Chi era Gesù di Nazaret - IX

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Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org

(10)  Il collegamento all’antico

 

Tutte queste cose vi giungono nuove? Eppure ormai si dicono da più di cinquant’anni, anche se non le trovate scritte nel Catechismo, anche se sono ancora minoritarie.

Siete ancora perplessi? Per forza: ci hanno ripetuto mille e mille volte che Logos (Verbo) e Gesù sono la stessa cosa.

Ma allora sentite ancora questa: che il Logos non s’identifichi con Gesù, come oggi ancora comunemente s’intende [1], ma solo con Dio, era opinione pacificamente accettata ai primordi della Chiesa.

Ad esempio, san Giustino [2] (100-164 circa d.C.), scrive: «il Logos divino, il Verbo di Dio, si era manifestato in Gesù Cristo, però pure, a modo suo, si era già manifestato nei filosofi greci e in molti poeti pagani». È chiaro che è stato il Verbo, non Gesù ancora non nato, a manifestarsi nei filosofi greci.

Va bene, direte voi, ma il dogma è arrivato dopo, quando la Chiesa, dopo aver meditato per vari secoli, ha finalmente capito tutto.

Allora sentite cosa ha detto papa Benedetto XVI, nell’udienza generale del 21.3.2007: «Ogni uomo, in quanto creatura razionale, è partecipe del Logos, ne porta in sé un “seme”, e può cogliere i barlumi della verità. Così lo stesso Logos, che si è rivelato come in figura profetica agli Ebrei nella Legge antica, si è manifestato parzialmente, come in “semi di verità, anche nella filosofia greca».

Dunque, anche secondo questo papa (non proprio un progressista sfegatato che voleva portare la Chiesa alla rovina, come i tradizionalisti dicono di papa Francesco), non era sicuramente Gesù ad essersi manifestato nella Torah degli ebrei o nei filosofi greci, ma Dio mediante il Logos, e quindi di nuovo il Logos non s’identifica con Gesù, ma solo con Dio.

Non si è eretici, allora, se oggi ci si riappropria di questa linea di pensiero e si afferma che le formule che sono sorte nel passato e che tuttora usiamo vogliono esprimere diversi aspetti della stessa azione, per cui, quando diciamo che il Verbo incarnato è vero uomo e vero Dio, dicendo Verbo incarnato ci riferiamo alla forza divina creatrice che opera nella creatura, e indichiamo in contemporanea sia l’aspetto umano che chiamiamo Gesù, sia l’aspetto divino che chiamiamo Verbo eterno [3]. Il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14) significa che Dio (il Verbo), circa duemila anni fa, ha assunto una consistenza e una forma concreta, la consistenza e la forma dei gesti compiuti da Gesù, che hanno incarnato l’amore di Dio per l’umanità [4]. Ma i due soggetti (Dio e Gesù) non si mescolano, non perché lo dico io, ma perché l’ha già detto Calcedonia nel 451 d.C.

Affermando l’esistenza di un’unica persona divina, Calcedonia intendeva dire solo che il divino (che sta sotto a questo rapporto Dio-uomo, l’unica substantia) alimenta questa stretta comunicazione fra Dio e l’uomo Gesù, questa stretta unione fra Dio in cielo e terra nell'uomo Gesù. In altre parole, l’essere umano incontra Dio solo quando Dio viene a lui e gli parla. Bisogna che Dio prenda l’iniziativa, si riveli e agisca. Noi non siamo in grado di trovarlo e raggiungerlo con i nostri poveri mezzi [5].

In conclusione, dal punto di vista della realtà esistente, se veramente Dio è Dio, dobbiamo affermare che Dio è superiore a Gesù [6], perché è logico dire che Dio è superiore all’uomo, come nell’umano un padre è superiore al figlio.

