Chi era Gesù di Nazaret - VI

Christ in the Carpenters Shop. Woodcut printed in colours. Proof. 8.75x7.75 inches.

Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org

(6) Trascendenza e immanenza

Facciamo ora un ulteriore passo avanti, e introduciamo due nuovi termini fondamentali per la teologia [1].

Il termine trascendenza deriva dal latino “trans" + "ascendere" = salire al di là. È stato perciò adottato dalla filosofia (e quindi dalla teologia) per indicare una realtà ulteriore che sta “al di là” rispetto al nostro mondo, che sfugge ai nostri concetti, non sta alla nostra portata, non possiamo conoscere, e quindi non possiamo neanche descrivere.

Il termine immanenza, l’opposto di trascendenza, deriva sempre dal latino “in” + “maneo”, cioè rimanere dentro, col che si indica ciò che sta all’interno dell’area che l’uomo può raggiungere e che è anche l’unica alla sua portata.

Per fare un esempio visivo: immaginiamo di essere seduti su una spiaggia in riva al mare come Robinson Crusoe: vediamo liberamente tutto fino all’orizzonte (ambito immanente), ma siccome non abbiamo né un aereo per salire e vedere dall’alto, né una barca per andare a vedere cosa c’è oltre l’orizzonte, quello che non si vede fa parte della trascendenza, e ci resta precluso. Ci sarà qualcosa oltre l’orizzonte? Forse sì, forse no. Non lo sappiamo e non lo possiamo sapere, finché non arriviamo all’orizzonte (con la morte).

Ora, l’ambito della trascendenza non è un ambito necessariamente superiore, però è un ambito assolutamente distinto e diverso dall'ambito dell’immanenza, unico al quale noi abbiamo accesso. Non ci è possibile, non sta alla nostra portata, perché sta al di là dell’orizzonte ultimo dell’esistenza umana. 

Il n. 37 del Catechismo conferma che Dio si trova nell’ambito della trascendenza, quindi in un ambito che sta al di là dei nostri limiti di conoscenza, mentre l’umanità intera sta al di qua, nell’ambito dell’immanenza, cioè in quell’area che abbraccia l’intera nostra capacità di conoscenza, oltre la quale ogni accesso ci è precluso. Solo dell’immanente possiamo dire con sicurezza che esiste, perché fa parte dell’ambito della realtà abitata dall’uomo. Dio ha un’esistenza separata dalle cose terrene (trascendenza di Dio) delle quali egli è creatore [2].

Ecco allora che, quando si parla del Dio Trascendente, non sappiamo sostanzialmente nulla e riusciamo solo ad accennare alla verità, che tuttavia nella sua totalità non coglieremo mai in questa vita, appartenendo noi a un ambito diverso. Forse sembrerà strano a qualcuno, ma quest’ultima affermazione è stata fatta da papa Benedetto XVI [3] tanto amato dall’ala conservatrice cattolica, in uno dei suoi libri più noti, e non da papa Francesco come qualcuno potrebbe pensare.

Ma allora sorge inevitabilmente una domanda cruciale: se perfino un papa conservatore riconosce che di Dio possiamo avere solo qualche vaga idea, se quindi si parte da queste basi così incerte, come può poi la Chiesa imporre a tutti un dogma che definisce in maniera definitiva e indiscutibile l’essenza di Dio? Non lo so; dovete chiederlo a Benedetto XVI.

La trascendenza non è necessariamente caratteristica dell’essere infinitamente superiore ma, appartenendo a un ambito diverso sconosciuto e inconoscibile, la caratteristica della trascendenza è l’incomunicabilità [4], nel senso che c’è un’incompatibilità assoluta e insuperabile fra il divino e l’umano: noi uomini non possiamo conoscere il Trascendente perché è un ambito non praticabile dalla mente umana, e quindi dalla nostra ragione.

