Codice della Crisi di impresa al via: cambiano fallimento e procedure concorsuali

lunedì 25 luglio 2022

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1° luglio 2022 con decorrenza a partire dal 15 luglio 2022 il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 con modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (dopo il correttivo introdotto dal Dlgs 147/2020) in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza).

Entra così finalmente in vigore dopo numerosi rinvii il nuovo Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza che introduce importanti modifiche sulla disciplina della previgente legge fallimentare e su tutti gli istituti delle procedure concorsuali in essa contenute.

Il nuovo codice ha dichiaratamente l'obiettivo di prevenire la crisi di impresa mettendo a disposizione dell'imprenditore stesso una serie di strumenti finalizzati ad evitarla, ovvero quando ciò non è possibile, a favorire una più semplice regolamentazione della procedura liquidatoria del patrimonio dell'impresa stessa.

Per questi motivi la norma introduce dapprima i nuovi strumenti quali la composizione negoziata della crisi, i piani di risanamento, le convenzioni di moratoria, i piani di ristrutturazione soggetti a omologazione, gli accordi di ristrutturazione, i concordati e, soltanto come estrema soluzione, la liquidazione giudiziale che sostituisce non solo processualmente, ma anche terminologicamente il vecchio "fallimento".

Rimandando a successivi approfondimenti la descrizione dei nuovi istituti introdotti dal codice indichiamo di seguito, in maniera sintetica, le novità principali della riforma.

Le nuove definizioni e la rinnovata disciplina processuale.

L'art. 2 del Codice introduce una nuova definizione del concetto di crisi. espressamente definita come "lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi";

L'art. 7 del Codice prevede una "trattazione unitaria delle domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza". stabilendo che "le domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza sono trattate in un unico procedimento e ogni domanda sopravvenuta è riunita a quella già pendente".

Il procedimento è disciplinato dai successivi artt. 37 e seguenti.

Novità importante è costituita dal fatto che, seppur a specifiche condizioni previste dalla norma: "nel caso di proposizione di più domande, il tribunale esamina in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata".

Il nuovo codice riunisce tutte le ipotesi di insolvenza e, dunque, sia la crisi dell'imprenditore commerciale che di quello civile con la sola esclusione degli enti pubblici.

Vengono infatti ricomprese nelle procedure previste dal codice anche quella già disciplinate dalla legge n. 3/2012 (crisi da sovraindebitamento).

Rispetto all'interruzione dell'attività imprenditoriale, viene sempre preferita (ove possibile) la continuità aziendale anche in caso di concordato preventivo, rispetto all'ipotesi della liquidazione (come già detto considerata quale estrema soluzione).

Gli adempimenti richiesti alle imprese

Al fine di evitare di incorrere in procedure di insolvenza alle imprese vengono richiesti determinati adempimenti. In particolare:

  • disporre di un assetto organizzativo (o in mancanza dotarsene) idoneo a rilevare tempestivamente lo stato di crisi ai fini dell’assunzione di idonee iniziative (così come previsto dall'art. 375 CCII che modifica l’art. 2086 del Codice Civile. La nuova versione della norma impone all'imprenditore di: "istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale" nonchè di "attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".;

  • l'imprenditore è chiamato a controllare l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni, lesistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti, l'esistenza di esposizioni nei confronti di banche e altri intermediari finanziari scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti se rappresentano almeno il 5% delle esposizioni, nonchè l'esistenza di una o più esposizioni debitorie nei confronti di creditori pubblici (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate Riscossione);

  • la nuova disciplina, attribuisce all’organo di controllo della società il dovere di segnalare, per iscritto, all’organo di amministrazione la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza per l’accesso alla composizione negoziata attraverso la nomina dell’esperto indipendente. L’organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) è altresì destinatario delle segnalazioni di esposizioni debitorie rilevanti della società effettuate dai creditori pubblici qualificati (es: Agenzia Entrate, Agenzia Entrate Riscossione, ecc.).

