"Adoriamo il caos perché amiamo produrre l'ordine." M. Escher
Volendo approfondire meglio il legame carta di lettura/organizzazione delle visioni di azioni, si può partire dalla stessa carta gnoseologica antica.
Essa, ponendo la caduta dell'anima in un carpo (Platone) a pro-motore degli stati di ignoranza, ha finito con il leggere il processo di conoscenza come una risalita verso l'unità perduta (uomo → dio) che richiede una purificazione nell'esodo verso i cieli, imparando ad essere più possibile, simile a Dio.
La catarsi finiva con il rendere, sì l'uomo nobile al cospetto di dio, ma alieno al mondo, infatti spesso l'osservatore-narratore dell'antichità, finiva con l'assumere esso stesso un “abito aristocratico e distaccato” per il semplice fatto d'essere riuscito nell'impresa del comprendere la sapienza divina e finendo con l'assumere una posizione sociale privilegiata, al di sopra della massa, la quale data la povertà, l'ignoranza e la scarsa scolarizzazione, era vista come impura, anche per il sostare di fronte all'altare di dio.
Solo gli eletti, gli accoliti, gli adepti potevano maneggiare le cose sacre e addentrarsi nelle aree consacrate e nelle letture dei testi sacri. Tale tendenza a gerarchizzare i figli di una medesima umanità è ancora riscontrabile in alcune tendenze elitarie delle stesse società definite progressiste, in cui alcuni si sentono migliori e perciò titolari a pretendere dei diritti più ampi, un tenore di vita più confacente.
Si pensi, ad esempio, alle cavillose dispute inglesi, nel 1600 quando si stavano gettando le basi sullo Stato di diritto, su chi fosse titolato ad esercitare il diritto di partecipazione al voto con le distinzioni tra cittadini attivi e cittadini passivi, in funzione del reddito prodotto, o, ancora, le dispute sulla convenienza o meno del sacerdozio alle donne; senza dimenticare le logiche razziali che fecero dichiarare finito lo schiavismo in Europa, per poi perpetuarlo nelle Americhe, sino all'azione di M. L. King (la marcia verso Washington, 28 agosto 1963) :
L'uomo antico credendo di non partecipare all'atto creativo, finiva col credere di svolgere un ruolo passivo di semplice presa di consapevolezza di un ordine, non solo superiore alle sue forze ma, cosa più importante, immutabile, di cui egli era un semplice effetto-spettatore a cui era chiesto il semplice trasalire (muoversi a balzi di crescente miglioramento) verso la ricerca della perfezione:
Erano i presunti livelli di perfezione raggiunti a creare le differenze sociali con le cerchie di umanità e di qui la distribuzione dei lavori e delle ricchezza-povertà che aprivano la spugna storica o alle forme idolatre dell'appartenenza per gli eletti (diritti di casta e di sangue-nascita) oppure alle coercizioni coatte, per tutti gli altri “idiotes”, a sostare, obbligatoriamente nella loro povertà di servi:
In questa struttura a caste si inserisce, tuttavia, una novità immaginativa che apre una nuova cresta storica, biforcando la linea evolutiva, tramite le parole-azioni del Cristo che assumendo una meta-posizione (2° livello di coscienza, Socratica) sul potere del Tempio, in Gerusalemme, apre la cresta storica alla democrazia della vita.
L'operazione cognitiva, apportata, fu nel sostituire alla logica della legge fatta di rituali e osservanze spesso solo di facciata, quella del cuore con i suoi slanci di accoglienze, introducendo l'idea di una relazione più incarnata di dio-creatura, fondata sull'amore e non sulla paura o sul formalismo esteriore di facciata:
Nel suo insegnamento egli ponendo la sincerità come la verità dei sentimenti, portò al crollo di tutte gabbie ideologiche e poi economiche del sistema antico, con il semplice invito a guardare i fiori dei campi e gli uccelli del cielo che non seminano ma pure vivono, perché il Padre ha cura di loro.
Il concetto di “cura” come via dell'emozione da affiancare alla ragione, apre la logica, oltre alla verità, anche alla bontà delle idee e delle scelte storiche.
