Antonia Colamonico © 2011 - Il filo, Bari
Il buio Prima parte
L'azione del saper cavare un guizzo luce di consapevolezza da un vuoto di conoscenza è il cardine-nocciolo della vita stessa, intesa come un apprendimento continuo e consapevole, che porta ad elaborare intorno agli appresi un contorno, gli stessi campi semantico-fattuali, in senso ampio, che si fanno collegamenti nodali di un unico reticolo a multi-strati.
In tale processare il dritto e rovescio dei sensi di parole-nodi e di campi-rete si crea la dimensione prospettica del poter ruotare e traslare il significato di un appreso precedente in un'azione storica nuova:
"Filare le parole. Ricomporre i gomitoli dei segni le matasse dei punti i velli dei pensieri... e poi... Cardare i pensieri. Comporre le Matasse e i gomitoli. Tessete le parole.”i
Nella facoltà di poter giocare con le parole e i loro versi, si attua la spaziatura del pensiero che assumendo profondità, può invertire gli ordini e passare attraverso gradi-lenti più affinati di lettura.
Nella meta-lirica Tessuti è spiegato tale il dinamismo di chiarificazione con i passaggi di letture: l'agire sulle differenti sgranature dei significati produce un'azione di andata e di ritorno (tessuti→gomitoli→matasse→velli→matasse→gomitoli→tessuti) che dilata e ristringe i gradi di finitezza storica. Gli ordini informativi calati nei disordini (velli dei pensieri) simili al vuoto caotico dei “fili non tesi”, permette di connettere il tempo reale (Tessuti) con il tempo immaginario, area ignota da cui è sorto come processo d'emergenza quel tessuto codificato.
Si possano proiettare le parole e le immagini dei fatti nei piani dei passati prossimi e remoti o dei futuri semplici e anteriori, per riscontrare i costi/benefici di ciascuna scelta, a breve o a medio termine, e perché no, spingersi fino ai confini dell'infinito, area dei valori universaliii:
In tale intreccio di tempi immaginari e di tempi reali si sviluppa la capacità dell'occhio-mente-mano ad elaborare spazi su spazi di significati che si fanno stanze storiografiche nei differenti tempi 0 di realtà.
La mappatura dello spazio esterno (campo-habitat) si implementa, nell'azione di andata-ritorno dell'occhio osservatore, con quella dello spazio interno (campo pensiero), in ogni passaggio-lettura si stratifica sempre più il campo di conoscenza, assumendo una struttura porosa a multi-spazi e multi-versi di realtà.
Per comprendere una sì fatta organizzazione necessita ritornare a quell'azione del partorire dal vuoto un pieno.
Socrate introduce nel pensiero, accanto alla facoltà del ragionare, un elemento femminile, l'ostetrica, come capacità maieutica, cioè quell'abilità a saper come fare più spazio nella mente, per dare un luogo, un nome, un'identità ad una novità che all'improvviso appare:
In tale metafora dell'ostetrica, viene svelato lo scopo profondo dell'atto conoscitivo che dà alla virtù del conoscere, un verso di amorevolezza, affidato alla figura femminile di una meta-mamma che sa come trattare bene il neonato nell'atto in cui prende vita nella storia.
Platone giustificò la metafora dell'ostetrica, riportandola all'attività della madre di Socrate, ma approfondendo meglio, in tale sfumatura di significato si cela il lato gentile dell'etica. Anche l'etica ha un'armonica di significati e sfaccettature. Socrate isola nell'atto di acquisizione del valore di un significato, quello dell'amorevolezza.
La ricerca della verità non deve essere un'imposizione, calata dall'alto da una mente calcolante, facile ad irrigidirsi in un senso chiuso di tornaconto, ma un'inclinazione gentile di mente/cuore, che riesca a creare l'accordo tra le parti, senza ferire.
