Se questo è un uomo 

di Primo Levi

Shemà (Se questo è un uomo)

La poesia Shemà di Primo Levi è un breve testo in versi liberi che apre il romanzo Se questo è un uomo (pubblicato nel 1947) in cui viene descritto l’internamento e la prigionia nel campo di Monowitz e di Auschwitz dal febbraio 1944 al gennaio 1945.

La poesia è stata posta in apertura al romanzo Se questo è un uomo, ma senza titolo e questa è una scelta dell’Autore. Verrà poi pubblicata col titolo «Shemà»4, nell’agosto del 1964, sulla rivista «Sigma» e, definitivamente, con lo stesso titolo, nella raccolta Ad ora incerta del 1984.

Shemà è una parola ebraica che significa “ascolta”. Levi utilizza questa espressione in apertura del suo romanzo per rivolgere un forte appello al suo lettore, affinché egli presti attenzione a ciò che sta per leggere e fissi nella memoria la testimonianza agghiacciante della Shoah.
La poesia riporta la data del 10 gennaio 1946, poco più di un anno dopo la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz del 27 gennaio 1945.

Primo Levi: la vita e l'opera

La vita

Primo Levi nasce nel 1919 a Torino, da una ricca famiglia ebrea. Nel 1937 si diploma al liceo D’Azeglio di Torino, poi si iscrive alla facoltà di chimica e si laurea nel 1941 con molte difficoltà, poiché, in quanto ebreo, è colpito dalle leggi razziali del Inizia a cercare un lavoro, perché la famiglia è in difficoltà economiche e il padre ammalato di tumore. Si trasferisce a Milano per lavoro, frequenta un gruppo di giovani ebrei torinesi. Nel 1943 si unisce ai partigiani in Val d’Aosta, ma, catturato, viene internato a Fossoli, un campo di concentramento. Nel 1944 è deportato nel lager di Auschwitz. Il 27 gennaio del 1945 viene liberato dall’Armata Rossa, torna a Torino, dove lavora come chimico in una ditta di vernici e si dedica anche alla scrittura. Nel 1947 sposa Lucia Morpurgo, dalla quale ha due figli, Lisa e Renzo e pubblica “Se questo è un uomo”. Nel 1978 riceve il Premio Strega per il romanzo “La chiave a stella”. Muore, forse suicida, a Torino nel 1987.

Se questo è un uomo

L'opera, un romanzo testimonianza scritto tra il dicembre 1945 e il gennaio 1947, rappresenta la drammatica esperienza della deportazione, vissuta in prima persona dall'autore, che si svolge nell’arco di un intero anno, dal febbraio 1944 al 27 gennaio La storia comincia con l’internamento dell’autore nel campo di concentramento per ebrei di Fossoli, presso Carpi, prosegue con il racconto dell’internamento nel campo di sterminio di Auschwitz e del successivo trasferimento al campo di Monowitz, un lager satellite del complesso di Aushwitz. Qui Levi riesce a sopravvivere prima grazie al cibo supplementare procuratogli segretamente da un operaio italiano, Lorenzo, e poi grazie al fatto che i tedeschi intendevano cominciare a Monowitz la produzione della gomma sintetica. Laureato in chimica, Levi viene “assunto” dopo uno sconcertante esame e trascorre alcuni mesi nel laboratorio industriale del campo, al riparo dal gelo e dai lavori pesanti. Alla fine si salva perché contrae la scarlattina proprio quando, nel gennaio 1945, con l'avvicinarsi delle truppe russe, i tedeschi evacuano il campo, abbandonando gli ammalati al loro destino, mentre gli altri prigionieri vengono trasferiti a Buchenwald e Mauthausen e muoiono quasi tutti. Il racconto termina con la liberazione di Auschwitz da parte dell’esercito russo e il ritorno a casa.

Shemà

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case

Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per un pezzo di pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d'inverno

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca

I vostri nati torcano il viso da voi.