C'è una notevole affinità tra la figura Socratica precedentemente analizzata e quella del Cristo, entrambi non lasciano nulla di codificato, avendo dato valore al dialogo parlato ed entrambi verranno accusati di portare il caos nella Società. Il primo perché agnostico e insegna il non rispetto di quei dei capricciosi, il secondo perché si è fatto dio-Creatore, ed entrambi risponderanno con il silenzio:
Saranno, solo dopo, i loro discepoli a svolgere la funzione del dispiegamento della cresta-eco del loro insegnamento, per tramandarlo nelle maglie della storia.
Pur essendo espressione di due civiltà molto diverse, tra i due c'è un'altra affinità importantissima, essi hanno isolato un ordito-appiglio, nella tessitura della storia, in quella funzione di “ostetrica-mammana” che sa come saper fare nascere la vita-verità incarnata (che prende carne-nicchia nella mente); quell'abilità e finezza di ragionamento, non compresa da Platone.
Tale compito del sapere come fare partorire, con Gesù il nazareno, prende nuova forza (t. 0) e si fa condizione fondamentale nell'esercizio della vita:
L'invito è chiaro:
L'apertura logica del Cristo è di apprendere direttamente da Dio-Creatore-Padre l'arte della moltiplicazione dei pani-fatti, dialogando da figli legittimi, in una posizione paritaria che permette di guardare diritto negli occhi l'interlocutore e non:
Il dialogo socratico si arricchisce, così, di una terza coordinata di lettura che rende la dialogica individuo-campo uno spazio topologicamente più complesso, a tre soggetti-oggetti di interscambio:
Ogni spazio proietta nella coscienza una linea-ramo evolutivo, si sfumano, così, i significati arricchendosi e moltiplicandosi, in una complessità caleidoscopica di modi di giustificare e scegliere la ragioni intorno alla scelta dei fattiii.
In uno spazio geometrico a 3 ascisse, (a tre dimensioni), si evolve la struttura da spazio a piano (es. cerchio) a profondo (es. sfera), e in tale ampliamento volumetrico, si genera una maggiore libertà di movimento nella scelta di risposta storica, con l'introduzione del ribaltamento del significato, per comprendere meglio la facoltà spaziale dell'apertura cristologica egli affianca al poter camminare, il poter volare.iii.
Con tale sfumatura del significato introduce il volo-sogno storico (visione gioiosa delle vita, che egli chiamò stato di grazia):
In una carta di lettura a tre sistemi interagenti, ogni cambio di direzione del verso-modo di procedere, presuppone un grado di distorsione dell'indirizzo immaginativo e di qui attuativo di un azione:
L'azione del ricondurre la verità ai fatti, che si concretizzano in un tempo presente, stessa nicchia di realtà, fa assumere concretezza all'azione storica dell'uomo, il quale in piena libertà sceglie i modi del agire, giocando sulle tre coordinate etiche-immaginative.
Ogni scelta presuppone un atto di comprensione che si fa un appreso-compreso storico, da tramandare quale segno-eco in un nuovo approdo storico, in tale dinamica il fine, per cui si attua il capovolgimento della relazione temporale è direttamente allacciato al futuro che si fa il garante del presente.
Ogni scelta (t. 0) genera la partenza di una linea-cresta spazio-temporale con l'apertura di una nicchia storica. Ma non tutte le scelte aprono le medesime ampiezza di spazi evolutivi.
Alcune scelte hanno più propensione a dilatarsi nel divenire, altre meno e in tale imparare a giocare con le visualizzazioni di eventi, ogni osservatore-occhio-mente uomo si fa il garante dei sotto-campi vitali:
Nasce così l'invito amorevole, non l'obbligo ferreo, a saper distinguere le azioni, creando i livelli dei privilegi non tra gli uomini, ma solo tra gli indirizzi storici:
Con tale carta cognitiva lo stesso concetto di democrazia ateniese si amplifica, non è più un fatto di Polis, cioè una res unicamente politica di organizzazione di un sistema del governamento, cosa ancora oggi immaginata dai più; ma un fatto intrinseco e strutturale alla stessa azione della creazione vitalev.
