Lo sguardo biostorico tra echi di realtà e tempi 0
2a Nicchia
L'accoglienza della novità
Antonia Colamonico
Lo sguardo biostorico tra echi di realtà e tempi 0
L'accoglienza della novità
Il processo creativo e il dispiegamento degli spazi-tempi frattali
Premessa
Crisi di lettura di un occhio univoco-sequenziale
Antonia Colamonico
Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio. L'uomo creativo osserva le cose vecchie con occhio nuovo. G. B. Bono
Oltre la linearità di lettura
Nel prologo a L’Universo Sapiente il fisico G. L. Schroeder (2002), interrogandosi sulle origini dell’organizzazione della vita, dice:
- "... Ogni particella, ogni essere, dall’atomo all’essere umano, sembra contenere al suo interno un livello di informazione, di intelligenza consapevole… l’idea che all’origine dell’esistenza vi possa essere un elemento non fisico come l’informazione o l’intelligenza non sminuisce in alcun modo gli aspetti fisici delle nostre vite...."
L’informazione sembrerebbe, alle soglie del terzo millennio, avvolgere l’umanità, come alghe profonde e stratificate in un oceano, da cui l’uomo, nella sua piccolezza infinitesimale, sembra non riuscire a venirne a capo.
L’informazione, oltre ad aver invaso l’economia, la politica, la vita quotidiana, le strade, le stazioni metropolitane, gli scaffali dei supermercati, gli studi dei dentisti, le cucine di casa, i telefonini degli studenti; inizia la sua scalata alla materia, al pensiero, alla stessa costruzione profonda della vita (Lwoff, 1974).
L’informazione, vera star del XXI secolo, con tutte le sue sfumature di significati:
- spiazza, disorienta, isola, avvicina, scava e crea correnti di umori, di emozioni, di condivisioni, di dissensi, di mode, di paure, di ordini, di sistemi, di organismi.
Da semplice dato che mostra all'occhio osservatore la presenza di un quid, si sta trasformando essa stessa in organizzatore di realtà.
A tutti i livelli esplorativi si coglie la presenza di un filo-codice che entra nelle maglie organizzative delle identità storiche.
La scoperta di una complessità informativa a più livelli soggiacenti di spazi-tempi, sta di fatto rivelando la molteplicità del reale, con la messa in discussione delle certezze, elaborate nel corso degli ultimi cinquecento anni dalla Cultura Occidentale e non solo.
Volendo provare, con un processo neghentropico, a risalire tale groviglio di flussi semantici e organizzativi, per comprenderne a pieno l’ampiezza storica del fenomeno informazione, si può partire dalla constatazione di una profonda crisi nel rapporto osservato-osservatore che sta rivelando un ribaltamento nelle logiche di lettura dei processi (Morin, 1993).
Ribaltamento dovuto allo sconfinamento, come un’interferenza-rumore, tra chi guarda e chi è guardato; tra chi legge e chi è letto.
[...] La constatazione della forza rigeneratrice della natura che risponde ai fattori aleatori edificando processi nuovi (effetto farfalla), limita il determinismo fisico, secondo cui la natura deve ineluttabilmente seguire il suo corso, secondo una sequenzialità lineare di causa-effetto.
Secondo la scienza classica, una volta isolato e identificato un processo naturale, esso diviene percorso-legge ben definito, tanto che si può calcolare con certezza matematica il suo divenire nel tempo (orologio).
Una simile organizzazione produce, a sua volta, come effetto di ricaduta sull’occhio-mente osservatore, una linearità, rigidità e assolutezza di visione:
- unica la dinamica, unica la lettura.
Si possono spiegare, così, gli irrigidimenti ideologici di destra e di sinistra che hanno prodotto gli estremismi e le divisioni con i relativi eccidi di massa del ‘900 (Morin, 2001).
