesù lo accoglie e non lo rimprovera e gli lascia mettere la mano nel costato.
Tommaso ha ragione! Avremmo bisogno di Tommaso nella Chiesa e in tutti i campi della vita di oggi, ne abbiamo un grande bisogno, secondo me. Troppa gente si lascia trasportare come "pecore stolte" a seguire il primo che parla, senza cercare di capire di chi ci si può fidare, a chi si può fare affidamento, chi è capace di parlare in maniera scientifica, in maniera competente in tutti i campi, religione compresa.
Il Signore ci aiuti.
Quando Gesù fu a tavola con loro, prese il pane, III DOMENICA di PASQUA - 30 Aprile 2017
lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro Luca 24, 13-35
gli occhi e lo riconobbero…
In questo straordinario racconto che la comunità di Luca ha inventato (È l'unico Vangelo che ci propone questo racconto)… non si parla di personaggi di tanto tempo fa, si parla di me, si parla di voi, di ciascuno di noi.
La comunità di Luca ha scelto un nome che è sconosciuto in tutto il Nuovo Testamento: Cleopa! Non lo avete mai sentito nominare e forse lo hanno fatto perché ciascuno di noi potesse sostituire a quel nome il proprio. Sono io Cleopa, ciascuno di noi è Cleopa!
Qui si descrive qualche cosa di importante della nostra vita cristiana, del nostro cammino tentando di seguire Gesù.
Questi due discepoli sono andati dietro il Signore e lo hanno riconosciuto come un Profeta "potente in opere e parole", ma là su quella croce hanno visto tutto finito e se ne tornano dicendo sconsolati: "Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele…". Noi speravamo che ci avrebbe portato la salvezza, speravamo… Non sperano più e se ne vanno, abbandonano tutto!
È la tentazione che forse qualche volta, anzi forse più di qualche volta, abbiamo vissuto (io, non so se anche voi, ma penso di sì) guardando il mondo, il male, la violenza che c'è su questa nostra terra. Guardando forse anche dentro di noi, ci domandiamo: "Gesù non è forse venuto invano? Cosa è cambiato del mondo?" Noi speravamo… speravamo che Dio cambiasse la storia del nostro mondo, che fosse tolta dal mondo la violenza, il male, la negatività eppure… E viene la sfiducia…! La sfiducia nella vita, nella società, nello Stato, ma anche la sfiducia nella Chiesa, la sfiducia in noi stessi.
Ci domandiamo: "Ma Dio non può intervenire? Non può cambiare qualche cosa? Non può fare qualche prodigio?" E viene anche la sfiducia in Dio!
Il cristiano che tenta di vivere la fede e si ritrova a volte con il cuore senza fiducia e speranza, non ha che due cose, semplici, se volete povere: la Parola e il Pane.
La Parola… questi due discepoli vanno camminando con Gesù e non lo riconoscono nemmeno e Lui tenta di spiegar loro ancora la Parola. Tenta di far ardere qualche cosa nel loro cuore, solo dopo se ne accorgono: "Non ci ardeva forse il cuore in petto?".
Ecco, l'incontro con Gesù che ti dà il coraggio di aprire gli occhi, di intuire i valori che danno senso alla vita e di guardare lontano e di ritrovare il coraggio della fiducia, della speranza: un coraggio difficile!
Non solo la Parola, ma anche il Pane spezzato! Quando si fermano intorno alla tavola e Gesù spezza il pane… (quello che facciamo qui anche noi ogni Domenica: il segno della comunità cristiana, la vita condivisa, il pane spezzato) riconoscono il Signore e ritrovano il coraggio di camminare con Lui e se ne tornano pieni di gioia a Gerusalemme a portare l'annunzio.
Adesso hanno ritrovato il coraggio di non andar via, di non fuggire, di non abbandonare e forse lo avrete notato… non è solo Cleopa nel viaggio verso Emmaus, sono in due, perché bisogna essere in due, da soli non ce la facciamo, anzi meglio più di due, una comunità, degli amici, delle persone che ti aiutano in questo mondo che spesso ti fa sentire scoraggiato e sfiduciato. Delle persone che ti aiutino, che ti tengano per mano, che ti diano coraggio e magari una volta lo fai tu, una volta lo faccio io, per continuare a credere e a sperare, a dire che Gesù ha ragione, che non possiamo arrenderci. Non possiamo arrenderci alla violenza, al male. Non possiamo arrenderci alla sfiducia. Dobbiamo continuare giorno per giorno con la gente che ci sta intorno a credere.
Lui cammina con noi e qualche volta non ce ne accorgiamo, dovremmo essere capaci di riconoscerlo qui mentre spezziamo il Pane, mentre ci dona la sua vita e ci invita a condividerla.
Condividere la vita, accogliere il Signore nella nostra esperienza: può trarci fuori dalla sfiducia e dallo scoraggiamento, dalla tentazione di andar via, di lasciare tutto, di abbandonare.
No, questi due discepoli non se ne vanno! Spezzano il Pane e tornano dagli apostoli, tornano pieni di gioia. Hanno ritrovato il coraggio della speranza, hanno ritrovato la fiducia.
Il Signore conceda anche a noi di continuare a guardare avanti, di credere che Gesù è vivente, che è risorto, che Lui ha ragione, a conservare nel cuore il coraggio di rendere il mondo, per quello che possiamo, intorno a noi, nelle piccole cose, un po' migliore. Ma non è semplice, non è semplice perché anche a noi, come ai due di Emmaus, spesso ci capita di dire: "Noi speravamo…"
Ci sembra quasi di aver perduto la speranza. L'incontro con Gesù, il coraggio di leggere il Vangelo, di spezzare il Pane, nutrirci di Lui può farci ritrovare la fiducia in noi stessi, negli altri, nel mondo, in Dio.
Il Signore ci aiuti.
"Io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che IV DOMENICA di PASQUA - 7 Maggio 2017
sono venuti prima di me, sono ladri e briganti" Giovanni 10, 1-10
Quando ero ragazzo, la mia educazione cristiana mi sembrava del tutto normale. Ero abituato così fin da quando ero bambino e mi sembrava tutto scontato, logico, chiaro.
Per esempio... quando si leggeva il Vangelo che abbiamo letto oggi, si celebrava il giorno del "buon pastore" ed era normale parlare dei pastori e ci dicevano che bisognava seguire i pastori attentamente, ubbidire come le pecore seguono i pastori... parlavano del Papa: del "Santo Padre", il "pastore angelico": era Pio dodicesimo al tempo della mia infanzia. Bisognava seguire le strade dei pastori senza discutere, senza dubitare, credendo! E il "Pastore" sembrava messo da parte!
Poi, era normale per noi che gran parte della religiosità non avesse come centro Gesù, ma la Madonna, i Santi, le devozioni... Abbiamo fatto tanti "mesi di Maggio", i fioretti... c'erano anche (chiamiamoli così) dei santoni che avevano grande pubblicità, grande fascino nella vita cristiana, pensate a padre Pio... a cui si rivolgevano molti per ottenere grazie, miracoli. Quando andavo in chiesa mi capitava di ascoltare sempre racconti di santi, miracoli, storie prodigiose... ma pochi parlavano di Gesù! Tutto poi sembrava basato sul catechismo e non sul Vangelo.
Poi, sono andato in seminario, ho studiato sette lunghi anni per diventare prete e mi sembrava normale che tutto parlasse di teologia, ma ho dedicato pochissimo tempo a studiare il Vangelo. Qualcuno di voi si meraviglierà sapendo che sono diventato prete senza sapere assolutamente cosa fosse il Vangelo!
Poi, ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto pian piano scoprire il Vangelo e, nel Vangelo, l'idea che il fondamento della nostra fede è Gesù. Soltanto Lui è il Maestro. Soltanto Lui è il Pastore che ci chiama a seguirlo, a condividere la sua vita… e nella mia avventura alla ricerca del Signore mi sono accorto che non è semplice. Non è semplice perché ciascuno di noi rischia di farsi il Signore come gli fa comodo, di tirarlo dalla propria parte.
Non è facile perché si rischia (è accaduto spesso nella lunga storia della Chiesa) l'intolleranza... che, come avrete forse notato, comincia da qui, dal Vangelo, purtroppo...
Avete ascoltato: "Tutti quelli che sono venuti prima di me sono ladri e briganti". Queste parole la comunità di Giovanni mette in bocca a Gesù: "Tutti, ladri e briganti"!
Nel corso della storia della Chiesa, troppe volte si è andato alla ricerca del ladro e del brigante, di colui che tradiva la Chiesa... pensate all'inquisizione, alla condanna degli eretici, alla gente bruciata sul rogo... anche oggi nella vita della Chiesa spesso c'è gente che cerca il nemico, il ladro, il brigante...
Siamo in tempi in cui anche al Papa qualche volta gli tocca di passare, nei discorsi di qualche cristiano e anche di qualche vescovo, come un "ladro e brigante" che tradisce la Parola del Signore.
Eppure, nonostante tutte le difficoltà, la lettura del Vangelo è qualche cosa che può affascinarci e può farci incontrare Gesù, può darci la libertà di cercarlo, aldilà del catechismo, aldilà delle spiegazioni teologiche: la ricerca di Lui, dei suoi valori, della sua libertà.
Vedete, quando studiavamo (tanto tempo fa) avevamo trovato, facendo una piccola ricerca, un documento della Chiesa di Roma che diceva: "Non date il Vangelo in mano ai laici, altrimenti diventano liberi". Terribile! Se leggi il Vangelo diventi libero!
"Rischi" di non ascoltare più i pastori, perché rischi di trovare un solo Pastore, di trovare in Lui la libertà, la bellezza della ricerca, il fascino dell'avventura, tentando di seguire Lui, di scoprire i suoi valori.
Ecco - vedete - oggi celebriamo Gesù, Maestro, Pastore! È Lui che ci porta sui pascoli della vita. È Lui che possiamo ricercare con cuore sincero, con gratuità, senza cercare di tirarlo dalla nostra parte, cercando di capire chi è veramente, che cosa ha da dirci, come possiamo intuire in Lui qualche cosa "dell'oltre" in cui abita Dio.
Di Dio non possiamo parlare, nessuno lo ha mai visto, ma in Gesù di Nazareth possiamo intuire qualche cosa di Lui. E ci permette anche di intuire qualche cosa dei valori essenziali della vita dell'uomo.
Questo è essere cristiani: cercare Gesù, vivere di Lui, della sua amicizia. Per usare un'immagine, che è forse la più profonda del cristianesimo, nutrirci di Lui… e noi siamo qui proprio per spezzare il pane della sua Parola e il Pane del suo Corpo, per nutrirci di Lui, per fare nostro Gesù di Nazareth: i suoi valori, i sogni del suo cuore, la sua realtà, per cercare di camminare con Lui, di essere liberi nella ricerca del bene, della giustizia, della gratuità, della verità.
Una ricerca che non finisce mai, in cui possiamo sbagliarci - è chiaro - ma non abbiamo alternative! È affidata alla nostra libertà la ricerca, alla nostra passione per il bene e la giustizia e Gesù può essere la nostra guida, può camminarci davanti, possiamo continuare a cercare Lui, la sua Parola.
Il Signore ci aiuti.
"Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai V DOMENICA di PASQUA - 14 Maggio 2017
conosciuto Filippo? Chi ha visto me ha visto Giovanni 14, 1-12
il Padre."
Si compie per me quest'anno un anniversario molto particolare: cinquant'anni fa - ero un giovane prete - ho cominciato con un gruppo (erano ragazzi universitari, giovani che avevano cominciato a lavorare) a leggere il Vangelo di Matteo. Era la prima volta che lo leggevamo insieme, poi l'ho letto centinaia di volte con gruppi di ogni età, bambini, giovani, adulti, anziani... e continuo a farlo sempre scoprendo e intuendo qualche cosa di nuovo del grande messaggio che il Vangelo ci propone.
Ma ricordo bene che quell'anno, cominciammo a leggere il Vangelo con un proposito che veniva dalla pagina che abbiamo letto oggi. Ci siamo proposti: per un anno non nomineremo più il nome di Dio, finché non avremo intuito qualche cosa di Lui attraverso Gesù di Nazareth.
Come avete sentito Gesù dice a Filippo: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre". Ecco, anche noi volevamo, in qualche modo, arrivare al Padre attraverso Gesù di Nazareth.
Ci eravamo resi conto che di Dio se ne parlava in tanti modi diversi e c'era per ognuno la tentazione di farsi un Dio a proprio uso e consumo, sia singolarmente e sia nelle grandi tradizioni religiose e non soltanto cristiane, ma del mondo intero.
A noi (per esempio) avevano parlato sempre di un Dio onnipotente, che può tutto... Mia mamma, come tante altre mamme, diceva: "Non si muove foglia che Dio non voglia. Tutto dipende da Dio. Lui può fare tutto, far vivere e morire".
Ci siamo resi conto pian piano - leggendo il Vangelo - che il Dio che si manifesta in Gesù di Nazareth è tutt'altro che onnipotente. Nasce in una grotta, in mezzo alla paglia, circondato da poveri pastori e soprattutto finisce su una croce. Cosa c'è di più impotente di un uomo inchiodato su una croce? Eppure in quella croce si manifesta Dio. Si manifesta la sua vita, il suo amore, ma nell'impotenza. Gli gridano da sotto la croce: "Se sei Dio, scendi!" ma non è sceso! È rimasto lassù vittima della violenza di questo mondo.
Ci dicevano che Dio punisce gli uomini e che la malattia, la disgrazia è collegata al castigo di Dio. Avevamo ascoltato qualche volta le frasi di qualche personaggio importante della Chiesa che diceva: "Se ti è capitato questo è perché hai fatto qualche cosa di male o non hai saputo pregare". E ci accorgevamo che in Gesù di Nazareth ci appare un Dio che si rifiuta di condannare. Pensate alla donna sorpresa in adulterio che vogliono lapidare. Pensate a Pietro, pensate a Matteo che è invitato a tavola con Lui, a Zaccheo, a tanti personaggi del Vangelo che nell'incontro con Gesù trovano non la condanna, il rifiuto, l'allontanamento, ma l'invito ad essere uomini nuovi. Pensate alla parabola del Padre misericordioso e ci sono tante altre immagini del Vangelo... e soprattutto Gesù ha tentato in tutti i modi di rompere il legame tra la disgrazia e la colpa, tra la malattia e il peccato. Eppure ancora oggi vi può capitare di ascoltare in televisione qualcuno che dice: "È la punizione di Dio per il peccato...". Gesù si è sempre rifiutato di accettare questo modo di pensare.
Ci avevano parlato di un Dio che rispondeva ai bisogni dell'uomo: "Chiedete e vi sarà dato. Se sapete chiedere con fede, otterrete". Poi ci accorgevamo che spesso chi chiede, anche con grande fede, non ottiene! Ci accorgevamo soprattutto che non siamo noi che abbiamo bisogno di Dio, ma Dio ha bisogno di noi!
Lo dice il Vangelo di Matteo in una pagina stupenda: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere". Ma come? Non è Dio che provvede il pane per il popolo affamato? No, siamo noi! È Dio che ha bisogno di noi, che ci chiama, un Dio impotente che si affida a noi, alla nostra libertà. È questo il Dio che pian piano cercavamo di intuire in Gesù di Nazareth. Veramente ha ragione il Vangelo di Giovanni che abbiamo letto oggi: "Chi conosce me, conosce il Padre".
Vedete noi dovremmo ritornare all'antico precetto di Israele: "Non pronunciate il nome di Dio, soprattutto non usate il Suo nome in nessun modo". Anche oggi il nome di Dio si usa per fare violenze, per imporre la propria fede.
Non pensate soltanto alle tragedie di oggi, del fanatismo mussulmano che pure esiste nel mondo. Pensate a tutta la storia della Chiesa... pensate alle Crociate, alle inquisizioni. Pensate a tutto quello che di male è stato fatto in nome di Dio. Sono stati conquistati continenti. Sono state sterminate nazioni... sempre per imporre Dio, per imporre la fede.
Il Dio, che si manifesta in Gesù di Nazareth, è il Dio che si offre all'uomo, è il Dio che offre all'uomo la libertà, che lo chiama a camminare verso i pascoli della vita. "Io sono la via, la verità, la vita": dice Gesù, possiamo camminare con Lui, senza imporre niente a nessuno, offrendo noi stessi e la sua Parola.
Ecco il ricordo di tanto tempo fa, sono passati cinquant'anni, ma posso garantirvi, ho letto (ve lo ripeto) migliaia di volte il Vangelo e continuo a leggerlo, a intuire qualche cosa di Dio.
Dio non si può capire - altrimenti - non sarebbe Dio. Di Dio si intuisce qualche cosa e man mano che si legge il Vangelo si cerca di correggere le tante storture in cui siamo stati educati, le tante paure che ci hanno messo di Dio. Tanto parlare impropriamente di Dio e soprattutto quella terribile cosa che è usare Dio... il Dio della religione per la violenza e per la sopraffazione dell'uomo sull'uomo: è l'offesa più grande che si possa fare a Dio.
Gesù di Nazareth è l'opposto di tutto questo: in Lui possiamo intuire qualche cosa di Dio, della sua gratuità, della sua tenerezza, del suo invito alla libertà e alla vita.
Il Signore ci aiuti.
"Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro VI Domenica di Pasqua - 21 Maggio 2017
Paraclito perché rimanga con voi per sempre, Giovanni 14, 15-21
lo Spirito della verità"
C'è una cosa (secondo me) particolarmente sconcertante in questa pagina del Vangelo. Sembra che Gesù non basti. Lui è venuto, i primi cristiani pensano che sia venuto dall'Alto, che sia la manifestazione di Dio... ha parlato, ha vissuto e dovrebbe bastare! Di che altro abbiamo bisogno? Perché le parole che ha detto e che sono raccolte nel Libro non bastano? Che bisogno c'è che venga un altro? E chi è quest'altro?
Ecco è questo (se ho capito) un aspetto fondamentale della nostra fede! Non si può non guardare avanti, non rendersi conto che la Parola che abbiamo ascoltato e che è scritta nel Vangelo cammina nella storia. Chi ritiene che sia una verità assoluta, che non ci sia un cambiamento che venga dal cammino dell'umanità... non ha capito che cos'è il Vangelo.
Ecco perché c'è bisogno che il credente si apra allo Spirito di Dio, al Soffio che viene e continui a cercare, a impegnarsi per capire come la Parola di Dio può continuare a vivere nella vita quotidiana, come può attraversare la storia arricchendosi sempre di più, lasciando intuire qualche cosa che i primi cristiani non hanno intuito.
Se volete vi faccio qualche esempio per potermi spiegare... Nella settimana scorsa abbiamo fatto qualche riflessione su quello che chiamiamo il limite o addirittura il peccato del Vangelo.
Vedete - se leggete il Vangelo c'è sempre l'idea che chi fa il bene verrà premiato, chi fa il male viene punito: questo in quasi tutte le pagine del Vangelo, anche nelle pagine più gratuite, quelle che invitano l'uomo alla condivisione, alla gratuità più totale, c'è sempre l'idea che poi riceverete il premio o se non lo fate, sarete maledetti.
Nel cammino dell'umanità, piano piano si è arrivati all'idea che il bene si fa per il bene e il male si evita perché è male e non per paura del castigo. Il bene si fa perché lo sentiamo dentro, perché fa parte dei nostri valori, perché abbiamo capito fino in fondo la Parola del Signore e non per aspettarci un premio.