Le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati

Il Codice della crisi impone ai creditori pubblici qualificati di eseguire specifiche segnalazioni. In particolare devono essere segnalate sia all’impresa debitrice e sia organo di controllo:

  • da parte dell’Inps, il ritardo di oltre 90 giorni nel versare contributi previdenziali che superino, per le imprese con lavoratori subordinati e para-subordinati, il 30% di quelli dovuti nell’anno precedente nonché alla soglia di 15mila euro e, per quelle senza tali lavoratori, alla sola soglia di 5mila euro;

  • da parte dell’Inail, il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento dei premi assicurativi di ammontare superiore a 5mila euro;

  • da parte dell’agenzia delle Entrate, un debito Iva di oltre 5mila euro scaduto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche;

  • da parte degli agenti della riscossione, i crediti affidati per la riscossione, scaduti da oltre 90 giorni, superiori per le imprese individuali a 100mila euro, per le società di persone a 200mila euro e, per le altre società, a 500milaeuro.

La segnalazione inviata da tali soggetti deve, altresì, contenere l’invito all'imprenditore a chiedere la composizione negoziata della crisi, ove ne ricorrono i presupposti.

La composizione negoziata per la soluzione della crisi

Viene introdotto il nuovo istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

E' possibile attivare la procedura "allorquando risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa".

Essenzialmente consiste in uno strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, di natura volontaria e stragiudiziale (che ricalca quanto già previsto dal DL 118/2021) che si propone con ricorso al Registro delle Imprese (e non al Tribunale) tramite apposita piattaforma telematica (attiva dal 15 novembre 2021) all'esito del quale viene nominato un esperto chiamato a gestire la procedura.

Il Compito dell’esperto è agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.

Ricevuta l'istanza di apertura della procedura il segretario generale della camera di commercio, entro i due successivi giorni lavorativi, la trasmette ad una specifica commissione istituita pressa la Camera di commercio stessa che, nei cinque giorni lavorativi successivi, provvede alla nomina dell’esperto, selezionandolo da un apposito elenco  nel quale possono essere inseriti, a seguito di specifica formazione:

  • gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili;

  • gli iscritti da almeno cinque anni all’albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa;

  • gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati;

  • possono inoltre essere inseriti nell’elenco coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza.

L’esperto, accettato l’incarico, convoca l’imprenditore per valutare la sussistenza di concrete prospettive di risanamento dell'impresa.

Nell'ambito della procedura sono state introdotte misure misure protettive per condurre a termine le trattative in corso per la composizione assistita della crisi (es: impedire avvio di esecuzioni forzate) anche limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori o a determinati creditori (cfr. art. 18, comma 3 CCI).

In forza dell'art. 18 del D. Lgs14/2019, infatti, "L'imprenditore può chiedere, con l'istanza di nomina dell'esperto o con successiva istanza presentata con le modalità di cui all'articolo 17, comma 1, l'applicazione di misure protettive del patrimonio. L'istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all'accettazione dell'esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa".

Dal giorno della pubblicazione della detta istanza e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata.

L'ufficio del registro imprese comunica all'impresa l'avvenuta pubblicazione dell'istanza ricevuta la quale l'imprenditore deve contestualmente depositare ricorso presso il Tribunale competente perchè disponga la ratifica delle misure protettive.

Al ricevimento del numero di ruolo da parte del Tribunale e comunque entro 30 giorni dalla pubblicazione sul registro delle imprese, l'imprenditore deve chiedere la pubblicazione nel Registro delle imprese del numero di ruolo assegnato dal Tribunale presentando apposita istanza alla Camera di Commercio.

La durata delle misure protettive non può superare i 240 giorni.

L'esperto avvia, quindi, le trattative con le altre parti interessate e, all'esito di tali incontri, se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio, al fine di disporre l’archiviazione dell’istanza.

In ogni caso se decorrono 180 giorni dalla nomina dell'esperto senza che le parti abbiano individuato una soluzione per la cirsi l'incarico deve intendersi concluso.

All'esito l’esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e ne dà comunicazione all’imprenditore.

