Memorie trascritte del (bis) Nonno Alberto Pascale
a cura di Camilla Bonanni
Il quaderno manoscritto originale (un fragilissimo e sgualcito quaderno ingiallito a righe, privo di copertina, scritto a inchiostro dal nonno Alberto Pascale di suo pugno e contenente alcuni pezzi originali di giornale e vecchissimi scontrini e suoi documenti) era stato custodito negli anni da sua figlia Bianca e affidato poi da lei, prima di morire da centenaria, insieme ad altri suoi oggetti personali, fotografie e agende di appunti, a noi sue nipoti Valeria, Marcella, Camilla.
Anche se molti dei pensieri contenuti nel diario erano stati piú volte trasmessi via orale dalle sorelle Pascale, non era tuttavia mai stato comunicatoci da loro il volere del Nonno Pascale, contenuto in questo memoriale, che questo manoscritto venisse copiato di suo proprio pugno da ciascun erede. Cosí come pure non si era mai parlato del/adempito al volere da lui stesso indicato, che questo quaderno venisse letto almeno una volta all’anno e precisamente il 27 Dicembre, giorno della sua nascita, in sua memoria e a modo di insegnamento postumo dei suoi precetti di vita. Non so se fosse abitudine delle sorelle Pascale adempiere a questo rituale, o perlomeno non ne eravamo a conoscenza.
Qualche anno fa, a seguito di vari traslochi e spostamenti internazionali, nel tentativo di rimettere ordine in queste memorie affettive cosí preziose, in ricordo delle nostre amatissime zie e nonna Pascale, ho ritrovato e letto questo quaderno e quest’anno mi sono decisa a onorare, dopo un lunghissimo lasso di tempo e tre generazioni, la memoria del Nonno, ricopiando nell’arco di 3 notti l’intero quaderno, utilizzando non penna e calamaio (come forse avrebbe voluto) ma il meno autentico supporto digitale - che mai il Nonno avrebbe potuto immaginare. Ho realizzato la trascrizione di sera/notte con maggiore silenzio e tranquillitá, con poche luci elettriche accese, e una piccola candela accesa (un piccolo retaggio napoletano, quello del “lumino”, tra l’altro molto caro alle zie Pascale in occasione di preghiere, etc o pensieri rivolti ai cari defunti).
Per pura coincidenza, mi sono poi accorta che ricorrono almeno cento anni dalla probabile data di stesura del manoscritto (si deduce da alcune date che riporta): 1918 – 2018.
Nel trascrivere il memoriale, ho avuto la netta sensazione di una presenza molto viva, quasi come se le parole, lette a mente e trascritte, diventassero vive al momento in cui erano state da lui formulate. Lui stesso lo dice in una pagina del memoriale, quando afferma: “La scrittura costituisce la voce d’oltretomba della persona oggi scomparsa... Ascoltatela quella voce: é il pensiero, il desiderio, il comando di colui che, a suo tempo essendosi servito della scrittura, parla ancora con questo mezzo a’ propri cari.”
E cosi, sperando di dare pace al Nonno Pascale e fare cosa gradita alle sue figlie cosí come a noi generazioni successive, mi auguro che leggere queste memorie e questi consigli sia a tutti noi d’ispirazione, di esempio e un modo per ritrovare un “filo rosso” a ritroso.
Sarebbe bello se tutti, anche a distanza, iniziassimo a leggere queste pagine il 27 dicembre come il Nonno desiderava, per compiere appieno il suo volere.
Un abbraccio a tutti,
Camilla – una nipote di Ada, figlia di Alberto Pascale
Barcellona, 30 Ottobre 2018
Trascrizione dello scritto autografo
1.
Pascale Alberto nacque in Caserta al 27 decembre 1858 da Vincenzo* e da
Angela Feniziani. Compí in Mantova gli studi elementari, e conseguí in
Napoli la licenza ginnasiale e quella liceale nel R. Liceo Umberto I.
Fu soldato a 20 anni nel 56mo Regg. To Fan. 2nda Compagnia in Napoli
(2ndo Grassili) e attendendo, ció non ostante, agli studi universitari di
Medicina e Chirurgia fu laureato in tali scienze nell’anno 1883.
Ottenne súbito il posto di medico-chirurgo condotto in Gavignano (Roma)
e poscia passó alla condotta di Rocca Raineda (Nola) per essere piú vicino
a’ suoi cari.