Se stesse alla nostra portata non sarebbe trascendente, ma immanente, e un Dio che si comprende non è più Dio, come del resto diceva non ricordo quale noto scrittore.

Carlo Molari [5] ha ripetutamente fatto questo bell’esempio: il feto che sta ancora nella pancia della mamma, che pur vive a pochi centimetri dall’aria e dal mondo, non può dire nulla di cosa troverà in questo mondo: non ha l’esperienza, gli mancano gli strumenti per farlo. Nella pancia della mamma c’è tutto il mondo che conosce.

Perciò, quando nella religione (che fa parte dell’immanente) pensiamo di attrarre Dio Trascendente nel nostro ambito o campo di conoscenza, riduciamo il divino a cosa. E allora, il concetto di Dio su cui ragioniamo diventa «una cosa», «un oggetto» mentale (immanente) della nostra conoscenza, una «rappresentazione» che noi elaboriamo.

Ma così, attraverso un processo di conversione mentale, deformiamo il concetto di Dio [6], sì che l’uomo, che crede di essere a quel punto in contatto con l’essenza più profonda di Dio, con l’assoluto metafisico, è in realtà entrato in relazione solo con le rappresentazioni di Dio da lui stesso costruite [7].

Nessuna definizione di Dio equivale a Dio [8]. Anche se abbiamo bisogno di parlare di Dio, non si arriva mai a parlarne correttamente [9]. O, come ha detto sempre papa Benedetto XVI, non siamo davanti alla realtà in sé, ma alla realtà in quanto oggetto del nostro pensiero [10]. Insomma, quando pensiamo che stiamo parlando del trascendente, in realtà non usciamo dall’immanente [11].

Se non possiamo sapere chi e com’è «Dio», allo stesso modo nemmeno possiamo sapere in cosa consiste la «divinità» o la «natura divina». Cercar di capire, cercar di approfondire, continuare a cercare fa parte della natura umana, ma non si deve avere poi la pretesa di aver capito [12] la realtà di Dio in sé, e ancor meno si può pretendere d’imporre la nostra visione a tutti gli altri, perché non c’è nulla di più sconosciuto di Dio, che è e resta un mistero [13].

L’unica cosa che possiamo dire di Dio con assoluta sicurezza è che non sappiamo chi è, come è, cosa è Dio, perché è impossibile conoscere la realtà di Dio in sé [14].

Se allora Dio è il Trascendente e noi non possiamo conoscere il suo essere, la sua natura o, il che è lo stesso, in cosa consiste la divinità, non ha alcun senso affermare che Gesù (il Figlio) ha la stessa natura del Padre o partecipa alla stessa divinità essendo della stessa sostanza del Padre. Infatti, dare per certo che Gesù ha natura divina equivale ad affermare di sapere ciò che è «l’essere divino soprannaturale», quando in realtà proprio questo è ciò che non sappiamo.  Insomma, la rivendicazione divina per Gesù non può dipendere da una definizione di Dio che ormai sappiamo non essere corretta.

E allora tanti credenti che recitano più e più volte con intensa energia il «Credo», mai sfiorati da un dubbio, in realtà non sanno spiegare ciò che dicono, né capiscono in cosa consiste questo cardine della fede che pretendono di professare. Di nuovo qui c’imbattiamo nel problema già segnalato, e il problema sta nell’aver elaborato una cristologia partendo dalla metafisica ellenistica, invece che dall’accadimento biblico

La scienza accetta che le cose che pensiamo di conoscere possano essere dimostrate false apprendendo altre cose che prima non conoscevamo: nessun concetto immanente è perciò sacro e intoccabile. Così deve essere vero anche per la teologia. Non possono esistere dogmi immodificabili perché i dogmi sono espressi dalla teologia che fa parte della religione, e la religione fa parte dell’immanenza. 

