da A. Colamonico, M. Mastroleo. La Geometria della Vita nel Salto Eco-biostorico.Verso una topologia a occhio infinito della relazione Mente/mondo. Il Filo. Bari, 2010.(Cap. 2°, pp. 15-19)
Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio. L'uomo creativo osserva le cose vecchie con occhio nuovo. G. B. Bono
Sin dal suo primo affacciarsi sulla scena storica la fisica quantistica si pose come una pietra d’inciampo, un nodo semantico-cognitivo in grado di far scricchiolare la grande impalcatura della fisica classica, avendo introdotto un quid, il quanto, che determina il limite di una conoscenza incondizionata. Con la teoria dei quanti, nel primo ‘900, s’introduce una dimensione a grana fine di realtà che apre da un lato all’invisibile, il vuoto quantistico, come il campo primordiale di una realtà virtuale, fuori dalle categorie spazio-temporali classiche, e dall’altro a comportamenti quantistici che si lasciano osservare, modificandosi nell’atto stesso di lettura secondo il principio d'indeterminazione:
Interessante, al di là dello stesso paradosso, è l’idea di una natura bloccata con molte possibilità di processi, che restano sospesi sino a quando un occhio osservatore ne elaborerà un percorso, un’identità. Il paradosso, nato come gioco sulla stessa fisica quantistica, fa comprendere come di fatto sia lo stesso osservatore ad indirizzare il manifestarsi della vita, isolando la nicchia storica o campo di lettura, e nel contempo quella di significato che ne costituisce il campo semantico. In un sistema di campi-nicchie si moltiplicano i processi e si svelano ambiti sempre nuovi del manifestarsi della realtà, che approfondendosi nei complessi sistemi di lettura, si allontana e si dirada come il luogo dell’infinito.
Per la prima volta lo stesso osservatore entra nel processo esplorativo, per cui s’inizia a parlare di una realtà che si mostra condizionata da un occhio lettore che, con la sua azione ne modifica la struttura; il campo esplorativo, così, si sdoppia tra una realtà osservata che è il fuori ed una che osserva, il dentro:
Accettare il legame inscindibile osservato-osservatore-osservazione implica mettere il limite all’assolutezza dell’indagine che da incondizionata si fa relativa3, cioè condizionata alle scale di lettura, alle lenti-mappe cognitive dell’osservatore, alle categorie e alle geometrie logiche con cui si valutano e si ordinano le conoscenze.
Il limite se da un lato ha tolto spazio alle velleità onniscienti degli scienziati; dall’altro ha aperto il frattale conoscenza che si è moltiplicato con una crescita esponenziale, poiché giocando a variare le scale di lettura, gli occhiali interpretativi, le categorie logiche, esso ha assunto forme di coerenza sempre nuove con possibilità di applicazioni sempre più raffinate e più vicine alla grana fine della vita. In tale possibilità diversificata e diversificante dei modi di messa a fuoco del campo d’osservazione, la coscienza è entrata da protagonista nel processo esplorativo ed organizzativo dell’oggettivarsi della vita che non smette mai di sorprendere, svelando i lati nuovi si sé.
La coscienza4, perdendo la connotazione esclusivamente religiosa che l’aveva fatta oscurare nel secolo delle rivoluzioni borghesi, è vista oggi, biostoricamente parlando, a sua volta come un oggetto frattale, dinamico, plastico, aperto a mutazioni continue di scale e di grandezze che le permettono di attuare i salti logico-disciplinari nelle letture, in ogni tempo 0 di presente.
L’organizzazione di una coscienza a occhio allargato è lo snodarsi-annodarsi del pensiero nell’azione di messa a fuoco della realtà dalla dimensione quantistica a grana fine, a quella della bio-fisica mentale creando così le proprie nicchie storiche e sentimentali d’appartenenza. Immergendosi in se stessa la coscienza apre lo sguardo a tutto il suo sistema organizzativo, visto come un complesso oscillante, fragile e molteplice insieme di lievi percezioni. I quanti informativi formano e in-formano, dando vita agli stati mentali e nel contempo, agli stati di reali.