Nel’agosto 1884 il Ministero della Guerra indisse un concorso per 30
sottotenenti medici. Su 150 concorrenti egli fu tra i prescelti (il 15mo per
ordine militare, il 2ndo per meriti universitari) ed intraprese la carriera di
medico-chirurgo della quale una succinta esposizione venne fatta dal
Direttore dello Spedale ***** di Caserta che, con un rapporto informativo,
lo proponeva all’armamento di Colonnello Medico (1918).
- Ecco il rapporto.
Pascale Dott. Alberto, Tenente Colonnello Medico, trovasi
assegnato a questa Direzione dal 20 Ottobre 1917. Egli ha
disimpegnato con lodevole zelo la carriera di ViceDirettore dello
Spedale M.* di Caserta ed é presposto al Reparto Reggio che é
capace di 1000 letti.
Amantissimo della carriera medico-militare nella quale é entrato al
4 ottobre 1884, conosce molto bene il servizio sanitario i pace ed in
guerra sia dal lato tecnico come da quello disciplinare ed ed
amministrativo.
Di sana costituzione fisica, di svegliata e pronta intelligenza, é di
carattere franco, calmo, leale ed elevatissimi sentimenti militari.
D’animo assai gentile é sempre cordialmente premuroso con gli
infermi, sui quali esercita in modo continuo e constante una oculata
sorveglianza. Ha molto senso pratico delle cose ed esercita le sue
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mansioni con diligenza solerzia e competenza, usando modi assai
garbati.
Per questo fatto egli é ben visto e stimato da uguali e da inferiori sui
quali esercita un ottimo scendente morale.
Di estesa cultura generale e professionale é specializzato in igiene
pubblica e in Oftlamiatria, della quale ha quattro lavori originali
che gli furono pubblicati dall’Ispettore di Sanitá Maggiore sul
Giornale di Medicina Militare.
Conosce correntemente la lingua inglese (e anche il francese) che
intende parla e traduce a vista senza bisogno di dizionario ed ha
**** in Firenze, all’Istituto di Perfezionamento di Scienze Naturali.
Ha tutto un passato che lo addita come un Ufficiale M***
spiccatamente distinto.
Infatti nel
1887 da Tenente Medico fu Professore aggiunto alla Scuola
d’applicazione di sanitá Mre di Firenze. Nel
1894 da Capitano Medico fu prescelto dal Ministero della guerra, in
seguito a un concorso fra tutti i Capitani Medicidell’Esercito, ed
inviato a Roma al Corso di Perfezionamento in Igiene Pubblica
conseguendone il relativo Diploma. Nel
1898 da Capitano Medico fu nuevamente prescelto, anche per
concorso dal Ministero della Guerra ed inviato al corso biennale di
perfezionamento in Clinica Oculistica presso la R, Universitá di
Napoli. Nel
1908 fino al 1914 da Maggiore medico in posizione ausiliaria fu per
sei anni a disposizione del Ministero degli Affari Esteri che,
nell’adibirlo al servizio d’immigrazione, glía ffidó spesso all’estero
difficili e delicati incarichi. Nel
1914 da Ten. Colonnello Medico e nella Riserva diresse per 16 mesi
con lode il Deposito d Materiale Saitario per la Libia. Nel
1916 da Ten. Colonnello M.re diresse parimente con lode
l’importantissimo Ospedale M.re ** Divisionale di Chieti (Abruzzi).
Il Ten. Colonnello Medico Pascale ha als uo attivo 3 Campagne
d’Africa (Eritrea) ed é inappuntabile nella vita privata.
Sin dall’inizio del grado di Capitano Medico fu sempre classificato
Ottimo Ufficiale Medico e tale giudizio viene confermato anche per
l’anno che sta per finire 1918, tanto piú che nel gennaio ** ottenne
un meritato elogio del Comandante del Presidio M.re di Caserta per
avere con sagacia ed energia fatte attivare le misure profilattiche del
caso al 15mo Regg.to Fant.ria, colpito da epidemia di meningite
cerebro-spinale epidemica.
Per tutte le ragioni su esposte giudico che il Ten. Colonn. M.re
Pascale sia meritevole di promozione per speciale distinzione
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avendo egli dato sempre luminose prove di potere agevolmente
disimpegnare le funzioni del grado superiore.
Vita medico-militare.
Durante la lunghissima carriera ho trascorso giorni lieti e giorni
tristi.
Ho avuto l’alto onore di conversare con S.M, Umberto I alle
manovre di Fabiano (m. 1892) e col Re Vittorio Emanuele III di
Napoli al ritorno dalla clínica oculistica. (an. 1900).