Però, se pensiamo a tutta questa questione dal punto di vista della conoscenza di questa realtà, quel poco che possiamo sapere di Dio coincide – per noi cristiani - con l’uomo Gesù, con il Gesù storico, perché il di più fa parte dell’inconoscibile trascendenza. Siccome possiamo sapere di Dio solo quello che abbiamo sentito, visto e avvertito in modo palpabile in Gesù (cfr. 1 Gv 1, 1) si può dire che la Parola divina s’identifica nel Gesù della storia, per cui il portatore di questa Parola è stato chiamato pure lui divino [7].  In Gesù, che è il nome dell’uomo, non esistono contemporaneamente una natura umana ed una divina, bensì egli è l’uomo concreto che, nell’ascolto continuo della Parola e nella preghiera, è stato capace di accogliere e manifestare la presenza attiva della Parola del Padre, in modo talmente fedele, da renderla visibile in forma umana [8].

In questo senso c’è la non separazione, la non divisione di cui parla Calcedonia, fra Dio e Gesù. L’uomo Gesù non può venir preso in considerazione come mero uomo, completamente separato, cioè come se non avesse un collegamento speciale e intimo con Dio.

Ma mentre Dio resta la Sorgente della vita e dell’amore, Gesù è una porta d’ingresso, un canale aperto, e con la pienezza della sua vita ha rivelato a noi uomini qualcosa circa la Sorgente della vita.

Ma Gesù non ha mai dichiarato di essere lui la Sorgente. A Filippo che domanda a Gesù: «mostraci il Padre e ci basta», Gesù risponde appunto: «chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14, 8-9). Questo risulta dal vangelo e si deve ricordare che anche Papa Benedetto XVI [9], ha ribadito che il vangelo è l’unica identità autorizzata per i cristiani, ed ha pure aggiunto che essa va ripulita di ciò che solo apparentemente è fede, mentre è mera convenzione e abitudine [10].

Questo vuol dire che se Dio è invisibile, se nessuno l’ha mai conosciuto, se in Gesù soltanto si intravede chi è Dio, partendo da Gesù si può conoscere qualcosa di Dio. Non si può fare il percorso inverso [11].

Gesù è diverso per grado, non per sostanza da qualsiasi altro essere umano. Gesù è consustanziale all’uomo soltanto; il Verbo è consustanziale soltanto a Dio. Tutte le persone possono essere aperte allo stesso potenziale divino che si trova nella figura di Gesù, e quando una qualsiasi persona porta gioia di vivere, vita, amore ad un’altra persona, diventa anche lei Parola di Dio incarnata. Di nuovo si deve ribadire che conta come si vive, non quello che si crede [12]. Gesù è la via, la verità e la vita perché è il metro con cui si misura la presenza di Dio negli altri [13]. Ma l’autorità del messaggero, la sua dottrina e bontà hanno la loro origine in Dio (nella Sorgente) che lo ha inviato, non in Gesù stesso, per cui il messaggero non s’identifica con Dio, tant’è che Gesù ha anche detto: “Il Padre è più grande di me” (Gv 14, 28) [14]. Gesù è la vita attraverso la quale e nella quale viene rivelato Dio. Questo è il motivo per cui Giovanni poteva rappresentare Gesù e Dio come unità [15].

Gesù dunque è e resta un uomo, della stessa sostanza di ogni uomo, in cui si vede l’immagine di Dio perché in lui Dio si è manifestato in maniera particolare. In Gesù risplende la presenza immediata di Dio, per cui è stato un formidabile canale comunicativo di Dio. Gesù non è venuto a salvarci morendo in croce per volere del Padre; è venuto a mostrarci che quando siamo pienamente umani diventiamo anche noi un canale di ciò che è pienamente divino, di quell’amore che diffonde la vita [16]. L’umanità di Gesù è la rappresentazione del trascendente divino applicata all’immanente.

Con parole più moderne potremmo dire che Gesù è l’uomo in cui Dio abita pienamente, è la nuova presenza di Dio nel mondo, in lui si rende cioè presente il vero Dio [17], e in Gesù questo Dio ha rivelato all’uomo come dovrebbe essere l’uomo, ogni uomo. Altri teologi hanno detto: “quanto più uno è in grado di esprimere la propria realtà creaturale, tanto più egli è unito a Dio” [18]. Oppure si può anche dire che Gesù ha accolto l’azione creatrice di Dio in modo così pieno, da essere costituito uomo perfetto, ed è talmente ricco nella sua umanità da essere rivelazione compiuta di Dio in chiave umana [19]. Gesù è così pieno di Dio, e da Dio, che si arriva a dire che in lui non c’è più neanche sussistenza (persona) umana. Gesù porta dentro di sé il Trascendente. Vedere Gesù era vedere Dio, perché Dio stava in Gesù (Gv 14, 9). Con Gesù Dio si è rivelato in un essere umano, e guardando a come è vissuto Gesù gli altri vedono Dio.