Nel gioco dinamico di dentro/fuori, la coscienza assume il mondo e se stessa5, come in un abbraccio vitale, in cui la sfera soggettiva s’intreccia con la sfera oggettiva, per cui il mondo assume le stesse connotazioni topologiche della coscienza e la coscienza quelle del mondo, come nella bottiglia di Klein o nel nastro di Möbius, che si formano/deformano insieme, in un uno/tutto, topologicamente organizzato. Il nastro di Möbius, ad esempio, è un sistema non orientabile poiché ogni volta che si fissa un orientamento, basta percorrere un giro completo lungo il nastro, per ritrovarsi nell’orientamento speculare, in cui destra e sinistra si sono scambiate (R. Courant H. Robbins, 2000).
Volendo semplificare, la coscienza costruisce il mondo, il mondo costruisce la coscienza e insieme entrano nel labirinto della vita che si manifesta, ad ogni passaggio, in un gioco di nodi-reti a campi-finestre in cui si focalizzano e si limitano gli aspetti e le dinamiche, che conservano memoria speculare del proprio essere che diviene (A. Colamonico, 2002).
Nel gioco esplorativo ed edificante della vita in senso lato, i differenti passaggi tra le differenti dimensioni vitali, inquadrate, non implicano la perdita di una data realtà; ad esempio, la struttura quantistica rimane in una struttura atomica come il sotto-strato vitale, subatomico, che fa da sfondo-collante alle dinamiche evolutive a grana più grossa:
La coscienza, come si può ben constatare, con i suoi stati cognitivi ed emozionali e con i suoi salti mentali che l’aprono a nuove visualizzazioni, entra nell’organizzazione di tutto il contesto gnoseologico, poiché se la conoscenza è il risultato di un negoziato silenzioso tra la natura in sé e l’osservatore, grande importanza assume l’occhio-mente di colui che guarda e visualizza quello che, egli stesso, con un atto decisionale, vuole visualizzare come oggetto:
Cercando d’approfondire meglio il ruolo dell’osservatore e della sua stessa mente-coscienza nella costruzione delle immagini di vita, necessita fare un veloce viaggio negli studi della bio-fisica quantistica. Secondo il fisico siciliano, Ignazio Licata (2008), la cognizione è un processo esteso, in cui la mente è un'emergenza dell'accoppiamento tra cervello e mondo, poiché l’atto cognitivo appartiene sempre alla “mente-nel-mondo… L’osservatore nasce con l’atto cognitivo ed esplica rappresentazioni del mondo, atto in cui soggetto ed oggetto collassano in entità distinte. La cognizione non è rappresentazione del mondo, ma un processo di generalizzazione di mondi connesso alla complessità dell’accoppiamento strutturale tra un organismo e l’ambiente…”6.
Accettando il limite della stessa azione dell’investigare che circoscrive i confini dello stesso osservatore/osservato, oggi, gli scienziati parlano dell’organizzazione della realtà come una struttura a più strati soggiacenti che prende corpo da una dimensione quantica di vuoto7. Esso non è un vuoto assoluto ma una forma di fluttuazioni primordiali che creano la condizione di energia minima di un sistema, quale stato fondamentale, un'entità dinamica dotata di incessanti fluttuazioni energetiche, dette particelle virtuali; una specie di sottofondo del mondo fisico da cui emergono le particelle reali, rilevabili, a loro volta descritte come oscillazioni di campo, in continua interazione con le fluttuazioni invisibili del vuoto quantistico (I. Licata, 2009).
Il vuoto(pieno) della fisica quantistica, ritenuto l’elemento più abbondante nell’universo, possiede una vibrazione ineliminabile, la fluttuazione del vuoto stesso, che si comporterebbe come un accordatore della sinfonia della vita, vista come un processo d’energia; una specie di dio-mamma che si fa utero delle mille e mille forme della vita (A. Colamonico, 2005, b).
L’idea di un sotto-strato vitale che racchiuda in sé la vita in senso ampio, a guardar bene, cambia la topografia e la stessa cosmologia della realtà che non è più vista come un processo senza bordo-confine che si espande verso un infinito che si pone come un oltre la realtà; ma come un processo delimitato da una membrana che lo racchiude pur salvaguardandone, nel suo interno, le libertà organizzative che si costruiscono nei tempi 0 di presente.
Dato il vuoto(pieno) quantico, l’uscita dal vuoto, secondo i fisici, è l’atto di nascita di un sistema individuo, in senso lato, atto che richiede uno strappo del velo dell’invisibile che separa la dimensione quantistica da quella classica, intesa questa seconda come il luogo del manifestarsi delle particelle reali della materia dalle forme più piccole a quelle più grandi.
