Il Medioevo
IL MEDIOEVO TRA STORIA E CULTURA
La letteratura di quest'anno riguarderà tutti gli autori e i fenomeni culturali che si svilupperanno durante un arco di tempo molto lungo, chiamato Medioevo. Questo periodo inizia nel 476 dopo Cristo, con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, e termina con la scoperta dell'America, avvenuta nel 1492. Gli storici hanno scelto queste due date per un problema convenzionale di periodizzazione, il che significa che la storia è determinata da fatti umani e dalle azioni degli uomini. Tuttavia, ci sono alcuni eventi storici che segnano una svolta tale da poter dire che si cambia pagina. Per esempio, la data di inizio del Medioevo, il 476 dopo Cristo, segna la caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Questo evento ha avuto un impatto significativo perché l'Impero Romano ha riguardato un periodo molto importante della storia antica e ha coinvolto un territorio vastissimo, non solo in Europa ma anche al di fuori dei confini europei.
La caduta dell'Impero Romano d'Occidente, poiché quello d'Oriente continuò per diversi altri secoli, ha determinato un cambiamento epocale nelle sorti dei territori che fino ad allora erano accomunati dall'identità romana. Ecco perché gli storici considerano la caduta dell'Impero Romano come un primo fatto importante che segna l'inizio di un'era e quindi dell'età medievale. La fine di questa età, nel 1492, coincide con la scoperta dell'America, un evento di grande rilevanza storica che segnò una trasformazione del mondo, poiché improvvisamente l'America divenne conosciuta dagli occidentali, cambiando radicalmente la mentalità, la cultura e le conoscenze.
La necessità di periodizzare la storia porta gli storici a stabilire queste date. Il periodo che intercorre tra queste due date si chiama Medioevo, perché "medioevo" significa "età di mezzo", tra l'età antica e l'età moderna, che inizia con la scoperta dell'America. Poiché il Medioevo è un periodo molto lungo, gli storici hanno identificato uno spartiacque interno, rappresentato dall'anno Mille. Questo anno segna un momento in cui si può dire che il mondo cambiò da un modo di essere a un altro. Cambiarono non solo i fatti storici ma anche la vita e la mentalità degli uomini.
Nell'anno Mille, la consapevolezza di un'epoca di passaggio portò alla costruzione di una mentalità caratterizzata da paura e senso dell'ignoto. Questo accadde anche nel passaggio al secondo millennio, che noi abbiamo vissuto nel 2000, sebbene con strumenti molto diversi. L'anno Mille coincise con un periodo segnato da guerre, pestilenze e povertà, e la Chiesa interpretò questi eventi come segni della fine del mondo. Questo senso di paura si diffuse tra la popolazione, che temeva che con l'anno Mille il mondo sarebbe finito.
Fino a quell'anno, il Medioevo viene chiamato "Alto Medioevo", un periodo di crisi che ha portato alla concezione collettiva del Medioevo come un "tempo dei secoli bui", privo di luminosità. Tuttavia, superato l'anno Mille, si verificò una ripresa demografica e una crescita economica che determinò una nuova fiducia nel futuro. Questo cambiamento fa sì che l'anno Mille sia considerato uno spartiacque verso un'età più fiduciosa.
Esaminiamo ora alcuni fatti storici di questo periodo. Abbiamo detto che il 476 è la data della caduta dell'Impero Romano. Questo evento determinò la disgregazione dell'impero e la formazione dei regni romano-barbarici. Ricordiamo Teodorico, che sostenne e facilitò la nascita di questi regni, costituiti senza violenza, quasi in modo naturale, come se il mondo fosse preparato a ciò.
Nell'VIII secolo, si verifica un altro evento importante: la ricostituzione dell'Impero Romano grazie a Carlo Magno, il sovrano dei Franchi. Con la sconfitta dei Longobardi, Carlo riprese possesso dei territori italiani e di quelli della Francia e di altri territori precedentemente sotto il dominio romano. Inoltre, aggiunse un elemento importante, la cristianità. Nella notte di Natale dell'800, Carlo si fece incoronare dal Papa come re, non solo per volontà del popolo ma per volontà divina. Questo elemento di cristianità dell'Impero rappresenta una grande novità e determinerà una significativa trasformazione culturale.