Dalla rigidità mentale nasce l’interpretazione univoca della natura e della storia. Dalla rigidità dell’interpretazione della natura e della storia, quella univoca della mente:
- le due si assolutizzano e rinforzano a vicenda.
In tale nodo storico di vincolo visione-processo si può leggere tutta la miseria del novecento, che ha portato al livello estremo la concezione di Laplace. I genocidi e i lager sono il risultato delle menti malate di linearità, di titanismo e di assolutismo:
- la razza perfetta, lo stato perfetto, la chiesa perfetta, la famiglia perfetta, l’uomo perfetto, il padre perfetto, il marito perfetto, il figlio perfetto.
L’alea, introducendo l’indeterminismo, ha dato nuovo ossigeno al gioco storico-naturale con una visione aperta di futuro:
- i processi non sono necessariamente consequenziali, da un processo può scaturirne, per sdoppiamento, uno completamente nuovo che annulli il precedente o lo ridimensioni.
Ma cosa significa un futuro aperto se non dare lettura all'imperfezione, al disordine, all’imprevisto, all’errore, alla malattia e offrire loro nuova dignità, integrandoli nel dialogo vitale.
La dinamica di processo, aperta alle alee di percorso, visualizza un’innegabile asimmetria tra i piani passato-futuro; mentre il passato è un costruito che non può essere modificato; il futuro è invece un costruibile che si presta a delle continue modificazioni, per effetto della forza creatrice della natura e dell’uomo che rispondono alle strozzature o agli stalli evolutivi con la loro intelligenza (Popper, 1984).
Ecco come si spiega l’importanza data alla stessa informazione nel processo d’organizzazione della natura, visto come un apprendimento di tutta quanta la casa cosmica (Capra, Steindl-Rast, 1993).
La capacità d’inventare equilibri nuovi permette alla storia di liberarsi del passato che non è più, da solo, il garante del futuro. È quello che C. M. Cipolla (1974) definirebbe “il passato è morto”.
Da un punto di vista biostorico, il passato muore nell'istante in cui il suo paradigma non è più accettabile a giustificazione dei fenomeni, intendendo per paradigma le strutture sovra-logiche che giustificano le scale di valore di una data gnoseologia (Khun, 1978).
Sono le scale di valore che aprono ai mondi possibili o meglio alle futurizazzioni dei tempi 0, che rendono sempre presente la vita.
Ma facciamo un passo indietro. Distinguendo il passato, come l’area dello spazio-tempo fattuale (che è stato fatto-costruito-dato); dal futuro, come area dello spazio-tempo del fattibile (che può essere fatto-costruito-dato), si assegna al primo lo spazio di una visione chiusa; al secondo quello di una visione aperta (Colamonico, 1993).
Il futuro, pur influenzato dal presente, rimane sempre legato a tutte le ipotesi, essendo il mondo del possibile. La liberazione implica, a livello mentale, imparare a confrontarsi con l’imprevisto, il non immaginato, l’impensato, l’inatteso.
In una visione di futuro a campo aperto, il passato entra marginalmente nella costruzione storica, in quanto non necessariamente può imprimere il senso-direzione alla edificazione della sua struttura.
Per comprendere tale mutamento di prospettiva si dovrà iniziare a pensare alla struttura della storia come ad una realtà bio-fisico-informativa complessa e non lineare come invece è rappresentata nella carta temporale del Cellario, utilizzata nelle scuole, in cui la storia è scomposta in:
- Preistoria → Storia antica → Medioevo → Età moderna → Storia contemporanea (Colamonico, 1993).
Con occhio biostorico, la storia è un’organizzazione naturale d’edificazione di spazi-tempi-fatti che nel corso del tempo ha assunto e assume una struttura a spugna, per effetto della gemmazione degli eventi.
La spugna, a sua volta, è una struttura complessa in costruzione che contiene l’informazione dell’uno-tutto, pur aprendosi a espansioni nuove.
