Il bicefalo diritto vaticano, che non è il nostro

La carestia; Mullins Hut at Scull at Cahera Co Cork, 1847, opera di James Mahony

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Walter Benjamin

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Hélène Monastier, foto scattata nel 1970 da fotografo sconosciuto -

facente parte dell’archivio dell’NGO SCI (https://archives.sci.ng)

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Papa Francesco inaugura la scultura “Angels Unawares” con l’artista Timothy Schmalz

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immagini tratte da commons.wikimedia.org

Questa sera inizia Yom Kippur ed oggi è la solennissima festa di Mesqel – l’Esaltazione della Croce - secondo il calendario Ghe’ez, delle Chiese Eritrea ed Etiopica, che prevede accensione di fuochi come per l’Epifania nel Settentrione d’Italia.

Ieri sono trascorsi ottant’anni dalla drammatica morte del filosofo Walter Benjamin, che esattamente il giorno successivo al suo suicidio avrebbe visto pervenire il visto d’ingresso negli Stati Uniti d’America, unica possibilità di salvezza dalla persecuzione nazista.

Ed infine, cinquant’anni fa, venne fotografata – l’immagine è riportata sopra, accanto alle altre – non si sa da chi ma in modo assai espressivo Hélène Monastier, figura di primo piano di educatrice, annoverata tra i Socialisti Cristiani della Svizzera, che a cinquant’anni, nel 1932, entrò nella Società Religiosa degli Amici (i “Quaccheri”) e ne fondò una Comunità a Losanna.

Ma che ha a che fare tutto questo “ingombro” spiritual-biografico con la notizia che giovedì scorso è giunta da Oltretevere, vale a dire l’accettazione, da parte del Papa, della rinuncia del Card. Giovanni Angelo Becciu allo status (canonico) di Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi e ed ai “diritti” di Cardinale di Santa Romana Chiesa – sebbene il can. 356 del codice di diritto canonico parli di “obblighi” -?

Ne sono derivati a ritmo battente – benché di tonalità alquanto monotona – commenti torrentizi che da tre giorni travolgono l’attualità ecclesiale, benché in molte associazioni, gruppi, comunità si preferisca far finta di nulla, onde evitare inopportuni imbarazzi.

Dunque che cosa c’entra la memoria di “grandi” con eventi di per sé tutt’altro che ammirevoli?

Nell’analisi dell’intricatissima vicenda compare con costanza una specie di salto di corsia, chiamiamolo così, senza troppa consapevolezza - pare – da parte del guidatore, del commentatore, dell’analista.

Si sottolinea dappertutto, lo si dà persino per sottinteso, come l’incresciosa vicenda riguardi il Diritto, o meglio coinvolga piani di illiceità giuridica, civile e/o penale. Ma di quale Diritto si sta parlando? A quale ordinamento ci si sta riferendo?

Qui le cose diventano piuttosto confuse e arruffate nella vulgata corrente. Come se specificare che si tratta di legge “vaticana”, di diritto penale “vaticano” e diritto civile “vaticano”, fosse precisazione da evitare perché a rischio, tale puntualizzazione, di inficiare l’estrema serietà e gravità di tutta la faccenda.

Non pare siano state riportate da alcuna testata – ma ci si può sbagliare – le fonti di legge penale e civile che dovrebbero essere applicate nella fattispecie. In effetti farsi paladini (o paladine) della giustizia amministrata “in nome di Sua Santità felicemente regnante” qualche disagio potrebbe crearlo.

Compare allora la necessità di riferirsi ad altre fonti, extra o meta giuridiche: la morale, l’etica, una sorta di coscienza diffusa di valori, che, a questo punto, possono essere codificati solo come “diritto naturale”, che prescinda da ogni specifico – e diverso, o pluriforme – diritto positivo. Una reductio ad unum ritenuta utile e financo necessaria per dar come impliciti presupposti d’analisi e commento che altrimenti farebbero grave difetto (perché quale sarebbe allora “il male”? dove starebbero male e bene?).

Ma proprio dentro le necessarie corsie di un ragionare “etico”, che al contempo si liberi dalle strettoie giuridiche, risulta decisiva la prospettiva da assumere. Per essere più chiari: quali sono le vittime ed i danneggiati? È questo, infatti, l’angolo visuale che tutto il pontificato di Francesco insegna ad assumere senza adozione di altre possibili chiavi di lettura. Il dramma, la tragedia, il grido che chiede d’essere ascoltato, è la sopraffazione verso il povero.

