3. Domande e risposte su “Chi è Gesù?”

Christ in the Carpenters Shop. Woodcut printed in colours. Proof. 8.75x7.75 inches.

Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org 

  

3. Lei è libero di scrivere e dire ciò che vuole perché viviamo in uno Stato laico. Però Le ricordo che il Concilio di Firenze, nel 1442, aveva affermato che se uno è fuori della Chiesa cattolica è destinato all’inferno. I vescovi di allora, cioè, certi di essere assistiti dallo Spirito Santo, avevano affermato di “fermamente credere, professare e insegnare che nessuno di quelli che si trovano fuori della Chiesa cattolica, non solo i pagani ma anche gli ebrei, gli eretici e gli scismatici, potrà aver parte alla vita eterna. Andranno nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli, a meno che prima del termine della loro vita vengano incorporati alla Chiesa…Nessuno, per grandi che siano le loro elemosine, o quand’anche versi il suo sangue per Cristo, potrà salvarsi se non rimane nel seno e nell’unità della Chiesa cattolica”. E che ‘Fuori della Chiesa non ci sia salvezza’ e che quindi nessun’altra via (sia religiosa o spirituale) porti alla verità con la “V” maiuscola, si spiega col fatto tutte le altre religioni sono naturali, mentre solo il cattolicesimo è soprannaturale.

Nonostante quello che Lei pensa, il principio ‘extra ecclesiam nulla salus’ è ancora vigente. È stato infatti confermato sia con la Lumen Gentium, §16, del concilio Vaticano II, dove si afferma che possono salvarsi solo coloro che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, sia con la “Dominus Iesus” del 6.8.2000, dove ai §§20-2 si ribadisce che deve essere fermamente creduto che la Chiesa è strumento necessario per la salvezza di tutta l'umanità. Senza Chiesa, dunque, non si va da nessuna parte, e Lei è abbastanza informato per rendersene conto.

Da quello che ha scritto, mi sembra chiaro che Lei non possa più stare dentro alla Chiesa, perché professa idee che contrastano col suo insegnamento ufficiale. Quindi, Lei scriva e parli pure, ma per favore si presenti come ateo, agnostico o quello che vuole, ma non come cattolico, membro della Chiesa cattolica.

 

Curioso: uno è convinto di esser membro della Chiesa, e invece un altro membro non lo vede affatto come tale. È evidente che chi si ritiene membro della chiesa dell’espulsione ha ancora il vizio di voler imporre i suoi dogmi con le armi in pugno, e chi non li accetta farebbe meglio a migrare da un’altra parte.

Inutilmente (rispondendo alla domanda sub 1) ho cercato di far presente un punto che secondo me è fondamentale: il Gesù che divide e porta allo scontro gli esseri umani non è e non può essere il vero Gesù, visto che Gesù non ha mai escluso nessuno e la sua comunità era per l’accoglienza, non per l’espulsione; era per servire, non per comandare (Mt 23, 11; Mc 10, 35-45). Certo, a tutti noi piace comandare e giudicare gli altri senza essere giudicati (anche alla Chiesa [1]), ma Gesù ha detto: “tra voi non è così”. Invece, troppe volte, è come se avessimo bisogno di un Dio che condanna perché anche noi giudichiamo. Ma Dio guarda al bene che ognuno ha fatto (Mt 25, 31ss.), non se abbiamo commesso peccati. Nella sua comunità non si deve vivere come le persone di questo mondo che amano i titoli altisonanti, amano le vesti particolari per distinguersi dagli altri, amano i primi posti nei banchetti e nelle sinagoghe, amano essere ascoltati con ossequio quando parlano, e soprattutto amano essere obbediti: “tra voi non è così”.

Ricordate che Gesù, quando molti cominciavano ad abbandonarlo, ha chiesto ai dodici: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6, 67). Era disposto a proseguire anche da solo. Eppure Gesù non ha mai detto loro nulla del genere quando li ha visti, tante volte, tentennanti nella fede, ma solo quando è emersa l’insicurezza nella sequela [2], cioè nel comportamento, non nella credenza di certi principi. Gesù non ha mai chiesto obbedienza a sé, non ha mai chiesto di credere a determinate dottrine.

Ora, è verissimo quello che Lei dice sul principio dottrinario extra ecclesiam nulla salus [3] (che tradotto significa che non c’è salvezza fuori della Chiesa cattolica), nel senso che questo dogma è giunto fino a noi, tanto che tutti quelli della mia età l’hanno sentito ripetere varie volte [4]. Questo ha insegnato per secoli la Chiesa.

