Antonia Colamonico
In Pianetascuola, Ed. I.R.FO.S. Bari, nov.- dic. 2007, pp 21-25.
In una visione biostorica, il processo di naturalizzazione dello Spazio-Tempo è visto come un processo dinamico di stati di eterno presente che prendono corpo da piani di passato e tendono verso piani di futuro. In questo eterno attuarsi degli spazi e dei tempi, la Vita assume la dimensione di realtà che si presta ad essere: circoscritta, apostrofata, definita, misurata, confrontata, cioè studiata. L’azione del rendere conosciuta la dinamica presente implica un processo di neghentropia, come un riportare in vita la realtà che, essendo fatta di attimi che si susseguono, tende a morire, momento per momento, in un’immagine di vita.
L’osservato è il campo spazio-temporale che si vuole conoscere. Esso cade sotto gli occhi di un osservatore che, per espletare l’azione di lettura, dovrà imparare a ridurre a sé la realtà. Il ridurre implica l’azione del conoscere, come la capacità della mente umana e non solo, di costruire le immagini di significato, intorno alla realtà che sta osservando. Le immagini, come quanti informativi, permettono di dilatare la realtà alle dimensioni del ricordo (il passato) e del sogno (il futuro). Importante è sottolineare che la realtà e la conoscenza non si pongono nello stesso istante di vita, esiste uno scarto spazio-temporale che fa dei due momenti due quanti storici differenti, essendo un prima e un dopo.
Il dualismo campo di realtà/campo di lettura si pone come un rapporto a feed-back di causa↔effetto, in quanto l’azione dell’osservare imprime una perturbazione nel piano di realtà, il quale, a sua volta, si modifica in funzione della stessa esplorazione, assumendo una data dimensione storica. È, ad esempio, l’effetto che, in una classe, produce l’insegnante con un sorriso che porta l’alunno a risponde al sorriso. Tale capacità a modellarsi l’un/l’altro fa dei due, un’unica realtà di un grado superiore di complessità, complicità, comunicazione: il processo di coppia, in cui l’uno si fa due.
Cercando di essere più sintetici, la dinamica vitale è un processo perenne di perturbazione di campi storici, a più strati di complessità. L’essere soggiacenti l’uno nell’altro, implica un’organizzazione di sistemi in sistemi che variano in relazione alle ampiezze, ai gradi e alle profondità di osservazione e ai soggetti o oggetti o individui che entrano in relazione nell’insieme sistemico.
Il sistema come organizzazione vitale è un organismo, fatto di elementi che coabitano in uno spazio-tempo con un rapporto di uno-tutto: l’uno è il singolo elemento, ad esempio la foglia o la goccia o l’organo o l’alunno, che ha una funzione storica all’interno del sistema, poiché occupa uno spazio e consuma del tempo. Il tutto, come l’albero o la pioggia o il corpo o la classe, è l’insieme di tutti gli elementi che, interagendo, fanno sì che quel sistema viva, come realtà nuova, in quel dato spazio-tempo. Importante è la nozione di dato, intesa come momento storico che si presenta come una situazione vitale unica e irripetibile, essendo unici e irripetibili il tempo e lo spazio che lo hanno storicizzato. Da tale premessa, quindi, si può comprendere come la realtà, essendo sempre nuova, non si presti ad essere generalizzata. Sono le generalizzazioni che producono le visioni pregiudizievoli che rendono a-storiche, come fuori luoghi, le letture e sono tali letture che ci offendono, perché ci massificano.
È bene precisare che in un’organizzazione biostorica, l’azione del vivere non è solo dei vegetali o animali o umani, secondo le catalogazioni delle scienze illuministe che hanno originato le organizzazioni a rette parallele delle discipline che sono lette autonomamente come ad esempio nell’Enciclopedia. La vita è di tutto il sistema Universo che si pone come le pluralità complesse spazio-temporali che, interagendo assieme, secondo prerogative locali e individuali, assumono la dimensione di realtà. Realtà che prende differenti nomi in funzione delle finestre di osservazione e degli ambiti disciplinari.