Con la morte di Carlo Magno, il grande impero fu diviso tra i suoi figli, che giurarono reciproca fedeltà con il Giuramento di Strasburgo. Questo evento è significativo per due motivi: prima di tutto, l'impero venne diviso in regni, come il Regno Franco, quello di Germania e quello di Borgogna, ognuno con un sovrano e una lingua diversa. Questo è uno dei primi atti in cui i sovrani utilizzano le lingue volgari, cioè le lingue proprie di ogni nazione, segnando la nascita del concetto di nazione e delle culture proprie.
Altro elemento nuovo introdotto da Carlo Magno è il sistema feudale. I cavalieri e i sovrani organizzarono il territorio in appezzamenti dati in gestione ai duchi e ai conti, che avevano giurisdizione su determinate aree. Il sistema feudale rappresenta una rivoluzione importante, poiché determina la nascita di una cultura cavalleresca in cui il sovrano e i suoi vassalli stabiliscono un patto di fiducia reciproca, sancito da una cerimonia importante, l'investitura. Il sovrano investe il cavaliere, che giura di difenderlo anche con la propria vita.
Questo patto non è solo un fatto storico ma anche culturale, poiché influisce profondamente sulla cultura dell'epoca. Fino all'anno Mille, la cultura predominante era teocentrica, cioè poneva Dio al centro di ogni cosa. La Chiesa, detentrice del sapere, trasmetteva la cultura all'interno delle sue strutture. Gli uomini studiavano e conoscevano solo attraverso la Chiesa, che alimentava una visione teocentrica della realtà.
In questa visione, qualsiasi fenomeno studiato rimanda simbolicamente a qualcos'altro. Ad esempio, se il fisico studia le leggi della terra, sta studiando una creazione di Dio, e quindi il suo lavoro è visto come teologia piuttosto che fisica. La visione teocentrica considera Dio come il principio e il centro di ogni attività umana, e tutto ciò che viene studiato rimanda simbolicamente a Dio.
La visione teocentrica porta a un'interpretazione simbolica della realtà, dove gli elementi concreti rimandano a significati più ampi e astratti. Questa interpretazione allegorica era applicata anche ai testi classici ereditati dall'antichità. I testi classici venivano letti attraverso la lente della visione teocentrica, trovando riferimenti allegorici a significati più profondi.
In questo periodo, si diffondono anche scelte di vita ascetiche, come la dedicazione totale alla contemplazione e alla preghiera, lasciando le cose terrene. Un esempio di questa ascetica è San Francesco, che, attraverso la sua azione, trasformò la società e scrisse opere importanti, tra cui il "Cantico di Frate Sole", la prima opera poetica in lingua volgare. Questa opera rappresenta una testimonianza della visione della realtà espressa attraverso la lingua volgare.
Le trasformazioni del sapere all'interno di questa visione teocentrica sono rilevanti. Il sapere, ereditato dal mondo classico, è interpretato alla luce della concezione medievale. I principi della conoscenza includono il principio di autorità, attribuito alla divina autorità, e la visione provvidenziale della storia, che considera tutto come parte di un piano divino.
Fino al Settecento, non esistevano ancora le scienze separate; il sapere era enciclopedico, comprendente fisica, biologia e filosofia, tutte viste attraverso la lente teocentrica. Non esistevano scuole nel senso moderno, ma luoghi ecclesiali dove si formavano i chierici, uomini di chiesa dediti alla diffusione della conoscenza, e gli amanuensi, che trascrivevano testi antichi a mano.
Gli amanuensi non erano Semplicemente scrivono; quindi, non sono uomini di cultura, non interpretano, non scrivono il proprio pensiero. Hanno semplicemente la funzione di copiare, ma è una funzione importante perché, non essendoci la stampa, l'unico modo per diffondere e mantenere la cultura è proprio quello di ricopiarla. Non c'è altra maniera. Poi ci sono altre due figure, un po' meno importanti ma comunque presenti: quelle dei giullari, che ritroveremo poi soprattutto nel Cinquecento nel teatro, e che sono coloro che, avendo una cultura media, esprimono attraverso la giocoleria, la regia e la recitazione nei luoghi di corte prevalentemente oppure nelle piazze. Tramandano la conoscenza magari di testi attraverso questa importante funzione di intrattenimento e diffusione della conoscenza rivolta a un pubblico popolare, perché nelle piazze è lì che lo trovavano.