Se è impossibile conoscere e descrivere il trascendente, è impossibile dire con certezza qualcosa di indiscutibilmente certo sul trascendente. Perciò, è altrettanto impossibile dire che «Dio è così» o che «vuole questo» o che «proibisce quell’altro» [15]. Insomma, aveva pienamente ragione quel giovane rabbino a dire: “Io credo in Dio, ma non so che cosa pensi”.

Se però le cose stanno così, non ha neanche senso domandare “Credi che Gesù è Dio?” per la semplice ragione che stiamo domandando qualcosa che non sappiamo cos’è, sì che in realtà non sappiamo quello che stiamo domandando, perché non conosciamo il contenuto del termine Dio e quindi il contenuto della domanda.

Sarebbe come chiedere: “Credi che Gesù è macarro?” o “Credi che Gesù è gnaffone?” Cos’è macarro o gnaffone? Non lo so, e allora la domanda è priva di contenuto e di senso.

Dunque, affermare dogmaticamente che si deve credere al dogma secondo cui Gesù è Dio non risolve nulla dal punto di vista teologico dal momento che non sappiamo chi e cosa è Dio in sé stesso [16].

Alla domanda “Credi in Dio” dovremmo pertanto rispondere con un’altra domanda: “Cosa intendi per Dio?” Come ha sottolineato Karl Rahner, quando il concilio affermò che Gesù ha una natura divina e un’altra umana, le due affermazioni non possono avere lo stesso valore [17], giacché l’umano è conosciuto e sta alla nostra portata, mentre il divino non è conosciuto e non può stare alla portata della conoscenza umana. Se si parte dall’umano, non è possibile parlare con lo stesso grado di precisione, certezza e proprietà linguistica della conoscenza dell’umano e del divino

Ma attenzione! se non possiamo affermare che Gesù è Dio per identità, non possiamo neanche affermare che Gesù non è Dio.

Utilizzare formule attraverso le quali in definitiva s’identifica l’immanente con il trascendente invalida tali formule, per cui le dobbiamo definitivamente abbandonare.  Insomma è irrazionale voler raggiungere il trascendente (Dio) dall’immanente (un uomo), cioè raggiungere l’inconoscibile (il divino) dal conosciuto (l’umano). 

E visto che al §(1) ci eravamo chiesti se chi non credeva al dogma prima di Calcedonia poteva essere considerato vero cristiano, dobbiamo rispondere che non solo lui lo poteva essere, ma che anche chi oggi non crede al dogma può essere vero cristiano. Nessuno è padrone della Verità, e se una verità parziale è invece padrona della vita di una persona lo si capisce da come questa parla e agisce.

Chi è sicuro di essere padrone della Verità ci dice che peccato mortale significa che con Dio hai chiuso: qualsiasi opera buona compirai in stato di peccato mortale non vale niente perché, appunto, sei in peccato, e ti aspetta solo l'inferno. Ora, come si fa a credere al Dio misericordioso e amorevole insegnato da Gesù, quando questo Dio ti manderebbe all'inferno per l’eternità perché non sei andato a messa una domenica [18], oppure perché hai mangiato una fetta di prosciutto di venerdì, oppure perché non sei convinto di un dogma insegnato e imposto dalla Chiesa che sfrutta l’autorità di una persona che non c’è più e che non ha mai detto nulla al riguardo? Evidentemente non si può, ma se a quel punto temo di essere ateo perché non credo a simile dio, non lo sono perché un dio simile proprio non esiste.

                                                               

(7) “Gesù è Dio”: errore grammaticale 

In ogni caso, anche a prescindere da questa inconoscibilità oggettiva, nella formula Gesù è Dio c’è già un evidente errore grammaticale [19].

Seguendo la grammatica italiana, “Gesù” è il soggetto, “è Dio” è il predicato (nominale, formato da “è” copula, cioè dal verbo d’identificazione, e dal termine “Dio” che funge da predicato).

Ora, in grammatica, la funzione del predicato è quella di dare informazioni sul soggetto che non conosciamo [20].