Da qui la formula riassuntiva ‘Gesù vero uomo e vero Dio’, che però non va presa alla lettera. E questa formula, che è stata la prima affermazione della nostra fede in Gesù Cristo, non è stata l’ultima parola, e soprattutto non può essere una formula immodificabile nei secoli [20], quanto piuttosto un inizio a partire dal quale noi abbiamo il diritto e il dovere di continuare a indagare e approfondire la nostra comprensione della fede in Gesù, che deve essere fonte di senso e di gioia di vivere. Se la maggior parte dei cristiani appare mesta, pessimista e triste, vuol dire che il magistero non è riuscito a inondarci di acqua viva, a farci gustare l’essenza del Vangelo. E come ha detto sempre Leonardo Boff, le persone hanno il diritto di udire il messaggio liberatore di Gesù in un modo tale che possano comprenderlo e viverlo. E questo non viene sicuramente garantito dalla ripetizione catechistica di dogmi elaborati e codificati nel passato, che oggi ci dicono assai poco.

Sono molte le persone che oggi non riescono a capire cosa abbiano a che vedere con la loro vita quei dogmi complicati che anziché scacciare tutti i dubbi li moltiplicano. Oggi abbiamo bisogno che si parli di Dio con parole semplici, non abbiamo bisogno dell’oscurità di certi dogmi. Se le vecchie formule hanno perduto per noi il loro significato originale e soprattutto il loro valore, e quindi ci appaiono prive di senso, vuol dire che è giunto il momento di cambiarle. Il Gesù spiegato in chiesa è troppe volte una stanca dottrina che non affascina più, una dottrina che parla di un Signore Dio onnipotente che sta nei cieli, della Trinità, della remissione dei peccati dovuta alla morte di Gesù, della resurrezione dalla morte e così via. Ma quasi nulla di tutto questo oggi fa presa sulla gente [21].

La cultura di oggi ormai spinge per cambiare le vecchie formule che facciamo fatica a comprendere, e secondo un’interpretazione detta epifanea (cioè delle manifestazioni di Dio) che oggi si sta facendo sempre più forte nel mondo cattolico, manca in Cristo il dualismo delle nature; un dualismo si può vedere solo extra Christum, al di fuori di Cristo, cioè in rapporto agli effetti della sua attività, che ci appare insieme divina e umana [22]. Perciò – come ha ben detto il cardinal Kasper -  chi studia Gesù non dovrebbe più partire dall’affermazione ambigua della sua doppia natura, quanto dalla concreta testimonianza dei vangeli i quali evidenziavano la sua personale e particolare capacità di comunicazione col Padre [23].

 Il termine stesso di incarnazione non descrive la discesa sulla terra di un essere celeste, quanto la rivelazione nell’imperfezione della carne umana della perfezione di Dio [24]. Gesù non ha rivelato Dio perché nella sua natura era divino, ma proprio perché era così umano da diventare traduzione terrena del progetto che Dio ha sull’uomo; è diventato così permeato della presenza di Dio da consentirne la piena manifestazione divina nella carne [25].

Nell’uomo Gesù, cioè, scopriamo che l’umanizzazione di Dio è arrivata a un punto tale da eliminare qualsiasi segno o forma di disumanizzazione, che in tutti noi sono invece normalmente ancora mischiate. Dunque Gesù ha accolto l’azione di Dio in modo così pieno da raggiungere il massimo livello di umanità, da diventare uomo perfetto, ed è talmente ricco nella sua umanità da essere rivelazione compiuta di Dio in chiave umana [26].

