PER SAPERE COSA è IL MIF
MIF, 18 marzo 2024
Domenica 10 marzo 2024 ho presentato ai miei Colleghi di MIF, MtIntervisionFree, che ringrazio per l'opportunità, il processo musicoterapico con Francesco (nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy) una delle innumerevoli persone afasiche che ho avuto la fortuna di conoscere nel mio lavoro di musicoterapeuta.
Ascoltare il non verbale
Sin dal colloquio con la persona in cura, ossia in una delle fasi iniziali dei trattamenti musicoterapici, ho lasciato che il mondo non verbale di Francesco mi permettesse di conoscerlo.
Poter ascoltare, sin da subito, i suoi suoni, le sue paure, i suoi dubbi, la sua rabbia, per quanto gli è successo, è Il momento fondamentale per realizzare il trattamento musicoterapico.
“Vivere” la rabbia
Vivere la rabbia, elaborarla, sentirsi protetti e condividerla nel setting musicoterapico è stato il primo passaggio per Francesco.
Elaborare la rabbia ha permesso a Francesco di incontrare insieme a me il suo suono-voce.
Il suono di Francesco, realizzato con la bocca chiusa (humming), lo riporta a quando era un feto nel grembo materno mentre, probabilmente, la sua mamma gli cantava gli stessi piccoli suoni con la bocca chiusa, accarezzandosi la pancia.
Così, grazie all'appello della memoria affettivo-vocale di Francesco, possiamo ri-partire per ritornare alla vita.
Intonando insieme a me il suo suono-affettivo, Francesco ripercorre, seduta dopo seduta, il percorso di vita che inizia dalla dimensione fetale per poi passare a quella infantile, adolescenziale, adulta, ri-diventando persona.
Il suono affettivo
Questo suono affettivamente determinato è stato il primo contatto con Francesco, inizialmente titubante ma poi più sicuro, profondo e intimo.
L'adozione del suono affettivo identitario di Francesco ha permesso di attivare il contratto terapeutico, il cammino condiviso da percorrere insieme, sostenendoci a vicenda, intraprendendo il dialogo musicoterapico tra me, facilitatore musicoterapeuta e lui, il facilitato.
In questo percorso metodico, anch’io, come musicoterapeuta, mi sono messa in gioco.
Mi sono messa in gioco con la mia identità sonora (il principio ISO) perché condividere la propria identità sonora aiuta a mettersi in contatto con sé stessi e a con-vibrare con l’altro.
L’esperienza musicoterapica è stata realizzata quindi grazie alla condivisione delle nostre identità sonore.
In questo modo abbiamo trovato e sperimentato (esperito) strade diverse dal linguaggio verbale eclissato dalla comparsa della malattia.
Il setting condiviso con i familiari
Non dimentico la famiglia in questo percorso perché è foriera di informazioni, affetti, emozioni che devono entrare all’interno del setting.
Mogli e mariti, con carichi emotivi altrettanto pesanti, opportunamente guidate possono fornire preziose informazioni sulle emozioni, sull’ISO della persona in cura e del familiare che condivide tuttora questa malattia.
Solo così è possibile riprendere il cammino insieme e sostenere al di fuori del setting la persona in cura per ri-creare il legame intimo, familiare messo a dura prova dalla malattia.
Lentamente, dal suono a bocca chiusa, ecco che iniziano le prime vocalizzazioni.
Le vocali delle parole del ritornello di una canzone, emotivamente e affettivamente (ISO gestaltico) significativa per Francesco, sono cariche di quella dimensione affettiva che è conservata nella memoria a lungo termine della persona in cura.
Pronunciare le vocali di una canzone, carica di memorie affettive, intime, diventa quindi la spinta, la motivazione e l’impegno per ri-memorare, sperimentandosi, all’interno della canzone riconosciuta, il senso del legame affettivo che ha scandito la vita di coppia di Francesco e di sua moglie.
In particolare, la vocale “a” di Marin-a, cantata da me in qualità di facilitatore-musicoterapeuta, diventa voce, amore, sentimento per Francesco che, trepidante, chiude il canto con una “a” cosciente.
In quella “a” è racchiuso l’esserci come persona riconnessa al suo passato emotivo che, condiviso con me, ora diventa presente emotivo e diventerà il suo futuro emozionale.
Risonanze emotive
L’empatia che si sviluppa all’interno del setting, l’esserci in ascolto puro dell’altro, coglierne le sfumature permette una grande crescita personale per entrambi.
Curare l’altro è anche curare sé stessi, rispettarsi, amarsi, differenziandosi.
Durante il percorso musicoterapico si crea così una grande cornice relazionale che a poco a poco diventa più ricca di consapevolezze, di passaggi, di ascolti e di un ascolto profondo, incondizionato dell’altro.
La centralità del mio lavoro
La centralità del mio lavoro è basata sull’ascolto, la trasformazione, la regolazione e l’espressione della dimensione emozionale vissuta dalla persona in cura.
Le emozioni vissute, intonante, suonate, ascoltate, trasformate, modulate sono l’unico veicolo che consentono di riprendere il cammino della vita di Francesco quando si interrompe a causa dell’ictus e della comparsa dell’afasia, qualunque ne sia la causa.
Tante sono le emozioni che, trasmesse da Francesco, entrano nella mia mente e nel mio corpo durante i nostri incontri musicoterapici.
So bene che, al termine delle sedute, questi vissuti devono essere nominati, rielaborati per trovare una collocazione, un riparo, una differenziazione tra i suoi e i miei.
In particolare sento:
la rabbia di Francesco;
la paura di Francesco;
sento “l'amore” per la relazione con l'altro che mi spinge a trovare il canale più adatto per facilitare l'esperienza comunicativa di Francesco;
sento la gioia di Francesco quando con me canta la sua “a”... .
Sento.
Fare silenzio
Il silenzio per me è la migliore elaborazione delle emozioni provate durante l'incontro.
Nella solitudine del viaggio di rientro a casa, lascio che i miei sensi trasformino le emozioni da me vissute in un qualcosa di arricchente che aiuterà ad approfondire il mio essere musicoterapeuta.
È una forma di meditazione, di trasformazione e di pulizia interiore che faccio.
È impossibile parlare del silenzio; il silenzio si fa.
È questo fare silenzio che ti porta a sentire il tuo respiro che fluisce ritmicamente e fa fluire e rifluire le emozioni provate, trasformandole incessantemente.