4° Giorno, 31 marzo

4 giorno – lunedì 31 marzo 2014

ALBAREDO ALL'ADIGE - Roverchiara - Angiari - LEGNAGO (Km. 20 circa)

Anche stamani mi servo dell'autobus e mi faccio lasciare prima del ponte che porta ad Albaredo. Da lì, proseguendo lungo la riva di ieri, si arriva a Tombasozana in pochi minuti. L'argine qui è molto largo anche se non asfaltato perché è di servizio ad alcune contrade, addossate quasi all’alzaia, che incontrerò lungo il percorso.

Proseguo tranquillamente, ma poiché mi accorgo che alcuni ciclisti scendono dall’argine per inoltrarsi in una strada laterale ed un'automobile invece sta risalendo dallo stesso svincolo, chiedo all'autista se sia più conveniente restare sull'argine o scendere per tornare all’Adige molto più avanti eliminando una larga ansa del fiume. E così procedo in basso lungo la scorciatoia rappresentata dalla strada comunale. Intorno vi sono delle belle ville, segno del benessere della zona. Alcuni antichi casolari, è vero, sono fatiscenti ma nel complesso tutto è in ordine e ben tenuto.

Quando nuovamente raggiungo il fiume incontro più case ed immagino si tratti di una ulteriore frazione, ma non ne conosco il nome; da lì riguadagno l’argine che ora è anche asfaltato, ma quanta strada abbia risparmiato proprio non so.

E poi avanti senza deviazioni possibili. Scendo però a Roverchiara. Anche questo paese, affiancato alla riva dell'Adige, ha remote origini risalenti ad una comunità cristiana che si insediò qui nell'813. Io però sono attratta dalla sua Chiesa che mi pare molto antica ma che risale invece al 1860. L'interno conserva alcune pale importanti ed un organo e l’alto campanile sembra sfidare il cielo.

Una sosta veloce al bar ma intorno non c’è nulla che mi piaccia, se non la casa che avevo già notato scendendo dall’argine, ben restaurata e con due leoni affrescati sotto la cornice del tetto che non so se interpretare come fedeltà alla Repubblica Veneta (trattandosi di una bella casa antica) o se dovuti ad appassionati seguaci della Liga Veneta.

Vi è anche un grande arco con un bel portone di legno ormai cadente che immette ad una corte; mi colpisce per un fiocco azzurro enorme. Che felicità la nascita di questo figlio.

Riguadagno l’alzaia. Altri paesini e campagna coltivata all’infinito. Tutto è perfetto nel giardino dell’Eden valpadano. Tutto è perfetto anche in questo tratto di strada ciclabile di competenza comunale di Roverchiara. Cartelli informativi, panchine, cestini per rifiuti, tavoli e perfino soste per ginnastica estemporanea con attrezzature sempre diverse. Ed intorno, a farmi compagnia, perfino dei grandi uccelli bianchi di cui non conosco il nome e che riposano nella campagna sottostante. Un po' timorosi per il mio apparire, continuano a spostarsi precedendomi, alzandosi in morbidi giri sopra la mia testa. Planano nuovamente più avanti per riprendere il gioco al mio arrivo fino ad un casolare abbandonato proprio sotto l'alzaia, forse la loro casa notturna. E' stato un bel gioco e probabilmente non solo per me.

Anche nel tratto che seguirà fino a Legnago e di competenza di Angiari tutto è in ordine ma non con la sensibilità di questo.

Ed allora mi chiedo, poiché avevo notato che nel retro della Chiesa vi era un lungo muro con grande spazio per i giochi sportivi dei ragazzi: “ma qui la gente guadagna molto ed è molto generosa, oppure è molto onesta e tutti pagano le proprie tasse??”

Non saprei, ma questa Roverchiara con le sue risorse ha davvero realizzato grandi cose.

Arrivo al Ponte di Bonavigo che non percorro per andare alla ricerca del paese che, da dove sono, forse per gli alberi o forse perché si srotolerà lontano dall’Adige, non riesco proprio a vedere, neppure un campanile per un minimo di riferimento.

Ed allora dopo aver dato uno sguardo a Roverchiaretta, frazione del precedente comune quasi omonimo, che osservo alla mia destra, proseguo avanti in un paesaggio piatto fino ad Angiari e nuovamente scendo dall’argine sperando di non dover tornare indietro per poterlo riconquistare.

Notizie certe di questo luogo si hanno dall'anno mille, ma qui come nei dintorni, la fertile pianura come la vediamo ora fu carpita faticosamente, attraverso i secoli, alle paludi imperanti dovute alla concomitante acqua dei due fiumi Adige ed il più piccolo Busse'.

L'elevazioni degli argini (qui altissimi) e la costruzione di canali, per alleggerire le piene, avvenne già con la Serenissima. Vi era anche un porto di approdo importante spazzato via con la terribile alluvione del 1882.

L'alluvione però indusse all'impoverimento e all'emigrazione con una ripresa relativamente recente, quando la motorizzazione del ciclo agrario portò ad una coltivazione più remunerativa, non solo in questa zona ma anche in tutta la pianura.

Mi oriento verso la Chiesa con il suo imponente e solido campanile che mi sembra altissimo. Ma da sotto, dove sto camminando ora, mi paiono imponenti anche gli alti argini che scendono a tre gradoni. Le anse del fiume in piena hanno avuto e avranno una notevole pressione sulle alzaie di contenimento, ecco perché è stata necessaria una simile possanza; qui ci sono paesi, ci sono uomini, non solo campagne.