Dio è gratuità e il cammino cristiano non può essere che gratuità. Questo - vedete - è un cammino che la Chiesa ha fatto con grande difficoltà e ancora oggi se ascoltate discorsi di tanti sacerdoti, di tanti cristiani... sentite sempre questa idea del premio: fai il bene e il Signore ti premierà! No, ci hanno insegnato i maestri e badate, maestri che vengono anche dal mondo pagano: l'illuminismo Kant soprattutto, che hanno detto con forza: "Non si può accettare l'idea che il bene si fa per avere un premio". Il bene si fa perchè è bene, punto!
Un'altra idea che ci veniva da contestare in questa settimana è l'addossare la colpa della morte di Gesù a tutto il popolo ebreo e ancora l'idea che la morte di Cristo è una morte sacrificale... cioè Lui si è offerto in sacrificio per noi. Quasi che Dio voglia il sangue, la morte, quasi che Dio ami la sofferenza.
Questa è un'idea che a molti di noi è diventata intollerabile! Abbiamo tradito il Vangelo? Secondo noi, no! Il Vangelo lo abbiamo accolto nei suoi valori più profondi. Abbiamo anche noi avuto il coraggio di rimanere aperti al soffio che viene dall'Alto, al vento di Dio.
È un "vento" che spira in ogni angolo della terra. Non ci si può fermare a quello che si è sempre detto. Non ci si può fermare... soprattutto non ci si può fermare ai commenti che del Vangelo sono stati fatti. In nome del Vangelo sono state uccise persone, sono stati istituiti roghi per bruciare gli eretici... eccetera eccetera.
Il credente sa che deve andare oltre tutto questo. Sa che ogni violenza fatta in nome del Vangelo non può essere accettata.
E ci sono altre riflessioni che abbiamo fatto nella settimana scorsa, che riguardano invece il piano dei valori morali.
Quando eravamo ragazzi (siamo tutti anziani) l'omosessualità (per esempio) era un tabù assoluto, che ha fatto soffrire molte persone. Ancora oggi c'è gente che non capisce anche all'interno della Chiesa... Eppure l'esigenza che il Vangelo ci impone è il rispetto dell'uomo.
Oggi si parla di divorzio, di eutanasia, di limitazione delle nascite... e se ne parla sempre ancorati al passato, fermi a tal punto che sembrano principi irrinunciabili... ma dov'è il Vento di Dio? Dov'è l'apertura a quello che è l'uomo concreto con la sua comprensione di se stesso, dei valori, della vita che va cambiando.
Ecco, (per quello che ho capito io, ma posso dire che abbiamo capito perché riflettevamo insieme su queste cose) abbiamo bisogno dello Spirito. Abbiamo bisogno di aprirci ad un Vento che soffia in ogni angolo della terra, che non è monopolio dei cristiani! Noi possiamo imparare tante cosa da gente che è pagana!
Mi capitava di leggere (qualcuno di voi lo ha letto, lo so) un libro di Umberto Veronesi lo abbiamo trovato, in parecchi, straordinario, pieno di saggezza, di attenzione agli altri, a chi la pensa diversamente da lui, pieno di saggezza nell'affrontare i grandi temi etici che ci stanno davanti: perchè i cristiani - spesso - si chiudono nella difesa cieca del passato, delle cose che si sono sempre dette? Questo è negare lo Spirito, è negare il vento di Dio, è negare che in ogni angolo della terra lo Spirito si manifesta e anima uomini a pensare, a camminare, a inventare, a cercare...
Lo riconosciamo facilmente in quello che riguarda la scienza, la tecnica, perché non in quello che riguarda la religione, la morale? Eppure questa è la mia esperienza più viva... quando si lasciano i vecchi tabù, quando si impara a leggere il Vangelo, quando il cuore si apre... allora la religione diventa veramente una cosa che ci scalda il cuore, che apre la luce dell'intelligenza e ti fa comprendere che cosa significa essere cristiani. Di più, che cosa significa vivere, essere uomini liberi,
Ecco - il consiglio che posso darvi: (consigli non si dovrebbero dare mai) non abbiate paura del futuro. Non abbiate paura di chi apre orizzonti nuovi. Certo, ci vuole discernimento perché si sentono tante sciocchezze al mondo, ma c'è anche tanta gente che sa dire parole piene di saggezza, che sa aprirci al futuro, alla ricerca della verità e della luce. La luce è in ogni angolo della terra e ogni uomo possiede un pizzico della luce, un pizzico del soffio di Dio: a questo soffio il cristiano si apre.
Gesù non basta, bisogna cercare ancora. Ci vuole l'apertura allo Spirito di Dio, ci vuole l'apertura al mondo, ci vuole l'apertura alla fraternità e alla condivisione della vita.
Il Signore ci aiuti.
"Io sono con voi tutti i ASCENSIONE del SIGNORE - 28 Maggio 2017
giorni", dice il Signore Matteo 28, 16-20. Atti degli Apostoli, 1, 1-11
Celebriamo oggi la festa dell'Ascensione di Gesù al cielo. Non chiedetevi dove sia adesso Gesù. Non chiedetevi come sia il suo corpo, che cosa faccia... sono tutte domande che non hanno senso. L'Oltre, aldilà della morte, non c'è dato conoscerlo: tutto è nello spazio e nel mondo infinito di Dio.
Ci ha fatto sorridere (almeno alla gente assennata) la battuta del cosmonauta russo che andando fuori dell'atmosfera, diceva: "Ho cercato Dio, ma non l'ho trovato". Certo che non poteva trovarlo, chissà che cosa cercava!
Per noi il cielo si è fatto infinito, per gli antichi era come una grande cupola al di sopra della quale ci fosse il mondo perfetto degli dei.
Oggi sappiamo che ci sono miliardi di galassie, di stelle, di pianeti. Con ogni probabilità in qualche angolo dell'universo c'è gente come noi che pensa, vive, che è cosciente di sé, che lavora, si agita.
Le domande sull'aldilà non hanno senso, ma ogni festa cristiana ci porta un messaggio forte per l'aldiquà, per la nostra vita e (se ho capito qualcosa) il mistero dell'Ascensione è particolarmente importante per capire chi siamo e quale è il valore della nostra esistenza.
Vedete - oggi celebriamo che una parte del creato: le molecole, gli atomi, il corpo, le cose materiali sono entrate a far parte del mondo di Dio. In che modo? Non lo sappiamo!
Ma sappiamo che le molecole, gli atomi, il corpo, gli alberi, l'universo... sono cose sacre! Non contano soltanto lo spirito, l'anima, le idee: conta anche la materia, il corpo. Tutto questo è sacro e se (come ci suggeriscono gli angeli) non possiamo restare imbambolati a guardare il cielo allora il nostro compito è di custodire queste cose sacre e la vita intorno a noi: gli alberi, la bellezza della natura, l'acqua, le montagne, la pulizia del mare... per noi e per i nostri figli, perché tutto questo è cosa sacra, anzi (direi di più) tutto questo è manifestazione di Dio.
Mi diceva un signore dopo la Messa precedente: "Sono salito (è un pilota d'aereo) per la prima volta e ho visto il mondo dall'alto e mi sembrava una cosa stupenda e ho sentito come un brivido di qualche cosa di più grande, di infinito e allora lì - forse - ho intuito Dio". Intuito, non visto, non si può vedere!
Quindi il primo messaggio che questa festa ci dà è la sacralità del creato, la sacralità del corpo, la sacralità della nostra esistenza. Ma c'è un passo avanti che possiamo fare ...
Chi sale oggi al cielo è Gesù che per vent'anni, (venticinque, non sappiamo) ha fatto il falegname. Le mani callose di un falegname entrano a far parte dello spazio di Dio. Un'altra cosa sacra è il lavoro, è l'impegno per costruire il mondo, l'impegno sociale, civile, il lavorare per guadagnare il pane per i propri figli, il benessere: tutto questo è sacro, tutto questo oggi affermiamo, celebriamo che è entrato a far parte del mondo di Dio.
Non conta solo la preghiera, il nostro stare qui, non conta la Comunione; non sono solo queste le cose sacre... è sacro tutto, è sacra la vita di ogni giorno, è sacro il nostro impegno per il lavoro. Ma c'è un passo ancora che possiamo fare...
Nel Vangelo di Matteo l'ultima parola riguarda l'attenzione verso gli altri: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere…" Ecco, quello che conta non è solo l'anima, lo spirito, ma è il curarsi del benessere e del corpo di chi ci sta accanto. È singolare che in queste parole finali dei discorsi del Vangelo di Matteo non si parli di preghiera, di venire in chiesa, di spirito... si parla di cose molto concrete: mangiare, bere, vestire, curare i malati...
Ecco, oggi entra nello spazio di Dio la cura dei più piccoli, l'attenzione agli altri ed è una cosa sacra e se c'è qualche cosa che ha valore davanti a Dio è proprio questo!
Il Vangelo di Matteo dice che proprio su questo saremo giudicati, che questo è l'essenziale della vita dell'uomo.
Possiamo fare ancora un altro passo: Gesù entra nello spazio e nel mondo di Dio con le mani forate, il petto squarciato... Tommaso è invitato a toccarlo. Entra nello spazio di Dio la sofferenza dell'uomo, il martirio dell'uomo.
Oggi possiamo fare memoria insieme con Gesù di tutti i martiri della storia, credenti e non credenti. Ce ne sono purtroppo anche in questi giorni vicino e lontano, bambini addirittura che vengono uccisi. Tutto questo entra nel mondo di Dio: la sofferenza, il dolore...
Ed ecco allora l'invito dell'Angelo: "Non state imbambolati a guardare il cielo: andate! È compito vostro custodire e curare la terra. È compito vostro l'impegno per il lavoro, la vita sociale, politica. È compito vostro il chinarvi su chi è in difficoltà, il dar da mangiare agli affamati, il consolare chi ha il cuore afflitto, lo stare vicino a chi è in difficoltà. È questo quello che conta, non conta che vi salviate l'anima, non conta soltanto la vostra preghiera, il vostro spirito, le vostre idee... "
È sacro anche tutto quello che è concreto, materiale… e oggi celebriamo la gloria dei martiri, con Gesù tutti i martiri entrano nella Gloria di Dio. E il nostro impegno è che non ce ne siano più, perché è un'offesa a Dio che qualcuno muoia per la giustizia e per il bene. Che qualcuno muoia per la violenza del mondo è cosa che grida al cospetto di Dio.
Ecco questo celebriamo oggi! Non tanto dove stia Gesù, come sia fatto il Suo corpo... son cose che non ci interessano, appartengono all'Oltre, a un oltre affidato alle mani di Dio.
Quello che oggi celebriamo è la nostra vita, il nostro impegno, la sacralità del nostro mondo, la sacralità della natura, la sacralità del lavoro, del servizio, del sangue dei martiri, sparso per la salvezza del mondo: tutto questo, con Gesù, entra nello spazio di Dio.
Il Signore ci aiuti.
Gesù disse loro: "Pace a voi!" Poi soffiò DOMENICA di PENTECOSTE - 4 Giugno 2017
e disse: "Ricevete lo Spirito Santo... " Giovanni 20, 19-23
Quando si legge la Bibbia insieme, in genere c'è più di una persona che rimane colpita dal fatto che spesso si parla del dono di Dio: tutto sembra essere un dono di Dio, ma, nello stesso tempo, tutto sembra essere un impegno e una conquista dell'uomo.
Per farvi un esempio... Quando il popolo di Israele, dopo aver attraversato il mar Rosso, uscendo dall'Egitto, dopo aver attraversato tutto il deserto, arriva ad affacciarsi sulla grande Terra Promessa, Dio sembra dire al popolo: "Ecco la Terra che io vi dono, andate a conquistarla!"
Spesso qualcuno dice: "Ma come, o me la doni, o me la devo conquistare?! Se me la doni non c'è bisogno che la conquisti, se me la devo conquistare non sei tu che me la doni, sono io che la conquisto".
Il discorso sembra assennato ma, se ci pensate bene, questo è un discorso che vale per un orologio, per una macchina, per un telefono... non vale per la vita! La vita è certamente un dono, nessuno di noi è nato da solo. La vita ci è donata eppure (come sapete) la vita è la conquista di ogni giorno, è l'impegno, a volte l'affanno di ogni giorno.
O, se volete ancora un'altra cosa di quello che è essenziale della vita, pensate ad un amore... Hai incontrato per caso la persona che ami, non la conoscevi, certamente non l'hai fatta tu, è un dono nella tua vita. Un dono che ti ha arricchito, ti ha cambiato, ti ha fatto sperimentare tutta la bellezza e la ricchezza di avere accanto una persona. Ma voi sapete bene che l'amore è anche l'impegno di ogni giorno. A volte un impegno faticoso fatto di accoglienza, a volte di sopportazione, di riconciliazione, a volte di strada che si riprende insieme... insomma l'impegno di ogni giorno!
Lo stesso vale per un figlio... che dono più grande per una famiglia che un figlio! Viene dalle profondità della vita, per chi crede viene da Dio, eppure richiede tutto il tuo impegno. È un dono che arricchirà la tua l'esistenza finché vivi, ma richiederà sempre anche il tuo impegno! Lo stesso vale per l'amicizia e per tutte le cose essenziali della vita.
La stessa cosa vale per lo Spirito Santo. Oggi celebriamo la festa di Pentecoste: il dono dello Spirito.
Se avete ascoltato con attenzione le Letture avete visto che i primi cristiani sanno che lo Spirito è sì un dono, ma è anche la conquista di ogni giorno. È un Soffio che spinge in avanti a conquistare le cose essenziali della vita e lo esprimono attraverso simboli: il Vento impetuoso che spalanca le porte, toglie la paura, rende liberi.
Pensate... oggi quanto bisogno abbiamo di toglierci la paura dal cuore, la paura del futuro, la paura di un mondo diventato troppo grande e complicato. Quanto, oggi, dobbiamo impegnarci per conquistare la libertà; una libertà continuamente minacciata dai mezzi di comunicazione, dalla gente che ti vuole imporre il modo di pensare, che ti condiziona in tanti i modi... essere liberi nel profondo… ci vuole veramente il Vento di Dio che ti spinga alla ricerca della libertà!
Non solo (avete ascoltato) ci sono fiammelle, segno di luce e di calore, che scendono sugli apostoli. La luce, la verità... chi possiede la verità?! È la ricerca di ogni giorno; una ricerca appassionata che dovrebbe guidare continuamente la vita dell'uomo: ricerca fatta nella sincerità, nella gratuità.
E poi il Fuoco, il fuoco che scalda, il calore... il calore che ti fa capace di aprirti agli altri.
Avete anche ascoltato l'altra immagine straordinaria su cui questi primi cristiani insistono molto... quanta gente di tanti popoli diversi, alcuni - magari - non li avete sentiti mai nominare, ma tutti ascoltano parlare nella stessa lingua: il sogno di un'umanità che si capisca, che viva la concordia, che sappia camminare insieme, che sappia intendersi... Il sogno del dialogo, di un dialogo vero, fatto di rispetto, di attenzione dell'uno verso l'altro.
L'apostolo Paolo andava ancora oltre e ci diceva che siamo tutti diversi. Ognuno ha i suoi doni, ognuno le sue capacità, ma dovremmo tentare di essere una cosa sola, di mettere in comune tutto quello che abbiamo.
E poi l'invito di Gesù: "Andate... vi mando, rimettete i peccati. A chi li rimetterete saranno rimessi, a chi non li rimettete non saranno rimessi".
A volte questo viene interpretato come un potere dato ai preti. Togliete via...! Tutti noi abbiamo il compito di combattere il male, di vivere la riconciliazione. Se non superiamo noi il male, non c'è Dio che ci possa liberare.
Liberare il mondo dal male, liberare il nostro cuore dal male è compito nostro. Se noi siamo capaci di rimettere, di superare i peccati... allora sono rimessi anche davanti a Dio, altrimenti...
Lo Spirito ci è donato come un Vento che ci spinge in avanti verso la libertà, verso il superamento della paura, verso la ricerca della verità, della luce, verso il dialogo, la capacità di condividere la vita, verso l'essere una cosa sola, verso il combattimento e il superamento del male: un cammino e un impegno che non finiscono mai!
Un cammino da rinnovare ogni giorno, su cui il Vento di Dio, il dono di Dio ci sospinge: dono e ricerca, è così per le cose essenziali della vita, è così anche per il dono dello Spirito.
Il Signore ci aiuti.
Dio, non ha mandato il Figlio nel mondo SANTISSIMA TRINITÀ - 11 Giugno 2017
per condannare il mondo, ma perché il Giovanni 3, 16-18
mondo sia salvato per mezzo di lui.
Celebriamo oggi la festa della Santissima Trinità. È una festa, per noi che viviamo nel 2017, particolarmente difficile. È una festa che ha radici lontane, in un tempo in cui i cristiani del quarto, quinto secolo tentavano in tutti i modi di precisare la realtà divina e parlavano di "sostanza", di Tre Persone, di natura... concetti per noi lontani. Hanno tentato di precisare con sempre maggiore attenzione ogni parola... con conflitti a volte sanguinosi.
Il Credo che si recita normalmente la Domenica è un Credo che, per dire una parola un po' forte, gronda sangue. Troppe lotte per dire parole che poi nel corso dei tempi muoiono. È il tentativo dell'uomo di impossessarsi di Dio, di precisare la realtà, la natura di Dio.
Questa difficoltà forse è importante per noi, perché ci fa intuire qualche cosa di essenziale del nostro modo di credere, della nostra fede.
Mi rifaccio alla mia esperienza che forse è simile a quella di molti di voi (specialmente di chi ha qualche anno di più).
Vedete - quando ero ragazzo l'immagine di Dio, il Padre era quella di un grande vecchio con la barba bianca che ci scrutava da qualche immagine, a volte accompagnato da un grande triangolo con un occhio e da quell'occhio ci sentivamo scrutati, giudicati, spesso condannati.
La paura dell'inferno, del purgatorio è qualcosa che cercavano di consegnarci giorno per giorno, domenica per domenica, pensando così di renderci migliori.
Da un'altra parte c'era l'idea di un Padre amoroso che provvede alla sua gente. L'idea della provvidenza ha accompagnato la mia infanzia e anche la mia adolescenza. Mia madre ripeteva sempre: "Non si muove foglia che Dio non voglia, tutto è ordinato e stabilito da Dio".
Poi questo si scontrava con la realtà a cui i miei occhi pian piano venivano aprendosi e non ero solo. Altra gente con me diceva: "Dov'è la provvidenza se muoiono bambini innocenti? Dov'è la provvidenza se ci sono i terremoti, se c'è il cancro, se c'è la guerra? Dov'è Dio?". Sembrava sempre di più che Dio ci abbandonasse alla nostra esistenza!
Poi, leggendo il Vangelo, mi sono accorto... (non ve la posso fare troppo lunga, ci sarebbero tante cose da dire) pensate (per esempio) alla parabola del Padre misericordioso... (quella che alcuni chiamano del figliol prodigo) lì, il Dio che appare è un Dio assolutamente impotente, incapace di educare i figli. Ne ha due, poco perbene, e Dio che fa? Si arrende! O meglio, non si arrende, ma non può fare niente, è impotente, non può cambiare il loro cuore.