Per prima cosa, però, farei osservare che, se nella Chiesa cattolica si salva solo il battezzato il quale obbedisce all’insegnamento ufficiale, vorrebbe dire che la venuta di Cristo non è stata una Buona Novella [5], perché ha ristretto, e non ampliato, il raggio dell’azione salvifica, e vorrebbe anche dire che Dio non vuole salvare tutti. Se, all’opposto, crediamo che Dio vuol salvare tutti (1Tm, 2, 4), se l’evangelista Marco comincia con l’annuncio della buona notizia di Dio (Mc 1,1.14), da portare ad ogni creatura (Mc 16, 15) e soprattutto ai derelitti (Lc 4, 18-19), la formula dogmatica insegnataci non sembra in linea con quanto dice il vangelo. E qual sarebbe questa buona notizia? Che Dio è buono; che Dio è amore e da questo amore di Dio nessuna persona, qualunque sia la sua condotta nella vita, può sentirsi esclusa; che la vita non finisce con la morte; che Dio chiede soltanto di essere accolto qui sulla terra e, potenziati da Lui, diffondere in spirito di servizio questa onda di amore sugli altri in modo da rendere la vita migliore adesso, in questo mondo. Per questo la bella notizia di Gesù è in grado di ri-orientare le nostre vite terrene, ma è evidente che questa interpretazione poco ha a che vedere con la formula dogmatica.

Qual è l’interpretazione giusta? Qui posso ricordare che papa Benedetto XVI aveva scritto che, se non abbiamo più concezione simile a quella del concilio di Firenze (extra ecclesiam nulla salus), è perché possediamo semplicemente un nuovo concetto di umanità? [6] E prima di lui papa Giovanni Paolo II aveva scritto che il Regno di Dio è una realtà più ampia della Chiesa, sì che anche i membri di altre religioni possono avervi accesso [7].

Forse che questi due papi, riconosciuti come difensori della retta dottrina anche dalla parte più conservatrice della Chiesa, non erano in realtà neanch’essi veri membri della Chiesa cattolica e dovevano essere espulsi? Ma se invece questi due papi hanno affermato cose del genere, non abbiamo forse il diritto di chiederci: i peccatori, gli eretici, i pagani di oggi che vogliono avvicinarsi a Gesù, devono proprio entrare nella Chiesa cattolica o possono essere pienamente in comunione con Gesù anche senza far parte della Chiesa cattolica?

Se si guarda al vangelo, mi sembra piuttosto evidente che non è vero che fuori della Chiesa non c’è salvezza; e non è neanche vero che occorre il battesimo per andare in paradiso.

