1° Giorno, 04 settembre

1° giorno – mercoledì 4 settembre 2013

MAIA BASSATERLANO (BOLZANO) (Km. 18 circa)

A Maia Bassa scendo dal treno, che da Bolzano porta a Merano, verso le 10,30.

Riparto proprio da qui, dove ero arrivata lo scorso anno aggirando una brutta periferia della città.

Quest’anno la zona è stata ripristinata e non vi è più la confusione dei lavori stradali che avevano devastato la stazione e le zone limitrofe, ma di pista ciclabile lungo l’Adige per un lungo tratto non se ne parla. La ME-BO, superstrada che unisce le due città, ha stravolto la valle.

E così mi tocca costeggiare il lungo ippodromo, il più grande d’Europa, costruito nel 1935. Tento di entrarvi e di fotografare, ma bisognerebbe salire sulle gradinate per averne una ampia visuale. Inoltre vengo redarguita malamente più volte per questa mia intrusione proibita.

Misuro la grandezza dell’ippodromo dal tempo che impiego per superarlo. E poco dopo vi è anche il Palaghiaccio ed ancora avanti verso la montagna opposta molto lontana dall’Adige che affiancava la ferrovia. Praticamente dovrò attraversare la valle per poi ritornare al fiume.

Sebbene Maia Bassa, ora parte integrante della città di Merano, sia zona residenziale, a quel che vedo qui, non sembra granché, condomìni, industrie e caserme, talvolta abbandonate.

E poi questa strana puzza che non riesco a definire ma che impregna l’aria sovrastando pure lo smog del traffico cittadino.

Alla fine la riconosco, lo stesso nauseante odore che incontrai nelle Asturie, nella zona delle grandi sidrerie.

Anche qui vi è una industria di pastorizzazione delle mele che serviranno per la produzione del sidro, ma anche per cosmetici, yogurt, succhi, marmellate e quant’altro.

La costeggio per lungo tratto, così come mi inserisco fra i grandi condomini che nulla hanno di caratterizzante.

In questo percorso poco affascinante che costeggia le lunghe vie di transito, incontro la Chiesa di San Vigilio, piccola ed interessante per alcuni suoi affreschi del XV sec. Le sue antiche origini sono romaniche e particolarmente attraente è il suo altare gotico di legno policromo.

Da lì, uscendo da un intrico di viottoli che attraversano i grandi caseggiati, si sbocca sulla statale che si costeggia per un tratto ma poi ci si tuffa in mezzo ai meli con a destra un torrente sommerso da fiori gialli e porpora. Sebbene il percorso diventi ripetitivo è comunque entusiasmante per le montagne che in distanza lo accompagnano cambiandone le visuali e le ombre. Chiaroscuri sempre diversi riescono comunque a sovrapporsi alla luce accecante del mezzogiorno che appiattisce la valle. Peccato che di questi giganti dalle cime imbacuccate non ne conosca i nomi.

Il percorso cambia direzione alla ricerca dell’Adige e quando il torrente che sto affiancando si immette nell’Adige, immagino sia il Sinigo, che dà il nome al paese molto prossimo a Merano.

Poco prima di questo abbraccio vi è la stazione omonima abbandonata e sommersa da erbacce e rampicanti e subito dopo una vecchia casa trasformata in bar ristoro.

Ma a Sinigo nel 1943 si produceva acqua pesante, utilizzando i molti impianti termoelettrici della zona e l’impianto chimico della Montecatini. Questo fu bombardato nel 1945 dalle forze alleate, probabilmente impedendo così di arrivare alla produzione della bomba atomica.

Non vedo granché, dalla mia posizione fra i meli, di quello che dovrebbe essere il paese.

Mi appare invece in lontananza Lana d’Adige, anzi Lana di Sopra. La riconosco dalla Chiesa che emerge nella vallata. I pendii intorno furono abitati già 10 mila anni fa, mentre il paese sorge dove un tempo vi erano le paludi. Ma erano tre i paesini con lo stesso nome che ora sono tutti accorpati, con zone industriali e case rurali, con poca identità.

Ci andai lo scorso anno alla ricerca di ricordi. Ma mi deluse molto; tutto è cambiato e irriconoscibile.

I vecchi edifici ed impianti della grande fabbrica conserviera sono quasi scomparsi. Al loro posto sono state costruite quartieri e case. Rimane il grande corpo principale degli uffici e quello “dei pentoloni di rame”, lucidissimi accentratori di sguardi; lì si cuocevano le marmellate che, simbolo visivo per i passanti, si potevano ammirare attraverso grandi vetrate.

Anche la piazza con le antiche case è stata trasformata e la vecchia pensione in cui abitavo è diventata un lussuoso hotel a 4 stelle. Chissà se il proprietario ora è Ugo, quel ragazzotto dinoccolato con la spider rossa appena acquistata che voleva farmi provare?