Sono liberi, ma Lui è lì che aspetta con ansia e quando il figlio che è andato lontano ritorna, prepara la festa... la festa! Perché non un rimprovero, una parola di biasimo... niente, la festa?! Questo per noi è quasi incomprensibile.
Un Dio impotente e un Dio che prepara la festa per chi sbaglia e cerca di tornare a casa. Quanto era contrario questo con quell'immagine di Dio Padre che non era altro che la proiezione del modo di vedere il padre, della cultura del tempo in cui ero bambino.
Poi, parliamo di Gesù di Nazareth. Mi dicevano che Gesù aveva dato il potere ai capi della Chiesa. Avevano il potere di governare, di giudicare, di affermare la verità...
Poi prendi il Vangelo in mano e leggi: "Non chiamate nessuno padre sulla Chiesa, perché uno solo è il Padre: Dio. Non chiamate nessuno maestro sulla Chiesa, perché uno solo è il vostro Maestro!"
Quando san cresciuto, qualche sconcerto mi veniva. Noi, il Papa, non lo chiamiamo soltanto padre, ma santo padre. I primi cristiani si rivoltano ancora nella tomba! Nella mia vita, ho visto tanti padri, tanti maestri, padri spirituali, gente che pensava di possedere la verità... eppure Gesù dice: "C'è un solo Maestro!"
Mi dicevano che la Chiesa dispone della forza del sacrificio di Cristo. Poteva assolvere peccati, dire Messa per i vivi e per i morti, distribuire indulgenze, magari, specialmente un tempo, dietro un congruo pagamento... e tutto questo era sconcertante quando si leggeva il Vangelo!
E poi per non parlare dello Spirito. Domenica scorsa (vi ricordate) abbiamo cercato di intuire i grandi simboli dello Spirito di cui parlano i primi cristiani, simboli che ci invitano alla ricerca: la ricerca della verità, della luce; una verità mai posseduta, mai conquistata. Ci invitano alla condivisione della vita, a tentare di essere una cosa sola: simboli, immagini, lampi di verità. Non possiamo mai possedere la verità di Dio.
Ecco, solo questo volevo dirvi stamattina: è importante sapere che anche i nostri modi di esprimere Dio sono sempre imperfetti. Chissà se un uomo fra duecento, trecento anni avesse modo di leggere (non succederà) le mie prediche, dirà: "Ma questo è uno scemo, guarda come parla di Dio!" E avrebbe ragione lui, avrebbe scoperto probabilmente altre cose, avrebbe intuito altre realtà di quello che è il Volto incomprensibile di Dio.
Ecco, quello che volevo dirvi stamattina è solo questo. Dio nessuno lo possiede. Di Dio possiamo solo intuire qualcosa attraverso Gesù di Nazareth, attraverso il Vangelo e soprattutto, di Dio non può mai impossessarsi nessuno. Nessuno può usare il nome di Dio per condannare, per giudicare o peggio per fare la guerra.
Dio abita L'Oltre. Dio è il Dio della vita, è il Dio che ci chiama alla gratuità, alla pienezza della nostra esistenza. Non sappiamo bene cosa significhi. È un cammino in cui ci vuole un cuore ricco di gratuità, appassionato, capace di ascoltare chi cammina con noi, di vivere il dialogo e di riconoscere che intorno a noi in ogni persona c'è un briciolo di verità, un briciolo di luce con cui possiamo condividere il cammino alla ricerca di Dio, alla ricerca dell'Oltre, di quel Dio di cui non possiamo parlare.
Il Signore ci aiuti.
"lo sono il pane vivo disceso dal SS.MO CORPO e SANGUE di CRISTO - 18 Giugno 2017
cielo. Se uno mangia di questo Giovanni 6, 51-58
pane vivrà in eterno..."
Il pane, il cibo, per noi che viviamo nel 2017, a Roma, in questo mondo occidentale, sono diventate cose banali, difficilmente le prenderemmo come simbolo di qualche cosa di importante. Non era certo così nel mondo in cui è nata l'Antica Scrittura e il Vangelo.
La fame era una costante allora: fame di pane, fame di cose concrete. Ne abbiamo un esempio nel racconto degli Ebrei che devono andare verso la Terra Promessa e non hanno da mangiare e deve venire la manna dal cielo, un aiuto... senza pane non si può raggiungere la meta, senza pane non si può vivere.
Allora il pane può diventare simbolo di un'altra fame: fame di giustizia, di vita condivisa, fame di amore... insomma la fame diventa per gli uomini antichi forse uno dei simboli che più esprimono il loro rapporto con l'Oltre, con i valori, con l'essenziale della vita.
Potete aggiungere a questo antiche tradizioni... (molto lontane da noi, lontane anche dalla Scrittura, ma il cui eco rimane) il ricordo di riti in cui gli uomini facevano un pasto rituale nutrendosi del nemico ucciso, a volte mangiavano il suo cuore... era un rito, un simbolo. Intendevano nutrirsi dei suoi valori, della sua realtà, del suo coraggio, della sua virtù, specialmente se era stato un combattente valoroso.
Ecco mangiare, anche un'altra persona, era simbolo di un desiderio di valore, di forza, di potere. Ecco l'importanza dei simboli della fame e della sete.
Per noi, queste son cose lontane, ma gli scrittori, anche moderni, vi parlano di fame di conoscere la letteratura del mondo antico, di fame di storia... insomma fame di conoscenza...
Tutto questo riportatelo all'interno della nostra tradizione religiosa, di quello che facciamo qui. Noi siamo convinti di avere "fame" e che Gesù può nutrirci, dobbiamo nutrirci di Lui.
Attenzione a non farne un discorso troppo materialista. Siamo nel mondo dei simboli. Quando diventa una cosa troppo concreta si rischiano cose grosse.
Vi racconto una delle esperienze più curiose della mia vita. Son passati tanti anni... era una cosa che non avevo mai sentito. Una donna mi diceva che da piccola, quando prendeva l'Ostia, aveva paura che gli si riempisse la bocca di sangue: l'ho guardata con molta meraviglia (non mi era mai successo, non so se è successo a qualcuno di voi)
La prima volta dicevo: "Mi trovo di fronte a un caso eccezionale!" Poi mi è capitato una seconda, poi una terza, poi una quarta volta e allora mi son detto: "Qui c'è qualcosa che non va!"
Vedete quando eravamo ragazzi ci raccontavano molto spesso il racconto che tutti conoscete - penso - del miracolo di Bolsena. Il sacerdote che non vuole credere nell'Eucaristia, spezza l'Ostia ed esce il sangue e si bagna la tovaglia dell'altare, leggenda evidentemente, ma per noi preziosa perché su questa leggenda è stato costruito il duomo di Orvieto (spero che la maggior parte di voi lo abbia visto, veramente di grande bellezza).
Però un bambino… (io sono stato sempre una persona molto superficiale... mi dicono quelli che se ne intendono che metà del cervello non mi funziona... la parte intuitiva, emozionale, sono stato sempre un logico) un ragazzo o una ragazza particolarmente sensibili che sentono raccontare più volte che spezzando l'Ostia può uscire il sangue, capisco che possano rimanere turbati.
Non dobbiamo certo aver paura del sangue, non è una cosa materiale nutrirsi di Cristo. Dobbiamo nutrirci di Lui, dei suoi valori, della sua vita, dobbiamo vivere in Lui, come dice la Scrittura. Dobbiamo veramente sentire nostri il suo modo di pensare, di vivere, il suo modo, di guardare agli uomini, la sua semplicità nell'affrontare i problemi che aveva intorno.
A volte risolveva le grandi dispute dei teologi del suo tempo con una piccola parabola. Una parola semplice, un simbolo.
Mi immagino che Gesù forse ci guarderebbe con uno sguardo un po' severo se venisse oggi in Italia e ascoltasse discorsi e discorsi e discorsi e discorsi (finisco qui perché ce ne sono altri) sullo "ius soli"... poche parole, una piccola parabola per affrontare il problema.
Come risolvono il problema la maggior parte delle nostre mamme e dei nostri papà che andando a scuola si trovano con bambini normalissimi che giocano con i loro figli, che studiano insieme... e che non hanno il minimo dubbio che siano compagni di strada, che siano italiani come noi, perché stanno qui, perché vivono con noi, studiano con noi.
Tante parole che Gesù forse risolverebbe con una mezza parabola, nemmeno una intera gliene servirebbe!
Ecco, quando veniamo qui la Domenica, siamo invitati tutti a nutrirci di Lui, dei suoi valori e quando dico tutti, intendo tutti. A volte ci sono delle persone - ne ho trovate parecchie, anche qui qualche volta - che si sentono escluse dall'Eucaristia, perché? "Così ha detto il vescovo, così ha detto... così è scritto nelle regole". Ma dirò fra poco, celebrando: "Prendete e mangiatene tutti". Tutti, in italiano significa tutti. Non c'è qualcuno che è escluso dal Signore. Secondo la maggior parte degli studiosi anche Giuda ha mangiato il Pane, anche Giuda... era anche per lui un invito a vivere di Gesù, a nutrirsi di Lui, a capire i limiti del proprio cuore.
Per questo siamo qui! Non è un rito magico, non è un nutrirsi di qualche cosa di materiale no, è un nutrirsi di Gesù. È fare nostro il sogno di Paolo, che avete ascoltato anche nelle Letture di oggi. Paolo diceva alla fine della sua vita: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me!
Ecco il sogno del credente, il sogno di cui l'Eucaristia è un segno: ci nutriamo di Lui, ci nutriamo dei suoi valori, della sua realtà, della sua vita, per tentare di essere come possiamo, da poveri uomini, come Lui.
Poi non ci riusciamo e veniamo qui Domenica dopo Domenica e ancora mangiamo il Pane del nostro cammino, il nostro nutrimento per camminare verso i sogni di Gesù, i sogni di Dio.
Il Signore ci aiuti.
"Non abbiate paura di quelli che XII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 25 Giugno 2017
uccidono il corpo... abbiate paura Matteo 10, 26-33
piuttosto di colui che ha il potere
di far perire l'anima ... "
Ci sono nel Vangelo parole a volte molto sconcertanti e addirittura contraddittorie... oggi ne abbiamo un esempio.
Gesù invita i cristiani e quindi anche noi a non aver paura di quelli che uccidono il corpo, a non aver paura di morire, ci possono uccidere e poi dice: "Voi non valete più di molti passeri? Non c'è nemmeno un passero che cade a terra senza che Dio lo voglia!" Ma allora ci proteggi più dei passeri o lasci che ci uccidano?" È parola contraddittoria, incomprensibile.
A volte è la vita che aiuta a capire le parole più strane del Vangelo. Gli avvenimenti che capitano, ti permettono di intuire qualche cosa e allora ti accorgi che le parole che ti sembravano più strane sono fondamentali.
Vedete, mi ha aiutato a capire questa parola quando... (son passati più di venticinque anni) sono andato in Brasile a trovare il mio amico Nino che era un prete di Roma e che era andato a fare il parroco in una parrocchia tra le più povere, nella periferia di Rio de Janeiro.
Stando lì avevo raccolto i foglietti che, come noi, anche lì si usano per seguire la Messa, come vedete c'è una piccola introduzione... guardando questi foglietti e cercando di capire, avevo trovato che in più di uno di loro (sono stato lì poco tempo) c'era questa frase del Vangelo: "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, temete piuttosto quelli che uccidono l'anima" Da noi (non so se ve ne siete accorti) una frase del genere non la trovate mai.
Ho domandato: "Nino, perché insistono tanto nel ricordare questa frase del Vangelo?" Lui mi guarda un po' perplesso e dice: "Ma, Checco, hai visto quanto è lungo da noi l'elenco dei martiri? Abbiamo dei vescovi, dei sacerdoti, abbiamo degli uomini politici, dei sindacalisti, dei poliziotti, degli operai, dei catechisti... un lungo elenco di persone che per tentare di rimanere fedeli in una situazione di dittatura pesante, hanno perso la vita!"
Anche lui era lì sapendo di correre pericoli. Più di una volta ha dovuto nascondersi perché la polizia segreta lo cercava e allora ho capito perché lì si ripetevano queste parole.
Gesù ci ha detto: "Non devo aver paura di perdere la vita, devo aver paura di perdere la mia dignità di uomo, il mio coraggio di testimoniare la verità e la giustizia".
Poi qualche anno dopo mi è capitato di leggere (forse lo ricordate anche voi) il lungo rimprovero che il cardinal Federigo, nei Promessi Sposi, fa a don Abbondio e ripete gli stessi concetti. A don Abbondio che continua a ripetergli la sua paura, il suo pericolo della vita, il suo essere minacciato dai "bravi", da don Rodrigo, il cardinal Federigo continua a dire: "Ma, tu dovevi, prima di tutto, compiere il tuo ufficio anche a rischio della vita. Non ti sei fatto prete per questo?"
E nonostante le insistenze di don Abbondio sulla sua paura, il cardinal Federigo continua ad insistere sul suo dovere di rischiare la vita per il bene e soprattutto per l'amore per la sua gente. L'amore passa prima di tutto!
In questi giorni, per venire a cose meno drammatiche, avrete forse visto in televisione che il papa Francesco è andato a far visita a don Lorenzo Milani, lassù a Barbiana. Barbiana è un luogo incredibile, sperduto nell'Appennino; una chiesa in cui, quando Milani è stato mandato per punizione da un vescovo poco incline alla misericordia, non c'era luce, non c'era la strada, non c'era niente e tutti gli amici gli consigliavano: "Vedi di andar via da lì, non puoi rimanere lassù così sperduto sul monte". Lui la prima cosa che ha fatto è stato l'acquisto di un metro di terra per la sua tomba: "Qui mi hanno mandato, qui starò! Non ho paura di quelli che mi fanno del male, non ho paura di chi mi toglie da mangiare, la luce; ho paura di chi mi toglie l'anima"
E si è inventato una vita, e se Florit non l'avete mai sentito nominare, Milani sarà ricordato ancora per secoli. Ha saputo essere testimone di vita, testimone di amore, di un amore appassionato e totale per la sua gente nonostante tutte le difficoltà.
Vi ho parlato finora di preti: il mio amico Nino, don Abbondio, don Milani... ma questo non vale solo per i preti, ma per tanta gente, tanti laici, anche per tanti non credenti.
Pensate a questo nostro paese... quante persone hanno rischiato e quanti hanno perso e quanti ancora rischiano la vita: giudici, magistrati, poliziotti, giornalisti, sindacalisti, gente che difende la povera gente in ambienti dove c'è la mafia, dove c'è l'ingiustizia più totale, dove la gente viene sfruttata... è gente che rischia la vita, eppure... eppure credono che ci sia qualche cosa di più importante della propria vita: la giustizia, la capacità di amare, di donare se stessi per gli altri. È successo e succede ancora (per fortuna) in tante persone del mondo!
Allora - vedete - che queste Parole che sembrano così strane diventano parole semplici, parole che, se ci guardiamo intorno, vediamo realizzate ogni giorno. Non abbiate paura di chi vi uccide il corpo, abbiate paura di chi può uccidervi l'anima, di chi può togliervi la dignità di essere uomini, di cercare la giustizia, la capacità di amare.
Se volete lasciare discorsi così drammatici e sorridere un po' pensate a voi stessi. Ci sono dei nonni a cui i nipotini rompono l'anima perché tocca sempre andargli dietro, magari correre… anche lì non abbiamo paura di quelli che ci danno un po' di noia, conta di più l'amore, la tenerezza, fare un po' di bene.
C'è qualche cosa forse di più complicato. C'è qualcuno che in un ufficio si trova davanti a situazioni di ingiustizia, cerca di rimanere onesto, magari a rischio di non far carriera, di perdere il lavoro... sono fatti di tutti i giorni!
Allora - vedete - parole così strane come diventano vere nella vita concreta di ogni giorno!
Il cardinal Federigo (e qui si può forse capire il discorso sui passeri) aggiungeva parlando a don Abbondio: "Se tu avessi avuto il coraggio, Dio ti avrebbe aiutato perché Dio ti vuole bene e ti avrebbe dato la forza di resistere, di essere fedele, di perdere anche la tua vita come è successo a tanti martiri, perché Dio sta dalla tua parte, Dio ti vuole bene e Dio vuole che tu non perda l'anima, anche se perdi il corpo purché tu non perda l'anima, la dignità di uomo, la tua capacità di amare".
Il Signore ci aiuti.
"Chi avrà dato da bere anche XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 2 Luglio 2017
un solo bicchiere d'acqua Matteo 10, 37-42
fresca... in verità io vi dico:
non perderà la sua ricompensa"
Domenica scorsa (forse qualcuno lo ricorderà) ci siamo soffermati sull'esigenza, a volte, di perdere la vita per la giustizia e l'amore.
Ho fatto qualche considerazione raccontando della mia vita. Oggi vorrei continuare raccontandovi due piccolissimi fatti della mia esperienza che, forse, potete trovare nella vostra e vi fanno intuire, più che tanti discorsi, il senso delle parole che abbiamo letto, ancora una volta un po' sconcertanti. Aggiungerò poi una piccola considerazione su come le parole grandi del Vangelo possono essere stravolte completamente.
Quando avevo cinque o sei anni, in tempo di guerra, vivevo in una casa dove erano ricoverati degli ebrei. Mio papà era il portinaio di questa casa, qualche volta la sera, lo accompagnavo a metter dietro il portone un grosso trave di legno per un po' di sicurezza. Una notte sono venuti a bussare quelli delle SS chiedendo di aprire perché volevano controllare se c'erano dei rifugiati: mio papà si è rifiutato di aprire! Ha messo così in pericolo la sua vita e la mia!
Se sono qui è perché gli ha detto bene. In tante altre situazioni simili in giro per l'Italia le cose non sono andate così! Mio papà lo ha fatto (come tanti in questo paese) con assoluta semplicità e, forse, con un po' d'incoscienza, ma con la convinzione profonda, nemmeno espressa - se volete - che la giustizia, il rispetto dell'altro passa prima di tutto, anche della propria vita e - addirittura – di quella dei propri figli.
Quando c'è una persona perseguitata, inseguita, in pericolo di morte non si pensa nemmeno ai rischi: la giustizia passa prima di tutto e - dunque - se io vivo è forse per un colpo di fortuna, nonostante mio padre abbia messo in pericolo la mia vita io sono qui.
Fatti del genere ne sono successi in ogni parte d'Italia e succedono ancora in ogni parte del mondo e spesso - purtroppo - le cose non vanno bene. C'è gente che per amore della giustizia, per amore degli altri sa dire di no e mette in pericolo la vita dei propri figli e non rinuncerebbe a farlo, perché sa, nel profondo di se stesso, che l'onestà, la giustizia, l'amore vengono prima di tutto!
Il secondo episodio è totalmente meno drammatico, direi l'opposto del primo. Sono passati tanti anni… nella parrocchia dove ero parroco, in una domenica d'estate, leggendo questa pagina del Vangelo, avevo fatto la solita predica sul "bicchiere d'acqua". Gesù dice: "Chiunque avrà dato un solo bicchiere d'acqua fresca, io vi assicuro non perderà la sua ricompensa". Avevo insistito nel dire che secondo Gesù basta un bicchiere d'acqua fresca.
Dopo la fine della Messa è venuta in sacrestia una signora accompagnata da due bei ragazzi, ormai cresciuti, mi guarda e mi dice: "Don Checco, lei a me, quando ero ragazza, di bicchieri d'acqua me ne ha dati parecchi".