Per cui se nella visione greca c'era la “gabbia” tra i cittadini e gli schiavi (non cittadini), in quella del nazareno saltando la gabbia, la cittadinanza è universale, come brillantemente sottolineato da Paolo di Tarsovi che introduce, nelle sue epistole, una sfumatura nuova di significato passando dal siete liberi, al siate liberi, il cambiamento del “modo verbale” implica una cittadinanza di libertà, non acquisita una volta per sempre, ma in continua fibrillazione, in continua riappropriazione, come un'apertura logica di stato vigile, sempre e per sempre:
Significativo è il discorso cristologico, quando precisa che non è fuori di voi che esistono le cose impure, ma in voi, è dal vostro sguardo, dalla vostra bocca, dalla vostra mano, dal vostro pensiero che esce l'indirizzo errato dell'azione che fa dire: - Che peccato, è stata una scelta spesa male!
In tal modo egli pone ogni uomo di fronte allo specchio del sé per vedere il suo modo di porgersi nella relazione creatore-creato-creature, in tale vedersi vivere alla finestra del sé, s'impara a vedersi con l'occhio del campo-alter e a vedersi con l'occhio dell'infinito, imparando a saper attuare la verifica-correzione di azione.
Quando l'uomo è posto difronte alla sua coscienza, allora, non è “un di fuori” (o Stato o Dio-padrone), a imporre il cosa sia il bene e il cosa il male; ma è la medesima mente-cuore dello stesso osservatore, che avendone le facoltà mentali, ha la responsabilità della scelta di fare emergere, dalla nicchia più segreta del suo sé, quel riflesso di verità, la sua verità, il suo compreso, da intessere nelle trame di futuro (soggettivismo-riflettente).
Ogni soggetto ha nello "scrigno del suo cuore", il filo invisibile per attuare l'allacciamento nella Rete tutta della vita a 360°. E quel nodo è la sua singolarità emergente e capiente, che sa emergere dall'anonimato storico e che sa capire il suo senso vitale che è il suo e di nessun altro, per sempre.
La possibilità della correzione storica, o processo neghentropico come hanno sottolineato i fisici, permette il sapere come accelerare o rallentare o invertire le involuzioni entropiche (effetto dispersivo e corrosivo) delle dinamiche dei campi:
Cristo è lo sguardo nuovo che sa farsi carezza nel comprendere le logiche di tutti con le molteplici chiusure dei campi che possono creare lo scoramento (oscuramento) delle menti-cuore, di qui l'invito a non giudicare.
Il seme di novità introdotta dal messaggio Cristologico è tutto in questo ricondurre la storia al tempo 0, al tempo presente in cui attualizzandosi, in un fatto-tempo-spazio, prende visibilità nella relazione osservatore-osservato, facendosi carta di osservazione di uno stato preciso di tempo-spazio, che non va esaltato e racchiuso in un assoluto vitale:
La morte non è altro che la perdita delle veste storica, come perdita di realtà oggettiva di cui permane solo una traccia d'eco che si fa campo-memoria di vuoto informativo, colmo di tensioni e di umori che non chiedono altro che un nuovo ammiccamento, con un nuovo osservatore che ne stenda le nuova trama, per una nuova veste di vita.
In tale ottica la realtà “oggettiva” non è il mondo là fuori, contrapposta al dentro (mente-cuore uomo), ma è la medesima relazione osservatore-osservato che prende storia-veste in una osservazione:
Nel procedere di deriva in deriva, quello che viaggia non è la realtà dell'incontro, ma l'eco-informativo di quel passaggio che abbisogna di un nuovo alloggiamento relazionale.
Il vuoto del campo storico non è più lo spazio del nulla (nichilismo storico), ma un vuoto significante (colmo di echi di significati non stesi, come in quel vuoto quantistico che tuttavia pulsa di fluttuazioni di “energia”, a stati, estremamente, bassi che hanno una possibilità non affiorata d'organizzazione d'onda.
Il vuoto storico è fatto dagli echi silenziosi degli stati d'azione collassati (come in un onda), rintracciabili in un esile eco che si tende come segno-seme di un ordito di una veste-vuota nominale; dal tale silenzio di vita, poi, parte l'occhio-osservatore che una volta colto il soffio-eco di quel “guscio vuoto”, decide l'inclinazione-cresta da far assumere alla parola nuova, riemersa, lasciando a sua volta traccia del suo passaggio.
