Procedure concorsuali

Nell'ordinamento giuridico italiano, per anni la principale procedura concorsuale liquidatoria, che coinvolge l'imprenditore commerciale con l’intero patrimonio e i suoi creditori è stata rappresentata dal fallimento, disciplinato dal regio decreto legge 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), e successive modifiche tra le quali il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 e da successivi ed ulteriori provvedimenti normativi.

A far data dal 15 luglio 2022 con l'entrata in vigore del Codice della crisi di impresa la materia è stata profondamente riformata con l'eliminazione totale della terminologia "fallimento" e l'introduzione di una serie di procedure alternative alla risoluzione della c.d. crisi di impresa che prevedono solo in ultima analisi la liquidazione dell'intero patrimonio del debitore come avveniva per il fallimento.

Per questi motivi la norma introduce dapprima i nuovi strumenti quali la composizione negoziata della crisi, i piani di risanamento, le convenzioni di moratoria, i piani di ristrutturazione soggetti a omologazione, gli accordi di ristrutturazione, i concordati e, soltanto come estrema soluzione, la liquidazione giudiziale che sostituisce appunto non solo processualmente, ma anche terminologicamente il vecchio "fallimento".

Le nuove definizioni e la rinnovata disciplina processuale.

L'art. 2 del Codice introduce una nuova definizione del concetto di crisi. espressamente definita come "lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi";

L'art. 7 del Codice prevede una "trattazione unitaria delle domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza". stabilendo che "le domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza sono trattate in un unico procedimento e ogni domanda sopravvenuta è riunita a quella già pendente".

Gli adempimenti richiesti alle imprese

Al fine di evitare di incorrere in procedure di insolvenza alle imprese vengono richiesti determinati adempimenti. In particolare:

  • disporre di un assetto organizzativo (o in mancanza dotarsene) idoneo a rilevare tempestivamente lo stato di crisi ai fini dell’assunzione di idonee iniziative (così come previsto dall'art. 375 CCII che modifica l’art. 2086 del Codice Civile. La nuova versione della norma impone all'imprenditore di: "istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale" nonchè di "attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".;

  • l'imprenditore è chiamato a controllare l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni, lesistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti, l'esistenza di esposizioni nei confronti di banche e altri intermediari finanziari scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti se rappresentano almeno il 5% delle esposizioni, nonchè l'esistenza di una o più esposizioni debitorie nei confronti di creditori pubblici (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate Riscossione);

  • la nuova disciplina, attribuisce all’organo di controllo della società il dovere di segnalare, per iscritto, all’organo di amministrazione la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza per l’accesso alla composizione negoziata attraverso la nomina dell’esperto indipendente. L’organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) è altresì destinatario delle segnalazioni di esposizioni debitorie rilevanti della società effettuate dai creditori pubblici qualificati (es: Agenzia Entrate, Agenzia Entrate Riscossione, ecc.).

Le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati

Il Codice della crisi impone ai creditori pubblici qualificati di eseguire specifiche segnalazioni. In particolare devono essere segnalate sia all’impresa debitrice e sia organo di controllo:

  • da parte dell’Inps, il ritardo di oltre 90 giorni nel versare contributi previdenziali che superino, per le imprese con lavoratori subordinati e para-subordinati, il 30% di quelli dovuti nell’anno precedente nonché alla soglia di 15mila euro e, per quelle senza tali lavoratori, alla sola soglia di 5mila euro;

  • da parte dell’Inail, il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento dei premi assicurativi di ammontare superiore a 5mila euro;

  • da parte dell’agenzia delle Entrate, un debito Iva di oltre 5mila euro scaduto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche;

  • da parte degli agenti della riscossione, i crediti affidati per la riscossione, scaduti da oltre 90 giorni, superiori per le imprese individuali a 100mila euro, per le società di persone a 200mila euro e, per le altre società, a 500milaeuro.

La segnalazione inviata da tali soggetti deve, altresì, contenere l’invito all'imprenditore a chiedere la composizione negoziata della crisi, ove ne ricorrono i presupposti.