Non la riconoscevo, era tanto tempo che non la vedevo, dopo un po' l'ho ricordata perfettamente. Era una ragazza che quando faceva la terza media aveva perso la mamma e ho trascorso parecchie ore con lei, lasciandola parlare, ascoltandola, cercando di dare quel po' di consolazione che si può dare quando si perde la mamma. Se lo ricordava ancora e ha sentito il bisogno di venirmelo a dire: "Lei, a me, quando ero ragazza, dei bicchieri d'acqua li ha dati". Non l'ho più rivista. Da quel giorno io sento di avere le "patenti"! Quando vado davanti al Padreterno... non sono io che lo dico, è Gesù: "A chi anche avrà dato anche un solo bicchiere d'acqua fresca, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa".
E voi di bicchieri d'acqua ne avete dati? Non dite di no, perché ne avete dati e tanti e forse senza nemmeno accorgevene, perché non ci si pensa. Si fanno dei servizi, degli atti di gentilezza, si passa del tempo e, a volte, un "bicchiere d'acqua" è anche raccontare una barzelletta, stare un po' con una persona che ha il cuore pesante, aiutare una persona in difficoltà o soltanto andare a fare due passi sulla riva del mare, chiacchierando amabilmente: piccoli bicchieri d'acqua che rendono bella e allegra la vita.
Allora che cosa significa essere cristiani - potremmo chiederci - bisogna perdere la vita, bisogna mettere a rischio i propri figli o basta un bicchiere d'acqua? Non c'è una risposta, è soltanto la vita che può rispondere a queste domande. È la vita che a qualcuno chiede di perderla e che ad altri chiede soltanto di dare un bicchiere d'acqua.
Un bicchiere d'acqua - quando ci penso - qualche scrupolo me lo faccio. Mi sono nascosto dietro il bicchiere d'acqua e forse potrei dire che c'è anche un po' di pigrizia... potevo dare un qualcosa di più di un bicchiere d'acqua, ma penso che il Padreterno faccia conto unico e dica che dei bicchieri d'acqua bastano.
A questo vorrei aggiungervi una piccola considerazione su come questa pagina del Vangelo che invita a perdere la vita, può essere storpiata e distorta...
Ci sono stati nella storia della Chiesa tante persone (secondo me degli squilibrati) che hanno pensato che a Dio piacesse la rinuncia alla vita, il disprezzo del proprio corpo e - quindi - c'era chi si flagellava, faceva digiuni, grandi penitenze, fino a lasciarsi morire di fame, come è successo a parecchie persone: squilibrati! La Chiesa non sapendo come curarli, ha pensato bene di farli santi.
Posso dirvelo? È una scemenza! Dio non vuole la sofferenza. Dio non vuole che ci si flagelli, che ci si sacrifichi, che si facciano digiuni. Dio ama chi sa dare un bicchier d'acqua e credo che ami di più chi sa darlo con allegria, chi sa dare piacere intorno a sé, chi fa la vita più bella, più serena, più piena di tenerezza per le persone che ha intorno.
Ecco, qualche fatterello, una piccola considerazione, forse può aiutarvi a intuire qualche cosa della pagina straordinaria del Vangelo che abbiamo appena letto.
Il Signore ci aiuti.
"Venite a me, voi tutti che XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 9 Luglio 2017
siete stanchi e oppressi, Matteo 11, 25-30
e io vi darò ristoro... "
Ancora qualche piccolo fatto della mia vita che spero vi aiuti a intuire qualche cosa del Vangelo: l'ho già detto più volte il Vangelo si può solo intuire, non si arriva mai in fondo. Potete ascoltarlo centinaia, migliaia di volte (come ho fatto io) ma c'è sempre ancora qualche cosa che va aldilà, qualche cosa da scoprire e dunque ancora qualche piccolo fatto (quando vi stancate, avvisate così trovo un altro sistema).
Una sorella di mia mamma, si chiamava Maria e ha vissuto, come mia mamma fino a quando aveva vent'anni, ma lei c'è rimasta per tutta la vita, in un piccolo paesino sperduto sui monti dell'Appennino Umbro-Marchigiano... sempre che si possa chiamare paese quattro case messe insieme. Non c'era la chiesa. Ricordo quando stavo lassù dalla nonna e volevamo andare a Messa dovevamo andare per sentieri e la zia Maria faceva tutto il cammino a piedi nudi (cosa che a me che venivo dalla città era assolutamente impossibile) però prima di entrare in chiesa si metteva le scarpe, perchè non si può entrare in chiesa senza scarpe! Le scarpe se le portava in collo per tutto il cammino e poi sugli scalini della chiesa se le metteva.
Dunque, lei è stata lassù tutta la vita. A quel tempo non c'erano strade, non c'era la luce, ma poi il mondo è cambiato e si poteva andare in giro, poteva arrivare nel suo comune dove fino a vent'anni (come mia mamma) non era mai stata, perché dista diciassette chilometri.
Un bel giorno è andata a Fabriano, curiosa di ascoltare le novità della vita della Chiesa. È andata in una riunione di cristiani ed è incappata (povera) in uno di questi gruppi di cristiani moderni (non so se li avete conosciuti) che sanno tutto, che pensano di possedere la chiave della verità e della salvezza.
C'era un'insegnante che diceva che soltanto chi è istruito, soltanto chi ha fatto le scuole può leggere veramente il Vangelo, gli altri fanno fatica e non possono conoscere veramente chi è Gesù. L'ha lasciata parlare per un po' e poi si è alzata quasi di scatto interrompendola gridando: "Ma cosa dici! Io il Vangelo l'ho imparato sulle ginocchia di mia Zia Rosa che non sapeva né leggere e né scrivere e come lei di Gesù non me ne ha parlato più nessuno". E si è seduta - forse - vergognandosi un po' del suo grido in un'assemblea di gente acculturata! Quando ho chiesto ai suoi figli se avevano sentito parlare di questo fatto, nessuno lo conosceva (a me lo aveva riferito chi era presente all'incontro).
Aveva perfettamente ragione lei! Sulle ginocchia di sua zia Rosa aveva appreso l'essenziale del Vangelo. Quante "zie Rosa", quanti uomini e donne come la zia Rosa hanno attraversato la vita cristiana! Quanta gente semplice, di tutti i giorni che ha colto del Vangelo l'essenziale!
Io che sono stato fortunato quasi in tutto, ne ho incontrati tanti nella mia esperienza di sacerdote, a cominciare dai bambini. A volte i bambini hanno delle intuizioni che ti fanno toccare nella semplicità il cuore di una frase del Vangelo. A volte persone anziane. A volte persone semplici che non hanno fatto più della quinta elementare. Gente che sa darti - del Vangelo - il cuore, quello che veramente conta e ti fa intuire le cose importanti.
Non vorrei essere frainteso… nella mia vita - tra le tante fortune - c'è stata quella di aver incontrato dei geni, ma dei geni che erano dei "piccoli", delle persone che non si sentivano arrivate, che erano sempre in ricerca, che più che sicurezze ti proponevano domande, la voglia di cercare ancora, di andare avanti, di scoprire... Gente semplice che non pensava mai di possedere la verità! La verità è sempre oltre: è questo quello che la pagina del Vangelo dice!
Non i sapienti, non quelli che sanno tutto, non i saccenti, ma i "piccoli", quelli che hanno il cuore aperto, quelli che cercano, quelli che del Vangelo sanno cogliere il cuore. Ho letto tanti libri sul Vangelo, (veramente tanti) ma a me - il Vangelo - lo hanno comunicato quando ero bambino, mio padre, mia madre, mia zia Maria, il suo straordinario marito che si chiamava Pietro e tanta gente poi nel corso della mia avventura di prete.
"Ti ringrazio, Padre, perchè non hai rivelato queste cose ai sapienti e ai dotti, ma ai piccoli". Guai a chi nella vita della Chiesa pensa di sapere tutto!
Un altro fatterello un po' diverso... Quest'anno ho ripetuto spesso che capitava per me un anniversario. Sono cinquant'anni che leggo il Vangelo insieme con gruppi di persone. Cinquant'anni fa, era il 1967, cominciavo a leggere il Vangelo (proprio quello che leggiamo quest'anno) di Matteo con un gruppo di giovani universitari, lavoratori e ci aveva colpito la frase che abbiamo letto oggi: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e colui al quale il Padre lo voglia rivelare".
Allora abbiamo detto di cominciare a leggere il Vangelo facendo un proposito: "Per quest'anno non nomineremo più il nome di Dio finché non avremo intuito qualche cosa di Lui attraverso Gesù di Nazareth".
Tutti eravamo andati al Catechismo e ne abbiamo imparato a memoria le parole: "Chi è Dio?" "Dio è l'essere perfettissimo creatore e Signore..." E non significa niente!
Dio sa tutto. Dio può tutto. Dio è l'onnipotente, il provvidente e poi leggendo il Vangelo ti ritrovi un Dio che nasce nella paglia, nella capanna di Betlemme, un Dio che muore sulla croce.
Ci avevano parlato di un Dio che giudica, che punisce, che può condannare anche all'inferno e avevamo incontrato nel Vangelo il Dio che accoglie i peccatori, chi ha il cuore pesante, Gesù che racconta la parabola del Padre che fa festa quando il figlio torna a casa.
Come si può avere ancora paura di Dio quando si sono lette le frasi che abbiamo letto oggi: "Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro"?
Questo è il Dio che abbiamo scoperto in Gesù di Nazareth e questo Dio ho continuato a cercarlo per cinquant'anni leggendo il Vangelo insieme con tanta gente e mi sembra di intuire sempre qualche cosa di più e sempre con la convinzione che Dio è Oltre, che fino in fondo non lo si conosce mai, ma è soltanto attraverso Gesù che possiamo intuire qualche cosa di Lui e soltanto attraverso Gesù che la paura di Dio può andarsene dal nostro cuore.
Una delle cose che conservo è la frase che qualcuno m'ha detto nel corso di questi anni: "Padre, lei mi ha tolto dal cuore la paura di Dio". Credo che non ci possa essere complimento più bello che si possa fare ad un prete! Lo conservo dentro di me come un tesoro. Non so se sia vero, ma me lo hanno detto e io faccio finta di crederci!
Sì, il Vangelo ci toglie l'idea di un Dio onnipotente, di un Dio che giudica, che punisce. Il Vangelo ci toglie dal cuore la paura di Dio… e allora se qualcuno di voi ancora oggi si portasse nel cuore un po' di paura di Dio, del suo giudizio, un po' di senso di colpa che qualche volta rende pesante il nostro cuore, buttate tutto nelle parole del Vangelo: "Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro". È Gesù che parla, è Lui che ci chiama alla pace del cuore.
Il Signore ci aiuti.
Quel giorno Gesù disse: "Ecco, XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Luglio 2017
il seminatore uscì a seminare..." Matteo 13,1-9
La fantasia - qualche volta - aiuta a intuire (sempre si tratta di intuire) qualche cosa del Vangelo. Vi proporrei stamattina uno sforzo di fantasia per cercare di vedere come può aver avuto origine questa parabola che poi è scivolata nel corso della vita dei primi cristiani, di chi ha scritto il Vangelo, l'hanno ripetuta, ampliata, commentata, come potete vedere leggendo tutta la pagina che abbiamo saltato. Fermiamoci su questa breve parabola.
Immaginiamo, andiamo... andiamo tutti tanto non ci vede nessuno, possiamo stare in silenzio a guardare.
Andiamo tutti nonni, papà, mamme, insegnanti, gente che lavora, che ha lavorato in tutti i campi. Andiamo tutti... perché tutti probabilmente abbiamo passato nella vita qualche momento, come quello che passano gli apostoli e che ha dato origine alla parabola che abbiamo ascoltato.
Immaginate, allora, di trovarvi una sera sulla riva del lago... c'è nebbia sul lago stasera, minaccia tempesta, non si può uscire a pescare e allora i pescatori sono riuniti con Gesù intorno alla tavola. Hanno l'aria un po' triste, c'è qualcosa che non va, il tempo anche non aiuta, è un tempo uggioso, malinconico e qualcuno comincia a parlare: "Gesù ci hai mandato in giro a due a due a cercare di predicare, ma non abbiamo raccolto niente. Noi parliamo, ma sembra che nessuno ci ascolti. Anche tu parli e dici parole straordinarie e noi ci crediamo, ma oltre a noi chi ci crede? La gente pensa agli affari propri, non sta a pensare alle tue parole di giustizia, di gratuità, di amore... hanno problemi che sembrano loro più concreti! Perché non continuiamo a fare i pescatori come abbiamo sempre fatto? E tu non fai bene a tornare a fare il falegname, che eri pure bravo? Perché continuare a predicare? Sembra che non portiamo mai frutto, non siamo capaci di cambiare il mondo!"
Gesù si volge verso la collina e dice: "Guardate lassù il nostro amico Giosuè, lo vedete? Sta seminando! Conoscete il suo campo: ci sono tanti sassi, (come in molti dei campi qui nel Lazio) Giosuè si affanna a toglierli, ma sembra che ce ne siano sempre di più e sparge il suo seme. Ci sono anche i rovi intorno, c'è addirittura una strada che passa in mezzo perché deve arrivare al campo del suo vicino e il seme che sparge sembra andare perduto... parte fra le pietre, parte nei rovi, parte addirittura sulla strada e ci sono gli uccelli che vengono a mangiarlo e poi..."
"Poi conoscete Giosuè, sapete cosa passa oggi nel suo cuore. Quante domande: pioverà, ci sarà acqua a sufficienza, ci sarà troppo sole, verrà il carbonchio, si rovinerà il grano!? Tanta ansia, tante preoccupazioni. Non sa se il suo seme porterà il frutto, ma poi sapete Giosuè - come tutti gli anni - ci inviterà alla festa della mietitura, andremo a dargli una mano a tagliare il grano e poi a batterlo e poi faremo festa e canteremo e danzeremo e mangeremo in abbondanza: è la festa della mietitura".
Non so se qualcuno di voi l'ha conosciuta, è la festa più grande della vita contadina. La gioia di mettere le mani nel sacco pieno di grano, c'è da mangiare per la famiglia per tutto l'anno!
E Gesù dice: "Ecco - vedete - a noi succede come a Giosuè. Sembra che i nostri semi, le cose che diciamo vadano perdute, ma lo sapete, il seme deve morire altrimenti non porta frutto. Sembra che nessuno ci ascolti, ma abbiate fede. Abbiate fiducia. Conservate la speranza. L'importante è che il seme sia giusto e porterà frutto. Voi magari non lo vedrete, ma nel corso della storia germoglierà".
Quel seme che Gesù e i suoi apostoli hanno sparso ha portato frutto in ogni angolo della terra… si vede poco perché non fa rumore. Fa rumore soltanto la violenza, il male, ma la gente che vive di amore, di gratuità, di bontà, di tenerezza, che fa il servizio alla vita degli altri... questo non si vede! E noi siamo qui, duemila anni dopo, ancora riuniti sulla parola di Gesù e degli apostoli.
Il seme che hanno seminato porta frutti in noi e porta frutto nel mondo. Questo non vale soltanto per gli apostoli, vale per tutti voi. Vi ho invitato a venire in quella capanna perché ci è capitato nella vita qualche momento in cui abbiamo detto: "Ma che frutto abbiamo portato?"
È capitato a qualche papà, a qualche mamma... ne ho incontrati molti, uno anche poco dopo la Messa precedente che dice: "Io predico ai miei figli, ma nessuno viene in chiesa". Ho chiesto: "Ma sono brave persone?" "Sì questo, sì!" "E allora i frutti veri sono quelli! Gente che porta qualche cosa nel cuore, il senso dell'onestà, della giustizia".
Questo che vale per i genitori e valso - tante volte - per tanta gente nella storia. Pensate a tanti scienziati che sembravano predicare invano, intuire il futuro e nessuno li ascoltava e poi noi viviamo sulle loro ricerche!
Non dobbiamo stancarci di seminare. Dobbiamo conservare nel cuore il coraggio della speranza: questo è il messaggio di questa straordinaria parabola. Non dimenticate il campo di Giosuè. Non dimenticate la sua fatica di spargere il seme.
Ricordatevene ogni volta che passerete un momento difficile e direte: "Ma che ho combinato nella mia vita, quello che ho cercato di fare, i semi che ho sparso porteranno frutto?"
Se sono i semi giusti, lentamente, faticosamente un po' di frutto lo porteranno. Noi siamo qui perché la parola di Gesù porta qualche frutto anche nel nostro cuore ed è molto.
Il Signore ci aiuti.
"Signore non hai seminato XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Luglio 2017
del buon seme nel tuo campo? Matteo 13, 24-30
Da dove viene la zizzania... ?"
Anche stavolta - come abbiamo fatto domenica scorsa - tentiamo di usare la fantasia per interpretare questa parabola del Signore. È una parabola che deve essere stata raccontata e ripetuta più volte e, come vedremo dopo, anche commentata dalla prima comunità cristiana. È una parabola difficile perché tocca uno dei temi fondamentali della vita dell'uomo: quello del male. Allora cerchiamo di immaginare!
Sediamoci ancora una volta intorno alla tavola con i discepoli, Gesù non c'è ancora, stanno parlando ed è venuto il discorso, non si sa come, su tutto il male che succede intorno: ci sono i Romani che fanno violenza, c'è qualcuno che ruba, c'è chi ha ucciso la sua donna... i tanti mali della vita che raccontavano... non vedevano la televisione, ma di bocca in bocca passavano...
Poi il discorso si allarga, arriva alla schiavitù, alla guerra: tanta gente che muore, tanta violenza nel mondo... "Da dove viene tutto questo male? Perché ci sono tanti uomini cattivi? Chi è stato? Forse Dio ha fatto gli uomini alcuni buoni e altri cattivi? Forse è il diavolo? Un'altra potenza che ha fatto gli uomini cattivi e Dio quelli buoni e si combattono tra di loro! Chi lo sa!? Adesso quando viene Gesù lo domandiamo a Lui e Lui finalmente ci risponderà!"
Arriva Gesù, si siede e uno prontamente gli chiede: "Gesù, abbiamo discusso fino ad ora... "Da dove viene il male? Perché tante persone cattive? Forse Dio ha fatto gli uomini buoni e cattivi perché ci sia battaglia e trionfino finalmente i buoni? Forse c'è il diavolo che fa uomini cattivi?... che ne pensi tu?"
Gesù li guarda con aria attenta e seria: "Lasciate perdere Dio, lasciate perdere il diavolo, altrimenti non si capisce la vita! Il mondo - vedete - è come un campo in cui c'è il grano, ma insieme al grano c'è la zizzania, l'erba cattiva... da dove viene? C'è qualche cosa che è contraria al grano, che cresce insieme al grano, provate a chiedervi: da dove viene la zizzania nel campo del nostro amico Giosuè! Forse sono gli uccelli che portano i semi, è la natura. Forse il padrone del campo vicino non ha custodito bene il suo campo e ha fatto crescere troppa zizzania, non l'ha tagliata per bene o forse Giosuè stesso non ha saputo curare il suo campo, non ha arato in profondità, non si è preoccupato di custodirlo per bene? Da dove viene la zizzania nel campo? Non lo è facile saperlo!"