Spetta alla parte gentile del cervello, quella predisposta alla visione del sentire, svolgere l'azione di concertazione tra i piani delle conoscenze, delle teorie, delle economie, delle politiche per rendere più umane quelle verità che, con il processo dialogico vitale, sono emerse da quel buio cognitivo.
Esiste una notevole differenza tra le due funzioni storiche del femminile/maschile, quale difformità di sguardi e di giustificazione che scaturiscono dal differente modo di “ap-prendere” la vita:
È la facoltà d'immaginare a racchiudere un tutto avvistato, in una forma. È l'occhio del poeta, dell'artista che nella sua produzione dà il primato non allo stato di elaborazione dei perché e come, ma a quello di meraviglia da cui poi nasce l'elaborazione poetica o pittorica. Ogni “opera” si fa unica e in tale univocità è tutto il suo segreto.
L'anima emotiva è l'abitare nella bellezza di una forma che assume dignità nel suo essere la visione soggettiva dell'artista in quel particolarissimo spazio, a tempo 0.
È l'occhio del matematico, del fisico, dello scienziato che chiude in un principio, in un'equazione il processo costitutivo di quella realtà per poterla trasferire in altre realtà similari e ricavare una tecnologia, un'economia, una produzione. È come un cavare l'anima, l'essenza vitale, per esportarla, trapiantarla ed estenderla in un oggetto, in una cosa costruita.
Ogni teorizzazione deve essere costantemente validata dalle nuove rilevazioni e da questo ri-vedere nasce la scommessa scientifica con le sue leggi, definite oggettive, fintanto ché un nuovo verso-occhio di lettura non ne incrini l'impalcatura.
Si capisce bene come dietro ogni crisi storica c'è un grosso vizio di forma, il primato di una logica calcolante che, negando valore al verso contemplativo, della struttura mentale, ha creato la gabbia della tirannia, dalle leggi ferree, dalle distruzioni di massa.
Perdere lo spirito della “mammana” che sa come prendere per il suo verso giusto la vita, produce nel tempo la perdita dello stesso uso del ragionare, che si scheletrisce fino a morire, si spiegano così il perché del crollare delle civiltà o delle dittature.
Considerare il sistema storico come un “corpo vivo”, fa assumere all'osservatore quel meta-occhio che sa come leggere le meta-storie, le meta-fisiche, le meta-poesie, i meta-sensi, cioè di tutta quella struttura profonda che si cela dietro il semplice mostrarsi delle scelte o dei comportamenti:
Solo la meta posizione di un occhio posizionato a punto infinito può acquisire la vita come valore inalienabile , perché sa essere materno, colmo di tenerezza e gentilezza. Qualità emozionali che non sono le incapacità platoniche del razionalizzare di menti ingenue o fanciulle, anche l'artista ha in sé una forte componente astrattiva e teorizzanteiv, ma azioni dirette al bene sistemico nello stesso atto del vedere.
Con una sì fatta sensibilità si rendono “fusi insieme” il lato analogico, area predisposta alla funzione immaginativa e il lato logico, preordinato alla funzione localizzatoria che studia le proprietà e le coerenze, interne ad uno spazio isolato.
Tale seconda funzione è solo un dopo che si costruisce intorno a quel atto di accoglienza e di meraviglia scaturito da una analogia storica.
La mente nel gioco del saper vedere/saper capire scopre, studia, confronta, valuta, agisce non più come un pensiero scisso che crea gabbie di divisione, ma come una mente unita che sa slanciarsi in spazi-tempi curvi ed intrecciati che trovano la loro vera identità nello stare insieme:
Nasce così la struttura ad occhio eco-biostorico del pensiero, come una lente-sguardo che, insieme al ruotare, zoomare su un solo fuoco di lettura che mostra il piano di un solo spazio, sa anche aprire nuovi orizzonti come tanti universi paralleli, frazionandosi in tanti sguardi-fuochi “occhio di mosca”v.
