L’ora della Bora - Gesuitofobia da lockdown

L’ora della Bora

Ignazio di Loyola riceve la Bolla papale “Regimini militantis Ecclesiae” 

da Papa Paolo III il 27 settembre 1540, 

Chiesa di Nostra Signora della Neve in Olomouc (Repubblica Ceca), 

affresco di Jan Kryštof Handke (Johann Christoph Handke) (1694-1774) 

risalente a dopo il 1743 – immagine tratta da commons.wikimedia.org

Ore 18:43 di questa domenica. È iniziato Yom Kippur da 5 minuti. Su Radio3 Rossana Rossanda, in una trasmissione del 1982 dedicata ai dischi da lei prediletti, lascia di stucco l’intervistatore del tempo affermando che la sua lettura preferita del Don Giovanni di Mozart è quella di Kierkegaard.

Chi si ritrova ad ascoltare in automobile una simile rivelazione ha un sussulto: per qualcuno forse di ulteriore sbalordimento, per altri forse addirittura di rabbia – Kierkegaard e la sinistra ultracomunista assieme? -, per altri ancora di emozione che fa inumidire gli occhi. Rossana Rossanda prosegue: “Io sono una figlia nipotina di Hegel e davanti ho l’abisso dell’irrazionale, in questo campo Kierkegaard è all’inizio e Hegel alla fine” (https://www.raiplayradio.it/audio/2020/09/LA-GRANDE-RADIO---Ricordo-di-Rossana-Rossanda-f6019f1e-103d-4584-b86f-09cedc0222ca.html).

Rossanda parla quindi di un’irrisolta tragicità dell’esistenza e la sua voce, dolce e forte, fa quasi da rimbalzo ad un’altra storia che ha cercato, da 480 anni esatti, di unire per appunto proprio razionalità e ulteriorità, quella della Compagnia di Gesù.

Il 27 settembre 1540 Paolo III – successore di Papa Borgia ed al secolo Card. Alessandro Farnese, padre di Pier Luigi Farnese, Costanza Farnese, Paolo Farnese e Ranuccio Farnese, avuti da Silvia Ruffini – approva la fondazione della Compagnia con la Bolla Regimini Militantis.

Oggi sulla cattedra di Pietro, Vescovo di Roma, siede un gesuita, il primo in duemila anni.

Il termine di “gesuitofobia” – già adoprato da Pier Enrico Borgianelli SJ, nel suo Discorso sull’antica e moderna gesuitofobia, ossia delle vere ragioni dell’odio in Europa contra la Compagnia di Gesù, pubblicato a Napoli nel 1850 – è stato molto di recente riutilizzato dallo studioso Ignazio Veca all’interno del suo prezioso volume intitolato La congiura immaginata. Opinione pubblica e accusa di complotto nella Roma dell’Ottocento, edito da Carocci nel dicembre 2019.

Comparvero infatti a Roma, proprio nell’anno 1847 richiamato nell’editoriale di questa domenica del nostro giornale (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20203/numero-576---27-settembre-2020/rodafa), singolari manifesti che avvertivano di un complotto contro Pio IX da parte di nobili e pericolosi congiurati. Era un clamoroso falso, una fake si direbbe oggi, eppure la mobilitazione, come espone con dovizia di particolari Veca, fu enorme. Del resto Filippo De Boni pubblicò a Losanna, in seconda edizione, nel 1848, un volume di 455 pagine dal titolo La congiura di Roma e Pio IX.

Tentiamo dunque qualche ulteriore considerazione sull’attualità del pontificato retto da il primo gesuita della Storia.

Ignazio di Loyola viene ordinato prete il 24 giugno 1537, a Venezia. Ma celebra la sua prima messa solo un anno e mezzo dopo, la notte di Natale del 1538, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore.