Se vi chiedo: “Cos’è il whippet?” non sapete rispondere.

Ma se vi dico: “Il whippet è un cane,” pur non sapendo cos’è il whippet (il soggetto), sappiamo cos’è un cane (il predicato), e quindi sappiamo che le caratteristiche del cane le possiamo applicare anche al whippet (soggetto sconosciuto).

Applichiamo allora lo stesso principio grammaticale alla formula «Gesù è Dio»: ciò che in realtà stiamo affermando è che già sappiamo chi è Dio e come è Dio. E, posto che già si conosce Dio, stiamo anche dicendo che ciò che sappiamo di Dio lo si può applicare a Gesù [21], che invece non conosciamo.

Ma così, oltre ad aver fatto scempio della grammatica, stiamo smentendo una delle grandi affermazioni del Nuovo Testamento secondo la quale «Nessuno ha mai visto Dio». Solo il figlio [Gesù] è lui che ce lo ha rivelato (Gv 1, 18) [22]. In altre parole, Gesù è venuto a dirci o rivelarci qualcosa su Dio che non sapevamo, né potevamo sapere da noi stessi

Dalla formula “Gesù è Dio” seguirebbe invece questa conseguenza letale per la cristologia, che non mira più a insegnarci qualcosa di nuovo su Dio, ma solo a verificare se ciò che già sappiamo di Dio si può applicare allo sconosciuto soggetto Gesù [23].

Per di più saremmo davanti a una tautologia [24] perché diciamo da una parte che Dio nessuno l’ha mai visto per cui non sappiamo chi è, ma dall’altra che Dio – che nessuno ha mai visto -  ci ha spiegato chi è Dio.

«Ontologicamente» Dio è senz’ombra di dubbio infinitamente superiore all’essere umano, il che vuol dire che Dio si colloca in un altro ordine dell’essere, che è assolutamente diverso dal nostro. Ma il massimo che noi possiamo dire è che «epistemologicamente» [25] Dio è il Trascendente, vale a dire trascende la nostra capacità di conoscenza e, pertanto, non sta e non può stare alla nostra portata. Ecco perché Dio resta sempre lo sconosciuto e non potrà mai essere il punto di riferimento a partire dal quale noi esseri umani possiamo conoscere ciò che abbiamo più vicino e che meglio conosciamo, appunto l’essere umano: in particolare nel caso della cristologia, l’essere umano che è stato Gesù [26].

 

Dario Culot

                                                                                                                                 (continua)

 

[1] Cfr. l’articolo Immanente e trascendente, al n. 494 de Il giornale di Rodafà, in https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numero-494---3-marzo-2019.

[2] Ricordo che Dio genera a partire da se stesso, ma crea a partire dal nulla.

[3] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 163s.

[4] De Lubac H., Il mistero del soprannaturale, ed. Jaca Book, MI, 1978, 140. Placher W.C., A history of christian theology, ed. Westminster John Knox Press, Louisville-London, 1983, 95: “Diciamo che l’incomunicabilità della trascendenza è da sempre stata una caratteristica della teologia orientale, perché Dio possiede un’esistenza che è completamente inaccessibile e al di là di ogni affermazione e negazione”. La teologia occidentale cattolica (a differenza di quella protestante) ha invece sempre fatto molto affidamento sulla metafisica. 

[5] Molari C., La fede nel Dio di Gesù, ed. Camaldoli, Poppi (AR), 1991, 41.

[6] Questo è stato correttamente definito il «processo di conversione diabolica» (Ricoeur P., Della interpretazione: saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano, 1967) in virtù del quale Dio in sé stesso si riduce a un concetto filosofico, metafisico.

[7] Meno male, allora, che ci sono gli atei a distruggere i nostri idoli, le false immagini di Dio create dall’uomo (Guardini R., Fenomenologia e teoria della Religione, in Scritti filosofici, vol. II, ed. Fabbri, Milano, 1964, 280). Gli atei hanno una funzione purificatrice benefica sui credenti perché li obbligano a ripensare l’immagine che essi si sono fatti di Dio, a scoprire che le false immagini di Dio che si sono fatti devono essere abbandonate.