Il processo che fa oltrepassare la dimensione quantica, aprendo alla dimensione classica, è quello d’emergenza 7 che da un vuoto fluttuante d’energia fa affiorare una forma embrionale organizzata che, a sua volta, perturberà il campo-bacino di appartenenza, iniziando ad assumere l’aspetto di una particella organizzata, visibile di realtà. Particella reale, iniziale, come lo stato sistemico primario che con successive aperture (ri-emergenze, ri-nascite) organizzative si diversifica, complicandosi (= implicandosi insieme) e retificandosi (= mettendosi in rete), fino ad assumere il livello più complesso che è la stessa coscienza dell’osservatore...
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1 “... Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme con la seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegra, ma anche in modo parimenti verosimile nessuno; se ciò succede, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato. La prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso…” E. Schrödinger. Die gegenwärtige Situation in der Quantenmechanik. Die Naturwissenschaften 23 (1935), pag. 812.© 2011- Antonia Colamonico
Tempo: Le due definizioni più rinomate, tempo oggettivo, e, tempo soggettivo, si basano sulla dicotomia tra la definizione di I. Newton "… Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente…” (Da I. Newton, Principi matematici, U.T.E.T., Torino 1989, pag. 105.), e quella psicologica, già posta da Sant’Agostino, che apre all’esperienza privata, individuale della percezione temporale.
Il primo, a scala quantitativa, è il tempo degli orologi, con il ritmo costante di successioni prive di significati; il secondo, a scala qualitativa, che si frantuma in ore e date che permettono di fare emergere, da un anonimo tempo, le “scaglie” di ricordi, di vissuti che si fissano nella coscienza, disordinatamente, come nei romanzi di I. Svevo e di M. Prust, in cui l’intreccio del racconto è un procedere a zig-zag nella memoria. In tale andare avanti e indietro si attua la frantumazione del tempo.
I fisici oggi, iniziano a mettere in crisi l’oggettività del tempo, si comincia a riflettere sull’inesistenza di un tempo indipendente dall’occhio lettore; ad esempio C. Rovelli (2010) sostiene l’inesistenza del tempo, poiché quando si parla di tempo lo si pone sempre su un piano di relazione con qualcosa “… non misuriamo mai il tempo in sé, misuriamo sempre delle variabili fisiche A, B, C… (oscillazioni, battiti, e molte altre) e confrontiamo sempre una variabile con l’altra, cioè misuriamo la funzione A (B), B (C), C (A)… e così via. È utile tuttavia immaginare che esista una variabile “t”, il vero tempo, che non possiamo mai misurare , ma che soggiace a tutto…”.1
Biostoricamente il tempo è il fuori della vita. Lo osserviamo solo come mutamento di spazio-forma, susseguirsi delle stagioni, ma non possiamo descriverne il colore, il suono, l'odore... semplicemente perché, il tempo è solo "presente" come "tempo 0" che segna il nodo di partenza del mutamento a seguito dell'informazione di evento (A, Colamonico, 2005 b).
Per essere più chiari, nella dinamica degli spazi, visti come degli in/formati, l'evento-fatto agisce da perturbatore che in/forma di sé lo campo di ricaduta della sua azione; nello spazio in/formato ogni perturbazione segna una micro-frattura che modifica la direzione della cresta storica, il pieno di spugna.
Il tempo è il punto-nodo di partenza (tempo 0) del cambiamento di direzione, per cui esso nasce/muore simultaneamente (A. Colamonico, 2010 b):
Accettare una simile mappatura, implica ammettere che gli eventi storici, incidendo gli spazio-tempi, sono i costruttori di trame di futuro. Essi non sono scontati, non entrano nel campo di un prevedibile certo, poiché essendo la scelta che ha preso indirizzo futuro, in un gioco di una molteplicità di strati spazio-temporali, possono presentarsi come dei non attesi, dei non ancora immaginati, rendendo aperto il sistema storia.
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1 C. Rovelli. Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio? Di Renzo Editore, Roma 2010, pag. 45.Stese la mano, verso l'interruttore e la luce la inondò. Guardò l'ora, le quattro. La sensazione di paura era rimasta sulla pelle, aveva caldo e freddo insieme. Non è da tutti essere abbracciati dalla morte. Aveva percepito nel dormiveglia una presenza nella stanza, un'ombra più scura del buio, che le si avvicinava. Serrò gli occhi terrorizzata, recitando un'avemaria. Di colpo l'ombra, con uno slancio, l'abbracciò. La tenne per un po', come se la cullasse, e pronta si dileguò. Agnese aspettò qualche minuto e aprì gli occhi. Ebbe voglia di bere.