"Dobbiamo cercare di scoprirlo e - vedete - così è il mondo, c'è tanto male nel mondo, da dove viene? Forse qualcuno nasce con delle inclinazioni alla violenza, all'aggressività? Certamente una persona che nasce in una famiglia in cui sono violenti, anche lui facilmente lo diventerà".
"Poi c'è questa società così carica di violenza che fa gli uomini aggressivi, che produce del male e poi c'è la guerra e poi la schiavitù... da dove viene tutto questo? Forse l'egoismo del cuore dell'uomo, forse il desiderio di soldi, di potere? Tante domande!"
"Bisogna cercare una risposta, ma non una risposta, tante risposte... una risposta la trovi qui, ma un pezzo di risposta lo trovi là". Un discepolo dice: "Ecco, Gesù, nemmeno tu ci sai rispondere! Perché c'è il male? Diccelo con parole chiare da dove viene il male. Tu ci parli di come uno nasce, dell'ambiente che trova… ma perché gli uomini sono cattivi? Dicci con chiarezza chi è buono e chi è cattivo e perché!".
Gesù li guarda, stavolta con severità: "Ecco volete risposte semplici, volete dividere il mondo in buoni e cattivi! Rischiate... rischiate la violenza proprio perché volete dividere il mondo in buoni e cattivi, perché volete combattere, sradicare - magari - i cattivi... Attenzione, spesso l'uomo che combatte il male, senza accorgersene combatte il bene".
Chissà se Gesù vedeva la storia terribile del mondo, anche la storia cristiana! Quante volte, in nome della fede, in nome della patria, in nome della razza, in nome di chi si sente giusto, di chi si sente dalla parte buona si è combattuto, sterminato, fatto violenza a tante persone!
Gesù raccomanda ai suoi discepoli: "Portate pazienza, cercate di rimanere fedeli alla giustizia e al bene e fate attenzione a non dividere il mondo in buoni e cattivi... il male c'è anche dentro di voi, cercatelo anche lì, anche lì c'è qualche cosa che non quadra, anche lì si tratta di capire. Voi dite che io non vi so rispondere... non vi so rispondere, non c'è una risposta: è il mistero del male del cuore dell'uomo, ma - ve lo ripeto - state attenti, non cercate risposte semplici; le risposte semplici non aiutano la vita".
I primi discepoli - come tanti cristiani - non ascoltano le parole di Gesù e danno una spiegazione della parabola. Vedete - tutti gli studiosi dicono che le spiegazioni delle parabole sono delle prime comunità cristiane e ascoltate come spiegano questa parabola: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo, il campo è il mondo, il seme buono sono i figli del Regno, la zizzania sono i figli del maligno, il nemico che l'ha seminata è il diavolo, la mietitura è la fine del mondo e i mietitori saranno gli angeli".
Tutto chiaro! Ma da questa chiarezza scompare l'impossibilità di dividere i buoni dai cattivi e scompare la pazienza di cercare la verità e il bene senza violenza, senza sradicare subito quella che a noi sembra la zizzania. No, di fronte al problema del male non servono semplificazioni. C'è soltanto la passione dell'uomo che cerca di guardarsi intorno e capire da dove viene il male, perché c'è il male, perché c'è egoismo nel cuore dell'uomo, perché se Dio ci ha fatto liberi, noi usiamo questa libertà per far il male.
È colpa della natura? È colpa della società? È colpa del mondo in cui siamo cresciuti? Chi lo sa! Quello che ci conviene è continuare a cercare senza fanatismi, senza violenze con grande pazienza, ma con il coraggio di rimanere fedeli al buon "grano", di rimanere fedeli alla giustizia e alla pace. Non è facile.
Il Signore ci aiuti.
"Chi vorrà salvare la propria XXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Settembre 2017
vita la perderà, ma chi perderà Matteo 16, 21-27
la propria vita per causa mia,
la troverà"
Non c'è forse occasione (non so se siete d'accordo) in cui Pietro ci rappresenta di più. Rappresenta la fatica del nostro cammino cristiano, dei nostri dubbi, delle nostre incomprensioni, la fatica di capire chi è Dio nella nostra vita.
Vedete - Pietro ha da poco (nel capitolo precedente, potete leggerlo) confessato che Gesù è il Messia, l'Inviato di Dio, il Figlio... e adesso si sente dire che finirà sulla croce.
Pietro non può accettarlo, come - in fondo - non lo accettiamo noi. Perché Dio non lo salva, perché non lo difende, perché permette che suo Figlio venga umiliato fino alla morte di croce? Per Pietro è una cosa insopportabile. Hanno detto a Pietro tante volte, come hanno detto a noi, che Dio è onnipotente, che protegge i giusti, che salva i buoni e adesso si sente dire che il Figlio... il Figlio finisce sulla croce...
E Pietro intuisce che non è solo il problema del Figlio, ma sarà un problema suo. Anche lui dovrà scontrarsi contro la persecuzione e la violenza, forse ha già cominciato a farlo: non immagina - probabilmente ancora - che anche lui finirà su una croce, ma intuisce che in questo dire di Gesù che va incontro alla croce c'è il dramma della sua vita e della vita del mondo.
Dov'è Dio? Perché Dio non interviene? Perché ci hanno sempre parlato di un Dio onnipotente e il Dio che si manifesta nel mondo è assolutamente impotente!
Dobbiamo dire impotente per non dire "malvagio" perché permette il male immenso che c'è su questa terra. Perché non salva i bambini che muoiono...?
Ecco, tutto questo Pietro esprime nella frase: "non ti accadrà mai" e la risposta di Gesù (lo avete ascoltato) è durissima: "Va' via - Satana - tu non pensi come Dio, ma come gli uomini"
E come pensa Dio? Forse, Dio pensa (meglio non inoltrarci) che la vita è affidata a noi, al nostro coraggio, alla nostra volontà di costruire il bene, che di questo mondo siamo responsabili noi, non Lui. Lui ce lo ha affidato perché lo custodiamo con tutta la passione del nostro cuore… ma qualche volta lasciamo prevalere l'egoismo e - quindi - nasce la violenza e l'oppressione e chi ci rimettono, spesso, sono i più buoni, i più piccoli, gli ultimi e Dio... Dio sembra stare a guardare...
Perché - forse - aspetta noi, perché a noi ha affidato il mondo ed ecco, allora, che si capisce la seconda parte di questo discorso che tante volte nella Chiesa è stato interpretato in maniera assurda, come se a Dio piacesse la sofferenza, il sacrificio. Voi potete leggere o qualche volta ascoltate in televisione storie di santi e di sante che si flagellavano, facevano lunghi digiuni, non mangiavano... quasi il rifiuto della vita e del corpo, l'accettazione della sofferenza, quasi che fosse gradita a Dio. Sono tutte sciocchezze, se non autentiche bestemmie!
Il discorso della croce è un discorso serio. Di fronte al dolore, al dramma, alla sofferenza, alla violenza di questo mondo, a me e a ciascuno di voi, tocca portare il peso pesante di questa realtà, senza farci soffocare. Guai a chi perde la propria vita, guai a chi perde la propria dignità di uomo - dice il Signore - guai a chi perde i suoi valori.
Ve lo dico con un fatterello sciocchissimo che mi è capitato soltanto un paio di giorni fa.
Eravamo a visitare il duomo di Pistoia e facevano mettere le "mantelline"... sapete c'è chi va con le spalle scoperte, e non si conviene in chiesa. Avevo con me una nipote: "Ma in fondo è giusto perché i mussulmani quando entriamo nelle loro moschee, ci fanno togliere le scarpe, ci fanno mettere il velo". "Ma se so scemi loro perché devo esse scemo pure io?". Questa è stata la mia risposta e sapete le mie risposte sono a volte un po' brusche, ma siamo stati abituati così a Roma.
È una sciocchezza questa, ma quando vediamo che alla violenza del mondo, alla violenza che abbiamo anche in mezzo a noi, si rischia di rispondere con altra violenza… la violenza si moltiplica e il mondo si sciupa. Alla violenza si risponde con il coraggio di credere alla giustizia... non significa sopportare tutto... la polizia, i servizi debbono fare i loro mestieri, non significa che non bisogna difendersi, ma quello che è fondamentale è che nessuno ci strappi la dignità di uomini...
Nessuno ci trasformi non in uomini, ma in selvaggi, in gente che crede solo nella violenza, nella vendetta, nel rendere "occhio per occhio e dente per dente". Queste son cose che dovrebbero appartenere al passato.
Ecco, il mondo è quello che è. Dio è impotente di fronte a questo mondo, lo affida a noi e ci dice: "Badate, avete una croce da portare, ma state attenti a che nessuno vi strappi l'anima, la dignità di essere uomini, a che nessuno vi tolga la forza e il coraggio di credere nel bene e nella giustizia". Ecco il senso di questa pagina.
Dio non ama la sofferenza, la sofferenza va solo combattuta e tolta con tutte le nostre forze. Dio ama coloro che sono capaci di amare, di conservare la speranza nel cuore, coloro che sono capaci di non farsi travolgere dalla violenza di questo mondo, ma che con pazienza, qualche volta accettando la croce... continuano a credere nella giustizia e nel bene, a conservare nel cuore la speranza di un mondo migliore. È tutt'altro che facile!
Tutt'altro che facile anche perché intorno a noi nel mondo abbiamo tanti, troppi, anche in questo paese, fomentatori di violenza, dell'occhio per occhio dente per dente e qualche volta non si rendono conto accusando gli altri che questa è solo una scusa per non guardare a questa nostra società. Il novanta per cento dei delitti che si compiono in questo paese non li fanno gli stranieri, li fanno gli italiani. Bisognerebbe ricordarci qualche volta dei "numeri", per guardare al mondo con occhi attenti e consapevoli e sapere qual è il limite della realtà e soprattutto conservando nel cuore il coraggio della speranza, il senso della giustizia, il senso dell'amore: a questo ci chiama il Signore, non è facile.
Il Signore ci aiuti
"Se il tuo fratello commetterà XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Settembre 2017
una colpa contro di te, va' e Matteo 18, 15-20
ammoniscilo tra te e lui solo..."
Io ho detto e fatto parecchie sciocchezze nel corso della mia vita, ormai lunga, ma pochissime volte mi è capitato che qualcuno venisse a dirmi: "Padre - secondo me - lei ha sbagliato. Ha detto una cosa che non mi convince, che - secondo me - non è giusta".
Alcune di queste persone le ricordo - qualcuna non c'è più - e le ricordo con dolcezza perché quando qualcuno ti viene a dire: "Guarda - secondo me - hai sbagliato" e lo fa con gentilezza, con attenzione, ti aiuta a capire qualche cosa di importante, a vedere anche le ragioni dell'altro, quello che tu forse non sei stato capace di intuire.
Mi è capitato varie volte di suggerire a delle persone che venivano a dirmi: "Ho ascoltato una predica, il prete ha detto parole assurde". "Perché non sei andato dopo a dirgli qualche cosa? forse potevi aiutarlo!" Beh, non ho mai sentito nessuno che abbia fatto una cosa del genere, forse per il timore di offendere.
Quello che succede a me, quello che succede per i preti, purtroppo succede spesso nei rapporti tra le persone. Succede tra genitori e figli. A volte è difficile parlare con un figlio tranquillamente, serenamente. Si alza la voce nel momento in cui uno è arrabbiato, si perdono le staffe, ma poi sedersi intorno a un tavolo e parlare con calma e cercare di farsi capire... questo è difficile.
È difficile anche tra marito e moglie. Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita coppie che per tutta la loro esistenza (le ho conosciute quando erano ormai anziane) erano state capaci di parlare, parlare e parlare. Parlare anche nei momenti di difficoltà. Parlare anche quando uno aveva un magone dentro, ma parlare non quando si è arrabbiati, parlare con calma, magari dopo giorni. Qualcuno mi diceva che quando non riusciva a parlare scriveva una lettera.
Ancora più difficile è quello che il Vangelo suggerisce... farsi aiutare da due o tre quando c'è qualche difficoltà con un'altra persona... Non parliamo poi della comunità che qui nelle nostre grandi città non conosciamo quasi per niente.
Parlare... non mormorare dietro le spalle. Dire chiaramente qualche cosa a un amico, a un compagno, a un figlio, a un partner è cosa (per la mia esperienza) molto difficile.
Una cosa che quando ero un giovane prete non riuscivo a capire era l'ultima frase di questo discorso... là dove dice: "Se non ascolterà neanche la comunità sia per te come il pagano"... taglia i ponti, non ci parlare più. Sembrava strano non dover continuare a insistere. Poi mi sono accorto e ho dovuto ripeterlo e forse la cosa che ho ripetuto di più di questa pagina del Vangelo, che a un certo punto bisogna dire: "Basta!". Ho incontrato tante volte dei fratelli, delle sorelle che erano in disaccordo, che avevano litigato, magari per questione di soldi, (spesso succede) di eredità a volte banalissime e che non riuscivano più a parlare e c'era chi non riusciva ad accettarlo e continuava ad insistere e mi dicevano: "Padre, è morto un parente, credevo che almeno di fronte alla morte potessimo... è nato un bambino, almeno di fronte a un bambino..."
Ho dovuto ripetere (forse non immaginate quante volte): "A un certo punto basta, se no fate male! Continuate a farvi del male e a far del male a voi e agli altri". A un certo punto bisogna rendersi conto che eravamo fratelli ma siamo diventati estranei e dobbiamo accettare questa estraneità, senza giudicare... tu vai da una parte e io vado dall'altra e inutile tentare di riconciliarsi. A volte non ci si riesce! Sembra strano? Eppure (come avete ascoltato) lo dice il Vangelo.
Un'altra cosa vorrei aggiungere su quello che abbiamo letto: "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo".
Purtroppo, di questa frase si sono impossessati i preti, i monaci e ne hanno fatto strumento del loro potere, attraverso la Confessione che, se non intesa correttamente, diventa un raffinatissimo strumento di educazione all'ipocrisia. Si confessa qualche cosa, magari qualche cosa che uno non sente come peccato e il sacerdote ti assolve e ti senti sollevato, poi torni e ricominci a fare come prima.
C'è una frase che ho ripetuto decine, non decine, ma migliaia di volte nella mia vita: "Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". L'avete sentita anche voi più di una volta, vero?
A un certo punto della mia vita mi sono accorto che era una frase che non significava assolutamente nulla. Vedete - se viene da me a confessarsi uno che dice: "Oggi ho litigato con mia moglie..." Io prete dico: "Dì tre Ave Maria e ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo".
Vedete, due sono i casi... o quello già si è riconciliato con la moglie e allora: io ti assolvo... non conta niente o quello non si è riconciliato con la moglie e allora: io ti assolvo... non significa niente. Finché non si riconcilia non succede niente. Quello che leghiamo noi si lega Lassù, quello che non leghiamo noi non si lega Lassù. Quello che sciogliamo noi si scioglie Lassù, se noi riusciamo a perdonare è Dio che perdona e se non ci riusciamo, Dio (per tutti gli sforzi che faccia) non può realizzare il perdono.
Il perdono non significa far finta di niente. Perdono significa riconciliarsi. Perdono significa superare il male, altrimenti non ha senso.
Questo - forse - porta alla conclusione di questa pagina: "Dove sono due o tre riuniti, io sono lì presente in mezzo a loro". Se si mettono d'accordo hanno già ottenuto, perché quello che il Signore vuole è che ci troviamo d'accordo e cerchiamo le stesse cose e - allora - abbiamo già ottenuto quello che cercavamo nella preghiera.
La preghiera - in fondo - è la ricerca appassionata di unità, di riconciliazione e di pace e se riusciamo allora la nostra preghiera ha senso, altrimenti no.
Cose semplici a dirsi - lo sapete per esperienza - molto più difficile a farsi. Essere capaci di dialogo, di accoglienza, di rispetto, di ascolto. Saper dire una parola senza offendere è cosa complicata.
Il Signore ci aiuti.
"Signore, quante volte dovrò XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Settembre 2017
perdonare al mio fratello?" Matteo 18, 21-35
Volete cominciare con un sorriso la predica di oggi...? Allora vi faccio un breve riassunto di quello che abbiamo ascoltato: "Signore quante volte dovrò perdonare al mio fratello, fino a sette volte?" "No, non fino a sette volte, fino a settanta volte sette" Cioè sempre! Comportati esattamente come il Padre celeste, il quale ti perdona una volta e poi te fa secco!
Il padrone della parabola certamente è un'immagine del Padre celeste: come avete ascoltato il Padre perdona una volta, la seconda no.
Qualcuno saggio (forse anche tra voi) dice che non si dovrebbe scherzare sul Vangelo. La tradizione cristiana e ancora prima e forse di più la tradizione ebraica, pensa che è sempre bene sorridere, a volte quando si fa dell'ironia si capisce di più di quando si cerca di essere troppo seri.
Questa pagina del Vangelo ci dice che tra noi cristiani, in fondo tra noi uomini, che non siamo troppo perbene, che sbagliamo spesso, a volte volendo e a volte non volendo, non può che esserci una disponibilità totale, piena, incondizionata alla riconciliazione, a superare il male, altrimenti ci facciamo soffocare dal male. Una disponibilità incondizionata, anche perché dobbiamo renderci conto di aver ricevuto tanto dalla vita. Tutto ci è stato donato e non sapersi riconciliare, non saper superare un torto significa fondamentalmente essere irriconoscenti: questo è il concetto fondamentale di questa pagina, una disponibilità incondizionata alla riconciliazione, al superamento del male.
Ma - appunto - di riconciliazione si parla, di superamento del male. La parola perdono è una parola piena di equivoci e pericolosa. Ho detto tante volte che secondo me la parola perdono andrebbe abolita dal vocabolario religioso. Perché secondo me andrebbe abolita?
Vi faccio alcuni esempi. A me è capitato tante volte di incontrare persone che mi dicevano: "Padre, ho un peso sul cuore, non riesco proprio a perdonare!" Poi quando lasci parlare... "Che significa per lei perdonare, chi dovrebbe perdonare?" Ti dice che ha subito un torto, un torto grave. Un torto in cui non c'è nessuna possibilità di superamento, di riconciliazione... e rimane dentro di lei un rancore, una rabbia che non riesce a togliere. La cosa migliore sarebbe dimenticare, ma non si può, noi non siamo padroni dei nostri sentimenti! Ma è questo il perdono? Non c'entra niente! Perdono sarebbe potersi riconciliare e quando... (forse ne avete fatto esperienza anche nella vita famigliare) dopo un bisticcio, dopo un torto ricevuto, dopo un torto fatto ci si riesce a riconciliare - allora - è proprio una festa e l'amore diventa più bello e più intenso di prima.
Un'altra cosa vorrei aggiungere per spiegare perché la parola perdono - per me - è una parola equivoca. A volte… i genitori (specialmente oggi, un tempo i nostri padri erano più severi) quando il figlio fa qualche cosa di sbagliato, anche grave, dicono: "Ti perdono..." Quello continua a fare come prima! Non c'è - spesso - la capacità del genitore di aiutare il figlio a cambiare, a riprendere la strada delle cose giuste. Finché non c'è questo è inutile parlare di perdono.
Perdono è una parola pericolosa perché fa del male a questo figlio, si fa finta di niente, si tollera quasi tutto, ripetendo: "Ti perdono". No, finché non cambia (qualche volta è difficile, qualche volta non si può) finché non possiamo riconciliarci... non posso stare in pace, non si realizza il perdono, è inutile parlare di perdono.