Ad esempio, nella parabola del paralitico portato  dai quattro (Mc 2, 1ss.) Gesù smentisce questo principio cardine della dottrina ufficiale (degli scribi, ma all’epoca la Chiesa cattolica non esisteva), secondo cui “non c’è salvezza fuori d’Israele”. Come allora non pensare che il principio secondo cui “non c’è salvezza fuori della chiesa cattolica”, cardine per secoli della dottrina ufficiale cattolica, non sia contrario a quanto si legge nel vangelo, essendosi la nostra Chiesa limitata a copiare pari pari quella che era la dottrina del Tempio,[8] cioè della Chiesa di allora? E come non pensare che questa conclusione rappresenti un altro duro colpo all’autorità della Chiesa di Roma che pretende di avere il monopolio su Gesù e su Dio? Ricordate infatti cosa ha detto Gesù al paralitico cui sono stati rimessi i peccati? Tornatene a casa tua, tornatene alla tua cultura. Vediamo di capirci meglio: nella guarigione del paralitico a Cafarnao (Mc 2, 1), viene sfondato il tetto della casa d’Israele (cioè la casa del popolo eletto, l’unica comunità che Dio avrebbe salvato, perché ‘fuori di quella chiesa non c’era salvezza’), e il paralitico anonimo viene portato da 4 (i 4 punti cardinali rappresentano simbolicamente tutta l’umanità); poi, il paralitico che non parla viene a forza calato davanti a Gesù. Allora, nel modo in cui l'evangelista scrive, l’umanità pagana è rappresentata da un personaggio collettivo (i 4 + il paralitico): i quattro, che non arretrano dinanzi alle difficoltà rappresentano la determinazione nel perseguire la salvezza; il trasportato raffigura l’umanità prostrata e muta che ha bisogno di salvezza. Secondo la religione, solo Israele era la nazione eletta, la nazione santa; al di fuori c’erano i pagani che erano esclusi dall’azione di Dio e che mai si sarebbero salvati (ecco già il principio extra ecclesiam nulla salus). Invece qui l’evangelista, sotto la figura del paralitico e dei quattro, ci presenta l'umanità pagana e peccatrice la quale, sentendo questo messaggio innovativo di Gesù che sta abbattendo tutte le barriere,[9] riesce con fatica a farsi strada fino a lui nonostante il monopolio che gli ebrei pretendono di esercitare su di lui,[10] proprio come la Chiesa di Roma di oggi pretende di avere il monopolio su di lui. La tenacia che i portatori hanno dimostrato, superando gli ostacoli che impedivano di arrivare fino a Gesù, riceve il nome di fede (Mc 2, 5). Aver fede – ed è la seconda volta che appare in questo vangelo (dopo Mc 1, 15: “abbiate fede”, cioè credete alla Buona notizia) - non significa proclamare fedeltà al magistero. Al contrario, proprio resistendo ai poteri religiosi, Gesù ha posto il principio della libertà del credente all'interno della stessa istituzione religiosa. E proprio su questo punto il cristianesimo si è separato dal giudaismo, e san Paolo ha poi giustificato questa rottura paragonando la legge divina gravante sugli Ebrei al pedagogo che si occupa del bambino fin che giunge il momento dell'emancipazione (Gal 4, 15), appunto con Gesù. Qui, dunque, i portatori emancipati disattendono le disposizioni della legge divina che vietava ogni contatto fra ebrei e pagani; i pagani neanche parlano, ma dimostrano di credere[11]. Per la religione stanno già peccando, per Gesù no. Il fatto che Gesù non abbia guarito il paralitico, ma cancellato i suoi peccati, conferma che questa paralisi non e un’invalidità fisica quanto dello spirito dell’uomo, dell’interiorità dell’uomo, provocata dal passato peccatore. Alla fine, dopo aver cancellato il passato peccaminoso (ma senza pretendere alcuna confessione e alcuna penitenza), dopo aver aperto un percorso di vita piena, Gesù stranamente lo congeda dicendogli: «ti dico alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua» (Mc 2, 11). Per ottenere la guarigione il paralitico deve collaborare, disobbedire pure lui al magistero (perché prendere il lettuccio di sabato era proibito dalla legge), e non appena disobbedisce riesce ad andar via sulle sue gambe. Ma se a questo punto il paralitico era ormai guarito, in grado di camminare, perché non può andare dove gli pare e piace? Perché Gesù gli dice di andare a casa sua? Perché, visto che Gesù si trova nella casa di Israele (l’unica nella quale ci sarà salvezza, secondo la religione), il paralitico guarito non deve integrarsi nel popolo di Israele, ma deve ritornare a casa sua [12]. Qui probabilmente l’evangelista riflette le tensioni nella Chiesa primitiva che hanno rischiato di far naufragare la comunità intera perché c’erano appunto i giudei credenti, quelli che avevano accolto Gesù conservando però le tradizioni di Mosè, i quali imponevano agli altri che volevano aderire al cristianesimo la circoncisione e il rispetto della legge di Mosè: volevano inglobare i nuovi adepti nella propria idea di religione. C’è voluta tutta l’opposizione di Paolo per contrastare questo indirizzo. Ecco, dunque, la grande libertà che dà Gesù: l’umanità (fatta di peccatori, impuri pagani, atei, eretici) che ha scoperto Gesù e lo ha incontrato nella casa d’Israele – ricordo che Giovanni nel suo Vangelo (Gv 4, 22) dirà giustamente che la salvezza viene dai giudei, perché grazie a loro abbiamo scoperto Gesù - non deve rimanere nella casa d’Israele e adeguarsi a quella cultura. Gesù libera da tutto questo.

E non mi si venga a dire che l’episodio si riferisce esclusivamente alla comunità ebraica di allora, ma non può riferirsi a quella cattolica, nettamente superiore, che ha ormai capito tutto. Come ha più volte chiarito Alberto Maggi, i vangeli sono sempre attuali per cui, quando l’evangelista scrive queste cose, non è per un rimprovero al magistero della comunità ebraica (che fra l’altro non esisteva più perché con la distruzione del Tempio si era dispersa anche la classe sacerdotale), ma per un monito alla comunità cristiana di tutti i tempi a non commettere gli stessi errori.

Quale conclusione possiamo allora trarre oggi da questo racconto? I peccatori, i pagani, gli eretici, gli atei di oggi che vogliono avvicinarsi a Gesù, devono per forza entrare nella Chiesa cattolica o possono essere pienamente in comunione con Gesù senza far parte della Chiesa cattolica? Per secoli e secoli l’istituzione vaticana ha sostenuto che al di fuori della Chiesa cattolica romana non c’è salvezza. Eppure in questa parabola del paralitico portato dai quattro, dove Gesù ha smentito uno dei principi fondamentali della dottrina ufficiale degli scribi secondo cui “non c’è salvezza fuori d’Israele,” come non pensare che smentisca anche il principio secondo cui “non c’è salvezza fuori della chiesa cattolica”, come se Dio fosse cattolico?

