MESTIERI IN BICICLETTA By Eva Kottrova

MESTIERI IN BICICLETTA

UNA MOSTRA PERMANENTE DI CURIOSE BICICLETTE D’EPOCA

La nostra cara e vecchia bicicletta è stata inventata in Europa poco più di duecento anni fa nel 1791 dal conte francese Mede De Sivrac. In piena rivoluzione francese il conte si presentò nei giardini del Palais Royale di Parigi con una specie di “carrozza” a due ruote unite da un travetto di legno e spinta in avanti puntando i piedi per terra – lasciando i nobili amici con la bocca aperta. Il curioso oggetto fu subito battezzato ceval de bois (cavallo di legno) mutando nome con il passare del tempo prima in celerifero e poi in velocifero…L’introduzione dei pedali risale al 1840, ma i primi prototipi della moderna bicicletta con due ruote e raggi, catena e pneumatici, furono realizzati negli anni dell’Unità d’Italia. Grazie a questo mezzo moderno le distanze e i tempi si accorciarono drasticamente. Con l’improvviso cambiamento molti mestieri potevano adattare il loro modo di lavorare alla nuova tecnologia incrementando così i margini di guadagno.A Fabriano una bellissima mostra denominata “Mestieri in Bicicletta” ospita la fantastica collezione di Luciano Pellegrini. Pezzi originali provenienti da tutta Italia, nel ventaglio del periodo che va dalla fine degli anni venti sino agli inizi degli anni sessanta, ci riportano al vissuto dei nostri padri o nonni quando il pane si guadagnava realmente con il sudore della fronte. Anche lui, Luciano Pellegrini, da adolescente pedalava su e giù tra le colline e le montagne marchigiane cercando di raccogliere pelli di animali nei casolari e nei paesini più vicini. Un lavoro ancor più faticoso durante l’inverno quando la morsa del gelo e la neve caduta avvolgevano tutta la bicicletta ma, pur di sopravvivere dignitosamente nei periodi magri e difficili del dopoguerra, il pensiero della fame sovrastava ogni fatica.Le biciclette erano attrezzate con ogni accessorio per poter svolgere una miriade di attività. E barbìr, quello del barbiere, era una vera e propria bottega che si piazzava di fronte al bar del circolo nella piazza principale. Vecchi, giovani, bambini, tutti in fila ridendo, scherzando, mentre si respirava l’indimenticabile profumo di sapone da barba e dello shampoo. E sert, cioè il sarto, faceva invidia alla più abile donna di casa. Cuciva e rammendava, tagliava e stirava ma anche ricamava come le delicate manine di una dama borghese. L’arrotino si chiamava e rudarè , lui sistemava zappe, falci, forconi e vanghe; il calzolaio, e calzuler, incollava la suola degli scarponi, sistemava i fastidiosi chiodini che ferivano i piedi o con una limata ammorbidiva gli zoccoli artefici dei dolorosi duroni; il lattoniere, e stagnì, operava con le bacchette di stagno e il piombo con le mani sempre bruciate dal fuoco mentre cuoceva i tegami e le pentole nel fornelletto portatile. Il lattaio di solito arrivava la mattina presto con due grossi tini di alluminio colmi di latte freschissimo, appena munto, che distribuiva nei contenitori posti davanti la porta di casa. C’era anche il giornalaio, il fotografo, il norcino, il venditore di giocattoli, il castagnaro, il burattinaio e il clown, il poeta e lo scrittore, il bersagliere e il doganiere, il venditore di gelati, di piadine e di colorate grattachecche, persino il taxi e il presepe ambulante, o lo sciuscià – il bambino lucida scarpe, il facchino della stazione e del porto che trasportava le “famose” valigie di cartone legate con la corda prima dell’imbarco per le Americhe nella speranza di una vita migliore.Eva Kottrova