6° Giorno, 25 settembre

6° giorno – 25 settembre 2013

GRUMOS.Michele all’AdigeLavis - TRENTO (km. 20 circa)

Da Trento il trenino per Malè mi lascia a Grumo

Riparto da qui riconquistando il bivio della ciclabile che seguirò poi verso Trento.

Cammino ancora fra meli e viti.

Lungo il fiume si incontra il paese di Nave S. Rocco, quattro case in tutto per una piccola località agricola. Il luogo era importante porto fluviale come ne evidenzia il nome che risulta da documenti del 1235.

Come sempre accadeva in questi territori bassi nella valle, poco valore avevano questi terreni che potevano scomparire o ricomparire durante i cicli dell’anno a causa delle alluvioni.

E come per i tanti abitati sorti nelle zone paludose a causa delle intemperanze del fiume, anche qui il paese fu spesso danneggiato dalle esondazioni.

Lungo l’Adige, ormai maestoso e solenne, giungo vicino a Zambana.

Il paese si nota già da lontano per l’enorme devastante condominio che sovrasta tutto: casette piccole e dolci sparse intorno per farsi compagnia e la Chiesa che non si riesce a scorgere se non dopo aver superato l’abitato.

Vi è anche una Chiesa antica, rimasta immune dalla frana che nel 1955 distrusse gran parte di questo paese, rinomato per i suoi gustosi asparagi.

Dopo il ponte della statale impreziosito di fiori, procedo lungo l’argine del fiume che allontanandosi dalle vie di transito sembra poi accarezzare le rocce alla sua destra. E’ un luogo silenzioso e sereno, lontano dal traffico. Un signore in bicicletta si ferma e mi attende. E’ vero oggi la pista è più frequentata, ma dagli abitanti dei luoghi, non da turisti riconoscibili dalle loro tutine colorate, ma mi sconcerta un po’ che qualcuno voglia parlare con me.

Forse incuriosito dal mio aspetto, dal fatto che sola e vecchia vada a piedi, mi chiede da dove provenga e dove vada. Inoltre, per la prima volta, dopo tanti giorni cammino veloce: sto meglio. Chiacchieriamo un po’, lo rivedrò al suo ritorno verso casa.

Sottopasso un particolare ponte sull’autostrada degno di nota per la sua architettura moderna e poi molte segnalazioni che indicano le foci dell’Avisio. Ma arrivata in fondo dove vi è un fabbricato del Consorzio idrico che controlla le acque, il percorso ciclabile bruscamente torna indietro. Perplessa chiedo a qualcuno, giunto fin lì in automobile, dove sia la foce dell’Avisio. Mi dicono che questo fiume entra nell’Adige 300 metri più a valle, ma qui non è possibile vederne l’incontro.

Il cammino torna indietro con contorcimenti incredibili fino a raggiungere e poi costeggiare il nuovo fiume.

Attraverso una zona industriale, un biotopo, sottopassi autostradale e ferroviario fino a raggiungere sopra l’argine dell’Avisio un magnifico rettilineo trasformato in pista ciclabile con giardini e molte panchine. Poco avanti si arriva alla statale che attraversa il paese di Lavis. Da lì un ponte apposito per i ciclisti che affianca quello ferroviario, supera il fiume. Io però oltrepasso la statale per godermi Lavis.

Lavis, che deve il nome al suo fiume Avisio, è un paese godibile ed inaspettato che, sorto sul fianco della montagna ha dilatato il suo aspetto fin quasi a raggiungere l’Adige. I suoi stretti vicoli chiamati “pristoi” sono densi di fascino per le case ed i palazzi che manifestano talvolta la sua opulenza. E’ un paese agricolo, ma le vicinanze con il capoluogo ne fanno un tutt’uno con la città.

Monete romane e tombe barbariche ne rivelano l’antica origine. A depositi di legname e segherie si deve la sua importanza passata, poiché tramite l’Avisio e poi l’Adige il materiale giungeva in tutta la pianura padana.

Non mancano monumenti importanti e chiese preziose, come quella di S. Udalrico che risale al 1450.

Ritorno alla statale, alla passerella di attraversamento del fiume e procedo lungo la statale. Immagino di vedere qualche meraviglia. In realtà è una lunga periferia industriale e commerciale che mi demoralizza alquanto. Ad una fermata di autobus cerco un possibile mezzo per raggiungere Trento. Però al momento non ce ne sono, devo aspettare, mi pare una mezz’ora.