Nella misura in cui Gesù si è mostrato nella sua vita mortale come un essere umano capace di superare i limiti propri della condizione umana e, pertanto, di raggiungere la piena umanità, nella stessa misura ha dato l’impressione di essere molto di più di un uomo. Non è stato un semplice uomo come quasi tutti noi perché il figlio dell’uomo – come amava definirsi Gesù -  è l’uomo che raggiunge la pienezza umana, che coincide con la condizione divina, quindi l’uomo-Dio [27]. Non è stato un semplice uomo, perché in lui (qualsiasi spiegazione se ne voglia dare) era presente Dio [28]. Ovvero, “quanto più uno è in grado di esprimere la propria realtà creaturale, tanto più egli è unito a Dio” [29]. O, in altre parole ancora, Gesù ha accolto l'azione creatrice di Dio in modo così pieno, da essere costituito uomo perfetto, ed è talmente ricco nella sua umanità da essere rivelazione compiuta di Dio in chiave umana [30].

Dunque, tirando le fila di questo discorso diventato ormai anche troppo lungo, mi sembra di poter dire che nessuno (neanche la Chiesa) possiede la Verità, ma ognuno va alla sua ricerca.

Io non credo che la Chiesa scomparirà se il nostro modo di credere sarà domani diverso da quello che ci è stato insegnato fino ad oggi, se più che ai dogmi si crederà all’accoglienza, al conforto, alla consolazione, all’ascolto di chi fa fatica a credere e soprattutto a sperare. Anzi, voglio sperare che questo sarà il futuro del cristianesimo e spero che proprio il coronavirus porti a un cristianesimo più essenziale, come da tempo auspicato da papa Francesco; un cristianesimo più spirituale, più misericordioso con le persone che soffrono, più evangelico e meno concentrato sui dogmi astratti che non ci aiutano a vivere meglio.

In parole povere, condivido ciò che è stato sottolineato con cruda efficacia: non è più possibile definire il credente come colui che crede a tutti i dogmi insegnati dai legittimi pastori della Chiesa, e ateo colui che non ci crede. La distinzione fra ateo e credente non è una distinzione di linguaggio, ma di essenza. E allora l’uomo avido di potere, anche se religioso, anche se sacerdote, anche se papa, è ateo, perché desidera qualcosa che è fuori dell’onda di Dio, perché è fuori dall’onda di amore servizievole. L’uomo desideroso di successo, di affermazione di sé stesso, di ricchezza, o che cerca di rendere la Chiesa una potenza con la dialettica e la potenza propria degli altri Stati, quest’uomo – anche se religioso, anche se papa, anche se crede a tutti i dogmi -  non è credente, perché cerca il potere e chi cerca il potere, proprio strutturalmente, ontologicamente, è ateo. Invece chi cerca di servire, chi impegna le sue qualità (carismi, 1Cor 12, 4-11) per dare agli uomini la possibilità di crescere nella verità, nella conoscenza e nella libertà, costui, anche se dice di essere ateo, ontologicamente è credente [31]. 

In quest’ottica mi piace concludere con un pensiero di un filosofo moderno, italiano [32]: “A cosa serve pensare con la propria testa e non ingoiare pensieri pensati da altri? A evadere dal carcere. Perché siamo chiusi in un carcere e non ce ne accorgiamo. Ricordiamoci che Gesù ci voleva liberi [33]. Nel carcere, senza accorgersi, si resta ignoranti, ma solo scavalcando il muro dell’ignoranza si può cominciare a capire senza dipendere da altri. E a quel punto, per gli altri che sono fuori del carcere sarà più difficile ingannarvi. Se non pensate di evadere, e restate volentieri dove gli altri vi hanno confinato, resterete con le menti deboli e chiederete sempre l’intervento di un uomo forte che vi spieghi tutto, e che decida sempre per voi”.

Quindi non dobbiamo aver paura di pensare con la nostra testa, anche se poi arriviamo a conclusioni non sempre coincidenti con l’insegnamento ufficiale della Chiesa, che è pur sempre fatta di uomini come noi, e non di dèi. Dopo tutto, parlando alle folle, Gesù ha detto: «Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» Non ha mica detto: “affidatevi al giudizio degli apostoli che sono stati a lungo con me, e dopo di loro ai vescovi loro successori”. Ripeto che Gesù è venuto per l’UOMO, non per la CHIESA.

Ma soprattutto ripeto quanto detto all’inizio: la cosa più importante non sono i dogmi, ma è cercar di vivere come ci ha insegnato Gesù, perché dobbiamo riappropriarci non dei dogmi, ma del Vangelo.