È nello spazio-tempo che si definisce la vita, non in relazione alle letture storiografiche. I tempi-spazi di una montagna o di un’ape o di un fiore o di una nuvola o di un bambino o di un’idea o di un sorriso, sono relativi alle loro particolarità storiche che le hanno generate e non alla capacità di lettura dell’uomo: oggi si parla di ghiacciaio che vive e si muove verso il mare, poiché essendosi amplificate le capacità e le carte di lettura, gli studiosi si sono resi conto che l’aver definito il ghiacciaio come una realtà morta e immobile è decisamente falso.
Tutto ciò che assume storia, entra nel gioco dinamico della vita/morte. La vita e la morte sono i due poli entro cui il tutto si attua come un’evoluzione che presupponga il nascere, il vivere, il morire a seguito del processo di sintropia/entropia, come organizzazione/disorganizzazione. In tale bivalenza la storia è sempre attuale.
La vita stessa, nella lettura biostorica, assume un significato più ampio e allo stesso tempo più complesso, in quanto non è sufficiente considerare la vita come il consumare ossigeno o produrre energia o mangiare cibo o esercitare un lavoro. Essa è cosmica e si pone come la relazione individuo/campo che apre alla dialogica del vivere, intesa come il gioco comunicativo di risposte d’evento, messo in moto dai quanti storici che sono i promotori di vita. Per comprendere la dinamica biostorica si pensi ad uno sciame di api che si muova in voli individuali e collettivi che creano vortici, fughe e ritorni. In tale movimento lo sciame si storicizza come un uno-tutto.
La dinamica a organismo comporta che ci sia una comunicazione tra l’individuo-singolo e l’insieme-tutto, attraverso uno scambio di segnali che fanno sì che ognuno sia informato dell’altro. In tale scambio di informazioni (= azioni che prendono forma), essi si pongono come il limite-confine dell’altro. Non ha storia l’uno, senza l’altro e inoltre il limite fa sì che lo spazio d’azione non sia illimitato, ma circoscritto a regole d’organizzazione che determinano i differenti comportamenti. Le regole costituiscono l’essenza identificativa dello stesso insieme, ad esempio se la foglia si pone come limite del ramo e il ramo come limite della foglia, la loro interazione è soggetta a delle regole di funzionamento che rendono pur nella diversità dei ruoli, vivo il sistema albero. Venendo meno il modo di agire, automaticamente l’insieme muore. L’interiorizzazione delle regole organizzative è la prerogativa dell’acquisizione storica che fa di ogni individuo e di ogni insieme tutto, un soggetto storico e dunque un reale.
Riflettendo sul significato di quanto sin qui affermato si può elaborare un esempio didattico, facile da comprendere:
Essendo dunque storia-vita la classe si pone come una realtà a sé che non si presta ad essere generalizzata, nella mente del docente. Non esiste una classe generica se non nei libri, ma tale classe è di carta, come il gatto della fiaba Il topo di campagna e il topo di città.
Se la classe 1^ C assume identità storica, momento per momento, essa va letta non secondo categorie rigide e assolute che chiudono in una immagine ferma nel tempo l’idea su di essa elaborata, ma in modo plastico, dinamico, aperto ad ogni variazione minima che ne fa una realtà sempre nuova e pronta a migliorare/peggiorare, in relazione al modo come lo stesso docente saprà porgersi.
Importante è sottolineare che, se la realtà, precedentemente definita come la dialogica individuo/campo, è soggetta alle risposte d’evento, la classe è aperta al cambiamento, per cui se il docente saprà ben giocare il suo ruolo/funzione, egli potrà rendere più vitale l’intero sistema 1^ C. Cercando di essere più espliciti, in una conoscenza biostorica necessità sviluppare un occhio di lettura sdoppiato o, meglio, allargato all’uno e al tutto, al sé e ai fuori di sé. In tale pluridimensione si può agire ad esempio e sulla parte, alunno Luigi, e sulla classe tutta, 1^ C, e sul dentro, l’insegnante, e sul fuori, gli alunni. Per cui se Luigi non studia o studia male, si può aiutarlo a studiare meglio, agendo non tanto sul campo ristretto, Luigi stesso, ma su quello allargato, classe e, in una lettura ancora più raffinata, su se stessi, il campo docente: è importante, ad esempio, lo stato d’animo con cui l’insegnante entra in classe, se la sua mente è libera o meno da pregiudizi o da stati di ansia o da disinteresse o da rabbia per situazioni che hanno poco a che fare con la classe.
