Arte

La madre morta e la bambina - Munch

Nella vita dell' uomo ricordare è una caratteristica inequivocabile. Man mano che il bambino cresce, nelle sua mente si depositano immagini, sensazioni ed esperienze che pian piano formano un patrimonio destinato ad arricchirsi quotidianamente. I ricordi ci accompagnano nel corso della vita, alcuni ci fanno compagnia, ad altri ci aggrappiamo nei momenti tristi, altri ci tormentano e ci stanno addosso anche quando vorremmo dimenticarli e metterli da parte.

Forse più si è sensibili più il legame con i ricordi è complesso, e certamente l'animo sensibile di tanti artisti è spesso tormentato dal continuo ricordare.

L'artista norvegese Edward Munch, da bambino, subì la perdita della madre e questo dolore, ovviamente, si impresse nella sua mente e nel suo animo in maniera indelebile. Lo stesso Munch dichiarò più volte di aver dipinto nelle sue opere solo le impressioni della sua infanzia.

In particolare nel dipinto ad olio “LA MADRE MORTA E LA BAMBINA” Munch rappresenta la piccola Sophie accanto al letto di morte della mamma.

Nel dipinto, realizzato tra il 1897 e il 1899, sono rappresentati in modo quasi crudele il dolore e la solitudine della bambina. Gli altri familiari sono sul fondo del quadro, al di là del letto della madre morta, come a voler rappresentare un'altra condizione psicologica ed emotiva. La bambina è sola in primo piano, nessuno la guarda né sembra accorgersi di lei, sola col suo dolore disperato. L'unico modo che la piccola ha per proteggersi è quello di voltare le spalle alla madre. Il pavimento sotto di lei sembra sprofondare, come scosso da onde sismiche che rappresentano il terremoto emotivo che la piccola sta vivendo. Il suo vestito e il pavimento sono dello stesso arancio, unica nota di colore rispetto alla rigidità del bianco e del nero del resto del quadro.

Il silenzio della morte è rappresentato come un urlo proveniente da dentro, un dolore immenso visibile negli occhi sbarrati e nel gesto di tapparsi le orecchie, di reggersi la testa nel timore che possa scoppiare.


Marianna D’Inzeo