Per comprendere meglio è bene precisare che la dinamica dei quanti perturba lo stato del presente, modificando gli stadi vitali che potranno assume differenti forme-creste evolutive (Colamonico, 2002).
Procedendo con ordine, si può comprendere il salto di visione dalla linearità alla complessità e riflettere sui sistemi di lettura, d’indagine:
- Se il passato non è il garante del futuro, automaticamente gli appresi e i conosciuti, come il bagaglio informativo accumulato e custodito, non sono più sufficienti per saper rispondere alla vita. La scoperta dell’incompletezza delle letture ha prodotto in questi anni, come effetto, lo smarrimento delle menti. Il caos informativo è emerso in tutti i campi della conoscenza, tanto che molti hanno profetizzato, la morte dell’Occidente o per eccesso d’informazione (Toffler,1988) o per corto circuito degli eventi (Baudrillard, 1993). E si è registrata l’insorgenza di una schizofrenia collettiva.
Ma quale è il fattore scatenante di tale follia umana?
Se di follia si può parlare, la risposta è semplice:
- nella incapacità di lettura della complessità. La mente umana non viene educata a leggere la complessità, vista come una molteplicità di linee evolutive che si perturbano insieme e si auto-organizzano, ri-perturbandosi nuovamente, secondo un processo di retroazione positiva, esponenziale.
Nel corso degli ultimi secoli, sono stati privilegiati i sistemi sequenziali, nell'organizzazione delle informazioni. La catalogazione, la stesura, la memorizzazione, l’osservazione, ecc. delle informazioni, avvenivano secondo ordini temporali lineari di successione, di causa-effetto.
L’organizzazione alfabetica della scrittura, ad esempio, è una successione temporale di lettere-parole-periodi che rendono linea il discorso con il corrispettivo occhio di lettura.
Lo stesso non può dirsi di uno schizzo pittorico in cui l’artista visualizza un disordine informativo che assume una particolare armonia visiva dall’interazione del pieno/vuoto di segno:
- Qui, gli spazi assumono un pari valore al fine dell’effetto sematico-visivo e l’occhio-lettore è libero di focalizzare e muoversi sul tutto, libertà dell’occhio (Rovetta, 2002), scegliendo, di volta in volta, il fuoco di lettura (Hubel, 1989).
In un testo narrativo, invece, alla linearità di scrittura-lettura, che scinde il pieno (lo scritto) dal vuoto (il bianco della pagina), attribuendo a questo un valore 0, corrisponde una scissione mentale tra il contenuto-contenitore; per cui il contenuto emerge, il contenitore scompare, secondo un gioco di ombra/luce che porta a scindere la realtà in sequenze disciplinate.
Lo stesso avviene nell’azione d’esplorazione della realtà, quando l’occhio osservatore, nel processo di lettura, mette a fuoco l’individuo-oggetto, isolandolo dal campo e inizia ad indagarlo. La capacità ad isolare, rendere isola, dà oggettività all’individuo-oggetto, attribuendogli un’entità storica (Putnam, 1993); ma nel contempo lo separa dal campo che lo contiene, non visualizzando i legami-fili che costituiscono gli interscambi informativi individuo-campo/campo-individuo, con le relative perturbazioni.
Nello studio, ad esempio, del moto armonico smorzato del pendolo, le variazioni del campo nel tempo erano indifferenti, ai fini della lettura, per cui si poteva tranquillamente affermare la ripetitività del tracciato di volta in volta. Oggi grazie ai sensori di un computer, si è dimostrato che ogni tracciato è un percorso nuovo, unico, per effetto delle risposte, di volta in volta, del campo, tanto che si parla di una costruzione a otto ( 8 ) (Gleick, 1989).
Le letture unidirezionali e univoche, negando valore a parti del tutto non risultano sufficienti a gestire l’alea, in quanto non aprono la mente alla visualizzazione di tracce di imprevisti.