La peculiarità di un simile sguardo è nel non essere riduzionista, ma nel lasciare sempre aperta una finestra per la novità che potrà essere con un processo di gestazione, partorita. In tanti insiemi di insiemi di campi di lettura si può giungere alle visioni a frattale degli stati di realtà interni ed esterni allo stesso osservatore, come un'esplosione di quanti informativi che trovano una coerenza nella profondità del loro stesso stare insieme.
In tale essere un uno/tutto cognitivo e storico, si pone la forza etica del sapere come imparare a saper conoscere per sapere come vivere e il sapere implica una chiara visione a multi-proiezioni di realtà. Il non sapere quindi, invece, è una forma di involuzione etica, come una rinuncia a cercare quella chiarezza che si fa coerenza con il processo vitale che chiede di vivere.
Intorno al nodo della visione, oggi più che mai, nel sistema che ha fatto dell'immagine stessa il fulcro delle economie, è importante indagare per una scienza dello sguardo che sappia tradurre il processo interattivo occhio-mente-mano nelle tre facoltà di immaginare-elaborare-manipolare, studiando il meccanismo di costruzione del gioco del saper vedere per un'efficace all'azione storica.
L'atto, come la capacità d'intervento nel campo vitale, è l'effetto finale di una complessa valutazione storica, che ha richiesto una elaborata immaginazione intorno ad esso. La velocità o meno nell'ideazione è in relazione alle competenze di osservazione e ai gradi di conoscenza. Il sapere, solo in ciò, si può fare il garante della vita stessa, poi, solo intorno ad esso si giocherà il grado di potere, inteso non nel solo senso restrittivo di dominio di sé sul mondo, ma del poter osare fare e quindi del grado di libertà. Esiste il potere solo in virtù di una competenza che legittima tale capacità a potere-fare, ma la competenza è il risultato di un'arte della conoscenza, messa a disposizione della vita.
Quello che Socrate aveva compreso, pagando con la vita, fu lo stretto vincolo tra conoscenza-azione storica-amore della verità. Il sapere da solo non è funzionale all'agire bene, necessita una verifica che renda virtuoso l'atto “il so di non sapere” e solo in tale campo di verifica entra la verità che si fa competenza proiettiva di quell'atto.
Solo il processo del traslare nei piani di futuro, fa concretizzare la stima della portata storica dell'atto, effetto di ritorno. In tale operazione del traghettare (andare e ritornare tra due sponde), quell'isolato da semplice azione, si fa seme di verità spendibile nei piani successivi di futuro:
Si comprende così come il porre il campo del “come saper indagare e agire”, 2° livello della coscienza, sia funzionale al salto di qualità che fa dei semplici spettatori passivi di immagine storiche, quasi buttate lì di fronte da una pellicola filmica (posizione del Carducci), gli attori co-agenti consapevoli (posizione di Montale).
Intorno al valore decisionale dei soggetti si gioca il grado di democrazia dei sistemi storici che rendono i cittadini o sguardi passivi di quel flusso informativo, quasi oscuro, o occhio-menti attivi che sanno muoversi per decidere come stoppare o implementare o deviare eventuali tendenze necrofile per la sopravvivenza della stessa società:
Il sapere e il non sapere contornano il campo conoscitivo degli osservatori/co-attori storici e delle stesse Società che si strutturano con gradi più o meno ampi di tiranna/libertà. In relazione al grado poi nascono gli stati di malessere/benessere degli individui e dei campi nazionali.
Intorno alla conoscenza, all'atto del saper far nascere da un punto cieco di uno spazio cavo, una bolla-seme di parola-verità che si faccia verso-direzione, si gioca la vita come quel apprendere ad essere, ad occupare quello spazio-tempo che è privato, personale e unico, per sempre.
Nell'atto dell'abitare tale nicchia si concretizza l'essere storico dell'io sono che fa assumere all'osservatore il valore vitale, unico e insostituibile nel rendere reale quel guizzo informativo che ha attratto la sua attenzione.