Ho partecipato ad inviti a Corte, in Prefettura, in municipi, sono
intervenuto a pranzi di gala, a rappresentazioni teatrali d’onore, a
feste, a banchetti, a bicchierate, a luminarie ecc e, viceversa, mi son
toccati giorni d’atroci dolori, di privazioni, di sofferenze, d’orgasmo,
di torture fisiche e morali inenarrabili.
Il dolore piú acuto mi venne dato dalla morte repentina del mio buon
papá, seguito dopo 4 anni all’incirca da quella della mia adorata
genitrice. Non mi fu dato raccogliere l’ultimo pensiero dei miei
genitori: di lontano accorsi, chiamato al capezzale. Baciai di mio
padre il gelido cadavere e di mia madre non giunsi a vedere neanche
la spoglia mortale perché era giá stata inumata.
All’esumazione peré volli io stesso raccogliere i resti mortali e
comporli nella nicchia, ove attualmente si trovano. Non passa anno
che non manchi d’una visita a quella nicchia ove, anche intorno nelle
mute salme, mi pare che aleggino gli spiriti di quei genitori, modelli
di virtú, d’affetto pe´ propri cari.
Ho trascorso poi giorni tristissimi in epoche d’epidemie, fui
rinchiuso in Eritrea in un lazzaretto per curare militari ed indigeni
colpiti da colera; ho sofferto numerose volte le torture inenarrabili
della fame e della sete, del sonno insoddisfatto, dell’impossibilitá di
mutarsi, di pulirsi quando inzuppato di sudore e bianco di polvere si
sostava in plaghe inospitali; ho dormito intere notti su nudo terreno,
pregno d’acqua per piogge cadute o arido, sabbioso sotto un’afa
soffocante; sulle Alpi ho provato i rigori del freddo intenso su cime
altissime – (Antelao) – ricoperto da nevi perpetue; in Africa fui
soggetto al caldo snervante de’ tropici; a bordo delle navi ho subito
burrasche, cicloni, incendi a bordo, rivolte d’imigranti, acqua in
*****, perdita d’elica; mi son trovato fra le scene strazianti de’
colpiti dal terremoto e numerose volte, colpito dalla pioggia, mi si
sono asciugati sulle carni i panni impregnati d’acqua!
Piú volte mi son trovato a disimpegnare mansioni difficilissime.
Sono stato infatti Direttore del Servizio samitario del Bagno **** di
S. Stefano, ove erano rimasti piú di 1000 galeotti, de’ quali piú di
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800 condannati a vita e parecchi graziati dalla condanna a morte. Ho
lá conosciuti e curati i piú famosi capi briganti dell’epoca: Grocco,
Rantuzzo, Cecchini, Le Piane, Verzeni ecc ecc ecc e loro seguaci.
Ho prestato servizio alle Compagnie di disciplina al Lido (Venezia)
ed a <Basci-Burzukt> d’Africa, co’ quali ho atteso anche a manovre,
a marce, a ricognizioni, a mutamenti di fede, dormendo quando la
notte ci sorprendeva alla troppa, **** terra colle armi in pugno.
Pel disimpegno delle mie mansioni sono stato costretto a viaggi,
trasferimenti, a marce. E per qual motivo sono stato su alti monti, su
colline, in valli, in pianure: ho vissuto lungo coste marine, lungo le
rive di laghi o sulle sponde di fiumi.
Ho marciato su terre vulcaniche, su terreni sabbiosi viceversa su
terreni acquitrinosi, incolli, erbosi in campi aperti o in siti boscosi.
Ho vissuto sui continenti, sul mare, in isole, su penisole.
Per tutte queste numerose peregrinazioni ho avuto l’opportunitá di
vedere cittá, borghi, villaggi, industrie, coltivazioni, popoli, usi e
costumi i piú svariati, i piú strani.
Ho assistito a feste di indigeni, a funzioni religiose di essi, ho avuto
occasioni d’ammirare prodotti naturali, ignoti alle nostre regioni
offrire i ritrovati piú portentosi dell’ingegno umano.
Ho sopportato le temperature piú eccessive, il massimo caldo, il
massimo freddo. In Eritrea 40-50 sopra zero: a New York 15-20
sottozero.
Ho provato infine tutti i mezzi di trasporto ad eccezione della slitta,
della portantina, del velívolo. Sono stato, oltre che a piedi, in
bicicletta, a cavallo, sul mulo, sull’asino, sul cammello; ho viaggiato
in vettura, in diligenza, in <char-á-bane>, su carrette volgari, in tram
a cavalli, a vapore, in tram elettrico.