La stessa cosa che vale tra genitori e figli (lo sapete) vale nella coppia. Perdonare che significa? Faccio finta di niente, mi dimentico? Ma rimane tra di noi una distanza. Si creano dei buchi neri. Non si riesce più a camminare insieme e allora è inutile parlare di perdono.
Lo stesso vale nella scuola. La scuola di oggi, anche nei primi gradi, ma soprattutto le scuole superiori a me sembrano qualche volta una istituzione che insegna a delinquere, perché fanno dei danni, rompono banchi, fanno violenze... "Sono ragazzi...!" difesi a spada tratta dai genitori.
No! non sono ragazzi, stanno facendo del male, il "perdonismo" è solo negativo. Và combattuto tutto questo con grande forza. Pensate al fenomeno del bullismo: "Sono ragazzi...!". Non sono ragazzi, sono gente che, a volte, uccide.
Non si può dire: "Perdoniamo". Ha senso solo la disponibilità a cambiare queste persone, ad aiutarle a ritrovare la via della saggezza, del rapporto corretto con gli altri. Della disponibilità totale non solo della scuola, ma anche dei genitori di questi ragazzi: di questo parla il Vangelo.
Lo stesso vale per lo Stato. Noi viviamo in uno Stato (credo che non succeda solo in Italia) in cui ogni tanto ci sono degli indulti, delle amnistie: "Ti perdoniamo, ti abboniamo qualche anno di pena, siamo buoni, perdoniamo!". È un'offesa alla civiltà (secondo me). Tutto l'impegno dovrebbe essere quello di aiutare chi ha commesso un delitto a cambiare, finché non cambia è inutile dargli qualche anno o qualche mese di meno, torna a delinquere come prima.
L'impegno dovrebbe essere ad aiutare ad essere cittadini onesti e responsabili... questo può significare perdono. Questa parola toglietela perché - vedete - non si usa mai in questi contesti.
Ci sono a volte dei tentativi in qualche istituzione, (per fortuna) ci sono anche dei singoli cittadini che cercano di andare nelle carceri per aiutare le persone a ritrovare la strada della dignità e della giustizia e se la ritrovano... allora, sì che si compie il perdono. Allora sì che si compie la riconciliazione e allora, come dice il Vangelo, si fa più festa in cielo per un peccatore che si converte.
Lo avete sperimentato anche voi. Quando ci si riesce a riconciliare è una festa. Far pace, buttarsi le braccia al collo o farsi magari un pianto insieme dopo un'offesa anche seria... l'amore si rafforza, la vita diventa più bella, ma se non c'è questa riconciliazione parlare di perdono non ha senso.
Ecco quello che questa pagina del Vangelo ci dice: "Siate disposti alla riconciliazione, siate disposti a superare il male con tutta la passione del vostro cuore". È una cosa difficile e qualche volta non si può. Se vi rimane nel cuore un rancore, un peso non parlate di perdono. Noi dei nostri sentimenti non siamo responsabili. Facciamo quel che possiamo e qualche volta ci dobbiamo arrendere.
Il Signore ci aiuti
.
"Questi ultimi hanno XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 24 Settembre 2017
lavorato un'ora soltanto Matteo 20, 1-16
e li hai trattati come noi
che abbiamo sopportato
il peso della giornata e il caldo".
Molte persone con cui ho letto il Vangelo non sopportano questa parabola, sembra loro una ingiustizia che gli ultimi, quelli che hanno lavorato una ora soltanto, siano trattati come i primi, che hanno lavorato tutto il giorno e - come dicono - hanno sopportato il peso della giornata e del caldo.
È un fraintendimento della parabola perché pensano che qui si parli di rivendicazioni sindacali, di giustizia remunerativa. Questa parabola è molto più profonda. Si parla di vita.
Cosa significa vivere? Cosa significa essere credenti? Cosa significa essere persone che cercano di essere rette, di seguire e osservare la Legge?
Vedete - se ho capito qualche cosa - in questa parabola ci sono una confessione, un atto di accusa e una riflessione, che può essere importante anche per noi e per chiunque tenti di credere.
La confessione... i primi cristiani ci dicono: "Noi eravamo persone poco perbene. C'erano tra noi ladri, esattori delle tasse, gente violenta... c'erano tra noi prostitute, c'era chi ha tradito l'amore, chi non si preoccupava troppo degli altri, che pensava solo a farsi gli affari propri. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare Gesù. Lui ci ha tratto fuori dal nostro "fango": Lui ci ha fatto scoprire i valori... i valori veri della vita. Ci ha fatto scoprire l'amicizia, l'amore, il dono di sé, la condivisione. Ci ha fatto vedere la bellezza di lavorare nella vigna".
Lavorare nella "vigna" è un simbolo antico, significa vivere il bene, la giustizia, l'amore, la gratuità.
Questa gente vive di gratitudine. Sente che veramente il Signore li ha liberati, tratti fuori dalla miseria della loro vita e ne ha fatto degli uomini capaci di amare.
I primi cristiani si riconoscono nel figlio della parabola, quello che è andato lontano, che ha sciupato tutto, ha sperperato la vita... ma poi torna e trova la "festa" e loro sentono che ormai partecipano a questa festa. Sentono che vivere con gratuità e amore è una festa, è la ricchezza della vita.
Nello stesso tempo questa parabola è un atto di accusa. Un atto di accusa verso alcuni degli ebrei, i primi lavoratori della vigna. Una accusa che purtroppo la tradizione cristiana, nel corso dei secoli, ha esteso a tutto il popolo ebraico con le conseguenze tragiche che tutti conoscete.
Perché un atto di accusa? Perché dicono: "Voi che siete stati i primi, che avete osservato scrupolosamente la Legge, tutte le regole... siete incapaci di misericordia. Siete incapaci di rallegrarvi perché qualcuno arrivi - magari - all'ultimo momento, perché qualcuno scopra la giustizia. Se non avete capito quello che dice l'antico profeta: "misericordia io voglio e non sacrificio"... non avete capito il senso ultimo della vita".
Non è tanto importante l'osservanza delle regole, quanto la misericordia, la tenerezza verso l'altro, 1'accoglienza, il saper condividere.
Ecco - sono come il figlio più grande che ha lavorato duramente, è stato sempre in casa, ma è incapace di accogliere il fratello che torna.
Ha vissuto lo stare in casa come un peso, ha il cuore duro, chiuso e allora che ha capito della vita? E allora dov'è la sua bontà? Dov'è la sua gratuità? Dov'è il suo amore?
Ecco - allora una riflessione che vale anche per noi, una riflessione fondamentale. Noi veniamo in chiesa, ci sforziamo di essere persone perbene. Molti di noi pagano onestamente le tasse, lavorano meglio che possono... qual è il rischio: quello di sentirsi buoni, di giudicare gli altri - ancora di più - il rischio di sentire tutto questo come un peso, come un dovere e non come una festa.
Quando amare è vissuto come un peso, quando amare non è una festa... non è più amore. Pensate a una vita di coppia, all'amore per i figli. Ci sono difficoltà, problemi, ma se è vissuto solo come un peso, se non c'è mai un momento di festa, se non c'è la bellezza di ritrovarsi insieme, se non c'è la gioia di stare insieme, allora tutto è un peso e si rischia di avere il cuore duro, di giudicare gli altri, di non saper accogliere chi si perde, chi viene da lontano.
Questo vale per la famiglia, ma vale per questa società. Le persone perbene dovrebbero tentare di fare quello che possono perché anche chi sbaglia possa tornare, possa far parte della festa della vita, perché la vita è bella solo se c'è pace e non c'è violenza. Solo se c'è gratuità e non c'è egoismo. Solo se c'è la voglia di camminare insieme.
Ecco l'insegnamento di questa parabola. Non si parla di soldi, si parla di vita, si parla di amore, si parla di libertà, si parla di noi e Gesù ci dice: "State attenti, non vivete il vostro cercare di essere persone perbene come un peso. Vivetelo sempre come una grazia, come un dono. Dio vi ha fatto "dono" dell'amore. Vi ha fatto dono dell'onestà, vi ha fatto dono dell'essere persone che cercano la giustizia e la gratuità". È una ricchezza, è la bellezza della vita, è un dono straordinario per cui non si può non vivere di gratitudine.
Il Signore ci aiuti.
"Figlio, oggi va' a lavorare XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 1 Ottobre 2017
nella vigna". Rispose: no. Matteo 21, 28-32
Ma si pentì e vi andò.
A una prima lettura questa piccola parabola che Gesù dice ai capi dei sacerdoti e agli anziani è di una banalità assoluta. Ci sono due figli. Il padre dice: "Andate a lavorare nella vigna". Uno dice: "Sì, vado" ma poi non va'. L'altro dice: "No, non ho voglia" ma poi va'. Chi ha compiuto la volontà del padre? Certamente quello che va' nella vigna! Non bastano le parole ci vogliono i fatti: niente di più banale.
Eppure, se si legge con attenzione questa parabola troviamo anche qui l'Evangelo, cioè la Buona Notizia, il tentativo di dirci - in qualche modo - chi è Dio per noi, qual è il nostro atteggiamento davanti a Dio, da che parte sta Dio.
Vedete - chi scrive questa pagina sono i primi cristiani perseguitati dai capi dei sacerdoti, dagli anziani. I capi dei sacerdoti sono i legittimi responsabili della comunità religiosa ebraica... è come se dicessimo oggi il Papa e i vescovi. Gli anziani del popolo sono i legittimi capi della comunità civile... eppure i primi cristiani - da questi - sono perseguitati, messi in prigione, torturati, uccisi qualche volta. Da che parte sta Dio?
Secondo il modo di pensare comune - spesso anche oggi - Dio sta dalla parte dell'autorità, Dio sta dalla parte del Papa, dei vescovi, Dio sta dalla parte di coloro che sono stati investiti da Dio d'autorità. No, dice questa pagina! Dio sta dall'altra parte. Dalla parte di quelli che hanno tentato di seguire la propria coscienza e sono andati per un'altra strada. La coscienza passa avanti - a volte - all'autorità sia religiosa, sia civile.
Ah, se i cristiani avessero seguito fino in fondo, in tutta la loro storia, questa convinzione che qui esprime il Vangelo - se volete - questa richiesta di Dio: "Seguite la vostra coscienza, pensate con la vostra testa, amate con il vostro cuore... certamente è fondamentale che custodiate la vostra coscienza che non diventiate dei fanatici, che non cerchiate di seguire il vostro comodo, l'onda delle mode che passano. L'importante che la vostra coscienza sia una coscienza seria e severa a quel punto c'è - se volete usare la parola - il "dovere" di seguire la vostra coscienza".
Dio starà dalla vostra parte e vi difenderà di fronte all'autorità anche religiosa.
Nel corso della storia, della lunga storia del cristianesimo, molto spesso, i cristiani autentici si sono sentiti difesi da Dio quando erano perseguitati e ce ne sono stati tanti: laici, religiosi...
Questa parabola ha anche un'altra verità su Dio. Dio ha fiducia nell'uomo. Dio non si stanca di aspettarlo, crede che ognuno di noi possa cambiare, qualunque sia il peccato che ha commesso, qualunque sia la sua colpa, qualunque sia il peso sul suo cuore... può rinnovarsi e cambiare.
Dio lo cerca, gli va' incontro, cerca di mandargli dei messaggi e aspetta... aspetta con pazienza perché è un fatto di libertà, della nostra libertà a cui Dio ci chiama, ma Lui fino all'ultimo ha fiducia che possiamo cambiare: il pubblicano, la prostituta, il delinquente (oggi potremmo dire) il mafioso, il violento possono cambiare.
Voi direte: "È una cosa difficile" Difficile, difficilissima perché - a volte - i condizionamenti in cui l'uomo vive sono terribili, eppure Dio non si rassegna e invita noi a non rassegnarci.
Essere cristiani significa non rassegnarsi al male. Al male proprio: se ho una colpa - per quanto sia grande - non posso farmi schiacciare dal senso di colpa, non posso farmi sentire cacciato da Dio, ma devo sentirmi amato da Lui, cercato da Lui, inseguito da Lui...
Questo riguarda anche gli altri. Non posso, non debbo considerare nessuno perduto per sempre, sempre deve esserci la possibilità di dare a un uomo la speranza. Dovrebbe farlo ciascuno di noi, dovrebbe farlo la società, dovrebbe farlo la Chiesa... sempre la speranza... Questa speranza che viene da Dio, perché Dio ha fiducia in noi e non si rassegna al nostro male e non vuole che noi ci rassegniamo al nostro male: di questo parla questa parabola.
Parla di Dio, non soltanto di fare o non fare. È una cosa importante non soltanto parlare ma anche fare. Qui c'è qualcosa di più. Qui c'è uno sguardo su Dio.
Da che parte sta Dio? Dalla parte di coloro che seguono la retta coscienza, che cercano il bene con passione, qualche volta anche contro l'autorità. E Dio ha fiducia in noi… fiducia in me, ha fiducia in tutti noi, ha fiducia nell'uomo, in ogni uomo, qualunque peccato abbia commesso può cambiare, può convertirsi, può riprendere la strada: questo è Dio, il Dio di cui ci parla questa pagina del Vangelo.
Il Si
gnore ci aiuti.
"Quando verrà il padrone XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 8 Ottobre 2017
della vigna, che cosa farà Matteo 21, 33-43
a quei contadini?".
Incontriamo oggi, secondo me, il peccato del Vangelo. È possibile trovare il peccato nel Vangelo? Quando dico queste cose c'è sempre qualcuno che si scandalizza: "Ma padre non ha detto: Parola del Signore, non è la Parola di Gesù, la Parola di Dio come è possibile che ci sia dentro il peccato?".
Vedete, la parola del Signore non è una parola assoluta che cade dall'alto come una cosa magica, è parola affidata a gente come noi, povera gente, i primi cristiani erano come noi, probabilmente nemmeno molto migliori di noi e si portavano dentro rabbia, rancori, desideri di vendetta che arrivano anche nel Vangelo.
Avrete notato che questa parabola è una rielaborazione dell'antica parabola del profeta Isaia che avete ascoltato nella prima lettura, una parabola in cui Dio è il costruttore della vigna: l'ha coltivata, ha scavato il torchio, ha costruito la torre e si aspettava l'uva buona ed ha trovato solo acini acerbi. Cosa farà il padrone della vigna? La vigna sarà calpestata, distrutta: è la punizione di Dio. La vigna è il simbolo del Popolo d'Israele: la frase finale di quello che abbiamo letto è molto forte: "Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi".
I primi cristiani rielaborano questa parabola facendone la lunga storia dei Profeti: non è Dio che viene a chiedere i frutti, ma sono una serie di inviati, l'uno dopo l'altro, che vengono osteggiati, perseguitati, alcuni bastonati, altri uccisi.
Da ultimo Dio manda suo Figlio, l'unico, l'amato. Cosa fecero i contadini? Lo presero lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero.
Ed ecco la cosa terribile di questa pagina del Vangelo: cosa farà il padrone della vigna? Verrà e farà morire miseramente quei contadini.
È l'interpretazione della storia: quando i primi cristiani vedono Gerusalemme distrutta, la Palestina devastata dicono: "Ecco è Dio che è venuto a punire il suo popolo, di più è Dio che è venuto a vendicarsi della morte del suo Figlio".
Mi domando qualche volta come è possibile che chi ha scritto nel Vangelo la parabola del Padre misericordioso, chi ha messo sulla bocca di Gesù sulla croce le parole: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno", poi è capace di scrivere una cosa così dura: "verrà e ucciderà senza pietà quei contadini" e possa pensare alla vendetta di Dio.
Eppure l'idea della vendetta, della punizione del peccato attraverso la disgrazia, la malattia e la morte ha attraversato la vita cristiana fino ai nostri giorni.
Qui secondo alcuni si compie la prima scissione tra i figli di Abramo, tra quelli che credono in Dio nell'unico Dio, che conservano le stesse scritture: la scissione tra gli ebrei e cristiani ce ne saranno altre tra la Chiesa di Occidente e quella di Oriente, tra protestanti e cattolici, sempre con l'idea che Dio punisce chi non la pensa come noi.
Non c'è quasi mai l'idea di un Dio che voglia richiamare all'unità, che ci inviti ad andare oltre le divisioni, a non dividerci in buoni e cattivi, a non scomunicare gli altri, a cercare invece la possibilità di cambiare, di riunirsi, di andare avanti insieme.
Chissà perché chi ha scritto questa pagina del Vangelo non ha saputo cogliere la bellissima frase del salmo, che pure citano, ma purtroppo interpretano malamente: "La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi".
Spesso nella storia degli uomini, non solo in quella religiosa, le pietre importanti vengono scartate dai costruttori, da quelli che credono di portare avanti la società, succede in tutti i campi: pensate alla scienza, se volete, pensate a uno come Galilei. Ma pensate all'arte, alla letteratura, alla medicina, alla scienza anche moderna, a Darwin, pensate a chi volete, tante volte uomini che hanno intuito qualche cosa di importante, di nuovo, che è diventato poi il fondamento della scienza, dell'arte, della cultura seguente, è stato scartato.
La stessa cosa è successa con Gesù di Nazareth lo hanno scartato E potremmo dire c'è troppa gente, forse un po' anche dentro di noi, che continua a scartarlo.
Eppure Gesù per noi è ancora la pietra d'angolo, il fondamento su cui siamo invitati a costruire la nostra vita, a costruire la Chiesa in uno spirito di pace, senza scomunicare nessuno, senza dividersi in buoni e cattivi, ma cercando insieme le cose che ci uniscono, per intuire insieme il messaggio di Gesù: messaggio di pace, di speranza, di voglia di andare avanti senza mai pensare che qualcuno ormai è abbandonato da Dio, è tagliato fuori.
Senza pensare che Dio punisce per il peccato, che si vendica di chi lo offende: non è il Dio in cui crediamo, non è il Dio di Gesù, Lui è venuto in mezzo a noi, per condividere la nostra vita, addirittura a donarci la vita, per camminare con noi verso un mondo in cui non ci siano più grida di oppressi, non ci sia più spargimento di sangue, ci sia pace e giustizia.
Il Signore ci aiuti.
"Il regno dei cieli è simile XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Ottobre 2017
a un re, che fece una festa Matteo 22, 1-10
di nozze per suo figlio..."
Lo avrete notato, oggi non abbiamo letto una parabola, ma due. Nel Vangelo di Luca si trova solo la prima.
Gli sconsiderati della comunità di Matteo sentono il bisogno di aggiungere la seconda. Gente sconsiderata perché crede che soltanto con la paura si possa annunziare l'Evangelo e convertire la gente.
Avrete notato ancora che anche oggi abbiamo incontrato (come domenica scorsa) il peccato del Vangelo. Che cosa farà il Re?... manderà quelle sue truppe... (le Sue truppe non le truppe di Tito!) ucciderà quegli assassini e distruggerà la loro città: sono le macerie fumanti di Gerusalemme e del Tempio.
Ma oggi non vorrei fermare la vostra attenzione su questi aspetti negativi, ma sullo straordinario messaggio che la pagina di oggi ci consegna, forse la pagina più bella di tutto il Vangelo. "Ilregno di Dio è simile al banchetto di nozze che fa il re".
