Il cardinale del Brunei arriva con il nuovo dpcm

Imposizione della berretta cardinalizia al Card. Michael Czerny nel Concistoro del 5 ottobre 2019 

- foto tratta da commons.wikimedia.org

A due mesi esatti da Natale si incrociano - senza, tuttavia, portare ad una destinazione certa ed immediata - tre strade, che hanno origini pure molto diverse.

Da giorni, infatti, occupano i commenti di tutti i giornali e tutti i social le parole del Papa sul necessario riconoscimento alle persone omosessuali di poter vivere in uno stato di unione civile. 

Oggi – sempre il Papa – annuncia la “creazione”, come si dice tecnicamente, di tredici nuovi cardinali. 

E sempre oggi, in considerazione dell’aumento in Italia dei contagi da covid-19, viene emanato un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che entrerà in vigore alle ore 24 e che, in particolare, impedisce l’accesso agli eventi pubblici di natura teatrale e cinematografica.

Se vi aggiungiamo la perdita sostanziale – benché non formale – del cardinalato da parte del Card. Giovanni Angelo Becciu e l’arresto in Italia della Dott.ssa Cecilia Marogna per ordine della magistratura vaticana, il quadro rischia addirittura di mandare in frantumi spontaneamente il vetro (metaforico, certo) che dovrebbe proteggerlo da ogni azzardo tattile.

Il contagio, l’epidemia, anzi la pandemia, si caratterizzano per la potenziale nocività di ogni contatto fisico in assenza di farmaco e vaccino. 

Le case rischiano di diventare altrettante celle carcerarie o stanze paraospedaliere. 

Le parole “quarantena” e “isolamento” sono diventate d’uso comune, da un lato quasi a sancire lo sprofondamento individualistico, egoistico, egocentrico, “egosaurico” – alla Rovatti (https://autaut.ilsaggiatore.com/2018/10/gli-egosauri/) – in cui siamo precipitati pressoché senza accorgercene, dall’altro facendoci avvertire le cariche elettriche mortifere di una solitudine obbligata cui è impossibile abituarsi.

Viene da chiedersi se in tutti questi mesi – da marzo ad oggi – le nostre capacità culturali, la nostra dedizione intellettuale, critica, riflessiva, abbiano saputo escogitare, individuare, portare alla luce un nucleo unitivo, un substrato emotivo caldo, avvolgente, che alimenti speranza, fiducia, coraggio o se, invece, l’esaltazione costante del realismo stia ormai marcando i segni grafici della disperazione sulla vita di molti e molte.

Le parole “religiose” continuano ad essere assenti. Facciamola breve breve: dov’è Dio in questo momento? È la domanda che con pudore non ci si sente di alzare a gran voce ma che cova dentro, che scava, che brucia.

Le religioni – non si vede chi altri – dovrebbero rispondere a simile domanda. 

E invece no.

Diventa allora necessario rivolgere l’attenzione ad alcune “strategie” che riescano comunque a dare un senso, a disegnare un orizzonte, ad illuminare una strada, che permetta di avvicinarsi e non di perdersi nella lontananza.

Per esempio, perché dà tanto fastidio l’amore? Un Papa che dice quel che ha detto rivela semplicemente, evangelicamente, la natura decisiva dell’amore per un intero assetto sociale. Qui non c’entra granché l’etica nel senso di un pericoloso scivolare verso un qualche “Stato etico”: c’entra la passione del vivere insieme. E, vivendo insieme, di riconoscere che la nostra attitudine affettiva, quale che sia, deve ricevere tutela da parte dello Stato, tutela giuridica. Perché l’amore è l’opposto esatto della violenza e della morte e nessuno Stato può reggersi su violenza e morte.

Ma anche la porpora cardinalizia – per quanto incredibile possa forse sembrare – colora di rosso fuoco un grigiore affettivo ed unitivo che ristagna, nei diversi ambiti ecclesiali, sino alla prostrazione di ogni entusiasmo. Diciamo la verità: sappiamo tutti indicare, su una eventuale cartina geografica muta – come accadeva nelle interrogazioni a scuola - dove sia il Sultanato del Brunei o la Repubblica del Ruanda? Da lì provengono le loro Eminenze Reverendissime Cornelius Sim e Antoine Kambanda, nuovi Cardinali di Santa Romana Chiesa, annunciati oggi assieme ad altri undici nuovi membri del Sacro Collegio che riceveranno la berretta nel prossimo Concistoro del 28 novembre (https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/10/25/0552/01275.html).

Il teatro, il cinema, la musica sono essenziali, indispensabili, come l’ossigeno dell’aria. Urge un altro riconoscimento: quanto più le parole religiose sono state colpite da afasia, tanto più la nostra interiorità viene scossa da linguaggi anche non verbali come i suoni e le immagini.

Viviamo dentro un dramma epocale e non sappiamo confidarcelo reciprocamente, non ci riusciamo. Potremmo semplicemente riconoscere di avere bisogno degli altri, delle altre, di qualcuno e qualcuna che non siamo noi stessi e noi stesse.

Nei mesi di lockodown si è quasi per nulla parlato di chi fosse affetto da autismo, così come mai si parla di chi, a causa di disabilità, non può avere una vita sessuale di pienezza, quasi appartenga ad una schiera di condannati a non provare mai il piacere del corpo in unione con un compagno, una compagna, in una relazione priva di violenza, costrizione, sopraffazione, abuso. È orrendo abuso una sessualità che non tenga conto del consenso ed è altrettanto orrenda una sessualità che statutariamente sia vietata a chi, adulto, esprima un desiderio d’amore nel corpo che cade nel vuoto.

È persino banale avvertire che, quando però si andasse a toccare il culto e le sue possibilità di pubblica celebrazione nei tempi e nelle chiese, allora, improvvisamente, le parole religiose tornerebbero ad affollare l’agorà.

A parere di chi qui scrive queste righe, abbiamo bisogno di prospettive molto diverse da quelle di cui discute oggi su La Lettura Massimo Franco nell’articolo intitolato Il pontificato post-occidentale. Perché abbiamo bisogno di ragionamenti non intorno alla tenuta delle istituzioni religiose, bensì intorno al loro significato, alla loro capacità di dire ciò che né filosofia, né politica, né medicina possono dire. E che invece l’arte sa pronunciare, ma non può concettualizzare, mai, salvo suicidarsi.

Non lasciamoci scoraggiare, cerchiamoci reciprocamente, non accampiamo pretese, ma moltiplichiamo occasioni in cui ciò che ci unisce possa essere da tutte e tutti noi avvertito come assai più potente da ciò che ci divide a norma di dpcm.

Potremmo, ad esempio, imparare assieme dove sta il Brunei, il Ruanda e quale fosse il sentimento che, nel Primo e nel Secondo Libro biblico di Samuele, univa Davide e Gionata.

E la domenica sarà ancora buona, allora, nonostante tutto, anzi: nonostante qualsiasi cosa in contrario.

 

Stefano Sodaro