Alla città

Città,

ancora mi fai male, e non smetterai mai. Mi fai male, ora che sono vecchio e ti sono lontano, con gli impegni superficiali, con gli appuntamenti approssimativi, con le seduzioni occasionali dei tuoi intellettuali “di scena”. Quelli schietti, che conobbi, o sono morti o sopravvivono nei loro arroccamenti, solitari e inascoltati.

Ti amo, Città, ma provo rancore verso di te. Per essere figlio di una famiglia borghese – non importa quanto liberale, non importa quanto socialista – , da bambino sono stato caricato di botte dai miei coetanei del tuo popolo, geneticamente sanfedista, ai quali cercavo, come mi era stato insegnato, di parlare, di raccontare. Provavo a farli giocare a Sandokan, ma erano Thugs senza neppure l’ispirazione di una fede crudele: picchiavano per picchiare quel ragazzino diverso da loro. E altre botte ne ho prese quando, reggendo sulle mie spalle di robusto adolescente l’unico altro (ahimé assai gracile) compagno di fede giacobina in un liceo tutto inneggiante a Salò, cercavamo – lui da sopra, io da sotto – di rivendicare un’italianità non fascista di Trieste. Di sotto, i cazzotti nello stomaco erano tutti per me.

Ti rinfaccio, Città, che dopo aver pasciuto la mia infanzia, adolescenza, giovinezza studiosa, della tua storia, delle tue seduzioni, tu mi abbia chiuso ogni porta, e mi abbia costretto ad allontanarmi. Ti rinfaccio che quando, dopo anni, mi ti sono offerto con un mestiere appreso altrove, a spese di altri, mi hai ancora chiuso la porta in faccia: “Da dove arriva questo? Che vuole? Che pensa?…”.

Ancora oggi mi fai male, Città che dopo qualche illusoria stagione di riscatto ripiombi nell’antico cinismo della tua disperazione, sempre più in fondo.

A modo tuo, sei stata sempre grande, Città: hai rifiutato l’Inquisizione, hai allevato (ignara) i più illusi degli illuministi, hai avuto il primo treno, hai dato il primo calcio in culo ai nazisti…

Ma, con tutti questi tuoi bagliori, Città, dove sei? Perché resti inaffidabile? Perché ogni mia speranza in te deve sempre essere oppressa dalla paura della disillusione?

Odi et amo, Neapolis!

Tuo figlio.