Da una lettura critica sulla topologia dello sguardo del Cristo, in A. Colamonico
Alla Palestra della mente. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero Complesso.
P. 49-54 © Il Filo. Bari, 2006.
(...) Tale capacità di lavorare intorno alla frontiera che segna il margine del salto o del cambio di significato, nasce da un occhio-mente de-coordinato in grado di leggere su due e più fuochi di lettura, simultaneamente: - l’occhio eco-biostorico.
Ecco il nuovo modo... Un occhio-mente in grado di elaborarsi su più e più coordinate di lettura che permettano le visioni di campo sdoppiato, quali moltiplicazioni di lettura che si aprano alla comprensione del Tutto. Visualizzazioni che aprano la mente-cuore alla complessità dell’io, del mondo e di Dio e chiudano alle riduzioni dell’io, del mondo e di Dio. Visualizzazioni che aprano la mente-cuore alla complessità dell’io, del mondo e di Dio e chiudano alle riduzioni dell’io, del mondo e di Dio.
È, questa, la nuova forma mentis in grado di ribaltare la logica dell’essere un di meno (Caino) con quella dell’essere un di più (Cristo); incidendo sullo spazio mentale da cui nasce il giudizio storico che attribuisce i gradi di valore (-/+) alle forme della vita.
Si apre (... )ad una mentalità che sappia leggere nello stato di ogni abitante della Vita le sfumature di chiaro-scuro con i relativi vuoti/pieni di spugna che rendono tristi e gioiose le realtà:
Il Cristo è proprio su questi codici sfumati che va ad elaborare, mostrando le ipocrisie celate nelle imposizioni astratte di regole disumane e a-storiche. L’occhio-mente di Gesù si pone come un’organizzazione della coscienza a tre campi di sviluppo - l’io, il mondo, Dio - che lo fanno parlare intorno all'io, intorno al mondo, intorno a Dio. Traccia, così facendo, la strada per l’elaborazione di un pensiero nodale, auto-propulsivo, che sappia modellarsi sulla capacità umana del sapere di saper ragionare intorno alle cose; cioè una topologia della mente complessa in grado di vedere e d’elaborare, contemporaneamente, il dentro e il fuori dei dualismi della Storia. (...) Un salto di prospettiva che introduce a quello che oggi si chiama il pensiero frattale, come una struttura complessa a spugna.
Alla mappa mentale, già disegnata nei capitoli precedenti, con lo studio del modo di Gesù, si affianca un supplemento di capacità visiva: all’organizzazione di una mappa mente a campo profondo, si accosta un occhio-sguardo di lettura a campo infinito1. In un’organizzazione biostorica è l’intelligenza umana che ordina i luoghi di lettura e li interpreta, elaborando i linguaggi e gli spettri d’azione che rendono coerenti le letture. La mente svolge la funzione di uno sguardolente2, in cui l’osservato e lo strumento d’osservazione sono il risultato di una negoziazione che li pone come un uno/tutto, vincolato. Il vincolo implica che una de-formazione nella capacità visiva del primo implichi una modifica di forma nel secondo; per cui essi si implementano assieme e si inseguono a tondo.
Lo sguardo a campo infinito, qui posto, apre la ragione alla molteplicità delle situazioni storiche che rendono sempre nuove ed uniche le dinamiche vitali; infatti (...) non irrigidirsi su una posizione astratta di realtà, cristallizzando nel tempo il giudizio storico, per perpetuarlo all'infinito e salvaguardare, così, gli stati di potere. Non sostiene gli autoritarismi e le potenze della storia che in nome del passato che si fa oggetto di culto, bloccano la vita. Egli, come il re dei re, assume la meta-posizione sul giogo del comando e abbatte le monarchie concettuali, etiche, ideologiche, sociali, politiche, economiche, mostrando la plasticità della vita che, man mano che si attualizza prende corpo, prende spazio-tempo3, formando/deformando il campo di realtà. Spazio-tempo che non si organizza in un solo modo, ma in mille e più aspetti.
Egli è l’Uomo nuovo che introduce la democrazia della vita, vista sotto tre aspetti:
In tale suo riconoscere il valore di libertà di ogni forma ad assumere la sua forma naturale, si espone alle critiche del potere che, in nome della tradizione e del passato, scinde l’umanità in categorie: i buoni e i cattivi; i liberi e gli schiavi, i ricchi e i poveri. Gesù, al contrario, si dichiara la salvezza del mondo e s’accompagna (= fa compagno) agli emarginati, ai dannati, ai lebbrosi, agli ultimi, a quelli che sono posti fuori le mura del diritto di cittadinanza; poiché vuole fare di tutti gli uomini, i figli di Dio:
È un pensiero che si muove con i lampi di luce e che viaggia a tempo 0, perciò velocissimo, in grado di far coincidere il tempo di lettura e il tempo di risposta alle azioni. È un modo di ragionare che apre alla novità del giudizio, in grado di sbocciare da un’osservazione concreta, reale della dinamica vitale che si forgia momento per momento, nei tempi 0 di ogni presente e non parte da un pregiudizio. Per comprendere lo sdoppiamento dell’occhio-mente del Messia, bisogna spostare l’attenzione dai luoghi-spazi di lettura, come gli oggetti osservati, alle dimensioni-coordinate dell’occhio di lettura, come la lente d’osservazione che mette a fuoco gli spazi; cioè dal luogo che è di fronte all’io, allo sguardo-occhio dell’io che osserva il luogo: dall’oggetto allo strumento che permette la lettura, dal modo dell’osservato al modo dell’osservatore.