Per la soluzione delle crisi di impresa la nuova normativa prevede la possibilità di ricorrere ai seguenti istituti giuridici

La composizione negoziata per la soluzione della crisi

Viene introdotto il nuovo istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa che essenzialmente consiste in uno strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, di natura volontaria e stragiudiziale al quale si può accedere con ricorso al Registro delle Imprese (e non al Tribunale) a seguito del quale viene nominato un esperto chiamato a gestire la procedura.

Nell'ambito della stessa sono state introdotte misure misure protettive per condurre a termine le trattative in corso per la composizione assistita della crisi (es: impedire avvio di esecuzioni forzate) anche limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori o a determinati creditori (cfr. art. 18, comma 3 CCI).

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione consiste in una proposta di soddisfacimento dei debiti rivolta ai creditori suddivisi in classi senza che questa debba necessariamente rispettare il dettato degli artt. 2740 e 2741 c.c. pur essendo previsto che i lavoratori debbano essere soddisfatti entro trenta giorni dell’omologazione che può intervenire solo se tutte le classi di creditori votano a favore. Perchè sia omologato il piano è necessaria l’attestazione sulla fattibilità.

Gli accordi di ristrutturazione

Sono disciplinati dagli artt. 57 e seguenti del Codice.

Secondo la definizione normativa "Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza, con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’articolo 48 ".

In sostanza trattasi di accordi che l'imprenditore (di qualsiasi natura), a seguito di trattative, può stipulare con i creditori purchè gli stessi rappresentino almeno il 60% del totale dei crediti. Gli accordi per essere efficaci sono comunque soggetti ad omologa con la stessa procedura prevista per il concordato preventivo.

Gli accordi devono essere, comunque, idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei nei seguenti termini:

a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione.

Anche in tal caso la veridicità dei crediti e la possibilità di soddisfare i creditori entro dette tempistiche è assicurata dall'attestazione di un professionista imparziale

La misura del 60% dei creditori è ridotta alla metà (al 30%), nelle ipotesi di accordi agevolati che possono essere utilizzati: quando il debitore:

  • non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi;

  • non abbia già richiesto e, comunque, rinunci a richiedere misure protettive temporanee

Previsti, infine, gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa che vincolano, cioè, anche i creditori non aderenti alle seguenti condizioni:

a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti;

b) l’accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta;

c) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria;

d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale;

e) il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo.

I creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo possono proporre opposizione al Tribunale.

La convenzione di moratoria

E' un nuovo istituto utilizzabile da ogni tipo di imprenditore, anche non commerciale che è svincolato dalle dimensioni dell'impresa.

Consiste in un accordo volto alla dilazione delle scadenze dei crediti o alla rinuncia agli atti o alla sospensione delle azioni esecutive o conservative e di ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito.

A differenza di quanto già previsto dalla Legge Fallimentare che ammetteva le convenzioni di moratoria solo fra l’imprenditore e le banche o gli intermediari finanziari, il Codice della Crisi consente di estenderne gli effetti ad ogni creditore, a condizione che la singola tipologia di credito possa essere collocata in una categoria i cui componenti abbiano aderito alla convenzione in percentuale non inferiore al settantacinque per cento.

L’art. 62 del Codice della Crisi prevede che : “la convenzione di moratoria conclusa tra un imprenditore, anche non commerciale, e i suoi creditori, diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi (…) è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria”.

E' però indispensabile che tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, nonché sulla convenzione e i suoi effetti.

Al fine di estendere gli effetti della convenzione anche ai creditori non aderenti, è inoltre necessario che vi siano concrete prospettive per gli stessi per le quali, possano risultare soddisfatti in misura non inferiore rispetto a quanto avverrebbe con la liquidazione giudiziale.

La sussistenza dei crediti deve essere confermata da un professionista attestatore.

La norma prevede che, raggiunto l’accordo con il 75% dei creditori appartenenti alla medesima categoria sia necessario comunicare la convenzione, insieme alla relazione del professionista attestatore, ai creditori non aderenti, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale.

