Politica

Il tempo: conservatore e progressista

Chissà se 170 anni fa Marx si sarebbe aspettato che fino agli anni novanta del Novecento, e anche oltre, il suo manifesto potesse avere tanta influenza sulla storia non solo d’Europa ma di tutti i continenti.

Chissà se Adam Smith avrebbe immaginato che solo 160 anni dopo la sua morte le teorie liberiste avrebbero trovato terreno fertile in Occidente.

Chissà anche se Hitler, dopo il fallito colpo di stato negli anni venti, si sarebbe aspettato che solo un decennio dopo sarebbe diventato capo supremo della Germania.


Gli esempi potrebbero continuare ancora, ma si può ben individuare il protagonista di questo discorso: il tempo. Esso ha infatti una duplice faccia, conservatrice e progressista.


Conservatrice perché il tempo avvalora tesi, dottrine, e idee. Le grandi ideologie raramente sono state applicate nell’immediato futuro dopo la loro teorizzazione. 


Progressista perché contemporaneamente alla conservazione delle idee, che talvolta hanno origini antichissime (come la democrazia), c’è un’evoluzione della società innegabile: il cambiamento dei costumi, del modo di pensare, delle abitudini, sono tutti elementi che in un modo o nell’altro influenzano anche le più antiche dottrine, adattandole al proprio tempo.


È necessario quindi che trascorra del tempo (decenni o anche secoli) prima che in politica si passi dalla teoria alla pratica, cioè all’applicazione di un’idea in un determinato sistema. Ovviamente più il tempo passa più gli scostamenti dalla teoria originaria si potrebbero avvertire, ma nella maggior parte dei casi l’essenziale di essa rimane.


Giovanni D'Agostino