EDEN 5000 d.C.

Adamo ed Eva, disegno originale di Rodafà Sosteno

Davanti a me soltanto l’oceano, calmo e trasparente, distesa piatta e infinita d’azzurro che acquieta liquido ogni tempesta, esterna o interna che sia.  

Abbasso lo sguardo e vedo i miei seni, le gambe, nude e appena flesse, piantate, sepolte nella sabbia bianca e finissima. Sento l’afrore dolciastro, acre e forte delle microalghe in decomposizione nelle acque calde e saline di quest’isola, l’Adam.

Una miriade di piccolissimi pesci variopinti sciama d’improvviso attorno alle mie gambe,  quasi fosse materia solida, liscia e glabra nei polpacci. 

Si formano ora decine di pozze stagnanti ed i minuscoli pesci tropicali si trasformano sotto ai miei occhi: come per una nuova nascita, ecco la metamorfosi - e successiva moltiplicazione - di migliaia, poi milioni e milioni di girini dalla coda troppo sottile e lunga per essere tali. 

Adesso sono ancor più piccoli, si riducono a vista d’occhio e dirigono, tutti quanti, nello stesso tempo, perfetti e sincroni verso di me, puntano alle mie gambe, da cui si erano già allontanati. Tornando indietro, sembrano ora muoversi al rallentatore, e nel breve spazio che ci separa, a centinaia di migliaia, smettono come d’incanto di agitare le loro code filiformi,  si bloccano inerti. 

I pochi superstiti sono ora a contatto con la mia pelle, ne conto cinque o sei. Sento la lieve pressione che esercitano con le loro teste microscopiche tentando di forare il derma ed entrare; sono paralizzata dal terrore, avverto un pizzicore lieve che solletica, ma diviene ben presto bruciore acuto ed intenso, come da minuscole punture di spilli arroventati. Cerco di staccarli con le mani: troppo tardi, non ci riesco: sono entrati. 

Sulla mia pelle, stranamente, nessuna ferita o segno del loro passaggio. Un sudore freddo e copioso mi avvolge, sto perdendo i sensi, quando sento uno schiocco secco e forte alla base del collo, come di nocca d’osso premuta da mano invisibile ma energica, che mi rende più eretta, potente. 

Mi sento all’improvviso quieta e tranquilla sin nel profondo, mentre la mia pelle si indurisce sotto ai miei occhi, diviene più resistente dell'acciaio, del diamante. I muscoli sono adesso tesi e posso avvertire la mia nuova forza, scariche di energia azzurrina crepitano intorno a questo corpo metallico che osservo quasi con distacco, come se mi fosse appartenuto da sempre.

L’orizzonte si trasforma sotto ai miei occhi. Il cielo adesso non è più azzurro e chiaro, ma grigio d’un pulviscolo fine e fuligginoso, solcato da fulmini radi, sottili e veloci. Fa caldo, molto caldo, inizia a piovere: grosse gocce calde che evaporano subito al contatto con la mia pelle.

In lontananza, sulla terraferma, intravedo una decina di grandi torri metalliche, argentee ed altissime, talmente alte che sembrano perdersi nel cielo scuro, che sembra chiarire e virare piano all’arancio, poi al rosso. 

Dall’orizzonte una linea sottile, d’un vermiglio intenso e luminoso, avanza veloce, si allarga sempre più e inghiotte svelta ogni traccia di oscurità, la pioggia cessa all'improvviso, così come è iniziata. Ora so cosa devo fare: là, sotto quelle torri, stanno le macchine autopensanti, da troppe generazioni padrone dell’Umanità, che consideravano oramai soltanto un illogico parassita di questa Terra. 

Niente e nessuno potrà fermarmi dal distruggerle. 

Tutte. 

Perché ogni cosa deve ricominciare dal principio, i bambini devono crescere e giocare liberi. 

Perché ora ho un anima e un nome nuovo, che quest’isola mi ha dato: EVA ADAM.

Stefano Agnelli