Bisognerebbe dunque capire bene, ma bene bene, chi siano le vittime ed i danneggiati degli addebiti che, stando alle notizie riportate (tra cui addirittura una conferenza stampa dello stesso Card. Becciu, https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2020/09/25/news/la-difesa-di-becciu-l-accusa-di-peculato-surreale-non-sono-un-corrotto-posso-provarlo-ovunque-1.39348910), vengono rivolte all’ex Sostituto della Segreteria di Stato ed ora ex Prefetto di Curia nella Congregazione per le Cause dei Santi.

Proviamo anche ad esemplificare, sono semplici domande: vittima è il bilancio della Santa Sede? Oppure, più precisamente, il danneggiato è l’Obolo di San Pietro? Forse, più precisamente ancora: vittime e danneggiati sono coloro che, in assoluta buona fede, hanno corrisposto donazioni all’Obolo di San Pietro a fin di bene?

Quale voce di vittima, insomma, dev’essere ascoltata? Ma magari è già stata ascoltata, beninteso.

Il provvedimento adottato dal Papa nei confronti del cardinale da lui stesso elevato alla porpora il 28 giugno 2018 – poco più di due anni fa – non è, però, né di ordine giuridico statale (giuspubblicistico, direbbero i tecnici) né di ordine generalmente morale, meno che mai moralistico, e neppure propriamente politico dal momento che una ricaduta, di per sé enorme, sul piano dell’istituzione ecclesiastica tale gesto papale ha eccome.

La “rinuncia” di Becciu e la sua “accettazione” da parte del Papa sono specifici atti dell’ordinamento canonico, che non coincide affatto con l’ordinamento dello Stato Città del Vaticano. La magistratura vaticana non è quella – per ricorrere a sintesi sbrigative ed in realtà anche abbastanza rozze, chiediamo venia – né del Tribunale della Rota Romana, né del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. I PM vaticani stanno procedendo sulla base di un apparato normativo che non è affatto quello scattato giovedì sera oltre le Mura Leonine.

E la diversità tra ordinamento canonico ed ordinamento vaticano dove sta? Esattamente nella presunta natura soltanto “spirituale” del primo e non già del secondo. Per capirsi: nessuno e nessuna può andare in carcere a norma di diritto canonico, mentre ben si può “finire dentro” a norma di diritto vaticano.

Se dunque è “lo spirito”, o meglio “lo spirituale”, ad essere messo di mezzo – sia come sia, vorremmo astrarre del tutto da convinzioni personali di qualunque tipo -, si affaccia l’interrogativo intorno a quale tipo di “spiritualità” invochi l’ausilio niente poco di meno che di un intero ordinamento, di un codice, di un’Autorità diversa da quella statale.

Osserviamo bene: la configurazione degli eventi di giovedì sera come rinuncia ed accettazione impedisce, al giurista, di cogliervi l’adozione di una sanzione che, anche se emessa del tutto legittimamente da parte dell’Autorità Assoluta, Ultima, non appellabile, richiederebbe comunque un procedimento ed una formalizzazione.

Rinuncia ed accettazione consentono invece di ricondurre gli eventi ad uno schema giuridico ben noto ai canonisti ma di certo non afferente al diritto – verrebbe da aggettivare: laico – dello Stato Città del Vaticano.

Tiriamo il fiato e diamo la parola ad Alberto Melloni che, a p. 7 di Domani di ieri (ohi!) fa un’analisi interessante. Scrive: «Chi dunque vuole colpire Francesco o indebolirlo non ha che un’arma indiretta: farlo apparire come un papa puro, pio, spiritualissimo, capace di licenziare chiunque, di far saltare gli amici ma che proprio il ripetersi di tali sanzioni dichiara impotente davanti a bassezze morali che non è in grado di controllare. E dato che le meschinerie nella Chiesa, specie a Roma, sono innumerevoli, quest’arma di indiretta denigrazione diventa inesauribile.»

Ci permettiamo da parte nostra di commentare che proprio qui sta il limite del presunto carattere “spirituale” dell’ordinamento canonico. Tradotto: di quale spiritualità stiamo parlando quando vogliamo associarla agli strumenti del diritto? Dovrebbe essere quella che la teologia della liberazione – di qualunque religione e confessione (esiste una teologia della liberazione protestante, islamica, ebraica) – ci presenta come volto di Dio, Senso ultimo, anche qualora negato, di ogni spiritualità: la voce di chi soffre, di chi è vittima di sopruso, che diventa la voce di Lui, di Lei.

Accanto alle foto di Francesco, di Walter Benjamin e di Hélène Monastier, compare, sempre sotto il titolo del presente misero scritto, un’immagine singolare: ricorrono nel 2020 infatti i 175 anni dall’An Gortan Mór, la terribile carestia d’Irlanda che causò un milione di morti. 