Ho sostenuto lunghi percorsi in automobile, in ferrovia e sull’acqua
sono stato in barca a remi, barca a vela, su steam-boat, su vaporini,
su piroscafi di grossissimo tonnellaggio.
Al 14 Settembre 1892 sposai Olimpia Cesaro, in Napoli, Sezione
Chiaia.
Nacquero sei figliuoli: Emilia, Bianca, Anna, Ada, Umberto e
Vincenzo.
Umbertino, pochi giorni dopo la nascita, si spense per deficiente
vitalitá, essendo nato men che settimestre.
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- Ereditá.
Ho dato alla mia figliuolanza quello che ho ricevuto da mio padre:
l’istruzione.
E’ questa l’ereditá piú nobile, piú constante e, nello stesso tempo,
proficua.
L’istruzione é un diletto per l’intelligenza, fa occupare lietamente il
tempo ed é una proprietá che nessun cataclisma puó far scomparire.
Un individuo, da un momento all’altro, per forza maggiore, puó
perdere beni, dinari, case, alluvioni, il terremoto, le eruzioni
vulcaniche, i cicloni, le convulsioni sociali – (guerre, epidemia,
brigantaggio, rivoluzioni, invasioni nemiche) – litigi per ***** ecc
possono ridurre al nulla le proprietá.
L’istruzione non ne resta mai scossa: rimane sempre dote
indistruttibile dell’individuo che per anni e con gravi stenti e sacrifizi
personali riuscí ad acquistarla.
Omnia mecum porto, disse il filosofo che fu ingiunto di liberarsi
d’ogni possesso, di ogni fardello a bordo d’una nave durante una
furiosa burrasca.
Per dare l’istruzione a tutti i figli miei non ho risparmiato sacrifizi
personali, morali e finanziari affinché ciascuno di essi al proprio
lavoro intellettuale possa avere ***** onorato per tutto il tempo
della vita sua.
Ma oltre all’istruzione, ho anche provveduto a qualche lieve
benefizio e, privandomi di due mesi di stipendio di capitano medico,
ho associato tutta la mia figliuolanza all’Orfanotrofio Militare di
Napoli, che oggi ha sua sede in Piazza Dante.
L’orfanotrofio *** di Napoli é una pia, benefica istituzione che fu
per iscopo di sovvenzionare ed aiutare gli orfani di militari che
lasciarono duemesi di stipendio a benefizio dell’istituzione stessa.
La sovvenzione mensile é data a tutte le figlie finché restano nubili,
mentre che pe´ maschi l’Orfanotrofio s’interessa di sostenere le
spese per l’istruzione.
Dippiú: in gravi strettezze di famiglia e in feste solenni suole elargire
piccoli sussidi.
Questi in breve sono i vantaggi. Un piú esteso rendiconto puó
leggersi nell’apposito Statuto dell’Orfanotrofio, allegato alle carte
importanti di famiglia, ove é pure espressa la misura della
sovvenzione per ciascuna delle figliuole.
Oggi l’orfanotrofio ha mutato indirizzo ed <offre> per sua finalitá
soltanto l’istruzione.
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Ma questo nuovo indirizzo, come é chiaramente detto nello statuto,
non ha valore retro-attivo e quindi non riguarda punto la mia
famiglia.
La quale, essendo stata associata da me alla pia Opera quando l’aiuto
consisteva in sovvenzioni mensili, a suo tempo e al caso ha diritto a
vantaggi che ho sopra succintamente ricordati.
Altro piccolo beneficio alla famiglia puó venire da alcune cartelle del
Debito Pubblico italiano e da pochi spiccioli.
Le cartelle del Debito Pubblico costituiscono la somma di lire 3000
(tremila), delle quali 1000 mi vennero lasciate da mia madre e 2000
son frutto di economie.
Esse sono al portatore e della rendita annua del 3.50 per cento.
Unitamente a queste cartelle sono vene altre per l’ammontare di lire
1200 (mille e duecento) al cinque per cento, parimenti del Debito
Pubblico, prestito nazionale. Esse appartengono a Enzo, al quale
furono regalate da quel cuore d’angelo di mio freatello Costantino, al
quale, come a mia sorella Agnese, sono legato, oltre che da vincoli di
sangue, dal piú sconfinato affetto e riconoscenza pel bene che mi
hanno voluto sempre, dacché si era bambini.
Di tali cartelle la metá é intestata a Enzo, l’altra metá é al portatore e
sono redimibili dopo 25 anni, cioé al termine di 25 anni dall’acquisto
la somma sará restituita.