[8] Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, ed. Massari, Bolsena, (VT), 2010, 137.

[9] Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 39.

[10] Ratzinger J., La teologia morale oggi, conferenza per la Diocesi di Civitavecchia, 7 giugno 1986, pubblicata in più puntate in Avvenire, 2005.

[11] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 184.

[12] Come dicono i saggi orientali: ci vuol tutta la vita per capire che non è necessario capire tutto.

[13] Se Winston Churchill diceva dell’Unione sovietica di Stalin che è un mistero avvolto in un enigma, e siamo sempre nel campo dell’immanente, immaginatevi cosa possiamo dire del trascendente. Richiamo qui quanto detto dal grande maestro sufi Ibn al-Arabi, riportato nella Introduzione, con cui abbiamo iniziato questa riflessione su chi è Gesù.

[14] Sant'Agostino, De Trinitate,V, 3; VII, 5, 10. Daniélou J., Trinità e mistero dell'esistenza, ed. Queriniana, Brescia, 1969, 32. Molari C., La funzione dell'analogia nel linguaggio teologico, "Rassegna di teologia" 1994, n.4, 405.

[15] Eppure, l’autorità ecclesiastica è da sempre convinta di sapere. Ricordate l’episodio del cieco nato?  (Gv 9, 1ss.). I sacerdoti sanno che Gesù non può venire da Dio perché non osserva il sabato, e sanno che Dio non può andare contro la legge divina che Lui stesso ha fatto; anzi Lui stesso, dopo averla fatta, l’ha osservata riposando il settimo giorno.

[16] Salas Gumersindo Lorenzo, Una fede incredibile nel secolo XXI, Massari, Bolsena (VT) 2008, 67.

[17] Rahner K., Nuovi Saggi IV, ed. Paoline, Roma, 1973, 270.

[18] Ci è stato insegnato che, se si salta anche una sola messa di domenica, si compie peccato mortale, si offende gravemente Dio e se non ci si confessa per tempo si finisce all’inferno per l’eternità. Eppure, mai Gesù è andato al Tempio per pregare o partecipare a cerimonie religiose. Perciò lo spazio sacro (oggi la chiesa) non sembra il posto giusto per incontrare Dio; né le cerimonie religiose che si celebrano nel Tempio (oggi le messe) sono il mezzo che Dio richiede per relazionarsi con Lui, come del resto ben risulta dal Vangelo di Giovanni (Gv 4, 20-24): alla samaritana al pozzo, la quale chiedeva in quale luogo sacro si dovesse adorare Dio, Gesù rispose che “adesso” - cioè già duemila anni fa - è venuta l’ora di adorare Dio non in un determinato luogo, ma in spirito di verità.

[19] Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 38.

[20] Il predicato è quello che si afferma del soggetto o che dice qualcosa sul soggetto (Moretti M. e Consonni D., Lingua madre – Grammatica italiana, ed. SEI, Torino, 1958, 338; Serianni L., Grammatica italiana, ed. Garzanti, Milano, 1996, 59).

[21] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 58.

[22] Nel dire che Dio nessuno l'ha mai visto, Giovanni riprende uno dei grandi temi dell'Antico Testamento. Basta ricordare ciò che Dio disse a Mosè: «Tu non puoi vedere il mio volto e restare in vita» (Es 33, 20).

[23] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 58.

[24] Idem, 392.

[25] Epistemologia è lo studio dei principi, delle ipotesi e dei risultati delle varie scienze; ne consegue la capacità di spiegare il mondo. Ontologia è lo studio dell’essere in sé, delle strutture fondamentali dell’essere in generale, a prescindere dalle sue concrete e individuali manifestazioni.

[26] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019,11.