Il banchetto di nozze... noi non siamo abituati, per noi il banchetto di nozze è una festa molto formale... ma al tempo di Gesù e al tempo anche dei nostri nonni, nei piccoli paesi di questo paese, la festa di nozze era "la festa". La festa che durava anche una settimana e c'erano balli, canti, suoni... addirittura si riconciliavano le famiglie, si conservava la memoria per mesi, per anni, di una grande festa in cui non si faceva risparmio, in cui bisognava cantare, suonare, ballare, mangiare a volontà, bere fino a perdere la ragione... non importava, l'importante era la "festa".
Ora, per i primi cristiani il Regno di Dio è come una festa, una festa di nozze. La festa dell'amicizia, la festa della gratuità, della libertà, della condivisione, della pace, della capacità di amarsi, la festa del piacere, del canto, della gioia...! Una festa senza limiti: a questo ci chiama il Signore, questo è il cuore del messaggio del Vangelo.
Eppure molti di noi sono stati educati a una visione cupa e triste della vita cristiana. Ricordo, che quando ero un giovane prete e insegnavo nelle scuole medie a dei ragazzi, cominciavo chiedendo loro: "Che cosa significa per voi essere cristiani?" Scrivevo alla lavagna le loro risposte, riempivo la lavagna di tutte le loro cose, poi mi giravo e dicevo: "Voi non potrete mai essere cristiani! Avete una visione della religione cupa, piena di precetti, di obblighi, pensate che bisogna fare penitenza, rinunciare, che bisogna avere la testa bassa, il senso di colpa, temere sempre di fare peccato, di offendere Dio, qualcuno vi dice che avete messo in croce Gesù: non si può amare una religione così!"
Ecco il messaggio dell'Evangelo. Il Regno di Dio è una festa: a questo ci chiama il Signore. Una festa senza limiti, la festa della bellezza, dell'amore, della libertà, della gratuità, la festa del piacere perché la vita deve essere felicità, gioia e non sofferenza.
C'è la sofferenza ma dobbiamo combatterla con tutte le nostre forze, perché il nostro ideale non è soffrire. Il nostro ideale, l'ideale che il Vangelo ci propone è la festa.
Gli sconsiderati della comunità di Matteo aggiungono: "Attenti, bisogna avere la veste bianca, se no vi cacciano fuori, là c'è pianto e stridore di denti" Imbecilli!! La paura... credete di convertire la gente con la paura… mettete nel cuore della gente il desiderio della festa, la voglia di amare, di cantare, di sentire Dio presente nel cuore e non ci sarà più bisogno della paura di essere buttati fuori e non cercheranno più idoli falsi, non andranno più in cerca della violenza, del male, quando avranno scoperto, veramente scoperto la bellezza della pace, della concordia, la bellezza dell'amicizia, della libertà.
Non è la paura che converte l'uomo, è la capacità di avere dentro di sé la festa: a questo ci chiama Dio. Il Regno di Dio è come una festa di nozze che il re fa per il suo figlio. La festa che Dio fa per il suo Figlio a cui noi siamo invitati a partecipare.
Un rammarico, che dovremmo avere tutti, è l'aver ridotto la Messa - spesso - a qualche cosa che per molti è un peso, un sacrificio, solo un obbligo e dovrebbe essere un pallido segno di quello che è la festa, l'invito a cui Dio ci chiama, non qui, ma nella vita di ogni giorno. La festa della vita, la festa della natura, la festa della bellezza, la festa della libertà: è questo il Regno di Dio e Gesù è venuto in mezzo a noi per chiamarci a far festa senza paura, senza sensi di colpa. Se abbiamo la festa del cuore, allora il male si allontanerà da noi e potremo cantare al Signore e alla vita.
Il Signore ci aiuti.
"Rendete a Cesare quello XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Ottobre 2017
che è di Cesare e a Dio Matteo 22, 15-21
quello che è di Dio"
L'ultima frase che abbiamo letto: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare..." è una delle frasi che sono state più ripetute in questi duemila anni della storia della Chiesa.
E anche una delle espressioni che sono state (secondo me) più profondamente travisate. Questa frase è stata usata per giustificare il conflitto tra il Papa e l'imperatore; tra il potere religioso e il potere civile. "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" veniva tradotto: "Date allo Stato, date all'imperatore quello che è dell'imperatore, date alla Chiesa quello che è della Chiesa". E chi comanda la Chiesa o l'imperatore? Si tratta di una vera bestemmia! Perché si è osato identificare la Chiesa con Dio. La Chiesa non è Dio, Dio è Oltre!
La Chiesa è un potere mondano e spesso vive il conflitto con l'altro potere: chi comanda? Fino ai tempi più recenti, fino a Pio IX, a Pio X e anche oggi… forse vi rendete conto che specialmente in questo nostro paese dove la Chiesa è così massicciamente presente, spesso delle leggi non si possono approvare perché molti dei nostri politici sono proni a quella che sembra la dottrina della Chiesa.
Non si può accettare l'alternativa Stato o Chiesa, non è questa l'alternativa! Stato e Chiesa sono due poteri e come tali vanno messi sotto il giudizio di Dio. Come - allora - possiamo interpretare oggi, questa frase del Vangelo così importante?
Vedete - a noi cristiani hanno fatto - anche recentemente - due rimproveri contraddittori, secondo me particolarmente importanti, a cui dovremmo dare grande peso. Il primo è: non avete il senso dello Stato. Vi preoccupate dei vostri culti, dei vostri principi, vi preoccupate di salvarvi l'anima, di acquistare meriti per il Paradiso, ma non vi preoccupate del bene comune. Non avete a cuore il funzionamento dello Stato, la società civile.
A cominciare dalle piccole cose... chi viene in Italia spesso rimane sconcertato dal fatto che le nostre strade sono sporche. Sporche perché c'è tanta gente che butta per la strada, di tutto: bottiglie, carta, indumenti... occuparsi dello Stato, della società civile, sentire il nostro dovere verso gli altri può cominciare da queste piccole cose.
Se poi volete salire di livello, pochi si preoccupano della gestione del proprio territorio. Adesso ci sono le elezioni in questa circoscrizione... pochi se ne interessano, disillusi, ma anche incapaci di pensare con la propria testa. Si fanno portare dalle paure, dall'ultimo che parla, da quello che grida più forte senza avere capacità di riflettere e voglia di partecipare, di cercare, di capire.
Ho sentito tante persone che dicono: "Ma è difficile, non si sa che fare...". Qualche piccola cosa forse si può fare se provo ad interessarmi.
Se volete andare a cose più grandi, pensate alla responsabilità che abbiamo di stare sciupando il mondo per i nostri figli, per i nostri nipoti: il riscaldamento globale, l'inquinamento, la mancanza di acqua. Si spreca acqua, ma chi si preoccupa? Non pensate alla sindaca. Chi di voi si preoccupa di non sprecare acqua? Quante volte vi lavate usando troppa acqua? Questo anche significa occuparsi della società.
Avere il senso dello Stato, degli altri, della comunità. Sentire la responsabilità del creato senza farsi sensi di colpa, senza dire che siamo responsabili di tutto, ma del mio rubinetto dell'acqua sono responsabile. Il senso dello Stato, della comunità, il prendere sul serio la realtà sociale, economica, politica, ambientale nel mondo che ci circonda spetta, quota parte, senza farsi scrupoli a ciascuno di noi.
È un rimprovero giusto quindi che fanno a noi cattolici di non avere il senso dello Stato. Specialmente nelle regioni più cattoliche di questo paese manca, più che in altre parti… questo dovrebbe farci sentire responsabili come cristiani, come cattolici… Guardate i referendum di oggi.
Un altro rimprovero ci è stato fatto: quello di non dare a Dio quello che è di Dio. Cioè di non avere un'istanza superiore rispetto allo Stato, alle Leggi, alle regole.
Il principio fondamentale (secondo me) del Vangelo è: "Non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo". Traducendo... non è l'uomo fatto per lo Stato, per la legge, per l'autorità; ma lo Stato, l'autorità, la legge sono fatti per l'uomo. E se vanno contro l'uomo bisogna cambiarli e si può, anzi - in certi casi - si deve disubbidire.
Pensate al secolo scorso... il rimprovero era fondatissimo! La maggior parte dei cristiani tedeschi e italiani non hanno saputo opporsi alle leggi razziali. Qualche cosa di così profondamente ingiusto che oggi ci fa pensare: "Come è stato possibile che vescovi, preti e tanti cristiani non abbiano capito?!"
Ma, senza andare al secolo scorso che dovrebbe insegnarci tante cose, anche oggi (secondo me) in questo paese si discute di tante leggi che riguardano il nascere, il crescere, l'identità italiana o no, la morte, la fine della vita, che cosa significa essere uomini o essere donne, la diversità di genere, la possibilità di un gay di sposarsi... tutte leggi che non siamo ancora riusciti a fare perché ci manca il senso di Dio.
Il senso di Dio che vuole il rispetto delle persone. Ormai ci si dovrebbe rendere conto che si può considerare semplicemente "uomo", "donna" e "altro", perché non c'è una normalità e tutti siamo normali. Bisogna cambiare le Leggi, perché bisogna ubbidire a Dio e - come dice la Santa Scrittura - "la Gloria di Dio è l'uomo vivente". È la libertà, è il benessere dell'uomo, è la tenerezza che io provo verso di lui. Quindi, conservate nel cuore questa frase, ma traducetela nella nostra vita: "Date a Cesare quello che è di Cesare.. " Date allo Stato, alla comunità, all'ambiente che abbiamo intorno, tutto quello che è dovuto, tutto quello che potete dare, ma ricordiamoci sempre che sopra c'è Dio.
C'è un "Oltre", un Oltre che va sempre cercato, che non possiamo mai pretendere di possedere, ma possiamo sempre cercare di capire che cosa è più giusto, perchè Dio vuole la giustizia, la fedeltà, la gioia, la felicità, il benessere dell'uomo: questo vuole! E se c'è una legge che ostacola questo, noi dobbiamo combatterla come possiamo, con le nostre forze.
"Date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio". Date allo Stato quello che è dello Stato, date a Dio, alla sua Verità, quello che è di Dio. Date all'uomo quello che è dell'uomo.
Il Signore ci aiuti.
Amerai il Signore tuo Dio con XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 29 Ottobre 2017
tutto il tuo cuore..." "Amerai il Matteo 22, 34-40
tuo prossimo come te stesso"
Abbiamo ascoltato una delle frasi più celebri di tutto il Vangelo: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, amerai il tuo prossimo come te stesso" Eppure la mia ormai lunga esperienza mi dice che la parola "amare" è una delle più equivoche che ci siano e - forse - dovrebbe essere abolita dal vocabolario religioso e - forse - anche da quello civile.
Cosa significa amare? Ho incontrato nella mia vita parecchie persone che mi dicevano: "Padre, non riesco ad amare Dio". "Che significa? Lei cerca, in qualche modo, di fare la volontà di Dio?". "Ah certo, qualche volta non capisco, ma mi sforzo di fare la Sua volontà...". "Allora che significa che non riesce ad amare Dio, che non ha sentimenti, che non ha passione verso di Lui, che non è innamorata?"
Ma come si può innamorarsi dell'Oltre? Come si può avere sentimenti verso l'Incomprensibile, verso l'Assoluto? Quello che puoi fare è solo qualche cosa di concreto! Qui forse dovremmo rifarci alla preghiera che Gesù ci ha insegnato: "Padre, sia santificato il tuo nome". Parole antiche che significano: Dio sia l'unico riferimento della tua vita. Sia il solo Santo. Non farti idoli, non santificare altre cose che non siano Dio, non santificare... (se volete qualche esempio) il potere, i soldi, la nazione, il partito, l'ideologia, la religione, il Papa, il prete, la comunità... niente sia al di sopra di Dio!
Dio è il punto di riferimento più grande, assoluto. Lui, dobbiamo cercare in un cammino che non finisce mai, giorno per giorno, che Dio sia Dio, il punto di riferimento della nostra vita.
E poi cerca di fare la sua volontà. Cosa vuole Dio? Il benessere dell'uomo, la giustizia, la tenerezza, l'andare incontro all'altro, il condividere la vita. Il Dio in cui credi è un Dio che esige la giustizia. Il Dio che vuole la verità della tua esistenza e di chi ti sta intorno... cercala! Cerca che cosa è giusto. Cerca che cosa è buono nella vita di ogni giorno.
Poi: "Venga il tuo regno"… il regno della pace, dello Shalom, e se credi in questo Regno, se credi che il Signore ci ha chiamato alla felicità, alla pienezza della vita, alla bellezza... ecco impegna le tue forze, il tuo cuore, la tua mente: questo - in concreto - significa amare Dio. Il sentimento, l'innamoramento è un'altra cosa. Una cosa che non può riguardare Dio. Dio che non hai mai visto. Dio che abita l'Oltre.
E poi l'altro comandamento... anche qui la parola è probabilmente equivoca: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Cosa significa?
Facciamo una premessa... che spesso si dimentica. Amare il proprio prossimo significa prima di tutto amare se stessi. Non posso amare il mio prossimo come me stesso se non amo me stesso eppure - a volte - non ci amiamo: trascuriamo di coltivare la nostra mente, la nostra intelligenza, curiamo poco i nostri sentimenti, la capacità di interpretare la vita. A volte trascuriamo anche la nostra salute. Per fare il più banale degli esempi: se fumo non mi amo, non amo la mia salute, il mio benessere!
Amare se stessi non è guardarsi allo specchio come Narciso e innamorarsi della propria immagine. Amarsi è custodire la propria mente, il proprio cuore, la propria esistenza, la propria salute: questo è amare se stessi!
E, allora, cercherò di amare l'altro come amo me stesso. Ma io voglio essere amato come sono e quando amo l'altro come me stesso, per prima cosa, devo rendermi conto che l'altro non è me stesso e non vuole essere amato affatto come io amo me.
Un genitore che ha solidi principi, che ha custodito la sua vita e che ha amato la sua vita, deve rendersi conto che suo figlio è diverso, che vuole essere amato in un altro modo perché è un'altra persona, perché ha qualche cosa "altro" nella sua vita, nella sua esperienza, nei suoi desideri, nei sogni del suo cammino su questa terra.
Amare è qualche cosa di concreto e cosa c'entra l'amore col sentimento? C'è un episodio di tanti anni fa che mi è rimasto profondamente impresso. Una signora veniva a dirmi: "Mi creda, padre, ho fatto per mia suocera molto più di quello che ho fatto per mia madre, ma l'ho fatto senza amore!". "E che vuol dire?" Aveva ricevuto dei torti dalla suocera quando era giovane (come spesso succede nelle famiglie) eppure, quando è stato il momento del bisogno, lei ha dedicato se stessa e ripeteva: "Ho fatto per mia suocera molto di più di quello che ho fatto per mia madre, ma l'ho fatto senza amore".
Ha maggior valore, è amore più vero perché lo hai fatto cercando di superare il sentimento di antipatia. Ti sei donata all'altra, ti sei messa al suo servizio, l'hai curata, hai fatto per lei tutto quello che potevi... se non è amore questo, che cos'è l'amore?!
Amore è anche altre cose, ma allora forse dovremmo usare altre parole. Amore è innamoramento, è passione, è piacere, è desiderio... ma l'amore vero è fatto di rispetto, di vita condivisa, di attenzione all'altro e nel momento del bisogno soprattutto di servizio, di condivisione, di tenersi per mano, di camminare insieme, di mettersi la mano sulla spalla...: tutte queste cose concrete è quello che rende vero l'amore.
L'innamoramento a volte passa, le passioni si sfumano. Sarebbe bello se durassero per sempre! Qualche volta succede ed è una cosa bellissima.
Ma sempre rimane il concreto. Il concreto che (secondo me) è fatto soprattutto di rispetto. Rispetto dell'altro, di quello che è e - se posso - ci prendiamo per mano e camminiamo insieme accettando le nostre diversità. Accettandoci! Mettendoci uno al servizio dell'altro, condividendo la vita: allora questo è - secondo me - veramente amore.
Amore...? Il Vangelo lo chiamerebbe "servizio" e allora se volete fare come me cancellate la parola amore dal vocabolario, trovatene altre. Le infinite sfumature che l'amore prende nella nostra vita. Gli antichi avevano tante parole per indicare l'amore, anche noi - forse - dovremmo fare così.
Il "grande" Comandamento non è facile.
Il Signore ci aiuti.
"Non chiamate "padre" XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Novembre 2017
nessuno di voi sulla terra, Matteo 23, 1-12
perché uno solo è il Padre
vostro, quello celeste..."
Quando ero giovane mi dava fastidio essere chiamato padre. Non ho mai avuto figli eppure molto spesso, specialmente un tempo, la gente rivolgendosi a me mi diceva: "Padre..." Poi ho cominciato a leggere con attenzione il Vangelo e mi sono accorto quanto lo trascuriamo. Noi, il Papa non lo chiamiamo soltanto padre, ma santo padre. Gli Ebrei ci avrebbero accusato delle peggiori bestemmie e ci avrebbero prontamente lapidato sulla piazza del paese.
Qualcuno di voi può saggiamente dire: "Ma è solo un modo di parlare…", ma spesso dietro i modi di dire c'è una mentalità e una mentalità su cui val la pena di riflettere.
Vedete - chiamare il Papa santo padre significa attribuire a lui un potere che viene dall'Alto! È stato detto quando si indicevano le Crociate: "Dio lo vuole!". Dio vuole che siano brucati gli eretici. Dio vuole che siano perseguitati quelli che la pensano in modo diverso eccetera eccetera. E questo che cosa comporta?
Comporta che i cristiani non sono educati a pensare con la propria testa, ad avere come punto di riferimento soprattutto Gesù e non i maestri, i capi di questa terra.
La mia vita è stata attraversata da tanti maestri, alcuni saggi, altri meno. Meno saggi perché cercavano di importi la propria volontà ed importela in nome di Dio: così dice Dio e questo è estremamente pericoloso perché, quando una comunità di cristiani, non è abituata a ragionare con la propria testa, a diffidare dei propri capi, a prenderne le distanze... le conseguenze anche sulla vita civile sono terribili.
Nel secolo scorso abbiamo osannato... (non noi, i nostri padri) la maggior parte dei cattolici in Italia, in Germania hanno esaltato Hitler e Mussolini. La maggior parte dei vescovi, la maggior parte dei preti, i cristiani che andavano a fare la Comunione tutte le domeniche... e non si rendevano conto di quanto terribili fossero le leggi antirazziali, come la pretesa del potere assoluto. Uno solo è il vostro Capo - dice il Vangelo - il Cristo!
Qualcuno dei saggi del nostro tempo dice che noi non abbiamo ancora fatto bene i conti con il nazismo e con il fascismo... noi cristiani perché (secondo me) fare i conti con il nazismo e con il fascismo significa fare i conti con il Papa, con i preti... i quali pretendono di imporre la loro verità, di parlare in nome di Dio.
Nessuno può parlare in nome di Dio... è la nostra coscienza, una coscienza che deve essere vigile, attenta che ci porta a cercare senza stancarci. L'unica parola che è assoluta per la nostra fede è la Parola del Signore ed è una Parola che deve essere cercata con passione, con attenzione, perchè interpretare il Vangelo non è semplice, ma non possiamo essere cristiani senza farlo altrimenti rischiamo di farci condizionare dal primo che parla, dal "santone" di turno, da chi ci propone la verità che viene da Dio... troppe volte è successo nel corso della storia cristiana anche degli ultimi tempi.