L'altra figura importante di intellettuale medievale è quella dei goliardi, un termine nuovo dal quale deriva anche il nostro "goliardico". Chi erano i goliardi? Erano intellettuali che diffondevano una conoscenza girando e andando in giro. Avevano una cultura media che diffondevano all'interno di luoghi anche universitari. La loro caratteristica rispetto ai chierici era che erano fuggiti dai luoghi di formazione ecclesiale e, quindi, avevano una visione della realtà che non era quella ortodossa propria dei chierici. Da quell'ambiente si erano staccati, ma diffondevano comunque cultura.
Quando parliamo dell'intellettuale medievale, ci riferiamo prevalentemente a queste quattro figure che lo esprimono. Cosa scrivono gli intellettuali? Intanto, scrivono in latino. Ancora nella prima parte del Medioevo si scrive in latino. Che cosa? La vita dei santi, ovvero l'agiografia. Questa disciplina comprende gli exempla, racconti di vicende esemplari che servono come indicazione su come comportarsi. Questo è il comportamento giusto; quindi, il racconto di vite esemplari veniva utilizzato, soprattutto nell'ambito ecclesiale, per fare le prediche: "Si deve fare così, come fece quella certa persona."
Poi ci sono i grandi teologi che scrivono opere teologiche. San Tommaso, per esempio, è uno di questi con le sue teologiche che egli stesso produsse, oppure Sant'Agostino, altro importantissimo esponente della cultura cristiana, che fu il primo vescovo di Ippona, una cittadina nel nord dell'Africa e il primo vescovo della cristianità. Altre opere interessanti di questo periodo sono i bestiari, i lapidari e gli erbari, che sono delle enciclopedie, cioè dei libri che raccontano storie di piante e animali. A volte questi racconti prendono spunto da fatti reali ma poi si trasformano in opere fantastiche. Sono passati alla storia, soprattutto i bestiari, come racconti di animali che partono dalla realtà, ma poi attraverso la fantasia si trasformano.
Altro settore importante della prosa è quello delle cronache, ovvero cronache storiche. Le cronache sono simili ai giornalisti attuali, cioè coloro che scrivevano i fatti che accadevano. I libri di storia venivano chiamati anche cronache. Questo accadeva anche nell'antichità; gli storici, quando c'erano le guerre, penso ai Romani ma anche ai Greci, andavano con gli eserciti e scrivevano in diretta, come oggi fanno gli inviati di guerra, ciò che accadeva. Erodoto, per esempio, è uno di questi storici. Nel periodo medievale, questo fenomeno accade nuovamente, e quindi l'interpretazione e la registrazione dei fatti storici diventano racconti di ciò che accade, sempre con quell'ottica provvidenzialistica: tutto quello che accade accade per un fine e con l'aiuto di Dio.
Nell'ambito poetico, gli autori di questo periodo scrivono prevalentemente tre generi: inni, visioni e poesia goliardica. Gli inni sono i canti sacri utilizzati nei momenti di culto. Le visioni raccontano, attraverso la visione e non la registrazione di ciò che realmente era, ciò che potrebbe accadere nell'oltretomba. Dante stesso, con la sua "Divina Commedia", si ricollegherà a questo genere. Infine, il genere goliardico, ovvero la poesia goliardica, è al di fuori di qualsiasi elemento religioso e, a volte anche in maniera violenta, si contrappone alla letteratura religiosa.
Prosa e poesia in questi primi secoli vengono espressi attraverso il latino letterario, che è proprio la lingua usata da questi grandi scrittori. Ma la realtà quotidiana era un po' diversa: la popolazione parlava un latino che non era quello letterario, ma quello volgare, cioè quello parlato dal popolo. Questo latino volgare comincia a diventare un linguaggio a sé perché si fonde con le lingue di sostrato, cioè le lingue parlate prima della conquista romana e della diffusione del latino nel territorio conquistato. È così che, a poco a poco, dal latino volgare parlato, grazie a questa commistione con le lingue di sostrato, emerge un latino volgare regionale che poi corrisponderà alla nascita dei cosiddetti dialetti. Nel periodo del V secolo e alla fine del V secolo, con la caduta dell'Impero Romano, iniziano a formarsi anche linguaggi nuovi definiti lingue romanze. Queste lingue sono parlate a modo della lingua romana, cioè la lingua romanza o romanica, e significano proprio questo: un linguaggio a modo della lingua romana. È una commistione di diverse lingue appartenenti alle nazioni conquistate dai Romani, che assumono una fisionomia nuova nel momento in cui si fondono con le varianti regionali del latino stesso. Da questa commistione, vedremo come si forma l'unico linguaggio che si differenzierà dal latino ufficiale, ancora scritto nei documenti, e sarà il volgare, cioè la lingua del popolo.
