Eugenio Montale

Poetica, "Meriggiare pallido e assorto" e "Non chiederci la parola"

"Spesso il male di vivere", "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale"

“La danzatrice stanca” (1969)


Torna a fiorir la rosa

che pur dianzi languia…


Dianzi? Vuol dire dapprima, poco fa.

E quando mai può dirsi per stagioni

che s’incastrano l’una nell’altra, amorfe?

Ma si parla della rifioritura

d’una convalescente, di una guancia

meno pallente ove non sia muffito

l’aggettivo, del più vivido accendersi

dell’occhio, anzi del guardo.

È questo il solo fiore che rimane

con qualche merto d’un tuo Dulcamara.

A te bastano i piedi sulla bilancia

per misurare i pochi milligrammi

che i già defunti turni stagionali

non seppero sottrarti. Poi potrai

rimettere le ali non più nubecola

celeste ma terrestre e non è detto

che il cielo se ne accorga. Basta che uno

stupisca che il tuo fiore si rincarna

a meraviglia. Non è di tutti i giorni

in questi nivei défilés di morte.