Santoni che fanno "miracoli", gente che vede la Madonna, che propone messaggi: questo ci fa incapaci di discernere i segni dei tempi, di guardarci intorno, di capire che cosa succede nel campo religioso e anche nel campo civile.
Viviamo momenti difficili in questo paese. Uno degli esempi ne saranno le elezioni che si svolgono oggi ad Ostia. Pochi andranno a votare. Molti sono confusi, non sanno a chi rivolgersi, non sanno cosa pensare, vivono di paura, di rabbia, di rancore nei confronti di tutto quello che è il mondo politico e il mondo sociale. Pochi si domandano: "Ma cosa si può fare? Chi ha un po' meno torto degli altri? Di chi posso fidarmi un po' di più?" Questo esige uno sforzo. Uno sforzo di informarsi, di pensare. Cercate di pensare! E chi può educhi i propri figli a pensare!
Oggi abbiamo un altro rischio, quello dei mezzi di comunicazione, delle false notizie che girano e la gente non riesce a prenderne le distanze perché non sa ragionare con la propria testa. Oggi ci si fida dell'ultimo imbroglione che parla. Non ci si fida più della scienza. Non ci si fida più delle persone che hanno studiato, competenti; ci si fida dei ciarlatani! Forse perché ci siamo troppo fidati dei preti! Noi cristiani dovremmo domandarcelo con attenzione.
Ci siamo troppo fidati dei preti, anche perché questa pagina del Vangelo ci ha detto con chiarezza: "Guardatevi dai maestri che impongono pesi insopportabili sulle spalle della gente e loro non li toccano nemmeno con un dito".
Tutta la mia vita da prete è stata attraversata dai sensi di colpa della gente. Sensi di colpa per cose che gli imponevano, ma che non sentivano come peccato.
I ragazzi hanno avuto paura, per una masturbazione, di andare all'inferno. I giovani che ho conosciuto avevano paura perché avevano avuto rapporti prematrimoniali e da qualche prete si sentivano mandati all'inferno. Le donne che cercavano di limitare il numero dei figli e usavano mezzi anticoncezionali... pesi insopportabili sulle spalle della gente che portano sensi di colpa. Poi c'è chi si ribella ai sensi di colpa e manda tutto a quel paese.
Per concludere, una battuta che ho sentito varie volte: "Se i preti si sposassero, il divorzio sarebbe un sacramento". Non si sposano e quindi impongono pesi sulle spalle del prossimo. Essere cristiani seri non è a buon mercato.
Il Signore ci aiuti.
Il regno dei cieli è simile XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Novembre 2017
a dieci vergini che, prese Matteo 25, 1-13
le loro lampade, uscirono
incontro allo sposo"
Questa bellissima parabola, come tutte le altre del resto, ci porta in un mondo lontano dal nostro... un mondo in cui ci sono ancora le lampade, in cui si aspetta lo sposo che arrivi la sera.
Questa lontananza può portare qualche incomprensione della parabola. Non so se è successo anche a voi, ma a me è capitato più volte di sentire qualcuno dire: "Queste vergini saranno pure sagge, ma certo tanto buone non sono! Che ci vuole a dare un po' del loro olio? Poi perché prendono in giro le altre, dicendo di andare a mezzanotte a comprare l'olio dal rivenditore?"
Se aveste fatto queste obiezioni anche a un ragazzo del tempo di Gesù vi avrebbe guardato, ridendo, come uno che viene da un altro mondo, vi avrebbe detto subito: "Ma quell'olio non si compra! Da noi se tu vuoi comprare l'olio a mezzanotte non è un problema enorme, basta andare a bussare al nostro amico Giacomo e bussi e bussi e quello si scoccia, ma alla fine viene e un poco d'olio te lo vende. No, quest'olio non si compra!".
Quest'olio è simbolo dell'attesa amorosa, del desiderio, dell'impegno. Un impegno anche concreto: è questo il simbolo dell'olio. Ma il ragazzo del tempo vi avrebbe detto: "Non hai capito quale è il vero problema di questa parabola, forse non lo hai notato perché tra voi il matrimonio è un'altra cosa. Ma uno sposo che arriva a mezzanotte, che si deve pensare? A quella povera figliola che lo aspetta dovremmo consigliare di fuggire lontano! Arriva a mezzanotte tutti si addormentano: uno sposo del tutto incosciente!". Oh, badate bene, qui si parla di Gesù!
Questo è il dramma dei primi cristiani e un po' anche il nostro. Perché Gesù non arriva? Perché Gesù non viene a cambiare questo mondo? Perché a volte ci sentiamo soli? Perché Dio non interviene? Sì, è vero ci ha promesso e noi sogniamo il grande "sposalizio", la festa di nozze, ma sembra non arrivare mai!
Gesù ci ha promesso un mondo in cui siano beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace... ma ci guardiamo intorno e questo dov'è? Ed ecco allora l'olio della parabola! L'olio che tutti noi dovremmo avere nella nostra lampada! È l'olio dell'attesa, l'olio dell'impegno... non dipende da Dio la costruzione del mondo futuro, dipende da noi, dalla nostra passione, dall'olio che abbiamo nel nostro cuore. L'olio è segno dell'attesa amorosa, della speranza... ma è segno anche del fare qualche cosa di concreto perché questo mondo si realizzi, ciascuno per la nostra parte.
Vedete - una fede senza speranza non è più fede. Questo valeva per gli antichi profeti. Ci sono profeti che minacciano le sventure, il castigo di Dio... ma poi sempre dicono: "Se non avete speranza di un mondo "altro", di qualche cosa di nuovo e per questa speranza vi impegnate... voi non avete fede!"
Dovremmo ripetercelo anche tra noi cristiani. Se non conserviamo speranza del futuro, se ci guardiamo intorno disillusi, sconcertati e sconfortati e ci diciamo che non possiamo far nulla, rischiamo di perdere l'essenza della nostra fede.
La fede non è fatta di miracolismi, di attesa della provvidenza, di andare a cercare la salvezza nel santuario... queste possono essere cose importanti per qualcuno, il bisogno di attaccarsi come a una maniglia, un aiuto che venga dall'Alto, ma il fondamento della vita cristiana è questa "lampada" piena d'olio che guarda lontano, che aspetta e aspetta non passivamente, ma tentando di essere protagonista di questa attesa. Tentando di fare qualche cosa di concreto, perché il mondo in cui viviamo sia più giusto, più pacifico, più ricco di tenerezza, di misericordia, nelle nostre case, nell'ambiente in cui viviamo, nella città, in questa città in cui ci è dato di vivere così complicata, così piena di problemi. Lo abbiamo visto in questi giorni...!
Che cosa possiamo fare noi? Non posso dirvelo perché è cosa di ciascuno di noi! Qualcuno può solo guardarsi in giro con aria smarrita. Qualcun altro di noi può fare qualche cosa, può mettere il proprio impegno. Tutti possiamo mettere il nostro impegno nelle nostre case, con le persone che abbiamo accanto nell'attesa che venga questo mondo che Gesù ci ha promesso.
Un mondo in cui regni la pace, la giustizia, la tenerezza, la misericordia è compito di ciascuno di noi, è la nostra lampada accesa. Questa lampada... - adesso penso che sia riuscito a spiegarmi - nessuno ve la può vendere. Quest'olio o ce lo abbiamo dentro o non è olio, è roba di mercanti.
È l'olio della nostra attesa, della nostra passione per la vita, del nostro impegno perché il mondo che Gesù ci ha promesso finalmente si compia. Ma non è una magia, è compito di ciascuno di noi per quello che possiamo. Non è facile.
Il Signore ci aiuti.
"A uno diede cinque XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Novembre 2017
talenti, a un altro due, Matteo 25, 14-30
a un altro uno…".
Nel Vangelo ci sono due versioni di questa parabola, una è quella che abbiamo letto nel Vangelo di Matteo, l'altra nel Vangelo di Luca. Ci sono delle piccole differenze.
Quando ero più giovane e parlavo con i ragazzi, mi divertivo a chiedere chi dei due - secondo loro - avesse ragione. Perché - vedete - nel Vangelo di Luca il padrone dà a tutti dieci talenti, la stessa cifra e invece nel Vangelo di Matteo a uno cinque, a uno due, a uno uno e chiedevo: (potrei chiederlo anche a voi) "Chi dei due ha ragione?" I ragazzi rispondevano unanimemente: "A tutti la stessa cosa, ha ragione il padrone che dà a tutti dieci talenti".
E bastava fare qualche domanda per far capire loro che le parabole parlano della vita: "Secondo te, nella tua classe, siete proprio tutti uguali? Avete tutti le stesse possibilità? Avete tutti la stessa intelligenza, tutti la stessa famiglia con i genitori capaci di comunicarvi la cultura? C'è qualcuno che magari non riesce a parlare, qualcuno che ha grosse difficoltà… e se poi esci dalla tua classe e pensi a un bambino che vive in Africa, nella guerra... ha secondo te le stesse possibilità che hai tu?" "Ah - dicevano, certo siamo diversi!" Ecco di questo parla la parabola!
Non siamo tutti uguali! Chi ha avuto cinque, chi ha avuto due, chi solo uno. È la realtà della nostra vita, ed è quello che è stato sempre oggetto della mia riflessione quando cercavo di fare un esame di coscienza e dicevo a me stesso: "Tu hai ricevuto molto, hai avuto i doni dell'intelligenza, hai soprattutto avuto un famiglia, degli insegnanti, delle persone straordinarie incontrate nella tua vita... quanto hai saputo rendere?" E devo dire che mi porto ancora dietro un rimorso… credo di non aver saputo rendere per tutto quello che ho ricevuto. Ho ricevuto molto più di quello che ho saputo dare: questa è la mia convinzione profonda.
Ciascuno deve rendere secondo le proprie possibilità e mettere a frutto tutti i doni, talenti di ogni genere. Talenti di denari, di intelligenza, di cuore, di fantasia: tutto questo dovrebbe essere condiviso e messo al servizio di tutti, tutto questo dovrebbe fruttare per rendere il mondo più bello.
Forse avrete notato che in questa parabola l'accento è messo sull'ultimo servo. È una riflessione che i primi cristiani riescono a fare ed è straordinaria!
Guardatelo questo servo! Ha nascosto la sua moneta sotto terra, perché lo ha fatto? Lo dice lui: "Per paura! Credevo che tu fossi un padrone duro ed esigente, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso!" Ma chi gli ha parlato di un Signore così? Chi gli ha parlato di Dio così?
Nel Vangelo non c'è una sola pagina in cui Gesù propone, all'uomo che lo segue, una vita dura e impossibile. Ogni volta che c'è paura nel cuore dell'uomo Gesù cerca di portarlo aldilà, di fargli superare la paura e allora ecco una domanda che chi ha talenti deve sempre farsi: "Abbiamo forse messo paura nel cuore di qualcuno"? Vedete questo vale in tutte le situazioni in cui ci è dato di vivere.
Ho conosciuto... (perché la mia esperienza è ormai lunga) delle famiglie in cui i genitori, magari senza accorgersene, mettevano paura ai figli, chiedevano più di quanto questi potessero dare. Avevano ambizioni aldilà delle loro possibilità e invece di aiutarli a trarre fuori tutto quello che potevano, chiedevano di più.
Questo vale anche per la scuola. Spesso insegnanti trattano tutti alla stessa maniera. Quando (molto tempo fa) andavo a scuola e si facevano gli scrutini finali, c'erano degli insegnanti che dicevano: "Questo è stupido, ma non lo possiamo scrivere, dobbiamo scrivere che è timido". Stupido...! Ma hai fatto tutto quello che potevi per tirar fuori da lui tutte le sue possibilità, tutte le sue capacità? Oggi, a differenza di quando io andavo a scuola, ci sono tanti sforzi per dare anche a chi è meno abile, a chi ha meno possibilità la capacità di rendere, di tirar fuori tutto quello che può.
Un ragazzo down... quando ero giovane veniva emarginato, spesso nascosto in casa... oggi lo troviamo che convive con gli altri, che è capace anche di lavorare perché c'è stato qualcuno che ha avuto il coraggio di non mettergli paura, di non spaventarlo.
Questo vale anche per la società. Se non sbaglio, noi viviamo in un mondo in cui i nostri ragazzi, i nostri giovani sono spaventati. Hanno paura del futuro, non vedono possibilità. Chi gli ha messo questa paura nel cuore? E se non saranno capaci di vivere tutte le loro possibilità... non è peché gli abbiamo messo paura? Gli abbiamo detto: "Non puoi, non c'è speranza".
Quando ero giovane sentivo intorno a me la voglia di crescere, la fiducia. Oggi vedo spesso nei ragazzi (lo vedo, non so se purtroppo o per fortuna, un po' da lontano) lo scoraggiamento. Chi ha messo loro paura? Chi gli ha detto che non c'è speranza in questo paese? Perché non sappiamo infondere nei nostri ragazzi il coraggio e la conquista del futuro? La capacità di trafficare il talento che hanno? Poco forse, perchè certo non abbiamo molte possibilità in questo paese. Ma ciascuno ha le sue possibilità e se ci mette tutto il suo coraggio qualcosa può tirar fuori dal tesoro della sua vita.
Ma se ha paura andrà a sotterrare i suoi talenti sottoterra, vivrà solo il momento che passa, si darà al gioco, al suo telefonino, al bere, se non peggio, disperderà la sua vita senza avere la passione e il coraggio per il futuro. Chi mette paura? Ecco il cuore della parabola (secondo me) è proprio questo! Ciascuno di noi ha dei doni che è chiamato a trafficare, ma quello su cui dobbiamo porre la nostra attenzione è soprattutto sul "piccolo", su quello che di doni ne ha pochi, su chi di talento ne ha uno solo.
Anche lui ha il diritto di trafficare tutto quello che ha. Anche lui ha il diritto di non avere paura… Il Vangelo parla dello scandalo del "piccolo" come del peccato più grande: "sarebbe meglio che si mettesse una pietra da mulino al collo e si gettasse nel mare". Ecco che cos'è lo scandalo per il Vangelo... mettere paura nel cuore di un piccolo.
Dare fiducia, dare speranza non è cosa semplice, ma è il compito di ogni cristiano, un compito complicato.
Il Signore ci aiuti.
"In verità io vi dico: tutto quello che CRISTO RE DELL'UNIVERSO - 26 Novembre 2017
avete fatto a uno solo di questi miei Matteo 25, 31-46
fratelli, più piccoli, l'avete fatto a me"
È l'ultima Domenica dell'anno della nostra preghiera, che si conclude con questa festa. Domenica prossima sarà già l'Avvento e cominceremo a prepararci al Natale e l'anno della preghiera della Chiesa da ormai diversi anni si conclude con la festa di Cristo Re.
Strana festa! È stata istituita nel 1925 per volontà di molti pastori della Chiesa che volevano riaffermare il potere di Cristo su una società che diventava sempre più laica, in cui si diffondeva sempre di più l'ateismo.
Volevano riaffermare il potere di Cristo, che significa anche riaffermare il potere della Chiesa e hanno inventato questa festa di Cristo Re.
Qualcuno diceva: "Ormai di re ce ne sono pochi, è una parola che appartiene al passato". Hanno insistito: Cristo Re.
Un Re strano - a leggere il Vangelo - che nasce sulla paglia di Betlemme e muore su una croce. Che razza di Re!
In questo anno ci ha accompagnato a scoprire il Signore Gesù il Vangelo di Matteo.
Il Vangelo di Matteo comincia praticamente con le Parole che tutti conoscete: "Beati i poveri in spirito, beati i miti, i misericordiosi, quelli che hanno fame e sete di giustizia, beati gli operatori di pace...". E finisce con quello che abbiamo letto oggi: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere...". L'esatto contrario dei Re di questo mondo!
I potenti di questo mondo cercano sempre di apparire, di mostrarsi, a volte con grandi apparati. Gesù, nella prima Parola e nell'ultima vuole sparire! Non è detto, là: "Beati quelli che credono, quelli che vanno in chiesa, che riconoscono il Signore: beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace" E qui: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare...". "Quando Signore?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei fratelli, lo hai fatto a me".
Il nostro Re vuole sparire! Sparire dietro ogni uomo di buona volontà. Sparire dietro ogni piccolo della terra che deve essere accolto e onorato e soltanto così si accoglie e si onora Lui.
Il Re scompare! Gesù vuole sparire, rimane soltanto l'uomo di buona volontà, rimane soltanto il "piccolo" e quindi quando ci ritroviamo qui, la Domenica, ci ritroviamo non solo tra di noi, possiamo allargare il nostro sguardo a tutti i popoli della terra.
In ogni angolo della terra c'è gente mite, misericordiosa, che ha fame e sete di giustizia. In ogni angolo della terra c'è gente che cerca di dar da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete... anche nelle piccole cose della vita di ogni giorno... pensate ai papà, alle mamme che si sacrificano per i loro figli, a tanta gente che cerca di essere attenta a chi sta intorno a loro: tutti questi ritroviamo qui intorno a noi quando celebriamo il Signore.
Qualcuno potrebbe domandare: (me lo hanno domandato tante volte) "Ma - allora - che veniamo a fare qui se basta essere miti, misericordiosi, se bisogna dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati - questo - non lo possiamo fare qui... che stiamo a fare qui ogni Domenica?"
Ecco, siamo qui per celebrare, per sentire vicino il Signore. Lui che si fa Parola per noi. Lui che cerca di comunicarci i valori, i sogni del suo cuore. Lui che ha inventato di farsi Pane. Noi ci stringiamo intorno a Lui per accogliere quello che vuole dirci, per sentirlo presente in mezzo a noi, ma proprio mentre lo sentiamo presente ci fa sentire vicini gli uomini di tutta la terra.
Celebriamo qui gratuitamente. Sappiamo che non è qui la vita. La vita è fuori, ma qui possiamo cantare al Signore. È qualche cosa di gratuito, stare qui non serve a niente, serve soltanto a stare insieme, a ritrovare i valori essenziali della vita nella corsa affannosa di ogni giorno, a sentire vicino il Signore, ma non ci sentiamo migliori degli altri, non pensiamo di essere solo noi i salvati.
Le Parole che abbiamo ascoltato ce lo dicono con chiarezza: "Quando mai - Signore - ti abbiamo visto affamato... " noi non lo possiamo dire. Noi lo abbiamo letto decine e decine di volte in questa pagina del Vangelo. Noi sappiamo che Gesù lo riconosciamo e lo ritroviamo in ogni piccolo della terra, ma tanta gente nel mondo non lo sa, eppure tanta gente può essere migliore di noi, certamente migliore di me! Eppure questa gente io la sento vicina. Sento di essere fratello di tutti gli uomini di buona volontà.
Vedete - il nostro Signore non dice: "Solo chi crede, solo chi prega è giusto ed è salvato". È salvato ogni uomo che cerca la giustizia e la pace. È salvato ogni uomo che cerca di essere attento a chi gli sta vicino: questo è il messaggio che celebriamo qui ogni Domenica e poi, con coraggio, come possiamo, tenteremo di viverlo fuori di qui, ma è bello stare qui! È bello cantare, è bello sentire vicino il Signore, è bello nutrirci di Lui. È bello fermarsi un momento, sederci ai suoi piedi e ascoltare la sua Parola, per nutrirci dei suoi valori, per conservare nel nostro cuore i sogni della sua vita.
Il Signore ci aiuti.