Diciamo che, da un lato, un simile intervallo di tempo sarebbe da molti ritenuto oggi un intollerabile “ritardo” a rischio di eresia, alimentando per appunto un revanscismo di gesuitofobia, ma, dall’altro, apparirebbe molto consentano alle esigenze di astenersi dalla celebrazioni comunitarie che la prevenzione epidemica impose da noi nei mesi primaverili.

In giorni di lockdown la gesuitofobia non avrebbe potuto tollerare simili “cedimenti” ad una teologia che relativizzasse la necessità del culto anche solo procrastinandola (ma non è di solito una critica rivolta alle elaborazioni teologiche post Vaticano II? L’intervallo eucaristico di Ignazio è del XVI secolo!) ed infatti la miccia gesuitofobica fu disinnescata niente affatto benedicendo le costrizioni a non andare nelle chiese, bensì affermando anzi, tutto al contrario, anche pontificalmente, che “questa non è Chiesa”. I fautori di ogni gesuitofobia formato anno 2020 erano sistemati. Con una mossa, beninteso, dettata da convinzione dottrinale, teologica, non certo da strategia calcolata.

Solo che accadde l’inatteso – i motivi sono da approfondire da parte di storici e studiosi - ed alla ammonizione quanto al culto liturgico da assicurare in ogni caso si affiancarono non gli avversari dei gesuiti ma proprio i loro “alleati”, ad esempio esponenti insigni della Scuola di Bologna, con ciò creando ulteriori preoccupazioni gesuitofobiche.

Fece verosimilmente sorpresa in molti, ad esempio, dover prendere atto delle posizioni di Enzo Bianchi il quale sostenne che «È vero che si può pregare in casa, nel segreto — come chiede anche Gesù —, ma senza eucaristia domenicale per i cristiani non è possibile vivere.» (https://www.c3dem.it/wp-content/uploads/2020/03/ma-la-chiesa-non-pu%C3%B2-chiudere-e.-bianchi-rep.pdf).

Dunque non poteva consentirsi che il fronte “francescano” si infittisse lasciando senza argomenti i sostenitori della contemporanea gesuitofobia. 

E gli argomenti in effetti si trovarono nel reclamare tolleranza zero anche verso eventuali amici del primo papa gesuita della Storia che avessero responsabilità da stigmatizzare. Alla lettera, inviata a Fratel Enzo Bianchi, per i 50 anni dalla fondazione della Comunità Monastica di Bose seguì il decreto singolare approvato in forma specifica dal Papa di allontanamento dello stesso Bianchi dalla sua fondazione e alla nomina cardinalizia del Card. Becciu nel 2018 segue, giovedì scorso, l’accettazione della sua rinuncia “ai diritti del cardinalato”. Pure in questo caso i motivi sono in corso di individuazione da parte di innumerevoli cronisti, analisti, esperti.

E così, in qualche modo, la gesuitofobia può continuare ad essere alimentata: ad un riconoscimento papale bisogna temere – eccoci – che possa seguire un disconoscimento uguale e contrario. 

Ma è davvero così? È la conclusione dell’analisi di Alberto Melloni comparsa su Domani di ieri, sabato 26 settembre 2020, p. 7, a non convincerci del tutto: «I guai non erano italiani, ma strutturali: e sotto il papato di Francesco, chetatisi per un poco, si sono riproposti trovando qualche mente finissima che ha capito come usarli per garantirsi un domani che non li affronti.»

A nostro modestissimo avviso, questa “mente finissima” non c’è, non esiste, perché altrimenti la prospettiva diventa troppo prossima ad uno scenario da complotto che i fatti del 1847 invitano a tener ben lontano. Almeno fino a prova contraria.

Ciò detto, la nostra nuova rubrica – L’ora della Bora – proverà a capire dove soffi il vento dopo 480 anni di storia gesuitica e se vi saranno nomi e cognomi precisi che insufflano gesuitofobia bisognerà farli. Documenti alla mano però.

Buona domenica sera.

G’mar Chatimah Tovah.

 

Stefano Sodaro