Col frutto infine della mia incesante operositá ho pagato le spese
d’impianto della casa mia, a cominciare da’ letti, del pianoforte
all’ultimo spiedo di cucina. Ho pagato inoltre tutte le spese
occorrenti della successione d’Olimpia alle quote dell’esigua ereditá
paterna: e alla **** tasse di successione, tasse d’inventario,
ricchezza mobile sul vantato credito materno, perito, notaio,
avvocato, registrazioni legali…insomma una ****** di tasse
semplicemente scandalose per rendere libero il possesso di quella
parte di terreno, lasciata dal padre a Olimpia.
E mi pare che per un individuo, privo di beni di fortuna, tutto questo
sia poca cosa quando si pensi che tanto enormi spese per impianto di
casa, educazione, istruzione e mantenimento di figli, per successione
e divisione dell’ereditá d’Olimpia, trasferimenti, villeggiature ecc
sono state tutto il frutto de’miei sudori che ho potuto raccogliere
dalla istruzione, da me acquisita per consiglio ed appoggio d’ogni
genere de’ miei indimenticabili ed amatissimi genitori.
Non é per altro fuori luogo far notare che ho potuto realizzare lauti
miracoli di finanza perché mi sono sempre tenuto lontano dal fumo,
dal vino, dal giuoco di qualsiasi genere - (del lotto, d’azzardo, di
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carte, di roulette, di fiere, di kermesse ecc) – e da capricci della moda
i quali, anche a soldini ed a lirette, costituiscono sempre una somma
non indifferente, specie per chi ha la borsa limitata.
Quod potui, feci: faciant meliora potentes!
In conclusione: i miei figli, oltre ad aver avuto istruzione, che é una
dote nobile e perenne, avranno a suo tempo i benefizi
dell’Orfanotrofio militare di Napoli, le rendite di poche cartelle del
Debito Pubblico, alcuni spiccioli, tutti i mobili e gli arnesi di casa e
nulla devono pagare sull’ereditá che verrá dalla madre, essendo state
da me pagate tutte le passivitá, le spese, le tasse, inerenti alla
successione e dalla divisione del fondo fra i coeredi Cesaro.
- Desiderata.
1). Desidero che ognuno de’ figli miei abbia una copia di queste mie
memorie, copia che debe essere scritta di suo proprio pugno.
2). Desidero che fra fratello e sorelle regni sempre la piú completa
concordia, l’affetto e l’appoggio reciproco incondizionato in ogni
circostanza della vita. Lo stesso deve sempre essere fra le sorelle, fra loro.
3). Desidero avere il mio riposo eterno nello stesso loculo in cui ivi
riposano i miei genitori.
Ovunque io abbia fine é sempre possibile la translazione, immediatamente
e dopo ***** il periodo di tempo prescritto dalle leggi in vigore.
4). Non pompe, non fiori, non messe, non ceri – Nulla.
5). Leggere queste mie memorie una volta all’anno, al 27 dicembre, giorno
della mia nascita.
- Ammonimenti
Ecco poi i portati della mia lunga esperienza.
1) – Non dare mai in prestito danaro, libri, quaderni, appunti, oggetti.
Perdi l’amico e perdi quel che avrai dato in prestito.
2) - Parla poco, ma ascolta assai. Anche il discorso di un uomo umile
puó dare nuove ed utili cognizioni.
3) – Amicizia con tutti, intrinsichezza con nessuno.
4) – Parla sempre bene degli assenti e per lo meno taci quando non puoi
dirne bene.
Mai parlare male d’un individuo assente, anche se ne hai ragione di
farlo.
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5) – Non immischiarti mai ne’ fatti altrui. Ne hai abastanza a
provvedere ai fatti tuoi!
6) - Tieniti lontano da’ prepotenti, da’ maneschi, dagli squilibrati e da’
compagni ineducati e viziosi.
Una consocenza, un saluto e passa via.
7) – Non manifestare mai a’ compagnie, a’ tuoi amici i tuoi disegni, i
tuoi progetti.
Potresti avere ingrate sorprese, specie se l’amico ha in animo di
raggiungere lo stesso scopo! –
8) – Mai millantarti. Se hai de’ meriti danne le prove senza parlare o
decantarli.
9) – Chi sa il giuoco non l’insegni epperció, se in qualche cosa difficile
hai trovato il modo di disimpegnarti bene, non lo divulgare e serbalo
per te.
10) - Procura di non avere bisogno di nessuno.
La gente ama chi dá pochi fastidi e dispensa molte facilitazioni.
Impara a eseguire tutto da te e sarai tanto piú felice, libero,
indipendente quanto meno cercherai aiuto da qualcuno.