Tanti ameni ricordi di amicizie e serenità. Tutto è divenuto un lontano passato da abbandonare.

Sarà che sono dolorante, e già stanca prima di iniziare (mi sono alzata presto), e per attutire una tallonite che mi perseguita da mesi ho ingerito un fortissimo antidolorifico, non ho quell’entusiasmo che mi ha accompagnato per tanti anni. Eppoi c’è molto caldo, troppo per camminare. In aggiunta la pista sembra un’autostrada per le tante bici che vi scorrazzano; gruppi di 20, 30 e più persone, comitive venute apposta per questa straordinarietà dei luoghi. L’invasione dura fino alle 12,30, poi dirada fin quasi a scomparire. Qualcuno poi tornerà nel pomeriggio ma, per fortuna, saranno pochi.

Da Lana con la funivia si raggiunge S. Vigilio ed i suoi magici boschi. Da qui proviene l’acqua minerale di Merano, l’unica acqua italiana riconosciuta nel 1982, dalla Repubblica Federale Tedesca, come benefica e curativa.

Ovviamente anche qui meli in fondovalle, viti arrampicate sui pendii e castagni. Lana è considerato il più grande paese frutticolo dell’Alto Adige. Ma qui, oltre al resto, si festeggia anche la zucca e vi è un campo da golf.

Da Lana, superato Castel Braunsberg dei Conti Trapp che domina la vallata dalla sua posizione privilegiata, si accede anche alla Val d’Ultimo e già il nome la identifica come meta lontana ed isolata. Forse questa sua difficoltà d’accesso (ma si può arrivarci con ancor maggior difficoltà, anche dalla Val Venosta) la rende speciale. Pochi masi sparsi qua e là con tetti in scandole di legno ormai scomparsi altrove. Balconi fioriti e orti curatissimi. Prati arrampicati verso il cielo, boschi, un laghetto e tanto silenzio.

Ma, unici in Europa, nella frazione di Santa Geltrude, 3 larici di oltre 2000 anni hanno visto passare la storia. Solo per questa commozione merita di andarci.

A Lana di sotto, nella chiesa parrocchiale tardogotica, fa bella mostra un pregevolissimo altare in legno dorato, il più grande dell’arco alpino. Fu scolpito da Hans Schnatterpeck all’inizio del XVI sec.

Supero la stazione di Lana Postal. Postal è un paesino la cui stazione ferroviaria è di servizio anche per Lana di Mezzo e di Sopra. Poi Gargazzone, con una torre, un affresco del XIV sec., la chiesa neoromanica del Sacro Cuore ed un recente parco giochi di mq. 5000.

Sulla pista ciclabile non ci sono più i bei cartelli della Val Venosta che indicavano luoghi, dislivelli, e i chilometri percorsi e da percorrere. Qui vi sono solo dei piccoli miliari per indicare il chilometro ed il mezzo. Ogni tanto nella pista che affianca il fiume vi è uno slargo per consentire alle bici di fermarsi e di girare per ritornare, ma di panchine neppure una. Sul percorso odierno, un po' defilato, è stato sistemato un solo tavolo con due panche protetti da una tettoia alquanto precaria ed un tavolo con una sola panca esposti al sole; nonostante ciò, occupati. Peccato che non abbiano pensato a qualche sedile in più per i camminatori.

Una coppia di ciclisti alemanni, probabilmente notando la mia conchiglia, si ferma chiedendomi notizie di “Santiago”. Ci capiamo poco, ma quel che basta per sorriderci ed essere felici dell’incontro. Si fermeranno anche l’indomani riconoscendomi. Certamente non è faticoso, considerato il mio strano equipaggiamento. Qualcuno raramente cammina, ma è gente del luogo che magari corre per controllare il proprio tempo e la propria forma fisica.

Incontro anche un serpentone grigio, per fortuna ucciso dal passaggio delle bici; ciò mi induce a guardare più spesso a terra ed a godermi meno rilassata i panorami lontani.

In coincidenza con i paesi, quando vi è un attraversamento di strade sulla ferrovia, e quindi anche sulla pista ciclabile che scorre quasi sempre parallela, vi sono alcune frecce ad indicarci le deviazioni.

Potrei uscire per vedere Postal o Gargazzone, ma mi appaiono così distanti e sono così stanca che tiro dritto. Non ci sarà molto da vedere, mi dico, in questi minuscoli paesini, se non la loro Chiesa parrocchiale.

Quando raggiungo Vilpiano, poiché la deviazione mostra le case a ridosso della pista e vi è un cartello che indica la possibilità di un bar, esco per un ristoro.

Tornata sulla pista, lentamente proseguo verso Terlano.

Mi aveva sempre incuriosita la Chiesa di questo paese con il suo svettante campanile che si vede da molto lontano. Quando la ME-BO non esisteva era giocoforza attraversare Terlano e passarvi proprio sotto.