A comprova di questa interpretazione ci sono vari altri casi: pensiamo a quando Gesù ordina perentoriamente agli apostoli di non impedire che degli estranei caccino i demoni in nome suo, anche se non fanno parte della sua comunità (Mc 9, 38ss.); e sappiamo che chiesa, dal greco ‘ecclesia’, significa assemblea, comunità. Lo stesso messaggio si ricava dalla parabola del buon samaritano (Lc 10, 30ss.); si ricava cioè il principio che si può essere credenti seguendo Gesù, anche al di fuori dell’istituzione Chiesa: chi viene presentato come vero credente, il samaritano, non era affatto visto come tale dall’istituzione ecclesiastica di allora. Se solo si guarda al vangelo per quello che dice, e non per quello che crediamo che dica, mi sembra si debba necessariamente concludere che non è vero che fuori della Chiesa non c’è salvezza; non è vero che occorre il battesimo per andare in paradiso. Nessun personaggio di questi episodi, tutti diversi fra di loro, risulta infatti battezzato. Eppure il battesimo già esisteva (Mc 1, 5).

In realtà, i vangeli ci stupiscono ogni giorno, e ogni giorno scopriamo quanto si debba stare cauti con la religione che ci è stata insegnata.

Altro esempio ancora: i primi cristiani, osservanti delle regole religiose e sicuri di essere gli unici veri credenti, erano certi che bisognava prima convertirsi, poi bisognava farsi battezzare, e finalmente scendeva lo Spirito Santo. Ancora il catechismo di Pio X ne era convinto, tanto da affermarlo categoricamente all’art. 566. E ancora oggi tanti credenti sono convinti che se uno non è battezzato e non segue quanto indica il magistero non può essere credente: sono convinti che costui non può essere membro della loro Chiesa, su cui sentono di avere evidentemente un’esclusiva. Ma ecco subito lo sconcerto di Pietro e dei credenti che erano con lui (“i fedeli della circoncisione”): anche sui pagani si effonde il dono dello Spirito santo (At 10, 45). Cosa avevano fatto questi pagani per meritare il dono dello Spirito? Niente. Non si erano battezzati, non stavano pregando, non si erano ancora convertiti, non erano pronti a seguire le regole dei primi cristiani; semplicemente stavano ascoltando Pietro, il quale stava appunto insegnando loro che occorre prima battezzarsi nell’acqua per poi ottenere lo Spirito santo; ma mentre Pietro sta ancora parlando, lo Spirito santo interrompe brutalmente la sua dotta lezione di catechismo ed interviene direttamente con il dono del suo amore: “infatti li udivano parlare le lingue e magnificare Dio” (At 10, 46; At 15, 8). Dunque, Pietro dice una cosa e lo Spirito ne fa un’altra. Nell’ottica di Pietro (e oggi del magistero [13]) lo Spirito combina pasticci, non segue le regole della retta dottrina che Pietro cerca con fatica di inculcare negli altri, e questo povero san Pietro (come il nostro magistero dopo di lui) deve sempre rincorrerlo cercando di capire cosa deve veramente fare, perché lo Spirito soffia dove vuole (Gv 3, 8), ma alla fine è Lui che guida la Chiesa, anche se l’istituzione cerca continuamente di imporre la propria rotta [14].

Seguendo la propria rotta religiosa, il concilio di Trento [15] aveva colpito con scomunica chi affermava che il battesimo non è necessario alla salvezza. Però il vangelo appena visto sembra dire qualcosa di diverso, e mi sembra ci faccia intendere in particolare due cose: primo, che l’infallibilità non rientra evidentemente fra gli attributi dei santi, visto che anche san Pietro viene smentito e corretto su punti che sono invece ancora oggi radicati nella dottrina insegnataci; secondo, che è oggettivamente difficile tener dietro a Qualcuno che ha detto “faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5).

Quando io sono nato non c’era alcun problema: tutti (normalmente anche i genitori comunisti, come ci ricordano i film di Peppone e don Camillo) accettavano l’idea che si doveva essere battezzati cattolici il prima possibile per non correre il rischio di finire al Limbo [16]; si era cattolici per forza fin dalla nascita e poi si lasciava al magistero la gestione della propria coscienza perché si era certi che ‘fuori della chiesa cattolica non c’è salvezza’ (extra ecclesiam nulla salus). Si può qui ricordare che già all’apostolo Giovanni [17] dava maledettamente fastidio che qualcuno, che non era del gruppo, facesse miracoli in nome di Gesù, e per questo aveva tentato anche di proibirglielo. I vangeli valgono anche per oggi, e infatti questa tentazione di Giovanni si è continuamente ripetuta nella Chiesa [18], dove la gerarchia ha continuato a vietare di far uso del nome di Cristo, della sua parola, a tutti quanti non erano sottoposti alla sua autorità. Il divieto è esteso perfino alle Chiese cristiane protestanti, che per Roma non sono Chiese. Questo è chiaramente antievangelico, perché va contro un vero e proprio ordine di Cristo “Non glielo proibite!” (Mc 9, 39). Ma in barba al “Non glielo proibite!”, per più di 500 anni, cioè dal concilio di Firenze del 1442, si è continuato a ripetere che tutti i non battezzati (cioè i ¾ dell’umanità) quando muoiono, vanno dritti all’inferno per l’eternità, perché la salvezza c’è soltanto nella Chiesa cattolica, previo battesimo e obbedienza al magistero cattolico, avendo Dio in persona stabilito che l’unica via per la salvezza è questa. Essere cattolici, dunque, non era tanto una scelta meditata, quanto un obbligo per sperare di non finire all’inferno per l’eternità, visto che si credeva che Dio in persona avesse deciso così: evidentemente a quei tempi non si leggeva con sufficiente attenzione ciò che era scritto nei vangeli. Ripeto: basta meditare sulla parabola del buon samaritano, e ricordare cosa dice il vangelo a proposito dell’obbedienza cieca al clero: sotto i portici dove viene insegnata la legge ecco le conseguenze nefaste dell'obbedienza cieca e dell'osservanza passiva della legge nel popolo: ciechi, zoppi, inariditi (Gv 5, 1).