La capacità a giocare su più fuochi e su differenti livelli semantici può essere considerata la risposta alla gestione delle alee.
Sdoppiare l’occhio di lettura è il salto di paradigma che bisognerà compiere:
- un occhio-mente che sappia vedere insieme le dinamiche individui/campi/lettori.
Ma un occhio sì fatto è schizato, poiché sa focalizzarsi su più dinamiche nello stesso tempo, come un sensore con cento occhi.
- È fortemente dinamico in quanto si muove ad angolo sferico.
- È paradigmatico in quanto sa attuare i salti di registro semantico, aprendosi a nuove scale di valore.
- È un occhio topologico che si muove per costrutti di mappe e non solo per costrutti di periodi.
Ma per partorire tale nuova capacità di lettura è importante partire da una visione a salti-finestre nella lettura della dinamica storica (Colamonico, 1993). [...]
L'occhio-mente Eco-biostorico è la "lente-cognitiva" per affrontare le sfide della Complessità, leggendola come un'organizzazione vitale di un unico Sistema in sistemi, di un uno/tutto che si presta ad essere esplorato e compreso come una fioritura a frattale di "fatti-tempi-spazi" di senso storico-semantico, ogni "senso" è una "direzione" di futuro che permette allo stesso Osservatore di anticipare, con un gioco di proiezioni di effetti, le possibili evoluzioni storiche.
In una simile impostazione di visione della Conoscenza, il futuro si fa campo di indagine, privilegiato, per l'ideazione di risposte storiche e in tale prospettiva nell'impostazione delle didattiche di insegnamento c'è un cambio di indirizzo che rende vecchie le precedenti metodologie di insegnamento delle discipline a sistemi chiusi e costringe a rimodellare il modo di porgere la conoscenza, a sistema biostorico, a uno/tutto, potenziando nei ragazzi, futuri cittadini:
- il saltare dalla mente che così saprà ordinare non solo un già conosciuto, ma il non ancora visto creando le visioni di spazi-tempi-fatti nuovi... in vista di un benessere comune. Tale mutamento dell'occhio-sgardo permettere il take-off della Conoscenza, come campo-nicchia da cui prenderanno le trame gli eventi.
In tale prospettiva si edifica la democrazia che non è una semplice idea o tipologia di società, ma essenzialmente, profondamente, un modello organizzativo del pensiero.
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da A. Colamonico. Edgar Morin and Biohistory: the story of a paternity. In World Futures Vol. 61 - n° 6, pp. 441-469. Taylor & Francis Group - August 2005Viaggio dentro la parola parti-cella topologica
1. Quanto storico:
Volendo provare a disegnare le linee di dinamica biostorica, si può partire proprio dalla visione del campo globale (finestra a massima apertura che fa vedere il tutto) e con un processo neghentropico di risalita degli impulsi-segni cercare di isolare l'evento 1, quale qualità energetico-creatrice elementare dell'insieme. Esso costituisce, anche, il campo1... come la carica prima propulsiva che permetterebbe il generarsi, a catena, degli altri eventi, spazi, tempi. Porre il concetto di campo in relazione a quello di evento, permette di studiarli entrambi con una visione a fuoco sdoppiato sia come nicchia di spazio-tempo interessata all'azione, delimitante il contorno-habitat, sia come la carica auto-propulsiva generatrice, costituente la forza-segno-spinta. Con tale visualizzazione allargata, si può definire l'evento come fatto vitale e il campo come nicchia-sacca-stanza di tempo-spazio che garantisce la vita.
Fatto-tempo-spazio (a. Colamonico, 1973) non sono delle entità a sé, come realtà autonome e svincolate l'una dall'altra, bensì elementi costitutivi e inscindibili dello stesso quanto storico:
- non può esistere un evento senza un tempo-spazio, così pure uno spazio senza un tempo-evento e un tempo senza uno spazio-evento.