L’educatore non è un fattore neutro nella dinamica comunicativa. Egli con la sua postura, la sua mimica, il suo sopracciglio alzato, ecc. influenza la dinamica relazionale e a volte cambiando semplicemente il modo di guardare o di gesticolare o di formulare un giudizio si può migliorare o peggiorare la relazione educativa.
L’azione didattica, inoltre, non è altra cosa rispetto al processo storico, non può essere destoricizzata, essa è un fatto storico con una precisa collocazione spazio-temporale che la fa essere in sincronia/disincronia con tutto l’insieme classe che la definisce.
Per una corretta lettura tre sono i campi di ricaduta dell’azione, su cui si potrà operare per migliorare la qualità della realtà classe: l’alunno, nel nostro caso, Luigi; il gruppo classe, la 1^ C; il docente. Imparando ad osservare gli effetti di ricaduta dell’azione didattica si potrà constatare che:
Agendo al bordo del problema potranno scattare le dinamiche emulative che faranno sì che Luigi, per essere all’altezza del gruppo classe e del professore, si metta a studiare, oppure gli atteggiamenti di solidarietà che porteranno gli allievi ad aiutarsi e a sentirsi tutti, responsabili di tutti. Potranno mettersi in moto, anche, gli atteggiamenti di comprensione che faranno sorridere di fronte allo sbaglio, divenendo così tutti più tolleranti, poiché più disposti ad accettare gli altri, nonostante i limiti cognitivi.
Un errore che fanno alcuni docenti e le stesse mamme, quando aiutano i bambini nello studio, è infierire sull’errore, perché non si tiene conto che l’apprendimento richiede un tempo di acquisizione, come capacità ad elaborare-interiorizzare l’ordine informativo. Il tempo di apprendimento, come il passaggio da un stato di disordine ad uno di ordine, è un fatto privato, intimo, relativo al soggetto che apprende e non a chi insegna: qui entra in gioco un altro elemento importantissimo nella visione biostorica, l’autoreferenzialità del soggetto che apprende. La conoscenza non è un dato che si possa trasferire asetticamente e automaticamente da un individuo ad un altro, ma è un appreso, in quanto è il soggetto, come realtà autoreferenziale, il costruttore di conoscenza. Egli conoscendo impara a saper vivere e ciò, con un processo di feed-back positivo, alimenterà l’autostima che a sua volta sosterrà il nuovo impegno.
(Intelligenze a confronto, Daniela Biganzoli)
Ordinando, selezionando, catalogando, confrontando, il soggetto dà il significato-valore al movimento della vita, valore che si deposita come eco informativo nella memoria. Gli echi storici come trame del vivere, attraverso un gioco di ombra/luce affiorano dal campo profondo della memoria, permettendo all’individuo di saper agire: in tale movimento si attua la traslazione del passato nel futuro che rende perenne e presente la storia.
Imparare a leggere la vita come insieme uno-tutto, porta a sviluppare una capacità complessa di lettura, per cui amplificandosi i modi di interpretare la realtà, parallelamente si amplificano le definizioni di realtà:
Una mamma, ad esempio, sa che se ha due figli, ogni figlio ha un suo modo di relazionarsi a lei, per cui se con uno dovrà essere decisa e chiara nel dialogo; con l’altro, assumendo una simile posizione lo allontanerebbe e quindi userà più dolcezza per condurlo alla soglia della maturità.
Lo stesso discorso si può applicare ad una classe, per cui se pur il docente è uno, si dovrà fare trino per ottenere delle risposte positive da tutti. In questa plasticità di modi si esplica a pieno la funzione docente che non è possibile definire in una decalogo di comportamenti, poiché necessità di empatia e di razionalità, insieme; di grande sensibilità e di ampia conoscenza che vedano impegnati entrambi gli emisferi del cervello umano.
In questo senso entrano in gioco le carte di lettura, come strumenti idonei a visualizzare i movimenti della dinamica vitale, per intervenire sulle necessità concrete e la forma mentis del docente:
La capacità a dare risposta, a tutte le domande, è l’esercizio della nuova funzione docente... (continua).
© 2011- Antonia Colamonico