Entro trenta giorni dalla comunicazione i creditori non aderenti hanno la possibilità di proporre, comunque, opposizione avanti al Tribunale che decide in camera di consiglio con sentenza reclamabile in Corte d’Appello.

Il concordato preventivo

Rimane in vigore seppur con alcune modifiche l'istituto già noto del concordato preventivo.

Tra le novità resa meno stringente la tutela dei posti di lavoro nelle ipotesi di continuità aziendale con la previsione che la stessa sia perseguita "per quanto possibile" (cfr. art. 84 CCII);

Viene specificata la nozione di risorse esterne (cfr. art. 84 CCII) prevedendo che: "4. Nel concordato con liquidazione del patrimonio la proposta prevede un apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10 per cento l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20 per cento del loro ammontare complessivo.

Come per il piano omologato si prevede che le risorse esterne possano essere distribuite in deroga agli artt. 2740 e 2741 C.C., "purché sia rispettato il requisito del 20 per cento".

Secondo la norma si considerano esterne "le risorse apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, di cui il piano prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali".

In sede di giudizio di omologa, cambiano, inoltre i criteri di valutazione del Tribunale a seconda che si tratti di concordato in continuità o liquidatorio (cfr. art. 112 CCII) favorendo le possibilità di omologa nel primo caso, seppur a determinate condizioni.

La transazione fiscale

Solo nell’ambito del procedimento per concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti è ammessa la possibilità per il contribuente di presentare una domanda di transazione fiscale che può riguardare tutti i crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, ma sono esclusi da tale possibilità i tributi locali.

Il procedimento di transazione fiscale è obbligatorio in tutte le ipotesi in cui sia previsto il pagamento parziale o dilazionato dei crediti fiscali e contributivi. In tal caso è ammessa anche la c.d. "falcidia" dei debiti relativi ad Iva ed alle ritenute operate e non versate.

Per gli accordi di ristrutturazione dei debiti l’articolo 63, comma 2-bis del Codice della crisi, stabilisce che tali accordi in ordine ai debiti tributari sono omologabili dal tribunale anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, se tale adesione è conveniente per l’erario rispetto alla liquidazione del debitore e determinante per raggiungere la soglia minima di adesioni richiesta ai fini dell’efficacia degli accordi.

La liquidazione giudiziale

Come detto viene eliminato dal codice il concetto di fallimento e introdotto quello della liquidazione giudiziale, considerata l'extrema ratio delle procedure concorsuali.

Con la liquidazione giudiziale tutti i creditori devono chiedere di essere ammessi al passivo (cioè dimostrare la loro qualità di creditori e l'entità del credito richiesto) e, quindi, il Curatore nominato dal Tribunale, sotto il controllo del Giudice delegato e del Collegio del Tribunale provvede a liquidare l'intero patrimonio del debitore per soddisfare i crediti.

Testualmente la norma prevede che: "Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d)" e cioè non può trattarsi di imprese c.d. "minori" (con un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; con ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore con un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila).

La procedura è regolata dagli artt. 121 e ss del Codice e può essere aperta o a seguito di risoluzione del concordato o in via autonoma su richiesta di un creditore, del PM, degli organi e delle autorità amministrative preposte a funzioni di controllo e vigilanza sull’impresa ovvero del debitore stesso.

L’apertura della procedura, come per il "vecchio" fallimento è disposta con sentenza, con la quale il tribunale nomina il giudice delegato e il curatore.

Non è possibile pronunciare sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia complessivamente inferiore a euro 30 mila.

L'esdebitazione

Con il nuovo codice della crisi di impresa l'istituto dell'esdebitazione già previsto per la persona fisica (dopo la chiusura del suo fallimento purchè vi sia stato il pagamento almeno parziale dei creditori e il fallito abbia tenuto, durante la procedura, un comportamento diligente e corretto) viene esteso anche alla persona giuridica.