11) – Accompagnati sempre a gente istruita, seria educata,
affezionata a’ genitori.
Dimmi con chi vuoi e ti diró chi sei!
12) - Aiuta pure il compagno dandogli le direttive, ma senza far
mai copiare l’opera tua.
13) Serba sempre modi educati, garbati, corretti e, ricevendo uno
sgarbo, mostrati dolente di non sapere, per la tua educazione,
controccambiare tanta sgarberia.
14) Non accusar mai nessuno.
Si accetta il tradimento, ma giammai il traditore.
15) Non dir mai a chicchessia i fatti tuoi e quelli di casa tua.
16) Nessuno saprá volerti bene piú intensamente di quello che ti
hanno voluto i tuoi genitori.
Diffida sempre di chi ti lusinga a chiacchiere e ti ****** a fatti! –
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*
Ed ora qualche massima de’ Latini,
che furon maestri del vivere sociale.
.1.
Nil desperandum, Auspice Deo! Né casi difficili non viene elevato
indarno il pensiero supplichevole al Signore.
.2.
Societas cum prepotente numquam est fidelis.
Inter inequales nulla societas.
Rustica progenies Semper villana fuit.
Evita, in altri termini, la compagnia di prepotenti, quella di rango
sociale superiore o inferiore al tuo, nonché la gente rozza.
La prepotenza fa compromettere. Quelli di rango superiore possono
umiliare; quelli di rango inferiore mancano di deferenza, di rispetto; i
rozzi peccano di villanía.
.3.
Si Fortuna perit, nullus amicus erit.
Tutti ti strisciano e ti lusingano con **** espressioni, quando ne
hanno di bisogno.
Finito il bisogno, i beneficiati ti voltano le spalle. Purtroppo, ne sono
stato piú volte la vittima.
.4.
Cave signatos a Domino. E’ un fatto innegabile che gli individui,
fuori d’architettura, gli <scontraffatti> (sconcigli) sono dotati
d’animo perfido. Guardarsene.
.5.
Nulla fides in fronte. Un bel viso non é segno certo d’un animo
buono e viceversa.
.6.
Si verum discere vis, facta cum dictis componere memento.
In altri termini, non credere alle chiacchiere che non corrispondono
a’ fatti.
.7.
12
Res non verba. Non fate chiacchiere, ma agite. Agere necesse est non
loqui.
.8.
Mundus vult decipi: decipiatur! Conseguentemente non bisogna mai
trascurare le apparenze che, presso la gente stolta, sono tutta la
veritá.
.9.
Veritas odium parit. Ad evitare l’odio che potrebbe venirne da una
veritá, sii cauto nel dichiararla. Vi é peró sempre il rifugio nel
tranquillo porto dell’ignoranza o dell’amnesia non so; non ricordo!
.10.
Ingiuriae non sunt argumenta. E discutendo porta argomenti, ma non
lanciare ingiurie: quelli possono persuadere, queste non convinsero
seminando rancore.
.11.
Qui voluit contingere metam sudavit et alsit.
Senza personali sacrifizi non si raggiunge la meta prefissa.
.12.
Periculum est in mora. E perció non rimandare mai a domani quello
che puoi fare oggi. Indugiandosi vi é un pericolo.
.13.
Principiis obstu: sero medicina paratur. Sin dal principio provvedi:
piú tardi non saresti in tempo col rimedio.
.14.
Fuge rumores! E´un detto di Catone il Censore. Evita sempre di
trovarti fra turbolenti schiamazzi, rivoltosi, riunioni e compagnie
ribelli.
.15.
Aequam memento rebus in arduis servare mentem.
Ne’ momenti difficili non ti confondere: abbi la mente serena per
orientarsi sul da fare e provvedere.
.16.
Oportet studuisse, non studere. Estate parati.
13
.17.
Ne sis <velose> in irascendum quia ira in sinu stultu requiescit.
.18.
Quod mihi non nocet et tibi maxime prodest facile concedendum.
Concordia parvae res crescunt, discordia maxime dilabuntur.
.20.
Age quod agis. Sempre – non ti distrarre da quello che stai facendo.
.21.
Tantum valemus quantum memoria retinemus. Esercitare sempre la
memoria rivedendo sempre il passato, detto in parole brevi e
compendiose.
.22.
Honeste vivere, neminem laedere, suum unique tribuere. E’ la
condotta irreprensibile d’ogni galantuomo.