Nel Rinascimento, con lo studio della prospettiva nelle arti figurative, si è definita la realtà osservata come uno spazio tridimensionale, solo oggi con gli studi sui modi dell’occhio si è compreso che non è lo spazio ad averle, ma la mente umana che elabora le tre dimensioni [Banchoff, T. F. 1993]. È l’occhio-mente che dà le letture tridimensionali o bidimensionali ad esempio di un occhio di rana. La tipologia di spazio visualizzata è fortemente condizionata alla tipologia di occhio-mente. L’uomo ha la capacità di raffigurare i volumi con le posizioni degli oggetti nel campo di realtà e può così definire ed elaborare le scale di: vicino/lontano; primo piano/secondo piano, avanti/dietro, ecc. Sono le tre coordinate elaborate dal cervello, lunghezza-larghezza-profondità, che gli danno la possibilità di leggere e collocare gli oggetti nello spazio, per cui lo spazio visualizzato è funzionale al modo come, lo stesso sistema cerebrale, organizza i dati informativi. Il limite di una visione a sole tre dimensioni è quello di dare uno spazio statico, immobile: se la capacità di lettura dell’umanità fosse solo tale, avremmo una realtà eternamente ferma, come l’immagine di una fotografia.
L’uomo sperimenta nella sua realtà storica il divenire, usando un’espressione antica, il fluire della vita. Quel movimento che rende gli spazi dinamici in continua evoluzione, segnando le nascite, le crescite e le morti delle forme vitali. L’esperienza del divenire impone, così, affianco alle tre coordinate che danno il luogo, una quarta che è stata circoscritta, come tale, solo agli inizi del 1900: il tempo che ha fatto dello spazio un cronotopo. Con la definizione di uno sguardo-lente a quattro dimensioni, si sono automaticamente migliorati i modi di leggere la realtà, si pensi allo studio del movimento nei dipinti ad esempio di Boccioni, che cercava con i suoi giochi di pennellate d’introdurre la velocità sulla tela.
Quando il movimento è stato letto come funzionale alla conoscenza si è attuato un salto cognitivo che ha perturbato il giudizio storico, mettendo in crisi il passato come categoria di riferimento dell’azione. È bene sottolineare che esiste un vincolo interattivo tra le capacità ad elaborare e a percepire lo spazio e la tipologia d’azione che l’uomo può ideare e poi compiere nello spazio; infatti le molteplicità di risposte alla vita che l’umanità nel corso dei millenni ha elaborato, sono il risultato delle modifiche delle mappe mentali che hanno evoluto la sua visione di realtà e nel contempo, come effetto di ricaduta, il suo campo-habitat.
C’è un rapporto di eco-inter-dipendenza tra i modi del cervello, come la macchina bio-fisica che organizza le visioni di realtà; i modi di risposta-azioni che rendono operante l’agire umano e i modi del campo-habitat che risponde, a sua volta, alle azioni dell’uomo.
In tale gioco dialogico si costruiscono i nodi delle dipendenze che rendono tutti vincolati, in un'unica rete di realtà che si rinnova. Il divenire è un tendere verso una meta, che non è data e quindi precostituita, ma in eterna elaborazione e definizione. La natura, ad esempio, si è evoluta in funzione delle perturbazioni umane e non solo, si pensi ai mutamenti dei paesaggi come i terrazzamenti o le bonifiche, ad esempio nell’area amalfitana o nell’agro romano; per cui esiste tra gli spazi geografici e lo stesso uomo un legame che li rende storicamente vincolati, i vincoli sono le perturbazione, vicendevoli, che fanno dell’uomo e dell’habitat, due campi in continua riorganizzazione.
Le riorganizzazioni, come il processo vitale, assumono, se lette assieme, la forma di una dialogica comunicativa a feed-back di doppio ruolo emittente/destinatario, che scambiandosi il ruolo si perturbano, evolvendosi su scale temporali differenti; per cui le letture dei cambiamenti, ad esempio dell’habitat, a volte risultano difficili, se non impossibili, non perché esso non risponda, ma per la lentezza dei tempi di riordino: si pensi al cattivo rapporto fiume-fabbrica nel 1800, che ha causato il diffondersi della mucillagine che si è manifestata solo intorno agli anni ’80 del 1900, nell’Adriatico.
In tale processo d’interazione duale ogni campo imprime il suo grado di disordine4 all’altro e ogni sistema risponde allo scompiglio secondo i suoi tempi: il tempo d’elaborazione di risposta fiume non equivale al tempo fiore o a quello uomo e ogni uomo ha un suo tempo di risposta che è condizionato alle sue mappe mentali. Sotto il profilo pedagogico, ad esempio, è importante introdurre una visione di tempo differito, poiché ogni soggetto alunno ha il suo tempo d’apprendimento che va rispettato se non si vuole fare un’azione autoritaria sulla sua psiche, anche i soggetti più svantaggiati hanno una capacità autoreferenziali che permette loro di apprendere, a vivere.
Il disordine, come incidenza dell’altro, può chiudere ad una maniera di essere nello spazio-tempo e aprire ad una nuova, attraverso un’auto-riorganizzazione che tende ad impedire la morte del sistema perturbato: si rifletti su una zanzara che turbi un piede e nel piede si metta in moto un processo di reazione che tenda ad riassorbire l’effetto.
Il continuo relazionarsi e vincolarsi dei sistemi vitali li pone come un’unica realtà ibridata/ibridante. Si parla di processo di ibridazione come il mutamento che nasce dalle contaminazioni [Marchesini, E. 2002]. Ma a guardar bene, anche questo può essere letto come una comunicazione individuo/campo. Naturalmente, l’effetto di tali studi è che si dovrà definitivamente sotterrare l’idea di una razza o una religione o un uomo o un’economia o un’idea… incontaminati.