E ora pensate a come è di più ampio respiro l’idea della Chiesa anglicana, secondo cui in realtà c’è una sola Chiesa di Cristo visibile in terra; siamo già un’unica Chiesa. Come un oceano ha tanti mari fra di loro collegati, così è la Chiesa universale. Pertanto ogni Chiesa è in comunione con le altre, come ogni mare è in collegamento con gli altri. “Se gli altri non la pensano così è un problema loro” aveva già detto nel ‘500 il teologo anglicano Richard Hooker, quando noi col concilio di Trento irrigidivamo tutta la dottrina.

C’è qualcuno che, ritenendo effettivamente il dogma cattolico troppo duro, ha cercato di rovesciare la formula “fuori della Chiesa non c’è salvezza” dicendo che in realtà esso significa che dovunque c’è salvezza c’è Chiesa [19]. Sicuramente quest’ultima affermazione può essere accettata purché per Chiesa non s’intenda l’istituzione vaticana, ma ogni comunità che si comporta cristianamente. Ma dire che il dogma fiorentino significa questo, mi sembra sia fare un uso piuttosto disinvolto del significato delle parole. Mi sembra proprio che questa pretesa di assolutezza ed esclusiva verità, che la Chiesa cattolica pretende di possedere, parta dall’affermazione dogmatica secondo cui Gesù, la seconda persona della Trinità incarnata nell’Umanità, ha designato Pietro come suo successore, il quale ha poi passato ai suoi successori le chiavi di una religione sovrannaturale, divinamente rivelata (n. 2244 Catechismo) che nessun altro possiede, e solo con questa unica copia delle chiavi si può aprire e chiudere, legare e sciogliere,[20] comandare e farsi obbedire.

Per questo la credenza che ‘fuori della chiesa non c'è salvezza’ è ancora seguita. La Dominus Iesus del 2000, ai §§ 20-22, effettivamente stabilisce che deve essere fermamente creduto che la Chiesa è strumento necessario per la salvezza di tutta l’umanità perché unita in modo misterioso e subordinata a Gesù Cristo Salvatore; che nel disegno di Dio la Chiesa ha un’imprescindibile relazione con la salvezza di ogni uomo; che la salvezza si trova nella verità, e che la Chiesa, alla quale tutta la verità è stata affidata, deve andare incontro al desiderio (di salvezza e verità) di tutti gli uomini offrendola loro. Ma a parte il discorso sulla verità – già trattato rispondendo alla domanda sub 1 -  mi sembra sia stato giustamente obiettato: la Chiesa strumento necessario? Si vuol forse dire che prima della Chiesa nessuno si salvava? E neanche oggi nessuno fuori della Chiesa si salva? Leggendo la Dominus Iesus salta evidente all’occhio una carenza concreta di amore (come accadeva nella Chiesa di Efeso – Ap 2, 4s.) ed è invece sull'amore, dimostrato o meno verso gli altri, che verremo giudicati (Mt 25, 31-46). Il Vangelo non parla di giudizio su verità, o su dogmi di fede, o su credenze dottrinali. Ciò che conta per la salvezza non è alla fine vedere se persone intellettualmente acute, ma chiuse nel cuore, abbiano raggiunto la pienezza della verità, abbiano vissuto bene le loro credenze e soprattutto riti, abbiano beneficiato dei sacramenti per incanalarsi verso la salvezza; occorre solo vedere quanto hanno amato[21] in concreto. Quindi si può probabilmente sostenere che la Chiesa non è necessaria per comunicare la buona notizia evangelica; è necessaria solo umanamente perché, visto che ci si ritrova in gruppi, bisogna pur trovare il modo di andare d’accordo e cooperare [22]. La nostra Chiesa è una risposta istituzionale al messaggio di Gesù, messaggio che prevede una forma comunitaria, perché l’uomo è costruito per vivere insieme agli altri, e salvo rare eccezioni non è capace di stare da solo. Gesù ha però istituito una comunità alternativa. E le nostre parrocchie forse lo sono? Non è forse vero che la nostra Chiesa e le nostre parrocchie sono inserite a pieno titolo nel sistema? Perciò non credo proprio che Gesù abbia avuto l’idea di istituire una Chiesa come quella che abbiamo. Del resto, come ha detto in un’omelia José Castillo, la Buona Notizia non è iniziata nel Tempio, non è venuta dai suoi funzionari e dalle sue cerimonie, ma è arrivata dal deserto, da un profeta del deserto (inizio del vangelo di Marco), che non è certamente un luogo sacro. Il Vangelo non inizia con l’aspetto religioso, ma con quello laico. E Gesù dimostra (Gv 9, 39; 10, 21) l’incompatibilità con l’istituzione giudaica annunciando il proposito di condurre coloro che lo ascoltano fuori di essa, per formare una comunità umana libera, che goda della pienezza che egli comunica [23]. È evidente in tutti i vangeli una polemica anche violenta da parte di Gesù nei confronti dell’istituzione religiosa giudaica, e se teniamo presente – come detto sopra, - che i vangeli sono sempre attuali…