La relazione che unisce in un'unità multipla i tre elementi può essere letta come la chiave di accesso all'indagine biostorica, in quanto, i tre, sono l'uno nell'altro e non possono essere scissi, se non per esigenze di lettura..."1 (p.43)
La dinamica vitale è il processo di futurizzazione, impresso ai campi di realtà dai quanti storici che sono i promotori di vita.
[...] "... L’evento, quale spinta-propulsiva elementare, può essere definito il quanto1 storico che una volta attuatosi si annulla, sprigionando la sua forza nello spazio. Il perdersi è l’elemento entropico che fa perdere memoria del suo passaggio, pur turbando e segnando l’habitat.
L’attuarsi, o meglio l’oggettivarsi, segna l’inizio del tempo, quale massa a tempo 0 che è il punto-forza di partenza del mutamento per ricaduta dell’effetto prodotto nello spazio.
La ricaduta che non produce identità2 è la forza auto-propulsiva, generatrice di altre dinamiche con nuovi eventi, nuovi spazi, nuovi tempi.
Semplificando si può isolare il quanto storico3, quale esplosione elementare che, mutando l’habitat, irreversibilmente, lo dilata4. Considerato poi che lo spazio è pluridimensionale e si allarga a più coordinate, anche gli effetti di evento, seguendo diverse linee evolutive, si espanderanno a raggiera e ciascun percorso avrà un suo tempo di elaborazione-risposta all’evento iniziale.
La crescita di una simile dinamica sarà di tipo esponenziale, essendo l’effetto di evento un processo moltiplicatore e non sommatorio, per cui da un evento 1 si potranno generare ad esempio 10 eventi 2, e da questi 200 eventi 3 e così all’infinito.
Leggendo... la dinamica prodotta dall’evento, essa sarà lineare/rotatoria, come uno scatto/vortice:
- lo scatto o fuga indica la direzione-spinta ( @ ) in avanti.
- Il vortice-massa ( · ), l’attrattore5 che conduce al nuovo evento, quale azione equilibratrice dello spazio e nello stesso tempo destabilizzante del nuovo grado di ordine.
Ordine/disordine sono le due linee di letture di un medesimo effetto, l’una si pone in relazione al prima, l’altra al dopo.
Le due fasi di scatto/vortice determinerebbero la discontinuità del processo, come una intermittenza di fasi:
- 1. rottura di simmetria -> apertura dello spazio-tempo,
- 2. creazione di nuova simmetria6 -> chiusura dello spazio-tempo.
Ad ogni grado di ordine corrisponde una forma diversa del sistema di funzione, come perdita di identità della forma iniziale ed acquisto di una nuova identità.
Volendo disegnare il movimento dei quanti si può costruire un campo con delle masse-fughe di evento che generano una visione di tipo pirotecnico.
Elementi della dinamica7 storica sarebbero, dunque:
- lo scatto in avanti, come si può notare dalla mappa, la rottura della simmetria e la perdita dell’evento da un lato;
- dall’altro lato l’acquisto-consolidarsi di un nuovo evento, la perdita del tempo, la simmetria della forma.
Il passaggio da un prima ad un dopo, spiega la discontinuità della linea della storia che avanza a salti, come l’apertura a nuovi spazi-orizzonti e la chiusura-cristallizzazione dei nuovi confini; nuova apertura e nuova chiusura... così come si evolve un fuoco di artificio con spazi di luci e buio di luci.
- Le luci sono gli eventi, il buio è l’assenza di evento, le prime sono lo stato del mutamento, il secondo lo spettro vuoto del mutamento.
- Il vuoto è quella porzione di dinamica inaccessibile all’occhio osservatore8.
L’uomo non riesce a cogliere le fasi di processo intermedio tra un evento e la risposta ad esso, per questo ad ogni risposta segue, sempre, un grado di imprevisto.
E l’imprevisto è la libertà di risposta del campo-habitat all’azione.