Non esiste, in natura il puro, bensì l’ibrido, poiché tutto è perturbato/perturbatore in tale processo di contagio vitale tutto/tutti restano modificati. A guardar bene, l’essere degli ibridi rende unici e nuovi. Lasciarsi ibridare dal campo e da Dio, rende permeabili alla vita e quindi non scontati, non determinati nelle dinamiche evolutive, non facili da prevedere e da manipolare:
Ritornando alla topologia dell’occhio-mente di Cristo e alla particolarità delle forme di giudizio storico da lui espresse, si evince che egli non pone l’uguaglianza, ma l’univocità di ogni essere nella fratellanza e nella figliolanza che rende tutti prediletti.
Sotto l’aspetto semantico pre-diletto significa prima-gioia, in questa sfumatura di significato si coglie l’importanza della cristologia che pone l’uomo, il mondo e Dio come i pre-diletti storici.
Nella capacità di lettura del Nazareno, si nota un’ampiezza di visione che si ordina non solo sulle quattro dimensioni di lettura di un occhio singolare, ma bensì su una struttura cognitiva più complessa che si muove biostoricamente parlando a cinque dimensioni, topologia di occhio-mente definita in Ordini Complessi (Colamonico A. 2002).
Sono i giochi complessi a più coordinate di linee organizzative che permettono al suo sguardo-lente d’attuare i salti di paradigma e i cambi di direzione nelle letture che lo aprono alle ragioni di tutti, processo inclusivo. Il ribaltamento dell’occhio che lo porta ai salti di posizione dall’io ai tu e dai tu all’io, in simultaneità, come quando, ad esempio, chiede a Pietro e agli altri discepoli che cosa essi dicano di lui, nel momento stesso in cui gli stavano raccontando di come la gente lo leggesse. In tale ribaltamento dell’ordine di lettura egli scinde e attua la moltiplicazione del campo di osservazione che gli permette di vedere le ragioni a più ordini semantici.
È come se il suo occhio si scindesse in più occhi, simile all’occhio di mosca che con una visione de-coordinata registra ogni minimo movimento del campo, per rendere più veloce la sua risposta d’azione. Egli con celerità pone i dualismi, ad esempio quando i farisei o i discepoli gli pongono le domande sull’adultera; sulla vedova; sul pagare o no le tasse all’imperatore; sul rispetto del sabato. Da tali campi sdoppiati trae il livello privilegiato di lettura che apre il suo giudizio ad un ordine superiore che egli pone come il piano della verità storica.
Egli mostra come esistano vari livelli di significati che schiudono a differenti scale di valore; per cui ogni volta crea una visione allargata di concetti, come un campo slabbrato, in cui entrano in relazione ( 1) i modi comuni, (2) i modi privati e (3) i modi della verità. I tre livelli etici producono differenti giudizi storici, in tale possibilità di scelta l’uomo dovrà imparare a esercitare la sua privata possibilità di giudizio.
Egli attua, di fatto, ogni volta crea lo spaesamento etico nell’interlocutore, con lo sdoppiamento del campo di lettura che scinde le giustificazioni storiche, legandole così agli occhi di lettura dei soggetti attori e ai piani di aspettative che sono un oltre il piano d’evento, e come se egli passasse dal fuori al dentro d’azione. Ne consegue che la verità assuma, così, una ambiguità di lettura che può rendere errate le interpretazioni. Il Cristo riporta al limite del significato, al bordo in cui si attua il ribaltamento del senso storico. In tale forma topologica l’etica da abito da indossare si fa pelle: non è dall’apparenza che dovrà scaturire il giudizio, ma dalla logica che ha prodotto l’azione.
Nella lettura degli eventi entrano in gioco tre modi che pongono tre differenti scale etiche che aprono le lettura a tre difformi aspetti di ragioni storiche. Avere consapevolezza delle tre fisionomie di verità, dà la possibilità all’occhio spettatore di saper snidare le piccolezze e le ambiguità, celate nelle azioni che allontanano dal modo di Dio.
Importante è riflettere sui perché e sui come delle costruzioni storiche, in quanto ogni risposta alla vita parte da un quanto storico che si pone come un quid che apre la linea-direzione verso il futuro. Il quanto, come il lampo-guizzo bio-fisico-informativo vincola l’azione ad una topologia di significato, dandogli un luogo-nicchia circoscritto di senso che rende coerente l’azione. Ricercare quel luogo di senso nascosto implica aprirsi alle logiche vitali.
Egli, in sì fatta capacità organizzativa del campo di lettura, coglie la forma del come e del perché le ragioni e le emozioni dell’io e del tu, si vincolino reciprocamente, dando gli stati di sincronia/di-sincronia al fluire della vita. In tale capacità a leggere il chiaro/scuro della vita, egli pone le coscienze individuali e sociali di fronte alla responsabilità dell’azione.
La sua capacità visiva valica il tempo 0 e si fa così infinito, infatti proiettando le visualizzazioni della relazione io/tu nello spazio del tempo, legge le derive storiche che fanno della vita un campo tutto informato; per cui studiando gli echi informativi della spugna storica, egli in ogni azione sa coglie gli effetti d’evento sulle coscienze, con le relative reti dei nodi di svincolo/vincolo degli stati di sofferenza o di gioia.
In una sì fatta lettura può cogliere l’alito della vita che lo porta oltre il piano del capire, nell’area del sentire, e così si compie la grandezza del cuore. In lui si attua il passaggio dalla conoscenza alla coscienza, partendo dagli echi di gioia/dolore il suo capire si fa sofferenza per le male scelte che aprono all’entropia della storia.
Egli, sapendo intravedere nei vuoti/pieni di spugna1, gli effetti negativi e positivi delle situazioni, pone tutte le coscienze di fronte alla responsabilità dell’azione che fa assumere la privata quantità di bene/male da impiantare nella vita.