Noto una prestigiosa villa un po’ male in arnese ma che in tempi remoti, costruita proprio lungo il fiume, avrà avuto una certa importanza. La Chiesa è chiusa ma anche questa è simile alle precedenti.

Al bar del paese arredato con strani accostamenti di colori azzurri ed arancione che non mi piacciono, vengo servita da un cinesino che capisce solo che voglio acqua. Me ne serve un bel bicchierone che bevo tutto; il caldo è notevole, anche se per fortuna, passato il mezzodì, è arrivato un venticello meraviglioso che lo attenua e con lui anche la fatica.

Il cinesino non sa indicarmi nulla, non capisce proprio, ma qualcuno mi dice che posso evitare di tornare indietro e proseguire verso l'argine che troverò a circa un chilometro da lì.

Nel tratto però osservo delle belle costruzioni, casolari, ville antiche ed una, restaurata in epoca recente, che mi colpisce per quel "naif" di sassolini con cui è decorata.

Risalgo alla fine su questi bastioni che sembrano inespugnabili. Vi è gente che cammina, un paio che pattinano e qualcuno procede in bicicletta.

Più avanti noto una barca ed alcune boe che sostengono un lungo tubo. Poi capisco, che il tutto serve come presa d'acqua dal fiume per utilizzarla in un deposito di rena sotto l’argine. Qui sassi, ghiaia e sabbia dopo essere stati estratti dall’Adige sono setacciati per le necessità edili diverse. E’ un via vai di camion che sollevano un’infinità di povere. Per un piccolo tratto usufruiscono del nostro stesso tratto, diviso in due, per loro e per noi pedoni.

Ed eccomi arrivare a Legnago. Un ponte ne preannuncia la vicinanza.

Nella golena che distanzia l’alzaia dal fiume è stato creato un parco, anzi più parchi delle meraviglie. Alcune persone passeggiano, altre risposano. Questi luoghi sono una vera delizia e non solo per noi, ma anche per fauna e flora. Sentieri, panche, cartelli informativi sono la costante di questo tratto che appaga l'animo e lo sguardo per questa cura del verde e dell'acqua. E' vero Legnago è una cittadina importante, anche nella storia, ma il suo orgoglio si nota anche in questo amore.

Nonostante io voglia andare alla stazione per tornare a casa, proseguo sul percorso e così aggiro tutto il paese.

Sono stanca ed il mio passo è più lento, meno baldanzoso, ma non voglio arrendermi, voglio vedere il famoso ascensore in vetro che dall’argine porta in basso, o viceversa, non solo i pedoni ma anche le biciclette. In effetti dopo aver camminato un bel po’ vi giungo, ma non lo trovo così entusiasmante come mi avevano raccontato, ne ho visti altri e migliori, ma tant’è, una fatica in meno anche se dall'argine vi è un apposito marciapiedi di discesa oltre che i gradini di vecchia data.

Dopo aver fotografato ed osservato il Ponte che porta a Porto di Legnago mi dirigo all'ascensore per scendere: da non crederci, è bloccato. E pensare che sono arrivata fin lì per vederlo funzionare.

Comunque scendo nella piazza principale dove il Torrione, residuo delle antiche mura veneziane, fa bella mostra di sé. Le mura, come a Verona, furono importanti per la difesa della città, tant'è che la loro costruzione si deve, fra gli altri, a Fra' Giocondo ed a Michele Sanmicheli. Le restaurarono anche i francesi e subito dopo anche gli austriaci che le resero punta del Quadrilatero insieme ad altre fortificazioni. La stessa fortificazione era estesa anche nella parte opposta dell'Adige, a Porto di Legnago, così da avere, di fatto, un controllo generale del fiume.

Nella stessa Piazza si nota anche il Duomo di San Martino Vescovo. E' incompiuto, come si evince dalla spoglia facciata di mattoni. Fu riedificato nel XVIII-XIX sec. ed al suo interno è allocata qualche pala interessante.

Il corso, che diparte dalla piazza, conduce alla stazione. E’ in parte alberato con panchine, alberi ed ombra, molto gradita in quest’ora di caldo. Sul vialone vi è il Museo Fioroni che espone una ricca collezione donata alla città, insieme al Palazzo ottocentesco, dalla famiglia omonima. Da non trascurare, sempre nello stesso viale, il Teatro Salieri dedicato a questo musicista che qui ebbe i natali. E' per lo più ricordato quale rivale di Mozart (di cui gli fu perfino attribuita la morte anzitempo), ma ebbe illustri allievi fra i quali Beethoven, Schubert, Liszt ed è da non dimenticare che gli Asburgo lo vollero a corte quale Compositore e Maestro di Cappella.

Molto altro ci sarebbe da vedere a Legnago ma la stazione che mi avevano detto essere molto lontana è invece subito lì, ed anche il treno che giunge dopo pochi minuti.

Non c'è biglietteria ma per fortuna una ragazza gentile mi aiuta ad ottenere un biglietto dalla macchinetta delle mille domande.

Possibile che anche a Legnago abbiano tolto la biglietteria? non è un paesino di una decina d’anime, anzi. Che tutto sia in crisi lo si evince anche da questo.

La stazione abbandonata a se stessa cadrà a pezzi, come già stanno facendo i vagoni di questo trenino che da Rovigo porta a Verona. Sono stati tutti ridipinti e le poltrone teoricamente restaurate, la porta vecchia di legno si sta tutta defogliando…. per non parlare del rumoroso sferragliare.

Il tragitto con il treno però è più breve e nonostante tutta questa poesia ferroviaria, in fretta arrivo a casa.