Inserto sulla guerra

Per Semyon e per tutti i bambini come lui

Semyon ha 5 anni. E li avrà per sempre. Perché è nato in Ucraina.

Perché qualcuno più potente di lui ha pensato che avesse vissuto abbastanza.

Perché un soldato ha puntato un'arma contro la sua famiglia e il resto del mondo è stato a guardare.

Perché studiamo pagine e pagine di storia convinti che questo possa fare la differenza, che ci possa impedire di ricommettere certi errori.

Ma non basterebbe essere umani per capire che non si può morire a 5 anni?

Ci definiamo uomini, ma abbiamo dimenticato da tempo cosa sia l'umanità.

Ci definiamo uomini, ma "Fin quando non succede a me, non fa niente".

Ci definiamo uomini, ma girare la testa dall'altra parte ed evitare di guardare in faccia la realtà fa sempre comodo.

Ci definiamo uomini, ma Semyon non andrà mai alle elementari. Non darà mai il suo primo bacio, a Semyon non crescerà mai la barba. Semyon non imparerà a guidare e non andrà all'università. Semyon non realizzerà i suoi sogni. Perché?

Perché qualcuno pensa che gli affari e la politica sono più importanti dei sogni di un bambino.

E noi siamo uomini, il grado più avanzato di un progresso che ci ha portati dove siamo oggi, miliardi di passi più avanti rispetto a chi ci ha preceduti.

Forse però abbiamo camminato per tanto tempo fermi sul posto senza accorgercene. E Semyon ne è la prova.

Nessuno di noi lo conoscerà mai, ma questo non ci sfiora nemmeno. Tanto chi è Semyon? È soltanto un bambino, uno dei tanti, che però forse meritava di stare al mondo come e più di tutti noi.

E adesso è soltanto un nome e un fiore su una lapide, mentre tanti altri bambini come lui sono chiusi in un bunker e da settimane non chiudono occhio sotto l’urlo delle sirene. Quei bambini, se sopravviveranno, avranno davanti agli occhi l’immagine della guerra per il resto della loro vita, e noi? Neanche ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo: certe immagini le vediamo soltanto sullo schermo di una TV o di un cellulare.

Semyon è morto in un letto di ospedale senza elettricità mentre la sua città era piegata dai bombardamenti: se questo è l'ultimo ricordo che avrà del mondo, noi ne siamo tutti responsabili. Perché avremmo dovuto dare a Semyon un mondo e un tempo migliori. Lui e tutti i bambini come lui sono la prova che l'umanità ha fallito.

Io non ne so molto, della guerra. Nemmeno Semyon: a 5 anni la guerra un bambino non dovrebbe conoscerla, neanche sui libri di scuola. Però una cosa la sappiamo, io e Semyon: che di fronte alla morte non ci sono buoni o cattivi. Siamo tutti carnefici e vittime allo stesso tempo perché se usassimo la voce quando serve, se pensassimo prima di votare, prima di idolatrare un leader, di fare il tifo per lui, se non puntassimo sempre l’indice, se non ci sentissimo superiori perché crediamo di sapere chi è il responsabile di questa guerra, se fossimo umani almeno la metà di quanto pensiamo di esserlo, forse Semyon adesso potrebbe ancora contare le stelle e non sarebbe una di esse.


Alessia D’Onofrio