Egli sa leggere i tempi 0 delle scelte di vita e nel contempo seguire le proiezioni di passato-futuro negli occhi della gente. È questo che sconvolge, facendo chiedere alla Samaritana del pozzo, come mai la conoscesse. È questo che mette a nudo l’umanità, riportandola al prima, del peccato originale. Egli giocando sulle diverse coordinate di lettura dello spazio-tempo è in grado di visualizzare una realtà, a molteplici facce, come la struttura di un diamante, che rende la lettura più sottile, particolareggiata, puntuale, poiché attenta alle variazioni minime di campo [Colamonico, A. 2005 (b)]. Ma per comprendere la lente cognitiva del Cristo che rende il suo occhio-mente caleidoscopico, necessita introdurre la quinta dimensione di lettura, definita in Biostoria (Colamonico A. 1998): la finestra storica, come quello spazio-limite che dà la facoltà all’occhio di racchiudere e di circoscrivere il campo la realtà, in sotto-campi di realtà che aprono la mente alle dualità.
Egli, così facendo, riesce ad attuare delle letture in simultaneità, come se il suo occhio si frantumasse in tanti fuochi di lettura, in grado d’intravedere, nello stesso tempo 0, le dinamiche dell’ibridarsi dei campi. Egli è in grado, lavorando sul limite, contorno degli spazi di lettura, di valutare le perturbazioni, in tempo reale, proiettandole poi nei piani di passato-futuro, di ciascuno:
Per noi del XXI secolo, forse, talune forme di lettura allargata possono apparire quasi normali, ma è bene ricordare che il nostro occhio è stato implementato dagli occhi meccanici del computer e dei satelliti che permettono con il gioco di finestre il dinamismo e la molteplicità delle visualizzazioni, si pensi alle previsioni meteorologiche, che fanno vedere i luoghi locali e quelli allargati per poi diagnosticare lo stato del clima.
Il dinamismo dell’occhio naturale del Cristo permette l’incarnazione dell’etica che da un semplice sistema esteriore di regole (abiti) si fa pelle dell’azione come il limite invalicabile che rende coerente la vita. Importante è riflettere sulla differenza tra l’abito e la pelle; il primo è una sagoma posticcia che per quanto comoda si fa costrizione.
La pelle è il confine che rende ogni uomo un diverso dal campo-habitat, cioè un oltre il campo che lo contiene. L’epidermide incalza e informa, dando valore all'idea di intero di uomo. Essa distingue e si fa frontiera informativa da cui trapassa tutta la dialogica io/campo. La pelle costituisce la parte visibile del sistema uomo e un’etica pelle implica l’interiorizzazione, profonda, del limite storico dell’azione di risposta alla vita. Se l’azione ha un limite che trasforma il bene in male e viceversa, il non valicarlo rende vitale l’effetto d’azione, mentre il valicarlo rende mortale l’effetto d’azione.
Per comprendere il significato etico posto dal Cristo bisogna riflettere sull’occhio eco-biostorico di Spazioliberina che si strutturava intorno alle cinque dimensioni di lettura. Esse danno:
La capacità del pensiero ad essere de-coordinato, visibilmente osservabile con un occhio leggermente disarmonico, implica il saper lavorare sulle associazioni di idee che permettono di annodare i quanti informativi, cogliendo le sfumature di significato che slabbrano i sensi chiusi.
Il Cristo, lavorando sulle cinque dimensioni di lettura, assume una plasticità di visione, come un occhio lettore a 360°, che si moltiplica e si compatta, insieme; dandogli una realtà a sua volta plastica, moltiplicata e compattata, insieme. È quel processo di individuo-rete posto nelle pagine precedenti che chiude definitivamente all’individuo-massa della vecchia Società.
La visione di individuo-massa rende nichilista la lettura della realtà storica, poiché annulla le libertà di costruzioni, ponendosi come una lettura chiusa, codificata una volta per sempre, legata ad un solo grado di libertà che la pone come una scelta obbligata. Ogni qual volta tale interpretazione si è imposta, si sono prodotti i totalitarismi con le ignominie derivanti. Una forma di processo di massificazione sono, oggi, le mode che indirizzano verso la perdita d’identità soggettiva che apre le porte alle dipendenze, viste come nuova forma di schiavitù.
Gesù gioca con le tre dimensioni dello spazio che gli danno il punto-fotogramma di realtà, a tempo 0 presente; inoltre utilizza il tempo, la quarta dimensione che gli permette di rendere movimento la Storia. Egli sa, infatti, leggere il cambiamento della realtà nel tempo e l’incidere del tempo sulla realtà. Gioca, infine, con i campi-finestre che gli mostrano le dinamiche biostoriche individuali che si perdono negli spazi-tempi dell’infinito. Egli intravede nel divenire la possibilità del cambiamento che può invertire una tendenza evolutiva.
È l’effetto farfalla di E. Lorenz [1963] che rende da un lato imprevedibili le dinamiche, legandole alle variazioni minime di campo, come il battito d’ali di una farfalla, e dall’altro apre alle correzioni neghentropiche, che permettono di evolvere il male in bene. Nulla è scontato, tanto che profetizza la morte di quella generazione corrotta. Cristo, entrando nella costruzione delle coscienze, vede le ipocrisie e gli slanci di generosità, in ogni uomo, e lavora intorno alle scale di valore, da cui nascono le azioni. Può, così, assolvere la prostituta perché ha molto amato; l’esattore delle tasse perché è deciso a cambiare vita; l’incredulo Pietro che lo ha rinnegato nel momento del dolore, perché ne legge il pentimento.