IL MEDIOEVO di Luperini
Quando si parla di mentalità medievale, non si intende una bella cosa. L'aggettivo "medievale" corrisponde a un'idea di arretrato, di oscurantista, perfino di barbarico. È un'idea, però, che ha radici storiche. Si afferma tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento, poi dura fino al Settecento, nel momento in cui un nuovo arco di civiltà intendeva differenziarsi dal lungo periodo precedente e considerare i mille anni che vanno dalla caduta dell’Impero Romano alla rinascita, appunto come si definì, umanistico-rinascimentale, un periodo di transizione, un'età di mezzo tra il mondo antico e la nuova rinascita, la nuova rinascenza. Poi c'è stata la rivalutazione romantica all'inizio dell'Ottocento. I romantici hanno riscoperto nel Medioevo, invece, la culla delle civiltà nazionali, la culla, quindi, anche del loro patriottismo, delle identità dei popoli. Hanno scoperto una grande stagione di fermentazione della civiltà cristiana in Europa. Tuttavia, di fatto, ancora oggi persiste un'idea prevalentemente negativa, almeno nel senso comune, del Medioevo, e quando si pensa al Medioevo, istintivamente vengono in mente, non so, le grandi pestilenze, le carestie, le stagioni di fame, le guerre spietate, le guerre durate cento anni, o la brutalità dei comportamenti umani, i castelli arroccati per difendersi dalle invasioni esterne, eccetera.
Tuttavia, non dobbiamo essere troppo sicuri del fatto nostro quando il senso comune denuncia un giudizio così spietato. Siamo, ad esempio, sicuri che negli ultimi cento anni, per quanto riguarda le malattie, siamo stati tanto migliori rispetto alle pestilenze medievali? Siamo sicuri che il cancro, la grande malattia dell'ultimo secolo, o la tubercolosi, nei decenni scorsi, siano stati così meno dolorosi o diffusi rispetto alle pestilenze medievali? E quando si parla delle carestie medievali, certamente nel Medioevo non è mai successo che ci fossero, come oggi, un miliardo di persone a rischio di morire di fame, se non altro perché l'intera popolazione mondiale non raggiungeva mezzo miliardo di persone. Ma siamo cresciuti di numero, permettendo a una parte consistente dell'umanità di avere fame. E le guerre? Il Medioevo non ha conosciuto guerre paragonabili alle due mondiali che si sono svolte negli ultimi cento anni, né armi micidiali come le bombe atomiche, né spietate come le mine anticarro e le mine antiuomo, quelle mine che ancora oggi fanno saltare in aria i bambini in molti paesi del mondo, e che l'Italia produce ed esporta con larghezza.
E che dire della brutalità degli ultimi cento anni? Un fenomeno come la Shoah, come la persecuzione degli ebrei nei campi di sterminio nazisti, fa impallidire qualsiasi orrore medievale. Ecco, dobbiamo allora non solo liberarci da un giudizio negativo nei confronti del Medioevo, perché storicamente infondato, o quantomeno problematico, ma dobbiamo soprattutto smettere di assumere un atteggiamento di superiorità, come se avessimo superato o vinto i limiti della condizione umana, i limiti della storia, le contraddizioni della storia. Le grandi contraddizioni, di cui il Medioevo era portatore, purtroppo sono rimaste grandi contraddizioni anche nei nostri tempi.
Tra l'altro, nel giudizio negativo sul lungo periodo medievale, non influiva il fatto della considerazione del fiorire di civiltà splendide proprio in quel periodo. Basti pensare che la civiltà araba raggiunse il suo momento culminante di splendore proprio nei secoli in cui la civiltà europea occidentale attraversava il periodo di minore vivacità e diffusione. Esistono civiltà altrettanto splendide e lontane, di cui fino a poco tempo fa la storiografia teneva conto in modo troppo scarso. Pensiamo alla civiltà cinese, la straordinaria e fiorente civiltà cinese di quei secoli. Pensiamo anche alle grandi civiltà americane precolombiane, agli Inca, ai Maya, agli Aztechi, che prima dell'arrivo degli europei, proprio negli anni in cui il Medioevo finisce, avevano vissuto un periodo di prevalente splendore pacifico.