Se seguiamo l’insegnamento secondo cui fuori della Chiesa non c’è salvezza, non solo bisogna agire secondo le leggi divine rivelate, ma soprattutto bisogna credere che tutte queste leggi divine sono correttamente e infallibilmente interpretate dalla Chiesa di Roma, mentre ogni altra interpretazione è sbagliata. Ma così l’ortodossia – non l’amore – finirebbe per diventare il criterio di identificazione del cattolico doc: fuori dello spazio riconosciuto dalle gerarchie non c’è vera Chiesa. Di fronte a questa netta posizione, mi sembra allora appropriato richiamare il rimprovero che nell’Apocalisse Gesù in persona muove alla Chiesa di Efeso, la quale, ritenendosi investita del dovere di imporsi sugli altri con la propria verità, dimenticava di convertirsi. Questa Chiesa si distingueva proprio per lo zelo nel difendere strenuamente l’ortodossia, ma mancava di amore (che invece è prioritario), sì che Gesù rammenta a questa Chiesa che se non si converte rimuoverà il candelabro (Ap 2, 4-5). Rimuovere il candelabro significa che questa chiesa si spegne e non sarà più in grado di fare luce per gli altri, uscendo così dal circuito vitale [24]. E uscire dal circuito anche se difende con tutte le sue forze l’ortodossia, significa che è diventata un ostacolo alla fede, e significa anche che la fede è evidentemente qualcosa di ben diverso dal rispetto della pura ortodossia.

Inoltre, visto che cattolico significa universale, non si ottiene forse un risultato contrario alle aspettative di universalità affermando che solo la Chiesa cattolica possiede tutta la Verità, perché così facendo essa si erge automaticamente a giudice infallibile, mentre l’errore è necessariamente degli altri che non sono infallibili, per cui questi altri, che si sentono da subito giudicati negativamente, non sono affatto invogliati a dialogare fraternamente? Per dialogare non basta tollerare l’altro; occorre invece riconoscere l’altro come indispensabile al proprio sviluppo e non respingere le sue idee solo perché non combaciano con i propri punti di vista. “Se vuoi dialogare non ti imporre come un tutto insostituibile. Non sei che un pezzetto” diceva il vescovo brasiliano dom Helder Câmara [25]. La propria verità va offerta con delicata attenzione, con la consapevolezza di maneggiare realtà molto più elevate delle parole inadeguate che si stanno usando per esprimere le proprie convinzioni [26]. E allora, proprio perché non si possiede tutta la Verità, ma se ne possiede solo qualche frammento, non ci si può permettere di gridare forte questa propria parziale verità come fosse la verità tutta intera, perché la Verità con la “V” maiuscola non può mai fare a meno dell’amore e della sensibilità [27]. E poi, se uno ha ragione non ha neanche bisogno di gridare, né di attaccare chi la pensa in maniera diversa. Basterebbe offrirgli una lineare spiegazione logica, perché se gli si offre la verità, a quel punto essa s’impone facilmente e naturalmente per la sua evidenza.

Nella Gaudium et spes [28], oggi dimenticata e comunque mai veramente attuata, si trova conferma che l’unico valore dei vangeli è l’Uomo, e in considerazione dell’unità della realtà umana, tutto ciò che fa crescere ogni singola persona risponde a quest’unità. Pertanto, chiunque promuove valori umani, anche al di fuori della Chiesa cattolica, cammina con la Chiesa verso il Regno di Dio, anche se la gerarchia cattolica non lo vuole come compagno di viaggio, ancorata com’è all’idea che un atto naturale, mancante di grazia, non potrà mai avere valore soprannaturale.