Laddove sia impossibile utilizzare tale istituto il debitore può accedere, a determinate condizioni, a un concordato liquidatorio (cosiddetto semplificato, vedi più avanti) nel quale il creditore non può esprimere un voto, ma se è contrario alla proposta può opporsi all’eventuale omologa dell'accordo.

Il Concordato semplificato (non autonomo)

Viene definito semplificato perchè ha caratteristiche più snelle rispetto al concordato classico ed è diversa la procedura in quanto non è prevista una fase di ammissione, non vi è la presenza del giudice delegato e del commissario, non è riconosciuto il diritto di voto ai creditori e non è richiesto di garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai creditori.

Non è, dunque, una procedura autonoma, ma come detto vi si può accedere solo in caso di esito negativo della composizione negoziata della crisi.

La proposta di omologazione del concordato semplificato deve essere presentata con ricorso nel termine di sessanta giorni dal deposito della relazione finale (negativa) da parte dell’esperto, avanti al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha il c.d. “COMI” ( centro principale dei propri interessi). ed è soggetta alla pubblicità nel registro delle imprese.

Dalla data della pubblicazione della domanda nel registro delle imprese si producono i seguenti effetti:

  • i crediti sorti durante di procedura sono prededucibili;

  • è fatto divieto ai creditori di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti;

  • le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni antecedenti alla data di pubblicazione sono inefficaci;

  • i creditori privilegiati non soddisfatti integralmente concorrono con i chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo.

Il Tribunale, previa acquisizione della relazione finale dell’esperto, pronuncia decreto con cui nomina un ausiliario al quale viene assegnato un termine per il deposito del parere circa la fattibilità del piano e ordina all’imprenditore che la proposta, il parere dell’ausiliario e la relazione finale dell’esperto siano comunicati ai creditori, fissando altresì l’udienza per l’omologazione.

I creditori hanno termine per opporsi sino a dieci giorni prima dell’udienza fissata.

Il Tribunale, provvede, quindi, con decreto motivato, immediatamente esecutivo e soggetto alla pubblicità nel registro delle imprese, all’omologazione (o meno) del concordato.

Il concordato omologato è vincolante per tutti i creditori che però mantengono impregiudicati i loro diritti nei confronti di garanti e fidejussori.

Avverso il decreto di omologa è possibile proporre reclamo dinanzi alla Corte d’Appello nei successivi trenta giorni dalla comunicazione.

L'ausiliario vigila sull'adempimento del concordato e sulla sua corretta esecuzione.

Ogni creditore e l’ausiliario, su istanza di uno di essi, possono chiedere la risoluzione del concordato per inadempimento, a condizione che questo non sia di scarsa importanza , entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato. In tal caso la risoluzione apre la strada alla liquidazione giudiziale.

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

Viene Introdotto il nuovo strumento del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione consistente in una proposta di soddisfacimento dei debiti rivolta ai creditori suddivisi in classi senza che questa debba necessariamente rispettare il dettato degli artt. 2740 e 2741 c.c. pur essendo previsto che i lavoratori debbano essere soddisfatti entro trenta giorni dell’omologazione che può intervenire solo se tutte le classi di creditori votano a favore.

Perchè sia omologato il piano è necessaria l’attestazione sulla fattibilità da parte di soggetto abilitato.

Gli accordi di ristrutturazione

Sono disciplinati dagli artt. 57 e seguenti del Codice.

Secondo la definizione normativa "Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza, con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’articolo 48 ".

In sostanza trattasi di accordi che l'imprenditore (di qualsiasi natura), a seguito di trattative, può stipulare con i creditori purchè gli stessi rappresentino almeno il 60% del totale dei crediti. Gli accordi per essere efficaci sono comunque soggetti ad omologa con la stessa procedura prevista per il concordato preventivo.

Gli accordi devono essere, comunque, idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei nei seguenti termini:

a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione.

Anche in tal caso la veridicità dei crediti e la possibilità di soddisfare i creditori entro dette tempistiche è assicurata dall'attestazione di un professionista imparziale

La misura del 60% dei creditori è ridotta alla metà (al 30%), nelle ipotesi di accordi agevolati che possono essere utilizzati: quando il debitore:

  • non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi;

  • non abbia già richiesto e, comunque, rinunci a richiedere misure protettive temporanee

Previsti, infine, gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa che vincolano, cioè, anche i creditori non aderenti alle seguenti condizioni:

a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti;

b) l’accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta;

c) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria;

d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale;

e) il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo.

I creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo possono proporre opposizione al Tribunale.

La convenzione di moratoria

E' un nuovo istituto utilizzabile da ogni tipo di imprenditore, anche non commerciale che è svincolato dai limiti dimensionali dell'impresa.

Consiste in un accordo volto alla dilazione delle scadenze dei crediti o alla rinuncia agli atti o alla sospensione delle azioni esecutive o conservative e di ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito.

A differenza di quanto già previsto dalla Legge Fallimentare che ammetteva le convenzioni di moratoria solo fra l’imprenditore e le banche o gli intermediari finanziari, il Codice della Crisi consente di estenderne gli effetti ad ogni creditore, a condizione che la singola tipologia di credito possa essere collocata in una categoria i cui componenti abbiano aderito alla convenzione in percentuale non inferiore al settantacinque per cento.

L’art. 62 del Codice della Crisi prevede che : “la convenzione di moratoria conclusa tra un imprenditore, anche non commerciale, e i suoi creditori, diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi (…) è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria”.

E' però indispensabile che tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, nonché sulla convenzione e i suoi effetti.

Al fine di estendere gli effetti della convenzione anche ai creditori non aderenti, è inoltre necessario che vi siano concrete prospettive per gli stessi per le quali, possano risultare soddisfatti in misura non inferiore rispetto a quanto avverrebbe con la liquidazione giudiziale.

La sussistenza dei crediti deve essere confermata da un professionista attestatore.

La norma prevede che, raggiunto l’accordo con il 75% dei creditori appartenenti alla medesima categoria sia necessario comunicare la convenzione, insieme alla relazione del professionista attestatore, ai creditori non aderenti, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale.

Entro trenta giorni dalla comunicazione i creditori non aderenti hanno la possibilità di proporre, comunque, opposizione avanti al Tribunale che decide in camera di consiglio con sentenza reclamabile in Corte d’Appello.

Il concordato preventivo

Rimane in vigore seppur con alcune modifiche l'istituto già noto del concordato preventivo.

Tra le novità si segnale che viene resa meno stringente la tutela dei posti di lavoro nelle ipotesi di continuità aziendale con la previsione che la stessa sia perseguita "per quanto possibile" (cfr. art. 84 CCII);

Viene specificata, inoltre, la nozione di risorse esterne (cfr. art. 84 CCII) prevedendo che: "4. Nel concordato con liquidazione del patrimonio la proposta prevede un apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10 per cento l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20 per cento del loro ammontare complessivo.

Come per il piano omologato si prevede che le risorse esterne possano essere distribuite in deroga agli artt. 2740 e 2741 C.C., "purché sia rispettato il requisito del 20 per cento".

Secondo la norma si considerano esterne "le risorse apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, di cui il piano prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali".

In sede di giudizio di omologa, cambiano, inoltre i criteri di valutazione del Tribunale a seconda che si tratti di concordato in continuità o liquidatorio (cfr. art. 112 CCII) favorendo le possibilità di omologa nel primo caso proprio al fine di favorire la continuità aziendale.

La transazione fiscale

Solo nell’ambito del procedimento per concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti è ammessa la possibilità per il contribuente di presentare una domanda di transazione fiscale che può riguardare tutti i crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, ma sono esclusi da tale possibilità i tributi locali.

Il procedimento di transazione fiscale è obbligatorio in tutte le ipotesi in cui sia previsto il pagamento parziale o dilazionato dei crediti fiscali e contributivi. In tal caso è ammessa anche la c.d. "falcidia" dei debiti relativi ad Iva ed alle ritenute operate e non versate.