Il Medioevo è un periodo lunghissimo, circa, anzi, oltre mille anni, che va, come sappiamo, dal 476, anno della caduta dell’Impero Romano d'Occidente con la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo, fino al 1492, oltre mille anni dopo, l’anno simbolico in cui Cristoforo Colombo raggiunge l’America, sia pure, come sappiamo, senza sapere di averlo fatto. Direi che Colombo raggiunse l'America, non che la scoprì. Sappiamo benissimo che dietro le parole si nasconde sempre, insinuante, un’idea del mondo. Dire "scoprì l’America" vorrebbe quasi dire che quella parte del mondo, che gli europei non avevano ancora conosciuto o raggiunto, non fosse degna di esistere. Invece, nell'America precolombiana esistevano civiltà splendide anche prima che gli europei le scoprissero.
Che cosa c’è alle spalle di questi mille anni? Alle spalle troviamo i Romani, la grande civiltà dei Romani, che per secoli lottarono contro immensi movimenti migratori. La storia è sempre stata fatta di grandi movimenti migratori. Noi crediamo che i movimenti migratori di questi decenni siano quasi una novità, una sciagura che riguarda solo noi. Ma la storia è fatta di movimenti migratori: Slavi, Germani che si spostavano in cerca di territori più fertili, attratti anche dalle ricchezze dei Romani. I Romani, tuttavia, avevano la sfortuna di trovarsi di fronte a movimenti migratori violenti e aggressivi, che non cercavano lavoro come i migranti di oggi, ma piuttosto cercavano di sostituirsi, attraverso guerre sanguinose, ai precedenti occupanti. Alle spalle del Medioevo c'erano le antiche religioni politeiste, Giove, Giunone, Marte, Venere, che nei primi secoli dell'era cristiana stavano cedendo progressivamente alla nuova religione monoteista, il cristianesimo, che poi caratterizzerà profondamente la cultura del millennio medievale, espandendosi anche nei luoghi più lontani del mondo.
Dopo questi mille anni, lo scenario è completamente mutato: non abbiamo più i Romani, ma gli stati nazionali, re e regine in Francia, in Inghilterra, in Spagna. Soprattutto, ci sono tre grandi rivoluzioni che segnano la definitiva trasformazione dello scenario mondiale: la rivoluzione della stampa, la rivoluzione delle banche, cioè la nascita delle banche, e la rivoluzione delle armi da fuoco, i tre elementi che segnano la fine del Medioevo e l’inizio della modernità.
Non serve dire che la stampa, la possibilità cioè di produrre più rapidamente e a un costo molto più basso i libri, ha avuto un’importanza decisiva per la diffusione del pensiero moderno. Senza la stampa, ad esempio, è impensabile la Riforma protestante di Martin Lutero, il movimento illuminista, e la nascita dell’identità moderna. Più problematico è il giudizio sulla nascita delle banche, che permettono di accumulare e produrre ricchezza, consentendo investimenti che i privati, anche ricchissimi, non avrebbero potuto fare da soli. Tuttavia, le banche sono anche all'origine del colonialismo e delle disuguaglianze sociali. Infine, il giudizio sulle armi da fuoco è decisamente negativo. Le armi da fuoco distruggono la vecchia idea di guerra, basata sulla cavalleria, sul codice cavalleresco e sul valore individuale, alterando i rapporti di forza a vantaggio di chi può permettersi armi più moderne e eserciti di professionisti. Così, aprono lo scenario alle sanguinosissime guerre moderne.
È chiaro che tra quello che c'è alle spalle del Medioevo, i Romani, le religioni politeiste e il cristianesimo che si va affermando, e quello che c'è dopo, la fine del Medioevo, c'è un abisso straordinario. Il Medioevo è innanzitutto la culla, spesso misteriosa, di questa trasformazione. Prima del Medioevo, abbiamo un mondo; dopo il Medioevo, ne abbiamo un altro."