L'incontro, se era poi un incontro, non era il presagio di una sventura, lo sentiva. Era stato come una carezza. Si, una carezza venuta da un'altra dimensione. Certo era bello sapere che in un altro livello di spaziotempo, sapessero di lei. Pensò ad un segno e sorrise.
Se è vero - si disse - che siamo semplice organizzazione di un vuoto quantistico che di emergenza in emergenza assume mille forme e dimensioni, cosa c'è di così folle nel credere ad incontri pluridimensionali? A proiezioni si spazi multi-temporali che si sfiorano in un contatto a livello di membrana, come un brivido di pelle?
Aveva trovato negli scritti di Enrico la definizione di vuoto: - Un campo invisibile denso d'energia in attesa di prender sagoma. Ecco, proprio come quell'abbraccio, di un “quasi nulla”, che si era fatto presente nell'avvolgerla e cullarla!
Se si considera la vita come uno spettacolo che si mostra ai cinque sensi, allora tutto è una molteplicità di sagome dalle forme più strambe. Ogni sagoma una storia e ogni storia un involucro di eternità che ha preso spessore, colore. Odore. Movimento. Tutto il movimento degli spazi è avvolto in quel “vuoto” che si prende cura a dare il volto alla vita. (da A. Colamonico. Il grido. 1° Ordito - Agnese 2)
"... ogni uomo è un ricercatore di significato che si può indagare con metodi differenti di indagine. “… c’è l’azione del semplice ricercare che porta alla registrazione dei fenomeni (1° livello cognitivo) in cui lo studioso elabora i cataloghi disciplinari e racchiude all’interno di una classe-famiglia la realtà. Si pensi ai ricercatori del ‘700 che compilarono i cataloghi botanici. In tale fase si dà il nome alle cose e si rilevano le qualità che vengono codificati in carte-modelli identificativi. C’è poi l’azione vera e propria dell’esplorare (2° livello) che porta il ricercatore a: focalizzare un campo di lettura, definire un periodo di osservazione, registrare i fenomeni che si presentano alla sua osservazione, leggerne le qualità, scoprirne le proprietà, teorizzare un modello di comportamento, formulare una legge… È l’idea tradizionale, potremmo dire classica, del modo d’esercitare la funzione di scienziato. In tale fase si indaga per lo più su campi che sono sufficientemente chiari e che rientrano in quelli che sono i canoni cognitivi conosciuti. Ma lo scienziato si trova anche di fronte ad un’atipicità dei fenomeni, per cui le carte-giustificazioni sin lì elaborate sono inadeguate a dare risposte di senso. Di fronte a tale diversità comportamentale lo scienziato ha due possibilità: o chiudere gli occhi e dire che si è di fronte ad un errore storico o cercare di allargare la sua conoscenza, aprendo gli occhi al nuovo. È in tale fase che subentra il 3° livello d’indagine. Si sposta la riflessione dai processi alle giustificazioni dei processi. È in tale fase che l’oggetto privilegiato dell’indagine diviene lo stesso osservatore, come il soggetto attivato a conoscere. Cercando di essere più semplici si passa da un piano di lettura del processo in sé a quello della carta-modello che giustifica il processo. Questo è il campo paradigmatico che apre la riflessione alla creatività con la scoperta di un nuovo campo scientifico, come un livello più raffinato della visualizzazione delle realtà… Da tale sfida gnoseologica è nato quello che oggi chiamo il paradigma biostorico… si pone su un piano di meta-storia e in quanto tale è trasversale alle discipline…”. A. Colamonico. I vuoti e i pieni della spugna biostorica: l’autoreferenzialità della vita. Abstract: Meeting Ai Margini del Caos, Firenze 20, 21 Novembre 2008 - Palazzo Strozzi.
Antonia Colamonico - Marcello Mastroleo
Indice
1° cap. Il nodo vitale oggetto/soggetto storico
2° cap. Lo stato attuale della conoscenza
3° cap. Il paradigma biostorico e la dinamica dell’occhio
4° cap. La funzione storica dell’osservatore nell’organizzare la realtà