Il secondo ordine di ragionamento, introdotto da Socrate con la metafora dell'ostetrica, sfuggito a Platone, allarga lo spazio di riflessione al lato femminile della mente, a quelle spinte del cuore che rendono attento e compassionevole l'occhio, poiché il saper far nascere, implica la cura nell'aiutare ad aprire gli orizzonti delle riflessioni al nuovo confine da attribuire alla verità.
Verità non incrostata, irrigidita in una gabbia chiusa di significato, ma plastica, pronta ad aprirsi alle molteplici sfumature di senso che, a frattale, allargano lo sguardo alle ragioni di tutti, attraverso il processo di inclusionevi che fa partorire i nuovi “abbagli” di comprensione:
Accettare la dualità del ragionare da “uomo” e del ragionare da “donna”, all'interno dello stesso pensiero-mente, implica una differenza sostanziale nel modo di costruire lo spazio del significato e, per ricaduta, del valore e infine dell'azione.
Si pensi al ruolo genitoriale che viene giocato su due “cardini”:
A guardar bene ogni nefandezza storica ha dietro di sé una regola, isolata da un campo di verità, che è assolutizzata. La teoria evoluzionista della selezione naturale sfociò nel mito della razza puravii che si poggiava su una certezza scientifica così assolutizzata, da finire con il prevalere sullo stesso stato di diritto naturale, quando fu varato il programma di eugenetica, applicato a danno, prima dei soggetti disabili e poi delle razze definite non ariane.
Il gioco dialogico dei due lati del pensiero, se ben impostato fa sì, che uno dia i paletti-ordini, l'altro ammorbidisca gli ordini, aprendoli come in una spugna a tante creste differenti, in cui è possibile trovare una nuova giustificazione con un nuovo grado di ordine che si faccia più umano.
Si pensi alla fiaba di Cenerentola in cui alla ragazza sono impartiti due differenti ordini:
Lo stesso esempio può essere trasferito in una dinamica famigliare con il bambino che chiede mentre i due genitori, giocando sulle due tipologie di ordine, danno una libertà condizionata che si fa responsabilità. Infatti cosa fa Cenerentola:
La metafora dell'ostetrica socratica calza perfettamente per indicare una costruzione di logica più “incarnata” nelle dimensioni umane, in quanto non è solo l'aspetto razionale ad imporsi come un dare la regola a guisa dell'io categorico, ma dando spazio alla sfera emozionale si apre al lato analogico che è un io/sé duttile, attento a registrare ogni variazione del campo, vista come l'alea che introduce un cambiamento che non più giudicabile come errore,ma il modo nuovo della verità.
Cercando di chiarire con un esempio, spesso si segnala come errore l'uso improprio dell'indicativo al posto del congiuntivo:
L'atto di nascita che squarcia quel vuoto cavo, rende conosciuta e amata quella vibrazione quantistica, priva di un'identità, di una forma, di un nome.
Dare il nome è il processo che trasforma il quanto-fatto storico, area del non conosciuto, in quanto-evento informativo ed il gioco sin dall'antichità è stato posto nelle mani dell'osservatore che attribuendo differente dignità, constata l'atto di nascita.
Ogni nascita è un lieto evento che chiede di essere accolto, assistito, custodito, difeso e in tutto questo prendersi cura, l'evento si evolve in nicchia-spazio di una nuova forma della medesima verità storica.
Di nascita in nascita la realtà si infittisce e si inspessisce sino a mostrarsi come un groviglio di fili di significati che avendo chiesto all'occhio di un osservatore poeta e mamma, di essere distesi, ordinati in pagine storiografiche, dà spazio alla complessità dei sistemi informativo-scientifici e di qui nascono poi le capacità a saper rispondere agli eventi stessi.
© 2011- Antonia Colamonico
I buio Prima parte
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