Per tutti questi motivi, io penso di poter tranquillamente concludere dicendo che anche fuori del limitato recinto della nostra Chiesa ben ci può essere salvezza.

 

Dario Culot

[1] Come mezzo secolo fa ricordava padre Turoldo, anche la Chiesa si è sentita giudicata; la Chiesa povera e dei poveri, la Chiesa sobria ed essenziale, di per sé diventa un giudizio per la Chiesa del potere, potente nelle sue alleanze e nelle sue preferenze. I poveri, se si rallegrano per la prima Chiesa, si allontanano dalla seconda, e questo non piace alla Chiesa del potere.

[2] Castillo J.M., El evangelio marginado, Desclée De Brouwer, Bilbao, 2018, 126.

[3] Riportato in Casaldàliga P. e Vigil J.M., Spiritualità della liberazione, ed. Cittadella, Assisi, 1995, 322 nota 14. Si tratta della Bulla unionis Coptorum Aethiopumque “Cantate Domino”, Decretum pro Iacobitis, da cui si è estratto l’efficace slogan “Extra Ecclesiam nulla salus”, stabilendo autorevolmente che “fuori della Chiesa non esiste salvezza”. Questo principio teologico, confermato da Pio IX nel Singolari quidam, 222, venne consacrato nel Catechismo di Pio X art.169, che ancora io ho studiato da piccolo, con la formula: «No, fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana nessuno può salvarsi, come niuno poté salvarsi dal diluvio fuori dell’Arca di Noè, che era figura di questa Chiesa». Lo avevano affermato in passato già i Padri della Chiesa: vedasi, fra gli altri, Origene, Homil 3, in Iosue 5; san Cipriano, Epistole 4,4 – 73,21; Lattanzio, Divinae Institutiones, 4, 30, II; sant’Agostino, Sermo ad Caesarienses Ecclesiam plebem, 6 ed Epistola CXLI; lo ha da ultimo ribadito papa Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, II, 62, 64. Vedi anche Ruppi C., Qual è il rapporto della Chiesa cattolica con il popolo ebraico?, “Famiglia Cristiana,”  n.3/2008, 11. “La salvezza ci viene solo da Cristo e dalla sua Chiesa… Solo la Chiesa unisce veramente tutti gli uomini e donne” (Ruppi C., In che senso la Chiesa è mistero? “Famiglia Cristiana” n.45/07, 11).

[4] Papa Pio XII, nella Lettera al Sant’Offizio 8.8.1949 (in Enchiridion Symbolorum, ed. Dehoniana, Bologna, 1995, n. 3866) ha aggiunto che questo è un insegnamento infallibile: quindi è un dogma.

[5] Il termine evangelo, in greco εὐαγγέλιον (lett. “buona notizia” o “lieta novell”"), è un tipico esempio di come il senso delle parole possa mutare nel corso del tempo. All’inizio la parola significava la mancia che si dava al messaggero di una buona notizia. Oggi, per noi, la parola è diventata sinonimo di scritto, o meglio dei quattro scritti degli evangelisti.

[6] Ratzinger J., Il nuovo popolo di Dio, Queriniana, Brescia, 1971, 358.

[7] Papa Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris Missio, del 7.12.1990, § 20.

[8] Il Tempio, per gli Ebrei, è il punto d’incontro fra cielo e terra. Lì abita Dio. Nel Tempio si concentra la Chiesa di allora. L’azione più violenta che (per quanto sappiamo) Gesù ha messo in atto in tutta la sua vita, è stata quella portata a compimento nel Tempio. Un’azione che impressionò tanto in quel momento, che di un tale comportamento ci informano tutti e quattro i vangeli (Mc 11, 15-19; Mt 21, 12-17; Lc 19, 45-48; Gv 2, 13-21). Da allora, per il cristianesimo, Dio non dimora nel tempio (At 17, 24-25). Quando, fra il III e il IV secolo, il cristianesimo, si trasformò da fede perseguitata in religione imposta (per motivi esclusivamente politici), si sono recuperati tutti quegli elementi tipici della religione, che Gesù aveva eliminato: con lui non c’era più bisogno del tempio, non c’era più bisogno dei sacerdoti, non c’era più bisogno della legge divina, non c’era più bisogno del culto. Gesù era venuto a portare un punto di vista differente: il Dio che Gesù aveva fatto conoscere non è lontano, da cercare e trovare in un luogo sacro, obbedendo a una categoria di persone sacre, ma è un Dio innamorato degli uomini che, prendendo l'iniziativa, si avvicina e chiede di essere accolto nella nostra esistenza per fondersi con noi e dilatare la nostra capacità d’amore. Evidente che se Dio mi è intimo non c’è bisogno di andare a cercarlo in un luogo particolare; se Dio mi è intimo non c’è bisogno andare da un addetto al culto, per dirgli che dica a Dio le cose che Dio sa già; se Dio mi è intimo non ci guida attraverso l’osservanza di una sua legge, ma attraverso la comunicazione crescente del suo amore e della sua capacità d'amore. Non per niente i primi cristiani venivano denunciati come atei, perché non avevano templi, non avevano statue delle loro divinità, non avevano liturgie: sembravano proprio degli atei.

