Conclusione

CONCLUSIONE

Certamente un Cammino diverso da quelli a cui ero abituata, spesso disorientata da quel ricordo di identità di Pellegrina, ormai scomparso.

Neppure l’architettura, per me familiare, emozionante e coinvolgente, non sempre aveva il fascino di quella spagnola, forse perché quella era per me desueta. E poi là ricordi di ampi spazi selvaggi e ricorrenti, improponibili nel succedersi dei luoghi venostani.

Qui musei, chiese, chiesette e tanti castelli distraggono l’andare quieto del passo.

Vi è monotonia nel panorama basso della valle, mele, mele e mele, ma alzando lo sguardo questa ricchezza di montagne incappucciate come tanti babbi natale infreddoliti, ti riempie l’anima di meraviglia e dolcezza.

E poi l’irruenza del fiume, piccolo ed incerto, ma con l’avanzare dei giorni, forte e orgoglioso.

Quanti fiori e quanti colori intensi adornano le case ben tenute ed amate.

Mai come qui, in questo verde dilagante e palpitante, si assapora la tranquillità di questa gente laboriosa ed orgogliosa di un passato che solo da poco sfiora la nostra esistenza.

Ma in questo passato ho incrociato più volte la loro strada e le radici di quell’orgoglio sicuro con cui ho affrontato la mia vita, forse le debbo anche a loro.

Un cammino semplice, con pochi dislivelli, ben segnalato e rilassante, di cui però ho percorso pochi chilometri giornalieri, non le grandi faticate andaluse o gaglieghe.

E in tutto questo guardarsi intorno mi ha colpito che molti, soprattutto giovani, non conoscessero l’italiano e che se da una parte in bar, ristoranti e negozi le donne usassero il costume tradizionale, le donne dei masi non avessero più i vecchi grembiuli, ma portassero i jeans.

La prossima volta ripartirò da Merano, lasciandomi la Valle alle spalle con una certa nostalgia, altri luoghi, altri passi, e soprattutto altri tempi; non avrò l’aereo prenotato con cui partire e con cui rientrare, quindi magari ….

ripartirò domani!