Per gli accordi di ristrutturazione dei debiti l’articolo 63, comma 2-bis del Codice della crisi, stabilisce che tali accordi in ordine ai debiti tributari sono omologabili dal tribunale anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, se tale adesione è conveniente per l’erario rispetto alla liquidazione del debitore e determinante per raggiungere la soglia minima di adesioni richiesta ai fini dell’efficacia degli accordi.

La liquidazione giudiziale

Come detto viene eliminato dal codice il concetto di fallimento e introdotto quello della liquidazione giudiziale, considerata l'extrema ratio delle procedure concorsuali.

Testualmente si legge che: "Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d)" e cioè non può trattarsi di imprese c.d. "minori" (con un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; con ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore con un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila).

La procedura è regolata dagli artt. 121 e ss del Codice e può essere aperta o a seguito di risoluzione del concordato o in via autonoma su richiesta di un creditore, del PM, degli organi e delle autorità amministrative preposte a funzioni di controllo e vigilanza sull’impresa ovvero del debitore stesso.

Il tribunale, su istanza dei soggetti legittimati procede all’apertura della liquidazione giudiziale.

In caso di pendenza di un procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale introdotto da un soggetto diverso dal debitore, l’art. 40 del Codice di Impresa prevede una preclusione che impone al debitore di presentare domanda di accesso a uno strumento alternativo di regolazione della crisi e dell’insolvenza nel medesimo procedimento entro la prima udienza a pena di inammissibilità, fatta salva la possibilità di riproporla all'esito della procedura di liquidazione.

Nell’ipotesi di domanda proposta da un creditore o da coloro che hanno funzioni di controllo o di vigilanza sull’impresa o dal P.M. l’art. 40 prevede che il ricorso e il decreto di convocazione siano notificati a cura dell’ufficio all’indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato o di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti.

A differenza della previgente disciplina della notifica del ricorso e del decreto previsto dalla legge fallimentare, nell'ipotesi in cui la notifica a mezzo pec non vada a buon fine è previsto l’inserimento dell’atto, a cura della cancelleria, nell’area web riservata di cui all’art. 359 del Codice e il perfezionamento della notifica a decorrere dal terzo giorno successivo a tale inserimento.

Tale area web dovrà essere realizzata dal Ministero dello sviluppo economico (sentita l’Agenzia per l’Italia digitale) con successiva emanazione di un regolamento da parte dello stesso Ministro dello sviluppo economico (di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro per la pubblica amministrazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali).

Fino all’emanazione di tale regolamento, in caso di esito negativo della notifica a mezzo pec, quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, per cause non imputabili al destinatario, la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona a norma presso la sede risultante dal registro delle imprese o, per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, presso la residenza.

Quando la notificazione non può essere compiuta con tali modalità la notifica si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese ovvero presso la residenza per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese e si perfeziona al momento del deposito, così come già previsto dall'art. 15 comma comma 3 L.F.

L’art. 43 disciplina la rinuncia alla domanda di apertura della liquidazione giudiziale (originariamente chiamata “desistenza”) con relativa estinzione del procedimento e possibilità altresì di condanna alle spese della parte che ha dato causa al giudizio.

L’apertura della procedura, come per il "vecchio" fallimento è disposta con sentenza, con la quale il tribunale nomina il giudice delegato e il curatore.

Un'importante novità è costituita dalla previsione dell’autorizzazione al curatore ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari, nonché alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e della documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari.

Anche nel nuovo sistema rimane fermo il principio per cui non è possibile pronunciare sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia complessivamente inferiore a euro 30 mila (art. 49, comma 5).

Rimangono fermi gli organi già previsti per il fallimento (curatore, giudice delegato, tribunale e comitato dei creditori).

Il curatore è l’organo cui compete l’amministrazione del patrimonio da liquidare, sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.

Una novità è costituita dal fatto che per rendere più veloce la procedura il curatore procede alle operazioni di liquidazione contemporaneamente alle operazioni di accertamento del passivo, e non più solo successivamente ad esse.