[9] Concetto su cui batte la lettera agli Efesini: qui si propone il tema dell’unificazione di ogni cosa in Cristo, colui il quale realizza il progetto di unità abbattendo ogni muro (Ef 2, 14-15).

[10] Mateos J. e Camacho F., Il figlio dell’uomo, Cittadella, Assisi, 2003, 49 s.

[11] Mateos J. e Camacho F., Marco, Cittadella, Assisi, 1996, 98.

[12] Idem, 99. Si può anche notare che quest’idea c’era già nella Bibbia (Ez 47, 21): Dio divide il territorio secondo le tribù d’Israele, ma aggiunge che il territorio va condiviso fra queste tribù e i forestieri che abitano in mezzo alle tribù. C’è dunque  una riconciliazione con i forestieri insediati, che però non vengono amalgamati. Chissà se i nostri politici che si dichiarano credenti ma che si oppongono ad ogni ingresso di stranieri hanno letto questo passo della Bibbia. 

[13] Il nostro magistero si ritiene successore degli apostoli. Infatti gli apostoli, affinché l'Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi «affidando il loro proprio posto di maestri» (Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione del 18.11.1965 - Dei Verbum § 7). Ma se Pietro sbaglia e non è infallibile, perché i suoi successori dovrebbero essere perfetti?

[14] Il problema di fondo, in tutto questo racconto, sta nel fatto che né a Pietro (ma neanche agli altri apostoli) entrava nella testa che Gesù potesse salvare il mondo proprio passando per il rifiuto frontale della religione e dei suoi responsabili. Il peggio di tutto questo è che ancora a molti di noi credenti capita quello che è successo a Pietro e agli apostoli. Amiamo più la religione, i suoi dogmi ed i suoi riti che Gesù ed il suo messianismo. In allora i sacerdoti avevano rifiutato Gesù; stiamo attenti a non rifiutarlo oggi anche noi, che dovremmo rispondere storicamente a ciò che lui ha detto, e non solo a ciò che metafisicamente hanno detto i concili. Ricordo quanto detto nella relazione sulla differenza fra accadere ed essere.

[15] Concilio di Trento, VII sessione del 1547, decreto 1 sui sacramenti, § 4, in www.totustuustools.net/concili.

[16] Altra dottrina oggi sostanzialmente abbandonata dalla Chiesa. Vedi l’articolo sul Limbo, al n.454, in https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numeri-dal-26-al-68/1999993---maggio-2018/numero-454---27-maggio-2018

[17] Il figlio di quella brava donna che cercherà di far avere a lui e al fratello Giacomo i primi posti nel nuovo regno (Mc 10, 35ss.).

[18] Arias J., Il dio in cui non credo, Cittadella, Assisi,1997, 15.

[19]  Boros L., Noi siamo futuro, Queriniana, Brescia, 1973, 78.

[20] Ma sul punto rinvio a quanto detto nell’articolo Legare e sciogliere, al n.523 di questo giornale, in https://sites.google.com/site/archivionumeri500rodafa/numero-523---22-settembre-2019/legare-e-sciogliere.

[21] Dupuis J., Perché non sono eretico, EMI, Bologna, 2014, 114-146s.

[22] Al Cap. III della Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, del 21.11.1964, la Chiesa si struttura in gerarchia, ma si struttura con servizi interni per funzionare al meglio.

[23] Mateos J. e Barreto J., Il Vangelo di Giovanni, ed. Cittadella, Assisi, 1982, 443. 

[24] Pérez Márquez R., L’Apocalisse della Chiesa, Cittadella, Assisi, 2011, 42 ss.  Maggioni B., L’Apocalisse, Cittadella, Assisi, 2012, 39. Questo secondo autore non parla di ortodossia, ma di “mediocrità interiore”; tuttavia il richiamo nel testo al fatto che la Chiesa di Efeso “non sopporta” qualcuno, sembra collegarsi a un fondamentalismo, piuttosto che a una grigia mediocrità. Più attendibile, perciò, mi sembra l’interpretazione di Pérez.

[25] Câmara H., Mille ragioni per vivere, Cittadella, Assisi, 2000, 91.

[26] Molari C., Un passo al giorno, ed. Cittadella, Assisi, 2006, 64.

[27] Martini C.M. e Sporschill C., Conversazioni notturne a Gerusalemme, Mondadori, Milano, 2008, 110. Vedasi anche la lettera alla Chiesa di Efeso (Ap 2, 4-5).

[28] Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et spes -  del 7.12.1965.