Il suo è un occhio che intravede nel presente la contemporaneità del passato e del futuro; nel disordine degli eventi a tempo 0 gli ordini informativi di passato-futuro che li hanno generati. Un occhio, quindi, che sa scorgere nei fatti le responsabilità storiche dell’io e del campo, attribuendo a ciascuno il giusto peso intorno all’azione.
Ogni singolo evento è legato a un filo-trama che lo costituisce come nodo della rete storica a campo uno/tutto. La malattia del nichilismo storico che, oggi, sta dilagando nell’Occidente è da rintracciarsi in quel filo-eco sottile che portò nel 1800 a dichiarare la morte di Dio, per dimostrare come le ingiustizie e i soprusi delle Società autoritarie erano nati dalla connivenza tra gli Stati e le Gerarchie ecclesiali.
Ma l’aver negato significato alla terza linea di sviluppo del pensiero, ha fatto sì che la morte si sia propagata dal campo infinito al campo finito, implementando il senso del nulla storico. Il finito, come lo spazio dell’individuo-campo, muore nell’istante in cui smette di confrontarsi con i sensi universali, restando prigioniero delle logiche private e comuni che da sole non sono sufficienti a garantire le trame di futuro. Il bisogno di alzare lo sguardo ad una dimensione più generale della vita, forse spiega il perché dell’affetto dei papa-boys per il vecchio e malato, Giovanni Paolo II. (...)
L’assenza di valori che vadano al di là delle logiche locali rende prigionieri di se stessi. Negare valore alle trame storiche porta ad una miopia di lettura, avviluppata solo sugli stati di presente, che si organizzano come una successione quantica di eventi, slegati [Baudrillard, J. 1993], disordinati, privi di senso, ad esempio come nei telegiornali.
Sono queste le letture che, non trovando una direzione di significato, danno luogo alle fobie, alle paure, alle generalizzazioni ed irrigidimenti concettuali e ideologici [Colamonico, A 2002]. Si pensi ad una pagina di cronaca con omicidi, suicidi, rapine e quanto altro:
Gli accadimenti, se privati dei legami di significato che danno coerenza alla vita, vengono de-storicizzati, perdendo il luogo nello spazio-tempo. La perdita della nicchia storica determina il non senso della vita, con lo smarrimento che ne consegue nelle coscienze.
Ogni evento si intesse in un perché che si attua secondo una logica o privata o comune o universale. Sono queste tre le coordinate di valore che rendono coesa la realtà. Sono in tali scale valoriali che le azioni trovano una giustificazione coerente che va letta in rapporto alla scala di senso che l’ha determinata.
Il Cristo con le sue moltiplicazioni di letture, aprendo alle differenti linee di valore, rende le osservazioni vincolate alle scelte; sono i vincoli che rendono coerenti o incoerenti gli accadimenti e di riflesso i piani di lettura.
Confondere un interesse privato d’azione con uno comune o con uno universale, rende stupida la lettura; per cui il comprendere l’utile nascosto nell'azione, richiede una capacità allargata di visualizzazioni ed è per questo che impone di non giudicare. Egli di fronte alla vedova che dona nella sinagoga gli ultimi spiccioli di salario, poca cosa, rispetto al ricco che ostenta l’offerta, pone il vincolo di valore tra chi ha tanto e chi niente e lega l’azione alla possibilità organizzativa ed emotiva soggettiva. Come quando risponde a Marta che lo interroga sull'oziare di Maria, dicendole che l’apparente perdita di tempo della sorella è la scelta di un bene più grande:
Egli così facendo apre l’occhio lettore alla dimensione dell’ignoto, alla possibilità di non poter sapere fino in fondo la verità. Ma il non sapere non implica la rinuncia a ricercare il bene, ma semplicemente l’apertura duale, molteplice dell’occhio-mente che disegna il frattale della verità, in cui tutti possano trovare posto nell’infinito storico, secondo ciò che la vita ha dato, a ciascuno. Ricercate tutti il bene e il mondo nuovo nascerà, egli sostiene nel discorso della montagna.
Leggendo il modo d’organizzarsi dello sguardo-lente cognitivo del Cristo si può sostenere che solo una lettura della dinamiche d’evento a nodi-reti, permette di recuperare per ogni evento-nodo gli stati delle ragioni e delle emozioni, passati e futuri, che lo giustificano. Queste sono le letture eco-biostoriche a campo profondo e ad occhio infinito, che permettono di visualizzare la spugna storica, quale corpo uno/tutto dei pieni/vuoti di umanità.
Le giustificazioni d’evento non equivalgono alla perdita della responsabilità storica, ma al riconoscimento del perché e dei come delle dinamiche, per poter attuare le correzioni d’azione: in questo il futuro si fa guida del presente, non è guardando al passato che la vita potrà radicarsi.
Cristo non si limita ad assolvere l’adultera che volevano lapidare, vedendo le molteplicità delle ragioni, ma dichiara ai giudici di scagliare la pietra solo se si è nella condizione di chi è senza peccato e alla donna, di non farlo più. Ecco la correzione che dirige al bene la dinamica della storia, privata e sociale, impedendo ai giudici di porgersi come giustizieri assetati di vendetta, e alla donna quale peccatrice a vita.
L’azione correttiva permette di allontanare lo stato della morte. Con la neghentropia si introduce il perdono nella storia; ma quello del Cristo non è un’assoluzione per il gusto di essere magnanimo, per dimostrare lo stato di grandezza e di potere di chi perdona; ma una liberazione che nasce dalla nuova possibilità che è offerta a chi ha scelto male: ti perdono perché tu possa non farlo più, perché tu possa comprendere il male, la sofferenza presente nella tua azione.
È un perdono che si pone su un piano cognitivo che apre alla conoscenza del male e del bene, come costruzione di linee differenti della dinamica vitale che implementano o il buio o la luce, quali nicchie di vuoto/pieno della spugna storia.