Maturana e Varela in L’albero della conoscenza9, cercando di porre le basi per uno studio biologico della conoscenza umana, fanno un’interessante distinzione tra le mappe esterne di una dinamica di processo e la rete delle connessioni interne10. Essi scindendo la mappa dalla rete, sottolineano la diversità tra l’apparire e l’essere.
L’essere come totalità di legami di un sistema aperto o vivente, non è accessibile all’occhio osservatore, in quanto egli percepisce solo la forma esterna o l’apparire dello stesso. Questa è in parte la spiegazione della differenza tra corpo e sistema vivente:
- è dato leggere il contorno uomo o bambino o foglia o sole, ma non l’essenza dinamica e autopropulsiva che tiene in vita tali sistemi. Solo fermando l’attimo vitale si può espletare l’azione di lettura. Ma il fermare è il far morire l’essere.
Applicando tale intuizione alla lettura della dinamica biostorica si può spiegare come l’osservatore colga le forme di eventi (fatti) e non le dinamiche che le hanno innescate (trame). Queste sono solo presumibili, immaginabili e quelli in quanto forme, non possono contenere tutta la complessità del reale.
Il conoscere è un ridurre la realtà all’occhio lettore11, come un condurre a sé, un assoggettare alle propria storia o vissuto. Per questo l’atto di conoscenza non è mai definitivo e si presta ad essere messo in discussione da ogni nuovo elemento o parametro di esplorazione:
- la consapevolezza del limite gnoseologico è la migliore garanzia alla libertà a conoscere.
Volendo ora provare a mappare le più importanti dinamiche generate da un quanto storico, si possono isolare differenti evoluzioni in rapporto allo spazio-tempo, alla velocità e alle diversità naturale dei campi-ambienti di propagazione...)1 (p.47-48)
2. Quanto informativo:
".... L’evento attuandosi si annulla nello spazio-tempo ed il suo perdersi, turbando il campo vitale, lascia un segno-eco, quale filo del suo passaggio che si presta ad essere rintracciato, chiamato, misurato, conosciuto, elaborato, trattato, trasformato, traslato in spazi-tempi nuovi che, anch’essi a loro volta, subiranno l’erosione della caduta di quell’evento.
Di tutta la dinamica biostorica l’osservatore/attore può conoscere solo le informazioni che egli stesso codifica dei fenomeni. Gli esperimenti, le leggi, le relazioni, le visualizzazioni e tutte le molteplici operazioni che l’io compone e scompone, come un tessuto intrecciato a più fili, non gli permettono di uscire da un sistema di parole, quale simbolo o metafora che si fa numero, sillaba, formula, linea, modello...
La stessa relazione elementare multipla, cellula-atomo-idea, ad esempio, posta nelle pagine precedenti, più che come un oggetto di realtà, va colta come un ordine informativo del gioco vitale, posto e costruito per espletare una lettura frattale inter-correlata del processo biostorico.
Uno dei limiti della cultura classica, colti da E. Morin, è l’aver confuso il piano osservato con quello osservatore, per cui si parlava in senso assoluto delle parole-conoscenze, come entità a sé, e non in senso funzionale:
- ogni parola-conoscenza è valida sino a quando riesce ad assolvere una precisa funzione storica che la lega al suo contesto.
La parola, quale simbolo o metafora di realtà, è alla base della conoscenza e si presenta come un detto2 che pone fuori, dando un nome, un reale dal tutto: in questo far uscire essa dà senso e significato al reale isolato; infatti ad ogni parola corrisponde un’immagine-forma di senso.
La conoscenza è un dire e non dire insieme, in quanto presuppone la facoltà dell’io a dare valore e insieme a negare valore a parti di realtà: gli enunciati, i primi; i taciuti, i secondi.
La parola, come un simbolo-metafora di una porzione di realtà che è isolata da un tutto, chiama, appella e dà dei confini, degli attributi, delle caratteristiche, delle prerogative, secondo degli ordini informativi.