Il cambiamento più evidente è vedere che, con papa Francesco, la religione si sta spostando lasciando il tempio e si stia muovendo per recuperare il Vangelo, non come credenza religiosa, ma come stile di vita. Un modo di vivere da cui siamo ancora lontani, ma che come cristiani dovremmo recuperare quanto prima. Il Vangelo resta completamente emarginato quando lo mettiamo nel tempio, nel sacro, nel pio, nel religioso. Ricordo che nella Roma imperiale non si crocifiggeva nessuno perché era una persona molto religiosa [34]. La persone molto pia, osservante del culto, obbediente all’autorità, non ha mai disturbato nessuno. È che il Vangelo non ci dice di aiutare [35] facendo un po’ di assistenza ai poveri (cosa che non infastidisce i ricchi, anzi), ma di lottare per una maggiore giustizia ed uguaglianza (cosa, sì, che infastidisce i ricchi, i potenti e tutti coloro che sfruttano i poveri). Gesù si è battuto contro le strutture di potere, contro i principi non negoziabili, contro le certezze in ambito etico; in una parola: contro la religione di sempre, mentre – lo ripeto un’ultima volta - non si è mai curato di chiarire qual era la sua natura.

Quando la preoccupazione centrale della Chiesa non sarà più il peccato, non saranno più i dogmi, ma la salute e il benessere di coloro che soffrono, ci saranno ancora dei tradizionalisti che continueranno a scandalizzarsi, legati come sono al concetto di gerarchia ecclesiastica, alle regole, ai dogmi, ma finalmente ci saremo avvicinati al Vangelo, e quindi a Gesù, che ha collocato il centro della religione non nei dogmi, non nella sacra dottrina, ma nella vita profana di ogni giorno [36]. 

 

Dario Culot

 

[1] Il Logos è stato normalmente identificato con Cristo (Gv 1, 14), il che permette di affermare la divinità di Gesù (Ravasi F., Il “Logos” che era in principio, “Famiglia Cristiana”, n.36/2014, 106; Gnilka J., Teologia del Nuovo Testamento, ed. Queriniana, Brescia, 1992, 145; Hurtado L.W., Come Gesù divenne Dio, Paideia, Brescia, 2010,65; Lohfink G., Gesù di Nazaret, ed. Queriniana, Brescia, 2014, 414).

[2] San Giustino, Apologia seconda, XIII, 4-5, in https://www.documentacatholicaomnia.eu/.

[3] Molari C., Gesù chi?, relazione tenuta a Trieste il 27.2.2016, presso la chiesa Santa Teresa del bambino Gesù.

[4] Galantino N., L'amore di Dio abita in mezzo a noi, "Famiglia Cristiana", n.51/2015, 95.

[5] Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006 145. Pensiamo ai viandanti di Emmaus: anche qui è il Signore che li avvicina (Lc 24, 15). E notiamo che non attacca subito ad evangelizzare, ma fa prima un bel tratto di strada con loro, fino a sera, senza svelarsi. Li ascolta, non s’impone, non spazza via tutti i fantasmi con il vento impetuoso dei dogmi. Entra in dialogo, e il dialogo presuppone che nessuno imponga la sua verità come assoluta. Papa Francesco ha ricordato che “La Chiesa non evangelizza se non si lascia continuamente evangelizzare” (Esortazione apostolica Evangelii Gaudium del 24.11.2013, §174). C’è invece ancora chi pensa che la Chiesa sia già stata compiutamente evangelizzata, e debba solo insegnare agli altri quello che già sa.

[6] Ricordate come al §(1) nota 7 si è detto che i padri della Chiesa parlavano di subordinazione di Gesù a Dio.

[7] Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, ed. Queriniana, Brescia,  1976, 69.

[8] Molari C., Gesù è Dio?, in “Rocca”, 15.12.1999.

[9] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 47.

[10] Discorso del papa tenuto a Friburgo (Germania) nel 2011, riportato in “Famiglia Cristiana”, n.40/2011, 34.

[11] Conseguentemente il vescovo Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, ed. Massari, Bolsena, (VT), 2010, 290 ha scritto:Non cerco più di definire questo Dio nei termini di una persona soprannaturale. Credo tuttavia di sperimentare questo Dio quando sono un operatore di vita, di amore, di essere per l’altro”.