Il male conduce al nichilismo della vita personale, della società-habitat e di Dio; invece il bene alla pienezza di una vita a tutto campo, a tutto pieno, a tutto finito/infinito. Il pieno/vuoto di Isaia ritorna e si fa invito ad innamorarsi della vita che porta allo stato di grazia e di beatitudine. Innamorarsi della vita dà la sazietà e la leggerezza dell’essere un io nel mondo di Dio. I tre soggetti della dialogica storica ritornano: io/mondo/Dio. Questa è l’organizzazione mentale che il Cristo vuole implementare nell’umanità. La sua lettura si fa così profonda, poiché egli può circoscrivere gli spazi delle azioni-osservazioni, come uno scrivere intorno. Tale capacità gli permette di lavorare lungo il bordo che dà la possibilità d’intravedere gli svincoli dei dentro/fuori di realtà, come azioni e ricadute di azioni: una scelta ben fatta, imprime nel campo un ricaduta ben fatta.
La percezione-visione del limite-frontiera, come la finestra d’osservazione, spezza il fuoco di lettura e da tale dualità di dentro/fuori, nasce di fatto la moltiplicazione delle letture [Colamonico, A. 2005 (b)]. È quella moltiplicazione dei pani che avviene solo dopo la divisione della folla in gruppi di cinquanta che vengono fatti sedere: - dopo che la massa-folla diventa gruppo-rete, si può fare comunione.
Si pensi ad una marea di studenti che una volta entrati nelle aule, si siedano e incomincino a fare scuola. In tale metodo organizzativo del Cristo si può cogliere il significato cognitivo della quinta dimensione che permette la simultaneità delle letture, in una mente complessa, a struttura rete uno/tutto.
Ragionando sui pieni/vuoti e sui dentro/fuori dei sensi cognitivi, nascono le relazioni logiche tra i campi di osservati presenti, passati e futuri. Gesù introduce la capacità del volo nella storia dell’uomo; è quel gabbiano, precedentemente descritto, che ritorna ed abita nella mente umana. È la libertà che fa dei figli di Dio i luoghi del sogno, della speranza, della consapevolezza che il bene può essere implementato.
Il Cristo è l’inviato ad insegnare la qualità della libertà nella storia. Dividendo i luoghi di osservazione, si implementano nell'azione di lettura le possibilità delle proiezioni e delle elaborazioni mentali che agevolmente possono spostare l’occhio da un campo d’osservato ad uno semantico, da questo ad uno emotivo, da uno emotivo ad un nuovo osservato e così in una relazione all'infinito. In tale gioco di proiezioni la mente si apre a tutte le sfaccettature della vita e penetra in tutte le sacche di ingiustizia, inganno, ipocrisia… e l’occhio si fa sguardo-lente in cui la mente e il cuore si intessono in un unico stato di lettura.
In tali voli dall'uno, all'altro e all'altro ancora, si intesse la continuità/discontinuità delle reti d’echi informativi, quali ordini/disordini di senso. L’ordine/disordine è funzionale all’ampliamento del significato. La parola, per farsi fiocco di neve, dovrà essere slabbrata in un significato nuovo. L’acquisizione del significato nuovo, si pone come un salto di paradigma. La complessità delle visualizzazioni, delle emozioni, dei significati, è la spugna del pensiero. Nascono così le gemmazioni di idee-sentimenti-significati-azioni che implementandosi come un processo auto-referenziale, introducono la conoscenza nella storia. È questa l’economia della nuova umanità, già intravista dai profeti, che sostiene: se vorrai vivere, dovrai conoscere e conoscere vuol dire lavorare intorno al contorno del limite che ti educa a sentire.
Nella visione eco-biostorica l’organizzazione del pensiero complesso, parte dall'occhio di Spazioliberina [Colamonico, A. 1992] e si pone come un dinamismo di lettura che nasce da visioni sdoppiate dei tre campi io-mondo-Dio che danno una lettura caleidoscopica della realtà.
Spazioliberina è la metafora della mente nuova che sa organizzarsi in una perfetta simbiosi di mente/cuore. Sa capire le logiche delle dinamiche storiche e sa ascoltare gli echi degli stati emotivi.
Imparare ad esercitare tale topologia di spazio-occhio implica uno stato cognitivo-emozionale che faccia della conoscenza l’oggetto del bene della vita, intesa quale ricerca continua di sfumature, di significati che aprano alle gemmazioni semantiche in grado di rendere più chiare le letture d’azione. Nell'esame gli eventi assumono eco storico e si intrecciano in nodi fattuali/fattibili. Si potrebbe sostenere che in questa azione di messa a nudo delle logiche, si ripercorre in senso inverso il viaggio della creazione: lo svelare, come l’azione del togliere il velo della cecità, implica il far cadere gli idoli dell’ignoranza, della superstizione, della tirannia che rendono buie le dinamiche della vita per percorre così la risalita verso l’infinito.
Il Cristo quale via della salvezza pone, all'attenzione delle folle che lo seguono, l’importanza vitale dell’apprendere e del comprendere la chiarezza che si fa onestà. Se sarai chiaro con te, con il mondo e con Dio, riuscirai ad amare e a capire te, il mondo, Dio e si apriranno le porte della vita eterna, sembrerebbe ripetere con i suoi insegnamenti.
In sintesi questa è la nuova etica della vita, quando egli riduce tutti i catechismi a una semplice verità che si articola in tre nodi di significato/azione: Ascolta Israele! Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Ama il prossimo tuo come te stesso.
La condizione dell’ascolto/amore che mette in ombra la privata e personale logica e rende l’io permeabile alla voce silente del campo, alle variazioni minime dei quanti storici che sono un prima d’evento:
Solo la dimensione dell’amore fa di ogni scelta un atto di vita, ma la logica del cuore implica la moltiplicazione dei campi di lettura che solo un occhio-mente aperto all’infinito può visualizzare.