L'esdebitazione consiste nella dichiarazione di inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti nell'ambito di una procedura di liquidazione giudiziale e può essere richiesta a partire dal terzo anno dall’apertura del concorso o contestualmente al decreto di chiusura della procedura, (se antecedente) ovvero entro due anni se il debitore ha richiesto una composizione negoziata e si è visto aprire una liquidazione giudiziale o controllata.

Tale beneficio non può essere concesso se il debitore è stato condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta o per delitti contro economia pubblica, industria e commercio o altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa

Non è possibile accedere all’esdebitazione nelle ipotesi in cui il debitore abbia compiuto attività fraudolente o se abbia ostacolato lo svolgimento della procedura o quando si è già ottenuta nei cinque anni precedenti ovvero già per altre due volte.

Per tutte le procedure già aperte alla data del 15 luglio 2022 si applicano invece le previgenti disposizioni dettate dal RD n. 267/1942 in tema di fallimento.

La "vecchia" procedura del fallimento è diretta all'accertamento dello stato di insolvenza dell'imprenditore, all’accertamento dei crediti vantati nei suoi confronti e alla loro successiva liquidazione secondo il criterio della par condicio creditorum, tendendo conto delle cause legittime di prelazione.Il fallimento è regolato dal regio decreto legge 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), e successive modifiche.

Detta legge è stata modificata dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 e da successivi ed ulteriori provvedimenti normativi.

Affinchè un determinato soggetto (individuo o società) sia dichiarato fallito sono necessari sia requisiti soggettivi che oggettivi.

Per quanto attiene al presupposto soggettivo, l’art. 1 della legge fallimentare prevede che "sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori".

Non sono, invece, soggetti a fallimento "i piccoli imprenditori esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che:

- hanno avuto, nei tre esercizi precedenti la dichiarazione di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale annuo non superiore ad euro trecentomila;

- hanno realizzato, in qualunque modo risulti, negli ultimi tre esercizi o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a euro duecentomila;

- hanno un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila.”

- hanno un ammontare di debiti scaduti e non pagati di ammontare non inferiore a euro trentamila.

In tal modo sono escluse dal fallimento sia i piccoli imprenditori che le società commerciali di piccole dimensioni.

Presupposto oggettivo per la dichiarazione di fallimento è lo stato di insolvenza. (Art. 5 della legge fallimentare: "l’imprenditore che si trova in stato di insolvenza è dichiarato fallito").

Una nozione di insolvenza è stata fornita dalla Corte di cassazione individuandolo "in uno stato di impotenza funzionale non transitoria, quindi non passeggera, a soddisfare le obbligazioni contratte dall’imprenditore"

Lo stato d'insolvenza corrisponde quindi all'incapacità patrimoniale irreversibile dell'imprenditore commerciale che non riesce a far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni, con mezzi ordinari e alle scadenze dovute, nei confronti dei creditori o di terzi.

L'insolvenza, inoltre, per poter portare ad una dichiarazione di fallimento, deve non solo sussistere, ma anche manifestarsi all'esterno tramite inadempimenti o anche fatti esteriori, i quali dimostrino che l'’imprenditore commerciale non è più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

Non è necessaria, ai fini della dichiarazione di insolvenza, una pluralità di mancati pagamenti, ma può anche essere sufficiente un solo inadempimento, quando sia idoneo a dimostrare l'esistenza di uno stato di dissesto patrimoniale con l'oggettiva incapacità dell'imprenditore di soddisfare regolarmente e con mezzi normali gli obblighi assunti.

Il fallimento e, più in genere tutte le altre procedure concorsuali (es: concordato preventivo o concordato fallimentare) sono, dunque, procedure alquanto articolate e complesse, nel corso delle quali, è ormai indispensabile sia per la tutela delle ragioni di credito che per la tutela del debitore, avvalersi di professionisti che li assistano in tutte le fasi.

I professionisti di emiliocurci.net possono assistere privati e imprese nello svolgimento dell'intera procedura concorsuale per le attività ad essa connesse.