Enigma centenario
banco doppio, nastro adesivo, corda, oggetti ignoti, 75 x 50 x 140 cm
VS
Man Ray, L’enigma di Isidore Ducasse, 1920
(ricostruita nel 1971), scultura impacchettata con feltro e corde, 40.5x57.5x21.5 d cm, National Gallery of Australia (NGA), Canberra, Australia
descrizione sintetica da outdoor lesson
Bello come l’incontro fortuito, su un tavolo di dissezione, di una macchina da cucire e un ombrello, scriveva Isidore Ducasse ne I canti di Maldoror del 1868. Questa frase ha suggestionato, in modo diverso, tanto i dadaisti che i surrealisti del primo Novecento. Nel 1920 Man Ray, uno dei principali esponenti del Dadaismo, impacchetta un oggetto, probabilmente una macchina da cucire, come omaggio a Isidore Ducasse, inaugurando così il tema dell'occultamento, poi affrontato, tra gli altri, da Duchamp, Beuys, e Jeanne-Claude & Christo che ne faranno l'asse portante della loro produzione artistica.
Enigma centenario è quindi l'omaggio ad un omaggio, ad un mistero rimasto inviolato per cento anni. In questo caso la sagoma esterna rende abbastanza agevole intuire quali siano gli oggetti impacchettati con lo stesso nastro segnaletico bianco e rosso adoperato per disegnare sul prato l'impronta delle tre ali del complesso.
L’enigma di Isidore Ducasse_ Bello come l’incontro fortuito, su un tavolo di dissezione, di una macchina da cucire e un ombrello. Isidore Ducasse, I canti di Maldoror, 1868
Impacchettamento
Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante. Affinché vedessero chiaramente che cos'era, disegnai l'interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi.
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943
Jeanne-Claude & Christo
Audiodescrizione sperimentale
Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943
SILVIA BELLAVEGLIA 5E
Cena al buio_ La “Cena al buio” è un’esperienza enogastronomica in cui i commensali vengono guidati nell’oscurità da camerieri ciechi e ipovedenti. Una volta al tavolo, come al ristorante, verrà loro servita la cena, con un menù completo, durante la quale potranno conoscere la disabilità visiva. Immagina di ritrovarti in un luogo talmente buio da non riuscire a vedere la tua mano quando provi a muoverla davanti agli occhi. Immagina di avere di fronte a te un tavolo da accarezzare piano per scoprirne la geometria, di non avere punti di riferimento, di essere seduto su una sedia della quale non conosci il colore, la forma, il tessuto. Puoi solo provare ad indovinare. Così che, annullando un senso, tutti gli altri, soprattutto l’olfatto e il tatto si affineranno. L’istallazione Enigma centenario è un mistero, non sai cosa nasconde al suo interno. Grazie alla vista si potrebbe intuire il suo contenuto dalla sua forma, ma nonostante ciò, anche non usando il contatto visivo, ma enfatizzando gli altri quattro sensi potresti capire di cosa si tratta, proprio come avviene nelle cene al buio.
SOFIA ARONICA 2E
Vediamo ciò che desideriamo_ Il silenzio degli innocenti è un film che scava a fondo nell’animo umano. Gli spazi chiusi, claustrofobici, sono, oltre che spazi fisici in cui i personaggi sono confinati, metafora della mente umana, la quale è spinta da un’innata volontà ad andare oltre e comprendere la verità. Il senso della vista, evidenziato da vari espedienti cinematografici, è essenziale per il conseguimento dell’aspirazione alla conoscenza, alla crescita, alla rivelazione. Hannibal Lecter lo dice chiaramente: “vediamo ciò che desideriamo”, “E i tuoi occhi non cercano fuori le cose che vuoi?”; perché il senso della vista attraverso l’osservazione è ciò che porta alla conoscenza da cui scaturisce il desiderio di possesso.
L’installazione, ad un primo approccio, può evocare una sensazione di oppressione e angoscia provocata da qualcosa che si trova al di sotto del nastro e che, privato della sua forma, quindi delle sue proprietà comunicative, spinge verso l’esterno tentando di liberarsi. È messa in risalto la relatività del vero influenzata dal punto di vista individuale che vede rispecchiare nell’opera le singole interpretazioni.
MARIKA QUARANTA 5E
Packaging d'autore_ Il fascino delle tinte e delle texture di carte e plastiche diverse, le svariate forme e dimensioni di scatole possiedono un fascino subliminale verso chi compra e chi osserva. Il fatto di non sapere cosa nasconda un involucro fa attivare sensi, emozioni e le più irrefrenabili aspettative. È proprio ciò che viene sfruttato da Yrjö Edelmann nella sua opera “Wrapped Sunny Landscape II”, che ha il compito di amplificare e divulgare concetti diversi e connotati di unicità. Rendendo il packaging uno degli strumenti che più efficacemente hanno imposto e alimentato nel tempo le nostre scelte, di pregiudicare la nostra obiettività e capacità di giudizio. All’origine di questo linguaggio c’è un modo del tutto nuovo di comunicare, evolutosi a dismisura negli anni Novanta, non ha mancato di ispirare gli artisti e la concezione contemporanea dell’opera. La passione dell’artista finlandese Yrjö Edelmann e per le griffe e glamour viene convertita in opera d’arte dando vita a dipinti sculture e installazioni che possano stimolare l’immaginazione dello spettatore dove la curiosità diviene la leva dell’attrazione e chiave interpretativa dell’opera, trasformando elementi di imballaggio in articolazioni modulari d’impronta concettuale.
SARA SANTOMAGGIO 4H