[12] Ancora oggi ci sono tante persone che si definiscono cristiane ma non accettano l’idea che per il Dio di Gesù è preferibile vivere anche disastrosamente, se alla fin si fa ciò che Dio chiede, piuttosto che vivere apparentemente come persone pie e rifiutare di fare la volontà di Dio (Mt 21, 28-32). Detto con le crude parole della parabola evangelica del figlio apparentemente disobbediente e dell'altro apparentemente obbediente, è preferibile essere prostitute o ladri (come lo erano i pubblicani), e magari anche gay o drogati, se alla fine ci si converte, piuttosto che essere vescovi, sacerdoti o riveriti membri della chiesa incapaci di convertirsi perché convinti di non aver bisogno di conversione (Sicre Diaz J., Los gais e lesbianas os llevan la delnatera, in http://elevangeliodeldomingojlsicre.blogspot.it/2014/09/los-gais-y-lesbianas-os-llevan-la.html).

Ancora oggi ci sono tante persone che si definiscono cristiane ma danno l’impressione di voler godere dei frutti della vigna senza pagar pegno (come nella terribile parabola dei vignaioli omicidi: Mt 21, 33-43), vivendo cioè egoisticamente per sé stessi e non per gli altri. Quanti di noi oggi stanno gestendo la vigna senza rendere conto a nessuno? Chi di noi oggi accetta di sentire l’opinione di un tossicodipendente o di una prostituta che magari va contro l’opinione della Conferenza episcopale?

[13] Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, ed. Massari, Bolsena, (VT), 2010, 219ss.

[14] Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, ed. Queriniana, Brescia,1976, 516.

[15] Spong J.S., Il quarto Vangelo, Massari, Bolsena, 2013, 234.

[16] Idem, 308s.

[17] Pagola J.A., Gesù, un approccio storico, ed. Borla, Roma, 2009, 527.

[18] K. Rahner, La cristologia fra l'esegesi e la dogmatica, in Nuovi Saggi 4, Paoline, Roma 1973, 271.

[19] Molari C., Gesù è Dio?, in “Rocca”, 15.12.1999.

[20] Soprattutto pensando a quanto detto nell’ultimo articolo di agosto di quest’anno L’importanza del cambio del significato delle parole: lo stesso termine ‘persona’ non ha più il significato che aveva ai tempi di Calcedonia.

[21] Così giustamente Paola Giani in  https://www.landino.it/blog/la-chiesa-non-muore-la-religione-si-sta-spostando-di-paola-giani.

[22] Cfr. Molari C., Teologia – Gesù è Dio? in “Rocca” 15.12.1999, 49: manca il dualismo in Cristo, che si vede extra Christum, cioè in rapporto agli effetti della sua attività, insieme divina e umana. Non si parla più di due nature in Cristo, ma della sua personale relazione col Padre. Resta un’unità funzionale fra Verbo eterno e uomo Gesù, che è costituito Figlio di Dio per l’azione continua dello Spirito.

[23] Kasper W., Per la riformulazione di una cristologia spirituale in prospettiva trinitaria, in AA.VV., Teologia in discussione, ed. Guida, Napoli, 1989, 75: l'autore evidenzia come già trent'anni fa una buona parte della teologia ha intrapreso questo cammino.

[24] Idem, 49.

[25] Molari C., Gesù è Dio?, “Rocca” 15.12.1999.

[26] Molari C., Gesù è Dio?, “Rocca” 15.12.1999.

[27] Maggi A., Il figlio dell'uomo nel vangelo di Marco, X settimana biblica, Montefano (MC) 2003, in www.studibiblici.it.

[28] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 32.

[29] K. Rahner, La cristologia fra l'esegesi e la dogmatica, in Nuovi Saggi 4, Paoline, Roma 1973, 271.

[30] Molari C., Gesù è Dio?, in “Rocca”, 15.12.1999.

[31] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed, Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 147s.

[32] Marnetto M., parlando del perché si studia filosofia, “la Repubblica”, 6.12.2019, 33.