La ricerca della chiarezza farà dell’io il lievito della storia e quindi ponte di speranza, proiettato nel futuro del mondo. Come nello studio del toro di P Picasso, il Cristo riconduce all'essenza i precetti di tutte quante le religioni, spogliandole dalle regole rigide degli abiti morali.
Egli con il suo insegnamento fondato sull’amore, apre il varco per il ribaltamento dell’etica antica, vista come autoritaria e esterna alla mente umana: non è la paura della legge che guiderà l’azione, ma semplicemente la gioia di vivere che renderà la scelta rispettosa della vita. Gioia che si concretizza come mondo della pienezza e della sazietà, ma la sazietà di cui egli parla non è quella ricercata dalla massa che assale la Bastiglia.
La condizione di ricco o povero non è il confine delle sua azione nel mondo; non viene a portare la ricchezza ai poveri e la povertà ai ricchi: non è il Robin Hood della Storia!
Egli pone il limite alla ricchezza e alla povertà e dice, su entrambe, di non accumulare tesori che verranno sbriciolati dalle tarme del tempo. Invita, invece, a cercare di non perdere se stessi, a non lasciare spazio alle ingiustizie e alle ingordigie; a non essere increduli, ma credenti; a guardare ai gigli dei campi e ai passeri nel cielo. Egli pone la povertà del cuore che si fa ricchezza d’umanità.
È proprio questa la dimensione socio-economica eco-biostorica che apre l’individuo alla riappropriazione profonda dell’essenzialità della vita che si esercita con l’appropriazione profonda del proprio credo, che non è obbligatoriamente quello cristiano: Cristo, l’ebreo, non si rivolge solamente al popolo eletto, ma a tutti i miti di cuore, anche gentili. Tutti gli uomini, così facendo, potranno vedere Dio.
Il suo invito non è a rinnegare le identità storico-culturali locali, ma ad alzare lo sguardo ad un livello più ampio d’inclusione e a credere nell’infinito di Dio, padre. In questo si concretizza la profezia di Isaia che, parlando del messia, parlava di colui che non avrebbe spezzato la canna incrinata, non avrebbe spento la lampada debole.
Ogni individuo-società-religione è come quella canna o quella lampada, perché in tutti ci sono le deformazioni delle scelte buie, degli scoramenti del cuore, ma nonostante le male scelte, si può collaborare, una volta capito l’errore, per l’attuazione del Regno di Dio. Regno che da questa si proietta verso la terra infinita: la vecchia Gerusalemme e la nuova Gerusalemme.
È in questo mondo fatto di finito che si avvia la costruzione del mondo infinito. Non esiste un dualismo di un di qua e un di là, bensì una dialogica finito/infinito. Quando non si crede sulla possibilità d’iniziare nella nostra pagina presente di storia a costruire il regno di pace e di fratellanza, si vanno ad avvallare le ipocrisie dei totalitarismi individuali e collettivi.
Dire il regno di Dio è una utopia lontana, equivale a subire il fascino del male e a farsi catturare da esso, amplificando il nichilismo storico: siccome non è possibile, allora potrei anche non fare bene, perché il bene è cosa di un altro mondo. Quante volte si ricorre a tali considerazioni per lavare la coscienza, nell'istante in cui si è deciso di condividere la logica dell’inganno. È un costruire intorno al sé le gabbie d’ipocrisia che portano al disimpegno storico dell’egoismo che rompe i legami dialogici con l’infinito.
Gesù ridimensiona l’io dominatore che è in ogni uomo, ricco o povero che sia, invitando a tenere sotto controllo le smanie di possesso e di potere. Ribalta quindi il significato di ricchezza: Non è ricco colui che possiede, ma colui che è! Non è ricco chi ricerca i beni materiali, ma chi si perde nell'infinito di Dio che è amore!
La sua azione pedagogica si snoda tutto intorno al significato dell’essere: Se imparerai ad essere un io nel mondo di Dio, avrai la vera ricchezza e guadagnerai la vita eterna.
La ricercazione dei significati gnoseologici si pone come il vero cammino dell’umanità che è un tendere verso l’immortalità che può annullare l’entropia del tempo e aprire la mente/cuore alla sintropia degli spazi. Vista come le coabitazioni storiche che danno la forma di uno/tutto alla vita. Si può facilmente comprendere il perché sia stata negata la conoscenza agli schiavi, alle donne, ai neri, ai poveri. Ancora oggi parte del mondo islamico, intransigente e autoritario, nega l’istruzione alle donne in nome di Dio, lo stesso Dio degli Ebrei e dei Cristiani, attribuendo a lui la responsabilità etica del tenere in stato cattività le madri dei loro figli.
Il tenere le menti nelle tenebre dell’ignoranza, spesso, nasce dall'immaginare la conoscenza, come ad un oggetto finito, circoscritto, che possa farsi pochezza; si pensi a certe gruppi di stampo elitario che credono nella conoscenza ma, nel contempo, la mettono sotto il moggio, per paura di condividerla. Dall'asimmetria informativa nascono gli stati di potere che aprono le zone d’ombra, dei tenuti segreti, che frenano il divenire della dinamica storica. Su tali asimmetrie il Cristo interviene a mettere pace.
Nella cristologia la conoscenza è posta come un seme che diventa albero in grado di accogliere un nido, segno della vita nuova. Gesù pone l’essere frattale del sapere, che si quintuplica secondo una crescita di tipo esponenziale che tende all’infinito.