1 Voi: L’appello al lettore è esplicito attraverso l’uso del pronome personale come prima parola del testo.

4 La contrapposizione tra la vita “normale” e la follia del campo di concentramento è l’oggetto dei vv. 3-9: da un lato abbiamo la sicurezza (“vivete sicuri”), gli affetti (“visi amici”), il nutrimento (“il cibo caldo”); dall’altro le condizioni disumane (“che lavora nel fango | [...] | che muore per un sì o per un no”) e la perenne lotta per il cibo e la sopravvivenza (“che lotta per mezzo pane”). Proprio la necessità di procurarsi cibo e di sopravvivere alla logica disumana del campo - riassunta nel motto Arbeit macht frei che compare sopra il cancello di Auschwitz - sono i due temi che attraversano tutti i capitoli del romanzo.

5 Meditate che questo è stato: Questi versi introducono la seconda parte della poesia: l’autore chiama in causa il lettore e lo “obbliga” alla funzione fondamentale del ricordo e all’impossibilità di negare o disconoscere ciò che è successo nei campi di concentramento nazisti.

6 ripetetele ai vostri figli: secondo un tema costante in tutta la produzione di Levi (si pensi soprattutto a I sommersi e i salvati), la memoria e il ricordo, per quanto deboli e fallaci, sono una risorsa insostituibile contro il rischio che tutto quello che è successo sia dimenticato e quindi, tragicamente, si ripeta nel corso della Storia.



Forma metrica 

23 versi di varia misura. Strofe libere e versi sono liberi e sciolti, cioè di lunghezza diversa e non legati dalla rima ma con diverse assonanze e consonanze.

Figure Retoriche

Apostrofi (Figura retorica per la quale chi parla interrompe la forma espositiva del suo discorso per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o anche al lettore.): v. 1: “Voi che vivete sicuri”;

Anafore (Figura retorica che consiste nel ripetere, in principio di verso o di proposizione, una o più parole con cui ha inizio il verso o la proposizione precedente):vv. 1 e 3: “voi che…”; vv. 5 e 10: “considerate se…”; vv. 6, 7, 8 e 9 (“che…”); vv. 11 e 12: “senza…”;

Similitudini  v. 14: “Come una rana d’inverno”: la donna nel lager viene paragonata ad un piccolo animale nudo e infreddolito sul punto di morire.

Parallelismo tra i vv. 5 e 10: “ Considerate se questo è un uomo” – “ Considerate se questa è una donna”;

Enumerazione vv. 6-9; vv. 18 e 19.

presente l'ENJAMBEMENT: ai versi 1e 2 «vivete sicuri - nelle vostre tiepide case» e ai versi 3 e 4 «trovate... - il cibo caldo...»


COMMENTO

Il tema fondamentale di Shemà è quello dell’esigenza del ricordo; di fronte all’immane tragedia di cui è stato protagonista, Levi  identifica nella memoria dell’orrore l’unico strumento per reagire al dramma e per fare sì che questo non possa mai più ripetersi. L’importanza di questo tema è tale da diventare un comandamentomorale, cui nessuno di noi può sottrarsi; da qui deriva la perentorietàdel tono del poeta, che si traduce in uno stile secco ed asciutto, dall’andamento assai prosastico. Levi rinuncia  alla cantabilità del verso o all’artificio della rima, facendo  RIEMERGERE  la forza delle immagini. L’appello ai lettori è mediato dalla serie di imperativi (v.5: “considerate”; v. 10 “Considerate”; v. 15 “Meditate”; v. 17: “Scolpitele”; v. 20: “ripetetele”) che danno alla poesia il tono di un comando ineludibile. La chiusa della poesia (vv. 21-23) sottolinea ulteriormente la necessità del ricordo e della testimonianza: chi non lo farà è destinato, nell’augurio del poeta esplicitato dalla seriedei congiuntivi (“vi si sfaccia la casa, | la malattia vi impedisca, | i vostri nati torcano il viso da voi”), ad un doloroso contrappasso.