Ti vidi dormiente, Spagna,
nell’accidioso torpore delle pianure cruente
di sconfinati papaveri, arene immense nel sole.
Ti vidi dormiente, Spagna:
meriggi grevi di polvere e calme notti sull’Ebro
intense di dolci lune e di un ricordo di versi.
Terra straniera, mia terra:
fu mia da sempre quest’ansia muta, incompresa degli uomini
e l’invocato conforto e il desiderio di pace.
Mie le tue bocche pietose e le tue mani crudeli,
mio il tuo odio di oggi,
a me materno il tuo lungo, amaro pianto di carceri.
Spagna d’ingenue speranze, Spagna di pioggia d’aprile
Sopra le immobili labbra delle tue argille assetate,
giovane brama di canti, struggente affanno d’amore,
cuore bruciato di lacrime.
Pianto d’ignoti compagni, antico nostro dolore.
a. p.
Salamanca, aprile 1962 (ancora in pieno regime franchista)