La Chiesa conserva bellissimi affreschi gotici del XIV sec. Il suo campanile, alto 75 metri venne costruito nel XVI sec. e riedificato alla fine del ‘800.

Dall’alto dominano i ruderi di castel Neuhaus che risalgono al 1206.

Terlano, oltre che per mele, uva e vino è famosa per gli asparagi ed, al riguardo, in primavera vi sono importanti festeggiamenti.

Sono le 16 e prima di visitare il paese che risale la montagna, ma che non mi pare abbia granché da mostrare (o forse sono troppo stanca), mi dirigo all’Ufficio Informazioni, proprio nella piazza di fronte la Chiesa.

La Signora che mi accoglie mi dice subito che gli alberghi sono tutti occupati ancor prima che io parli. Non è il fine settimana e mi pare impossibile che con tanti alberghi, pensioni, appartamenti, affittacamere non ci sia un letto per me.

Forse prova a telefonare una volta, non sono sicura, giacché parla il loro dialetto, ma rimane invece molto al telefono con qualcuno che probabilmente dalla Germania cerca una stanza, accontentandolo. Non entro in merito sulla veridicità di questo “tutto esaurito”, forse avrà giocato anche il mio aspetto da Pellegrina, ma ho avuto l’impressione che non volesse sprecarsi con me. Tenta, di telefonare ad Andriano, ma mi dice che là non risponde nessuno.

Quando disperata suggerisco un hotel di Bolzano dove ero già stata, mi cerca il numero e mi passa il telefono perché mi arrangi.

C’è l’autobus per Bolzano proprio lì fuori, mi dice ancora, ma non mi elargisce neppure un sorriso di comprensione. Se non mi fossi ricordata di quest’albergo forse avrei dovuto dormire su qualche panchina della piazza??? Un po’ seccata per questo trattamento di indifferenza e stanca all’inverosimile attendo il bus.

Questo per fortuna arriva poco dopo e velocemente, troppo velocemente mi porta a Bolzano. Questa velocità mi impressiona, lo noterò anche l’indomani, perché questi lunghi autobus dalla coda snodata e scodinzolante, in queste stradine strette che attraversano i paesini e la periferia di Bolzano, corrono da far paura.

Quando arrivo non ho certo voglia di andare in giro, probabilmente non avrei dovuto venire fin qui oggi, ma attendere qualche giorno, in attesa che il grande caldo diminuisca.

Acquisto due toast nella panetteria lì vicino ed alle 17 sono già a letto, stanca, triste ed indispettita per il trattamento subito.

BOLZANO

Non mi sono fermata a visitare Bolzano, poichè la conosco bene e non solo per i suoi mercatini di Natale, i più belli dell’Alto Adige.

Bolzano ha quell’aspetto immutabile, fuori del tempo, che riempie il cuore di calore. Gli antichi portici sembrano sempre protettivi contro ogni bufera della vita. Pare che il medioevo sia ancora fra noi, sebbene già da qualche anno non si vedano più gli uomini dai lunghi grembiuli blu con le alte gerle di giunco intrecciato sulle spalle.

Bei negozi con mercanzie disparate ed eleganti.

Piazza Erbe con l’allegria dei suoi colori. E poi Piazza Walter con il Duomo romanico-gotico dal tetto verde e oro che lo fa individuare da lontano.

Un vero gioiello misterioso così come lo sono e colpiscono per affreschi e spiritualità d’altri tempi, la chiesa dei Domenicani, quella dei Francescani e quella dei Cappuccini che quasi delimitano la città antica.

E poi anche qui castelli fra i vigneti (Mareccio) o dominanti dall’alto (Roncolo).

Poco lontano vi è anche il Castello di Firmiano, uno dei 5 musei della montagna voluti da Reinhold Messner.

Otzi, ritrovato 20 anni fa in Val Senales e che ha raggiunto la ragguardevole età di 3300 anni, abita nel Museo Archeologico, ma vi è anche un Museo di Scienze naturali ed uno della Tecnica, il Museo Civico, il modernissimo Museion di arte moderna, quello Mercantile ed uno della Scuola, una collezione di Presepi nel castello di Gries annesso al convento omonimo ed altro ancora.

Ma a Gries, nella Chiesa Parrocchiale, vi è un altare a scrigno del prestigioso Micheal Pacher ed un crocifisso romanico del 1200.

Non mancano inoltre funivie per raggiungere le vette.

E vi è perfino, nel periodo primavera-autunno, un BoBus che con un biglietto giornaliero di 1 euro porta i turisti direttamente nei luoghi d’arte.

E per finire gastronomia e vino; belle passeggiate e piste ciclabili.

Da Terlano si potrebbe proseguire verso Bolzano direttamente, ma io ho scelto di seguire la ciclabile a destra dell’Adige che passa da Appiano per raggiungere poi, sotto Bolzano, Ora.