Il locus specialis della Comunione Anglicana, il libro di Gianluigi Gugliermetto

Locandina dell’incontro online del prossimo venerdì 27 novembre alle ore 18 promosso dal nostro giornale e dell’Associazione Culturale “Casa Alta”; per ottenere le credenziali del collegamento Zoom scrivere una mail a casa.alta@virgilio.it

Scrive l’amico teologo e prete della Chiesa Episcopale Gianluigi Gugliermetto in una pagina particolarmente intensa del suo recente volume Gli Anglicani. Un profilo storico e teologico, edito da Gabrielli Editori: «Tra i gruppi sociali che frequentavano con entusiasmo le parrocchie presiedute da sacerdoti ritualisti si distinguevano le donne di estrazione sociale medio-alta. A molte di esse l’anglocattolicesimo offriva uno spazio di libertà dalle ristrettezze della famiglia vittoriana, talora attraverso la consacrazione di uno dei nuovi ordini religiosi. Secondo i resoconti dell’epoca, al contingente femminile seguiva quello dei giovani uomini, un fatto che allarmò particolarmente alcuni settori dell’opinione pubblica. Charles Kinglsey aveva già accusato gli esponenti del movimento di Oxford di «fastidiosa, languida e magniloquente effeminatezza», a cui egli stesso si contrapponeva come esponente di un cristianesimo virile, coraggioso e vitale. Negli anni successivi, la percezione che sotto le tonache monastiche e sacerdotali si nascondesse il “vizio” dell’omosessualità si diffuse sempre di più e infiammò gli animi di coloro che si opponevano all’anglocattolicesimo in nome della morale tradizionale e della tradizione protestante. Nel 1865 il giornale popolare Punch scriveva che i sacerdoti ritualisti «amano vestirsi come delle signore, essendo dediti ad indossare abiti diversi di colori sgargianti con trine e ricami di vario tipo.» Si può individuare in questi attacchi all’anglocattolicesimo e ai suoi rappresentanti una vera e propria ansia di virilità. Tuttavia, la correlazione tra cultura omosessuale e anglocattolicesimo non era totalmente inventata. L’estetismo, principale cifra controculturale dell’anglocattolicesimo, attraeva verso le parrocchie ritualiste parecchi giovani che non si riconoscevano nel modello iper-virile e non più romantico della maschilità vittoriana. La presenza di tendenze ribelli al sistema sociale spiccava sia negli ambienti culturali omossessuali sia nell’anglocattolicesimo e la bellezza del rituale anglocattolico prometteva “un altro mondo”, un ordine superiore in cui si incontravano al vertice bellezza, amore e verità, a differenza di ciò che accadeva nella bruta realtà industriale e imperiale.» (p. 67).

L’associazione culturale Casa Alta – di cui è presidente il sottoscritto direttore de Il giornale di Rodafà – avvierà il proprio percorso di rifondazione incontrando proprio venerdì prossimo, benché online (sulla piattoforma Zoom, le cui credenziali possono chiedersi inviando una mail all’indirizzo: casa.alta@virgilio.it), Gugliermetto e, tramite lui ed il libro che ha scritto, l’identità e la testimonianza della Comunione Anglicana. 

In gioco viene un’ecclesiologia alla quale il nostro contesto religioso cristiano maggioritario, quello cattolico-romano, non è per nulla abituato. Già le righe sopra riportate attestano di una apertura alle tenzioni ed istanze più pressanti della modernità, in particolare a riguardo di eventi che un secolo più tardi contrassegneranno la cosiddetta “rivoluzione sessuale”, rispetto alle quali neppure il Vaticano II riuscirà a fornire strumentari di approccio teologico e pastorale del tutto adeguati. Perché si tratta di un “et et” che la logica alternativa di marca scolastica e neoscolastica difficilmente può ammettere: l’umano ed il divino non in reciproca pacificante evocazione, bensì in romantica dialettica che apre alla paradossalità. Peraltro proprio della “teologia del processo” Gugliermetto – italiano ed anglicano - è esperto, benché si tratti di investigazione teologica quasi del tutto sconosciuta in Italia. Come del resto – va pure ammesso – resta costantemente in ombra nei contesti ecclesiali italiani la stessa identità teologica della Chiesa Anglicana, che se viene menzionata nei libri di storia ad uso di studenti e studentesse di medie e superiori, resta ignota a livello di conoscenza comunitaria diffusa. Quando va bene – ma non va affatto bene – il collegamento va al corpulento ritratto di Enrico VIII con le sue numerose consorti.

Eppure il Decreto del Vaticano II sull’Ecumenismo, Unitatis Redintegratio, osa affermare, al n. 13: «(…) parecchie Comunioni sia nazionali che confessionali, si separarono dalla Sede romana. Tra quelle nelle quali continuano a sussistere in parte le tradizioni e le strutture cattoliche, occupa un posto speciale la Comunione anglicana.» Locum specialem dice il testo latino. E Casa Alta, grazie al volume di Gugliermetto, vorrà scoprire – con attitudine che statutariamente deve mantenersi laica – in cosa consista, oggi, alle nostre latitudini, tale “specialità”.

Quando Francesco papa incontra Justin Welby, chi incontra secondo la dottrina cattolica? È una domanda che fu già posta autorevolmente: incontra un pio laico o incontra un vescovo (ammesso e non concesso che li si possa contrapporre…)?

La diffidenza cattolica verso un’ampia valorizzazione della “specialità” anglicana sembra nutrirsi di reazione ad ogni avanzamento di coscienza cristiana, di riconoscimento del senso della fedeltà alla Parola evangelica, compiuto dagli Anglicani, ad esempio con riguardo alle ordinazioni presbiterali ed episcopali delle donne, od alla gioiosa valorizzazione della pluriformità di orientamento sessuale. Le differenze qui appaiono addirittura dirompenti, eppure o si è in grado di lasciarsi da essere interrogare o ci si condanna ad una ripetizione apologetica che si esaurisce in un monologo senza più alcun uditore disposto ad ascoltare. Gugliermetto ricorda, ad esempio, la luminosa figura di Edward Pusey, professore di ebraico a Oxford, che – dopo la conversione al cattolicesimo di John Henry Newman, canonizzato da Papa Francesco il 13 ottobre 2019 – divenne il coordinatore del Movimento di Oxford che sfociò poi nell’anglocattolicesimo.

Nel 2022 – con due anni di rinvio a causa della crisi pandemica – si terrà la quindicesima Conferenza di Lambeth, che vede riunita l’assemblea di tutti i vescovi anglicani a Canterbury. Il nostro giornale si ripromette di seguirne i lavori, nella convinzione che l’anglicanesimo abbia pronunciato parole e tracciato strade che attendono ancora ulteriori dinamismi e sviluppi ecclesiali, a beneficio di una sempre miglior comprensione della fede cristiana.

Stefano Sodaro