Egli fa saltare oltre alla frontiera dei catechismi quella delle scienze: se la conoscenza non ha fine ce n’è per tutti; se non ha fine significa che tutti siamo ignoranti e tutti siamo tenuti ad apprendere. In tale azione dell’imparare a prendere, il piano dell’etica e quello della conoscenza si intrecciano in un unico sistema che pone il cognitivismo etico, ciò quella incarnazione precedentemente posta che fa della conoscenza il campo dell’etica e dell’etica il campo della conoscenza.
Ogni uomo è tenuto se vuole vivere a conoscere l’essere virtuoso, se è tenuto vuol dire che non esiste né una conoscenza preconfezionata e né un’etica predefinita; ma l’una e l’altra si inanellano continuamente rinnovandosi in funzione dei gradi di chiarezza che le stesse azioni esplorative andranno a formulare. In tale intreccio di sapere/bene si edifica la pienezza del futuro e da ciò scaturisce, come terzo elemento, il valore economico della stessa azione vitale.
Si può facilmente comprendere come la dialogica a occhio infinito del Cristo crei l’anello-vera di congiunzione tra l’economia, l’etica e le scienze che non possono essere lette come sovrastrutture in sovrastrutture quali artifici dogmatici che ingabbiano l’azione umana, ma come una gemmazione del frattale uno/tutto della vita.
L’azione del Cristo nella storia, introducendo lo stato d’ignoranza come condizione essenziale e inalienabile della finitezza dell’uomo, crea la pari dignità tra gli uomini:
Ma di quale morte si tratta? Anche la dimensione della morte subisce un ribaltamento e da realtà prettamente bio-fisica che segna lo scomporsi del corpo, si fa con il suo insegnamento, psico-socio-cognitiva che è uno stadio più ampio e profondo del semplice esalare l'ultimo respiro:
Queste sono le tre morti su cui il Nazareno invita a riflettere.(...)
Antonia Colamonico
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1 Uno sguardo-lente a campo infinito si pone come una capacità di lettura che si organizza a maglie-finestre di osservazione che si amplificano e si moltiplicano all’infinito. La capacità di lettura di tale occhio-mente è plastica, fortemente frattale, caleidoscopica, in grado di zoomare avvicinando e allontanando la visione di realtà con un’apertura graduata dei campi di osservazione che ad ogni esplorazione mostrano un livello nuovo di raffinatezza. A. Colamonico, Fatto tempo spazio, op. cit.Per comprendere tale capacità si pensi ad un microscopio che variando le lenti, dà gradi di lettura sempre più minuziosi, se poi le lenti non sono una, bensì dieci, in contemporanea, allora simultaneamente si avrà un quadro slabbrato di realtà. Ogni deformazione sarà un modo di lettura che si distinguerà dagli altri, dando una sfumatura di significato differente. In natura tale occhio esiste è quello di mosca che vede un campo sdoppiato come se fossero cento occhi che registrano ogni più piccolo movimento nell’ambiente, permettendogli di rendere molto più veloce la sua azione. A. Colamonico, Ordini complessi, op. cit.Nella Società Microelettronica che si nuove al ritmo del nanosecondo, è importante acquisire una capacità decisionale che sia veloce, immediata che sappia tenere il passo con la velocità storica; per un occhio-mente sì fatto è richiesto un livello di chiarezza cognitiva altissimo. La chiarezza si pone in rapporto alla ampiezza di osservazione e alla consapevolezza delle scale di valore che differiscono le qualità d’azione.2 Se il mio occhio ha un difetto visivo, questo entra automaticamente nella mia forma di realtà, ad esempio io personalmente sono miope e se tolgo gli occhiali che correggono la mia azione di lettura e osservo la luna, questa mi appare con un alone che rende molto più grande e nel contempo slabbrata la sua forma. Ricordo che quando da bambina mi comprarono i primi occhiali facevo dei giochi d’osservazione, mettendo e togliendo le lenti, ad ogni passaggio la mia realtà si modificava; ma non solo, ogni passaggio incideva sul mio stato d’animo, rendendolo più sereno e meno sereno. Il vedere meglio mi rendeva gioiosa, viceversa il vedere più confuso metteva in moto degli stati d’ansia.3 La forma è una costruzione spazio-temporale che implica nel suo storicizzarsi l’apertura/chiusura del campo di realtà, come un aprirsi del processo storico alla forma nuova e un chiudersi, isolarsi, di questa dal contorno che ne delimita la sagoma. La realtà in tale gioco di spazi-tempi che prendono forma come gemmazioni in gemmazioni, è plastica, molteplice e creativa.4 Il grado di disordine nella dialogica comunicativa si attua ad ogni passaggio di comunicazione, in quanto l’acquisto di nuova informazione determina uno squilibrio nello stato del destinatario, il quale dovrà leggere il messaggio, valutarlo e poi rispondere. Il rispondere presuppone un nuovo grado di ordine, come la conquista del nuovo significato. Il tempo del disordine ha una durata più o meno ampia, in relazione alle capacità di lettura del soggetto perturbato. In una comunicazione fluida i tempi del caos sono limitati, di conseguenza anche gli stati di disagio e di insicurezza; viceversa in una situazione poco chiara, lo stato del disordine si protrae e se non trova una soluzione fa impazzire il sistema, implementando il grado d’entropia. Secondo R. Mey non esiste uno stato assoluto di disordine, in quanto nel caos si creano finestre di ordine, in J Gleick, Caos, op. cit.Da A. Colamonico. Alla Palestra della mente. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero Complesso, pp. 49-54 © Il Filo. Bari, 2006.© 2011- Antonia Colamonico
Lo spazio topico: il campo dell’io - Lo spazio atopico: il campo del tu
L’occhio-mente uni-dimensionale - L’occhio-mente eco-biostorico
Lo spazio utopico: il campo dell’infinito
L’intervento di Dio nella storia