Con gli occhi di una farfalla

Data pubblicazione: May 08, 2017 8:14:37 AM

Una farfalla vola su una piazza e osserva la dall'alto l'umanità.

Un percorso attraverso le varie età della vita che vi farà imparare, stupire, emozionare...

Un racconto scritto dalla nostra Gaia, classe III e interpretato da Anna, classe I nel laboratorio di scrittura creativa e multimedialità con la prof. Palmina

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CON GLI OCCHI DI UNA FARFALLA

Non sono farfalla da molto. Sono stata un bruco prima di diventare crisalide e poi farfalla e ho visto l'umanità solo dal basso, perché un bruco non può salire molto in alto. Ma adesso che sono farfalla volare nel cielo è davvero bellissimo, ti senti libera. Una corrente d'aria calda mi sostiene come se fossi un neonato nella culla.

Mi porta fino ad una piazza gremita di gente.

Decido di appoggiarmi sulla statua che torreggia fiera e immobile al centro della piazza.

Mi guardo in giro... vedo solo persone. Gli umani, bah, che animali crudeli. Quando ero ancora un piccolo bruco hanno cercato in molti modi di schiacciarmi con i piedi come se la vita di un piccolo bruco non avesse importanza. Quando mi vedevano urlavano e mi guardavano con facce schifate mentre ora quando svolazzo davanti ai loro nasi mi osservano stupiti e meravigliati.

Scommetto che, se sapessero che il bruco che prima tanto odiavano, adesso è una bellissima farfalla mi invidierebbero.

Osservando meglio scorgo una piccola aiuola con delle margherite, con i petali che sembrano fatti di brina, mi avvio verso i fiori ma un cucciolo di uomo si intromette e gridando: “Fafalla!”.

Inizia a inseguirmi cercando di prendermi. Io salgo verso l'alto perchè so che non riuscirà mai a raggiungermi fin qui. Infatti il bimbo rassegnato e un po' deluso si allontana e, appena vede un cagnolino, lo rincorre cercando di accarezzarlo. Mi poso sulla margherita e lo osservo: i suoi occhi si illuminano per ogni cosa nuova che vede. Non riesce a stare fermo, corre e tocca ogni cosa che gli capita a tiro. Il sorriso sulla sua faccia rotonda con le gote rosee sembra così rilassato. Ad un certo punto va addosso ad un umano più grande che tira un'occhiataccia al bambino, il quale scappa impaurito.

Ora mi soffermo sull'umano più grande che intanto si porta alla bocca un cilindro bianco da dove esce qualcosa. Riconosco quel fumo bianco, una volta ci passai in mezzo durante un volo. Rimasi stordita per un bel po' quindi decido di non avvicinarmi a quell'umano.

Mi limito ad osservarlo da lontano. Si é seduto da solo su una delle panchine che circondano la statua al centro della piazza. I suoi occhi sembrano tristi e soli. Guarda per terra continuando a espellere fumo bianco dalla bocca come un piccolo camino in funzione.

So cosa si prova a essere soli: nei miei primi giorni di vita ero completamente sola chiusa nel mio bozzolo. Non puoi parlare ne sfogarti, non puoi volare con nessuno. Quando sono diventata farfalla, non é cambiato molto: per quando volare mi rendesse libera, ero sempre rinchiusa nella mia prigione di solitudine. E non importava quanto in alto volassi o quanto lontano andassi. Mi sentivo sempre sola.

La cosa che mi stupisce e come in una piazza piena di umani lui sia solo.

Lascio stare l'uomo, perchè rievoca in me troppi ricordi e mi sposto verso altri due umani con in braccio un cucciolo di uomo. Sorridono e ridono, guardando con tenerezza la creatura che tengono in braccio, sembrano fieri e felici della loro creatura... chissà se anche i miei genitori erano così mentre mi guardavano. Se anche loro sorridevano. Non ho mai conosciuto i miei genitori, non so neanche se gli assomiglio.

Me ne vado, anche perchè ho paura che il bambino di prima torni a inseguirmi quindi volo verso l'alto. Scorgo altri due umani seduti su una panchina: hanno la pelle simile alla corteccia di un albero. Hanno le mani intrecciate con un filo che brilla di un colore simile ai raggi del sole. Si guardano, si sussurrano piano piano, come se si volessero dire un segreto che nessun altro deve sapere, perchè si deve apprendere solo vivendo. I loro occhi piccoli si concentrano l'uno sull'altro e ignorano il mondo, si raccontano d' una vita passata insieme. Come il fruscio del vento in mezzo agli alberi. La vecchiaia porta saggezza, perché vivendo si apprende più che studiando. Le parole non posso descrivere un'emozione.

Sarò anche io così, da vecchia? Saggia e con un luccichio negli occhi che dimostra che ne ho viste tante, di cose? Lo spero.

Quei due mi hanno fatto tornare il buon umore e quindi svolazzo lontano. Ormai si è fatto buio e iniziano ad accendersi quelle piccole stelle che si trovano lungo le strade. Una volta da bruco ho sentito gli umani chiamarli: “lamponi” o qualcosa del genere. Sono belli, anche se io preferisco le stelle che ci sono nel firmamento. Io stessa vorrei tanto essere una stella. Per stare in alto e vedere tutto, ma proprio tutto, quello che io da farfalla non riesco a vedere, vorrei essere una stella per essere vicino alla luna e farmi raccontare da lei in persona cosa ha visto che io non posso nemmeno immaginare. Mentre svolazzo, pensando alla palla luminosa che mi scruta dall’alto non mi accorgo della luce che mi viene addosso a gran velocità. Non sono abbastanza veloce per spostarmi in tempo. Mi viene addosso e io non riesco a muovermi … penso che una delle mie ali si sia rotta o strappata. Vedo nero, ma non per il fatto che sia buio ma perchè... sto morendo. Immaginavo che non sarei invecchiata, che non sarei cresciuta, che non avrei mai conosciuto i miei genitori, che non sarei mai diventata io genitore.

Altri verranno dopo di me, le farfalle per gli umani sono tutte uguali, non si accorgeranno nemmeno della mia mancanza. Non diventerò mai una stella né tanto meno conoscerò la luna, la stessa che ora mi guarda dall’alto mentre la vita scivola via lentamente dalle mie piccole zampette. Inizio a vedere sempre meno, la vista si appanna fino a diventare nera. Ho sempre saputo che non sarei vissuta a lungo, guardando gli umani nella piazza sentivo che non sarei mai stata come loro. E mentre rimpiango di non aver mai visto altri luoghi, i rumori si ovattano e la vita mi abbandona definitivamente.

Gaia, classe III media

Laboratorio di scrittura creativa e multimedialità Scuola Media di Piancavallo by prof. Palmina

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