Per quanto riguarda i rapporti processuali, l’art. 143, comma 3, CCII conferma che l’apertura della liquidazione giudiziale determina l’interruzione del processo, ma specifica che "il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre da quando l’interruzione viene dichiarata dal giudice"

L’art. 146 del Codice della Crisi di Impresa prevede che le quote degli assegni alimentari, degli stipendi e delle pensioni che non vengono ricomprese nella liquidazione, poiché riferiti a quanto occorre per il mantenimento del debitore e della sua famiglia, vengono determinati dal giudice delegato «sentiti il curatore ed il comitato dei creditori».

Per gli effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori, la nuova disciplina specifica che il termine a ritroso per l’individuazione del periodo sospetto deve essere calcolato a partire dalla data in cui è stata depositata "la domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale".

Con riferimento ai rapporti di lavoro, la nuova disciplina specifica che «l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro»: 1) «non costituisce motivo di licenziamento»; e che 2) «[i] rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa restano sospesi fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi, oppure vi receda» (art. 189, comma 1).

L'accertamento del passivo non prevede differenze particolari rispetto alla previgente disciplina della legge fallimentare.

Si segnala, però, la previsione dell'art. 201, comma 10 che espressamente prevede l'assoggettamento della procedura di verifica alla sospensione feriale dei termini.

Novità anche per quanto riguarda le domande tardive, in quanto l'art. 208 prevede la riduzione da dodici mesi a sei mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo per la presentazione delle stesse.

Ampliata la possibilità di "esercizio provvisorio" dell'impresa quando "dall’interruzione può derivare un grave danno, purché la prosecuzione non arrechi pregiudizio ai creditori".

L’esercizio provvisorio può essere disposto dal tribunale già con la sentenza che dichiara aperta la procedura di liquidazione giudiziale, ovvero successivamente dal giudice delegato, su proposta del curatore, previo parere favorevole del comitato dei creditori (art. 211).

Ai sensi dell'art. 212 in alternativa all’esercizio provvisorio il Giudice Delegato può autorizzare l'affitto di azienda.

Confermato l'utilizzo del c.d. programma di liquidazione con la precisazione, ai sensi dell'art. 213, che nel programma deve essere indicato «il termine entro il quale avrà inizio l’attività di liquidazione dell’attivo ed il termine del suo presumibile completamento», che non potrà eccedere i cinque anni dal deposito della sentenza, salvi i casi di eccezionale complessità.

In questi casi il Giudice delegato può differire il termine a sette anni (art. 213).

Non ci sono particolari novità per la distribuzione delle somme ai creditori. Il procedimento per il riparto è disciplinato dagli artt. 220 ss. CCII, con invio telematico del progetto ai creditori, che hanno quindici giorni di tempo dalla comunicazione per proporre reclamo.

L’art. 233 CCII disciplina le ipotesi di chiusura, che sono, di fatto, le stesse dell’attuale art. 118 l.fall. pur con la precisazione che, nei casi di chiusura di procedure relative a società di capitali per mancanza di passivo, o per integrale pagamento dei crediti, la società ritorna in bonis.

In tal caso il curatore deve convocare l’assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell’attività ovvero per la sua cessazione.

L'esdebitazione

Con il nuovo codice della crisi di impresa l'istituto dell'esdebitazione già previsto per la persona fisica (dopo la chiusura del suo fallimento purchè vi sia stato il pagamento almeno parziale dei creditori e il fallito abbia tenuto, durante la procedura, un comportamento diligente e corretto) viene esteso anche alla persona giuridica.

L'esdebitazione consiste nella dichiarazione di inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti nell'ambito di una procedura di liquidazione giudiziale e può essere richiesta a partire dal terzo anno dall’apertura del concorso o contestualmente al decreto di chiusura della procedura, (se antecedente) ovvero entro due anni se il debitore ha richiesto una composizione negoziata e si è visto aprire una liquidazione giudiziale o controllata.

Tale beneficio non può essere concesso se il debitore è stato condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta o per delitti contro economia pubblica, industria e commercio o altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa

Non è possibile accedere all’esdebitazione nelle ipotesi in cui il debitore abbia compiuto attività fraudolente o se abbia ostacolato lo svolgimento della procedura o quando si è già ottenuta nei cinque anni precedenti ovvero già per altre due volte.