[33] Allora, se Dio ci lascia liberi di scegliere, se Dio accetta anche di essere rifiutato pur di non privare l’uomo della libertà, dovremmo obbligatoriamente chiederci: come può l’uomo pretendere di togliere a un suo simile l’uso della libertà che ha ricevuto in dono? Sarebbe come sostituirsi a Dio (Samir Khalil Samir, L’alfabeto della convivenza, “Avvenire” 1.11.2008, 33). Sottomettere un altro uomo, anche costringendo ad accettare una specifica dottrina religiosa, un dogma, è voler non solo sostituirsi a Dio, ma fare anche quello che Lui, autolimitandosi, non ha voluto fare come Dio. E diceva con altrettanta incisività un grande pensatore ebreo (Buber M., Gog e Magog, ed. Neri Pozza, Vicenza, 1999, 60): «Dio è il Dio della libertà. Egli che possiede tutti i poteri per costringermi, non mi costringe. Egli mi ha fatto partecipe della sua libertà. Allora io lo tradisco se mi lascio costringere».

Alla fine dell’udienza pubblica del 17 giugno 2020 (in www.vatican.va), papa Francesco ha ricordato che quel giorno si celebrava la “Giornata della Coscienza”, ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, il quale, ottant’anni fa, come console in Francia, aveva deciso di seguire la voce della coscienza (contro l’ordine dei suoi superiori, che lo destituiranno per disobbedienza quando rientrerà in patria) e così aveva salvato la vita a migliaia di ebrei e altri perseguitati, dando loro illegalmente un visto per l’espatrio. Papa Francesco ha concluso con queste forti parole: “Possa sempre e dovunque essere rispettata la libertà di coscienza; e possa ogni cristiano dare esempio di coerenza con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio”. Quindi, a differenza del papa emerito che cercava di bloccare chi non obbediva (come si è visto all’inizio di questa lunga riflessione), per questo papa la libertà di coscienza deve valere anche per la fede, perché – come dice Enzo Bianchi (riportato in “Famiglia Cristiana”, n.28/2020) nessuna autorità umana ha il diritto di conculcare la coscienza personale. Le stesse verità di fede non possono essere ritenute valide solo perché ci sono state insegnate (il famoso: “a me hanno insegnato così”). 

[34] Castillo J.M., El Evangelio marginado, Desclèe De Brouwer, Bilbao, 2018, 96.

[35] Non basta l’aiuto, che presuppone sempre una relazione di superiorità: la gente si vergogna di essere aiutata dalla parrocchia, e il controllo spetta sempre a chi sta in alto, che può interrompere l’aiuto a suo giudizio. Spesso poi, chi aiuta dà qualcosa, ma non sé stesso. Un giorno – racconta il teologo Castillo -  venne a trovarmi una donna che non conoscevo e che mi raccontò una storia personale assai dolorosa. Io, per aiutarla, l’ascoltai attentamente e con tutto l’interesse che potevo. Improvvisamente quella persona interruppe il suo racconto e mi fece questa domanda: “Lei vuole aiutarmi o mi vuole bene?”  (Castillo J.M., Vittime del peccato, ed. Fazi, Roma, 2012, 140). Il teologo ammette di essere rimasto spiazzato da questa domanda.

Dare qualcosa non c’impegna troppo. Ma quando si dice a una persona che gli si vuol bene, nessuno sa a quali rinunce, impegni, esigenze lo può portare quest’affermazione. Ecco perché quella domanda, apparentemente così semplice, fa paura.

[36] Il progetto di Gesù da una parte, e il progetto della religione dall’altra, sono due progetti che non possono conciliarsi né armonizzarsi. Questo equivale a dire che si tratta di due progetti incompatibili. E sono incompatibili perché nel progetto della religione il centro determinante di tutto sta nel sacro, con la sua dignità, il suo potere, le sue norme, le sue proibizioni; invece nel progetto di Gesù il centro di tutto sta nell’umano, nel rispetto verso tutti, siano o non siano religiosi, abbiano o non abbiano credenze, siano persone buone o cattive, siano ortodossi o eterodossi. Ed è anche un progetto che ha il suo centro nella dignità e felicità delle persone, nella gioia di vivere, nel piacere e nel godere di tutto il bello e il buono che Dio ha fatto e messo nella vita (Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 118s.).