Et de hoc ****
<Trafiletto di giornale incollato n. 1>
Una visita del generale Barletta agli ospedali di reserva di Aversa
Aversa, 17
I tre ospedali di reserva di questa cittá, impiantati fin dall’inizio della
guerra, sono testé ispezionati dal generale barletta che é rimasto
soddisfatto dell’inappuntabile trattamento che viene usato ai degenti ed ha
riportato la piú bella impressione degli ampi local pieni di luce ed aria.
Il generale Barletta non ha potuto che congratularsi con gli ufficiali medici
e col direttore tenente colonnello Pascale per l’opera scrupolosa che essi
prestano e per l’ottimo funzionamento di questi ospedali.
<Trafiletto di giornale incollato n. 2>
Una visita del generale Barletta agli ospedali di reserva.
Aversa, 15 (Leone) – Ieri l’altro, il generale Barletta, direttore della Sanitá
di Napoli, ispezionó i tre ospedali di reserva impiantati fin dall’inizio della
guerra.
Le voci di soppressione, avvalorate dal licenziamento di tutti i medici
assimilati col grado o senza, sono rimaste destituite di fondamento dopo la
visita del commend. Barletta. Il quale riportó la piú bella impressione
nell’ammirare i local per ampiezza, luce e per aria, e segnatamente
l’ospedale principale nell’architettonico seminario episcopale, che offre
immensi vantaggi all’uso sanitario.
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La cittadinanza, che trae immensi vantaggi morali ed economici
dall’istituzione, trepida per le sinistre voci propagate, puó rassicurarsi che
gli ospedali non saranno soppressi, ma incrementati, sotto le vigili cure del
tenente colonnello direttor Alberto Pascale.
<Trafiletto di giornale incollato n. 3>
Il nuovo direttore dell’Ospedale militare
A coprire il posto vuoto per la norte del compianto Colonnello Zaccaria
De Cesare rapito improvisamente e con schianto all’affetto dei suoi; é
venuto tra noi l’Illustre Tenente Colonnello Sign. Cav. Alberto Pascale.
Egli che giá altra volta é stato in questa cittá col grado di Capitano, e che
giá aveva saputo farsi ammirare, é stato accolto con entusiasmo.
Persona colta, inteligente buona, sa unire all’intransigente dovere il dolce
conforto della parola di padre, sicché alle volte l’autoritá sparisce per dar
posto al cuore, che domina, ma perdona e compatisce.
Nel nuovo ufficio l’accompagni il voto che tutti sappiano apprezzare le
singolari prerogative del suo animo.
<Trafiletto di giornale incollato n. 4>
Mentre peró diamo il benvenuto al Cav. Maggetta rivolgiamo il nostro
pensiero al Direttore uscente, il Ten. Colonnello Cav. Dott. Alberto
Pascale. Egli che nella sua dimora qui, tra noi, avevav saputo circondarsi
di schietti amici lascia un vuoto indicibile. Lo accompagni nella nuova
residenza il nostro pensiero ed i sensi i sincero attaccamento.
(*Vincenzo Pascale di Raffaele nacque in Napoli all’11 Nov. 1820 da
Nicola e da Agnese Persico. I genitori d’ambo i coniugi furono rinomati
mercanti di tessuti in Napoli ed ebbero numerosi figliuoli di quali fu
Vincenzo che rimase a 11 anni orfano di padre (1881).
Si laureó in medicina e chirurgia nell’anno 1844 nella R. Universitá di
Napoli e, per concorso, fu nominato Medico Chirurgo dell’esercito
Borbonico. Prese parte i tale qualitá alla campagna del 1848 sotto Roma
en el 1860, sciolto dal giuramento di fedeltá a’ Borboni, entró nell’esercito
nazionale italiano sempre da medico chirurgo.
Nell’anno 1866 prese parte alla campagna di guerra contro l’Austria,
comandante nella sezione di Sanitá della 20ma divisione ed, al termine di
quella guerra, prese in consegna dagli Austriaci l’ospedale di Mantova, di
cui ne fu nominato Direttore. Ed a Mantova raccolse la famiglia.
Dopo aver partecipato anche alla campagna del 1870 sotto Roma nel 1872
si ritira in Napoli a vita privata dopo 27 anni di servicio alle armi e cioé
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dal 1845-1872. Attese allora alla compilazione d’un trattato di
Balneologia che ebbe la fortuna di 3 edizionie curó quegli scarsi clienti
che egli avevav potuto conoscere mediante amici e parenti. Fu
amantissimo dello studio e della famiglia, in mezzo alla quale godeva
passare gran parte del giorno e educó la figliuolanza al dovere e
all’istruzione.