La stessa parola “energia”, ad esempio, è già una particella nominale che dà veste al fatto storico e lo proietta verso un particolare indirizzo disciplinare, per scelta di un motivato osservatore che ha una visione ben precisa di possibile proiezione futura. In tale sapere come con-durre il verso-fine storico, si attua il ribaltamento, impresso dal futuro, sul passato e non viceversa come nell'azione di lettura della carta antica.
Si comprende come la stessa meccanica quantistica sia risultato di una deriva guidata del processo storico che fa assume al tempo-spazio-fatto (quanto storico) un vestito-nome-confine-particolarità (“energia” quanto informativo) che apre ad una possibilità e chiude a tutte le altre possibilità (es. “spirito”), ri-con-ducendo nello spazio di un un solo indirizzo-campo tutta la ricchezza dell'attesa informativa celata in un fatto “che nome non ha”.
Il ricondurre al nome è un dopo fatto (t. 0), come un tempo 1 che si distanzia dal tempo 0 (quanto storico evoluto in quanto informativo):
Se la storia-vita prende nome in un tempo 1 ad opera di un particolare osservatore, allora la vita è un senza nome, un campo dell'Ignoto che somiglia più all'idea di un dio non-nominabile (come posto da Montale) che a una materia-energia (posizione del Carducci), infatti essendo il campo del vuoto di parola è un insieme di silenzio, un “ordito non gridato”vii che si tende alle “bigamie dei pensieri”, un “filo non teso” che chiede “una spola per il suo canto”viii.
Canto-verità che può essere elevato solo da un uomo fattosi poeta-cantore del silenzio della vita, e non importa se:
In tal senso il limite dell'indagine fisica, rispetto a quella biostorica campo dell'uno/Tutto, è stato nel aver vestito di energia-materia (veste nominale) la verità profonda della dinamica storica, richiudendola in un privilegio di nome che ha permesso di dare ad una singolarità disciplinare-significativa, il potere di "re" cognitivo-significante che rendendo ancelle-schiave le altre discipline, le ha ridotte a semplice contorno storico.
L'errore cognitivo del paradigma meccanicistico, impostosi con la rivoluzione scientifica e la rivoluzione industriale che ne è seguita, è nell'aver creduto, con una mente scissa, che la vita nella sua complessità potesse essere tutta quanta racchiusa in una sola forma-parola di processo, isolata e apostrofata da un osservatore cieco agli altri echi, letti dalle altre discipline.
In tale azione del ordinare-dividendo, si sono creati degli universi semantici di differente valore e gerarchie, questa volta non più solo tra gli uomini e i gradi di conoscenza-ricchezza, ma tra gli uomini, le ricchezze e i gradi di consapevolezze disciplinari.
Nell'azione della visioni fattuali si sono così declassati alcuni ambiti di lettura ed esaltati altri, dando silenzio ad alcune sfumature di verità e troppo clamore ad altre, con notevole perdita dello sguardo d'insieme eco-biostorico, quell'occhio fuso che nell'insieme vede la bellezza tutta dello "stato" d'insieme.
Nella cecità di lettura, perdendosi lati di umanizzazione si sono create delle creste fattuali irregolari, con aree e processi disarmonici di grande ricchezza o di grande povertà con i dualismi tra le civiltà e le aree geografiche, come la chioma di un albero che si è accresciuta solo in una direzione, restando gobba.
La stessa forma a gobbe del sistema storico sta producendo le implosioni di letture che amplificando gli stati di ignoranze stanno attivano le incomprensioni che spingono a far impazzire, all'occhio, tutto il complesso sistemico.
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iA Colamonico. Alla palestra della mente: verso una topologia del pensiero complesso. Il filo 2006.iiA. Colamonico. Alla Palestra della mente: verso una topologia del pensiero complesso. Op. cit. 2006iii A. Colamonico. Biostoria. Op. cit. Il filo,1998.iv A. Colamonico. Edgar Morin and Biohistory: the story of a paternity. In World Futures. Op. cit. 2005.vA Colamonico. Biostoria. Op. cit. Il filo, 1998.vi A.. Colamonico. Alla Palestra della mente: verso una topologia del pensiero complesso. Op. cit. il Filo 2006viiA Colamonico. Ricami di voli. Il filo. 1994.viii A. Colamonico. La spola. Il filo, 1994.