Dare il nome è l’atto primo per attuare conoscenza.
Presupporre insieme il dare e il non dare senso fa scaturire la proprietà fondamentale del detto, cioè la sua ambiguità che si può riassumere nei due abiti contenuto-contenitore:
- il primo è quello formale, quale segno-metafora-significato che dichiara, definisce, delimita;
- il secondo è la veste informale, quale segno-significato che vela, nasconde altre possibilità di senso.
Da tale bivalenza senso-non senso nasce, poi il gioco di conoscenza che si chiude e si allarga alle diversità dei fenomeni del reale con un processo di espansione.
Ad esempio il nome mamma, indica la madre di un bambino, ma anche il capolino terminale del carciofo che si sviluppa prima di quelli laterali.
L’ambiguità è la plasticità della parola che può essere rovesciata, aprendosi con un salto analogico a significati nuovi, ma l’aprirsi presuppone il superamento dell’assolutezza e l’accettazione di un pluriverso di sensi4, in rapporto a più occhi-contesti di lettura.
Solo accettando l’ambiguità si può iniziare a coltivare la mente con i giochi di apprendimento5, quali voli analogici che aprono nuove frontiere di senso....)1 (p.63-64)
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1 - Da A. Colamonico. Biostoria. Il filo. Bari, 1998.
L'osservatore ap-prende la vita e la chiude in un significato. Questo è la spiegazione di un quid che è un oltre il piano-lettura. In tale presa di realtà, quell'appreso assume una connotazione finita, circoscritta, nella carta di lettura.
Nell'organizzazione biostorica, l'Osservatore è il l'anello che tiene uniti la coscienza del Io-sé e il mondo, ed è, contemporaneamente, il filtro che interpreta, dando un significato alle differenti situazioni, oggetti delle letture, creando le scale di valore (+ o -) con le coordinate per le scelte, nella realizzazione dei fatti.
Ogni atto di nascita segna l'inizio dell'alloggiamento nella Storia. La struttura organizzativa della vita è una forma frattale a spugna, con pieni/vuoti che fanno assumere ad essa una topologia, a nicchie-vuoti e a creste-pieni.
Il Pensiero di ogni osservatore storico è il campo di coltura degli eco-informativi che rendono possibili le proiezioni a multi-strato e a multi-verso dello spazio-tempo, mentale e storico.
Ogni viaggio di conoscenza è il frutto di un quid "quanto storico" che se percepito come lieve variazione del campo, permette di far emergere un "quanto informativo" che come una bolla, di senso chiuso, è un isolato e identificato storico.
© 2012- Antonia Colamonico
L'Uno/tutto della vita
2a Nicchia - L'accoglienza della novità
Il processo creativo e il dispiegamento degli spazi-tempi frattali
1° Campo
Antonia Colamonico © 2012 - Il filo, Bari
Indice Quaderno di Biostoria, n° 6
Lo sguardo biostorico tra echi di realtà e tempi 0
Il ruolo storico dell'Osservatore nella costruzione della realtà multi-proiettiva.
- Campo. Il punto 0 - L'occhio-mente dell'osservatore nell'azione storica
- Campo. La finestra - La visione a tempi 0 e l’azione di orlatura di realtà
- Campo. Il buio - Il vuoto cognitivo e l'apertura dello spazio individuo/campo
- Campo - La novità della scoperta - L'importanza del dare un nome
L'accoglienza della novità - Il processo creativo e il dispiegamento degli spazi-tempi frattali.
- Campo: Le carte storiche - La lente caleidoscopica
- Campo: Le trame di echi - Le visioni-narrazioni di “fatto-tempo-spazio” ponti di derive storiche
- Campo: Il fine storico - I vestiti storici e le differenze di funzione negli orizzonti di letture
( Antonia Colamonico. © 2011/2012 Il filo, Bari)