La sera del 26 gennaio 1901 attese alle sue ordinarie occupazioni: lesse,
scrisse qualche lettera, cenó, si pose sul letto. Verso la mezzanotte discese
per spander acqua e ad’un ora del susseguente mattino del 27 fu inteso
respirare rumorosamente. A questa ambascia successe il rantolo tracheale
che ne annunziava la prossima fine che infatti avvenne all’1,30 del mattino
del 27 gennaio 1901.
Visse anni 80 e mesi 3 all’incirca sempre in buona salute. Un’apoplessia
cerebrale lo spense nel sonno. I resti mortali trovansi raccolti in apposita
nicchia nella Chiesa di S. Maria Monteverginella, Chiesa che fu parte d’un
lato del ***** degli Uomini Illustri al Camposanto di Napoli (Poggio
Reale).
Angela Feniziani di Nicola e Carolina Viscardi, fu sua moglie. Il padre
Nicola era giudice di Tribunale Civile e morí di tifo a 55 anni. Carolina
Viscardi era figlia del farmacista di Casa Reale a’ tempi de Borbone. I
ritratti ad olio di Feniziani Nicola e Viscardi Carolina trovansi in casa di
mio fratello, Carlo Pascale.
Nacque nell’anno 1823 e si spense in pochi giorni di polmoniteadinamica
nell’anno 1905 al di 15 maggio, all’etá di anni 82. Fu donna pia,
affezionatissima a’ propri figli fino all’esagerazione, modelo di moglie e di
madre, d’una non comune intelligenza ****, chiara, svegliata fino a tarda
etá, ottima massaia sapendo tenere in modo meraviglioso il ménage di
casa e prendendo sempre parte attiva a tutte le faccende di casa anche in
vecchiaia.
Da’ coniugi Vincenzo Pascale ed Angela Feniziani nacquero 12 figliuoli,
de’ quali 5 perirono in tenerissima etá. Ebbero educazione ed istruzione i
sette rimasti: Almerinda, Nicola, Carlo, Alberto, Costantino, Agnese,
Adele. I resti mortali di questa donna impareggiabile trovansi nella stessa
nicchia, occupata da resti mortali del suo consorte.
Cesaro Olimpia nacque in Capua al 10 Agosto 1866 da Nicola e da Emilia
Susio).
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Eguaglianza e Destino
“La Morte non si sente e non si vede
E si presenta quando men si crede”
La scrittura costituisce la voce d’oltretomba della persona, oggi scomparsa,
che in vita ebbe a vergarla.
Ascoltatela quella voce: é il pensiero, il Desiderio il comando di colui che,
a suo tempo essendosi servito della scrittura, parla ancora con questo
mezzo a propri cari.
Sulla tomba d’un filosofo era scritto:
Io fui come sei tu: Tu sarai come sono io!
O ciechi, il tanto affaticar che giova?
Tutti torniamo alla gran Madre antica
E il nome nostro é assai se si ritrova!
La filosofiadella vita si trasmette dai genitori ai figli. Gli esseri descrivano
la loro parabola e scompaiono: la vita permane nell’Universo. <Ne
desperandum auspice Deo>
Impossibile ad esseri finiti comprenderé l’infinito.
Pulvis et umbra sumus.
Memento homo: quia pulvis es et in pulverem reverteris.
L’essere umano é dotato di facoltá ancora ignote alls scienza. Queste
facoltá psichiche non sono una produzione di cervello, ma sono
essenzialmente intellettuali ed appartengono allo spirito.
La rincarnazione sulla terra o sugli altri mondi é probabile, ma non
dimostratata. Cioé é anche della nostra preesistenza, ma la prova scientifica
non é raggiunta.
L’Universo non é un’accozzaglia di mondi, od una combinazione di atomi
****, ma un edificio organizzato, retto da forze irresistibili e mosse da una
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forza inteligente, spirituale, infinita, inconcepibile, causa ed anima
dell’Universo.
<Trafiletto incollato di giornale no. 1>
“Correnti psichiche risulterebbe che attraversino l’atmosfera.
“Noi viviamo in mezzo ad un mondo invisibile.
“Le facoltá dell’Anima umana sopravivono alla disgregazione
dell’organismo corporale.
<Trafiletto incollato di giornale no. 2>
Il mio sommesso avviso é questo:
Io non ritengo che la Scienza possa arrivarea speigareil perché dei
fenomeni, e quindi rimarrá sempre una zona di mistero, una parete chiusa,
davanti la quale lo spirito umano debe piegare le ginocchia e scrivere su
questa parete una sola parola: Dio. Quindi a mio avviso, non puó esistere
un conflitto tra Scienza e Fede.