Pio IX promulgò, il 25 marzo 1847, l’Enciclica Praedecessores Nostros (https://w2.vatican.va/content/pius-ix/it/documents/enciclica-praedecessores-nostros-25-marzo-1847.html), di cui merita riportare un passaggio non brevissimo che sembra fatto apposta a commento dei fatti vaticani di queste ore: «Peraltro, Venerabili Fratelli, raccomandiamo soprattutto al vostro amore di sollecitare con le vostre esortazioni il popolo soggetto alla vostra giurisdizione ad alleviare con l’elargizione di elemosine la gente irlandese. Sappiamo anche che non avete bisogno che si spieghino a voi il valore dell’elemosina e i copiosi frutti che da essa derivano al fine di ottenere la clemenza di Dio Ottimo Massimo. Conoscete le lodi tributate all’elemosina, dottamente e sapientemente, dai Santissimi Padri della Chiesa e particolarmente da San Leone Magno in parecchi suoi sermoni [De jejunio decimi mensis, et eleemosynis]. Avete anche a disposizione la famosa lettera [Edit. Balutii n. 60, qua epistola S. Cyprianus agens de pecuniis Carthagine collectis, et ad redimendos Christianos ad Episcopos Numidiae missis, ait: «Misimus autem sextertia centum millia nummorum, quae isthic in Ecclesia, cui de Domini indulgentia praesumus, cleri, et plebis apud nos consistentis collatione collecta sunt, quae vos illic pro vestra diligentia dispensabitis»] scritta da San Cipriano Martire, Vescovo di Cartagine, ai Vescovi della Numidia: essa contiene una perspicua testimonianza del singolare impegno con cui il popolo affidato alla sua cura pastorale venne in soccorso dei Cristiani bisognosi d’aiuto, con copiosa elargizione di elemosine. Potete inoltre ricordare le parole di Sant’Ambrogio, Vescovo di Milano [In epist. 2. ad Constantium Episcopum, tomo II, op. edit. Maurinae Parisiensis an. 1690]: “La nobiltà delle ricchezze non sta nella vita mondana dei ricchi, ma nel cibo dato ai poveri; in questi, infermi e bisognosi, la ricchezza splende meglio; i Cristiani devono imparare a procurarsi, col denaro, non beni propri, ma quelli che sono di Cristo, affinché anche Cristo cerchi di loro”. Ricordando queste ed altre cose per accrescere la vostra benignità, speriamo che in futuro ai poveri, di cui stiamo parlando, possiate essere di grande aiuto.»

I poveri dunque che cosa dicono di ciò che accade nei Sacri Palazzi oggi?

Lo “spirito” che contraddistinse la riflessione filosofica di Benjamin, che innervò l’impegno sociale di Monastier, che motivò la dedizione del – crediamo – completamente sconosciuto reverendo Robert Traill, parroco anglicano irlandese che sacrificò la vita per la propria gente annichilita dalla fame (converrà annotarsi nome e cognome qualora eccessi storiografici dipingano l’An Gortan Mór come genocidio “solo” anticattolico), che contraddistingue il magistero e la testimonianza di Francesco Papa, questo spirito è il medesimo spirito che non viaggia nelle regioni aeree dell’indifferenza, bensì stimola la passione per l’amore, ogni amore, dal suo interno.

Che ne facciamo, allora, dei due diritti vaticani, quello canonico e quello statale? Sono funzionali all’amore? Sono funzionali alla giustizia? Assolutamente sì, dobbiamo ritenerlo, presumerlo, crederlo, altrimenti sarebbero da buttare, e senza rimpianti e subito.

E tuttavia: di una Curia Romana c’è davvero ancora bisogno? Si tratta di strumento utile o di appesantimento che costringe a quei costanti “cambi di corsia” finendo alla fine per creare confusione tra politica e Vangelo?

La risposta pare banale, ma l’alternativa bisognerebbe crearla.

Invece che alle conferenze dei cardinali senza più diritti sarebbe utile ascoltare lo shofar di Yom Kippur e lasciarsi stordire dalla contemplazione dei fuochi di Mesqel.

Perché?

Perché lo Spirito sta lì.

E, pertanto, sta lì tutto di conseguenza.

Qualcuno, dunque, ha iniziato a volgersi altrove? Una speranza di alternativa c’è? E dove sta?

Sì, c’è: la teologia delle donne, cioè - capiamoci bene - fatta dalle donne, sta disegnando prospettive di “diritto escatologico” che convertiranno in aule museali le aule di giustizia ecclesiastica. E vi entreranno i poveri a danzare e a far da guide.

Così insegna la sapienza di ogni credo, così intuisce la coscienza, così dicono le parole non dette. Ma ormai stanno per essere pronunciate.

Contrariis quibuslibet minime obstantibus.

Buona domenica.

 

Stefano Sodaro