Non so che fare, ma sopraggiunge un bambino sbucato non so come. Ha nove anni, piccolo e cicciotto dalla carnagione indiana, ma probabilmente nato qui. Sa tutto su autobus ed orari e mi dice che ne passerà uno proprio di lì. Lui, da solo, sta rientrando a casa per ritornare qui il pomeriggio. E’ “sveglio”, anche troppo per la sua età. Chiacchieriamo amichevolmente nell’attesa che sembra infinita.

Mi decido a mangiare un panino mignon, incurante del bimbo, tanto gli dico: “tu vai a casa a pranzare”. Aspetta qualche attimo dopo aver assentito, e poi incomincia a dirmi che ha un calo di zuccheri da svenimento e molto di più. Ed allora ecco ad offrirgli il mio secondo panino ed una bibita, tutto il mio pasto quotidiano. Quanto sono stata stupida ed indifferente nel supporre che lui non provasse lo stesso mio bisogno di cibo. In queste circostanze ho sempre mangiato quando il mio fisico lo richiedeva, in mezzo ai campi od in tempi morti. Ma qui, in questo periodo d’attesa, avrei dovuto pensare anche agli altri. Come sono stata sciocca ed insensibile…. mi vergogno alquanto.

Il cibo a metà è stata la mia giusta punizione.

Il bimbo mangia avidamente il mio panino, in tempo per l’autobus che sopraggiunge.

Sono ad un paio di fermate da Trento dove scendo proprio alla stazione.

Trento è una città che conosco bene. Una sua visita è essenziale.

Di origini neolitiche, poi celtiche, deve il nome Tridentum ai romani, ma vi abitarono anche longobardi e carolingi. Deve la sua importanza per essere stata, da sempre, luogo strategico per le valli limitrofe che qui convergono.

Vari passaggi portarono gli imperatori ad investire di potere temporale, poco dopo il 1000, i vescovi di Trento. I vescovi principi si trovarono coinvolti in lotte disparate, anche quelle fra guelfi e ghibellini.

Merita un cenno Federico Vanga vescovo e vicario imperiale che dal 1207 al 1218 diede inizio anche alla ricostruzione del Duomo.

Spogliati i Vescovi principi dei loro diritti dai Conti del Tirolo, ne seguirono le sorti fino al 1363, quando questi ultimi si estinsero.

Subentrarono gli Asburgo ed, a causa dell’espansione della Repubblica di Venezia, i Vescovi si appoggiarono ancor più all’Imperatore finché nel 1511 fu concluso un mandato di protezione insieme alla città di Rovereto.

Dal 1516 al 1539 Trento fu retta da quel magnifico Vescovo, il Cardinale Bernando di Cles (Clesio), che grande impronta lasciò nella città.

A lui si devono i magnifici palazzi rinascimentali della città, il Palazzo nuovo del Castello del Buonconsiglio, la chiesa di S. Maria Maggiore.

La famiglia dei vescovi Madruzzo per oltre un secolo diede splendore alla città, poi interessata dalle guerre di successione spagnole. Ma poi anche francesi, bavaresi, italiani e austriaci si contesero la pianura limitrofa, non ultimo l’Adige il cui corso fu deviato sul finire del 1800.

La fama eccellente e recente della città si deve alla sua università ed ai molti altri istituti per l’insegnamento e la ricerca.

Una visita a Trento merita innanzitutto per il Castello del Buonconsiglio a più corpi di varie epoche, con gli affreschi di deliziosi angioletti del Romanino e di Dosso Dossi.

Nella Torre dell’Aquila vi è poi uno straordinario ciclo di affreschi del ‘400 che raffigurano i 12 mesi dell’anno e che ben rappresentano, nel loro fulgore, il gotico internazionale.

Importanti esposizioni annuali sono affiancate al Museo del Castello. Quest’anno “Sangue di drago, squame di serpente” però, per la prima volta, dato l’argomento, non sono interessata alla visita.

Ma mostre su rame, orologi, vetri e quant’altro mi hanno appassionato ogni anno.

E poi il Duomo ed il Museo Diocesano, allocato nel Palazzo Pretorio affiancato alla Chiesa, dal quale si domina, da una finestrella, l’interno della Cattedrale dove, nel 1545 -1563 avvenne il famoso Concilio di Trento, il XIX°; indelebile nella storia della Chiesa e dei Cristiani anche per aver dato vita a registrazioni di battesimi, cresime, matrimoni e morti fino allora nel caos più assoluto. Con questo Concilio venne definita la riforma della Chiesa cattolica: la Controriforma.

Importante, nella periferia sud della città è il Palazzo delle Albere, uno splendido esempio rinascimentale di edificio quadrangolare con torri e fossato.

La Piazza principale con le vie limitrofe è una incantevole quinta affrescata per una città elegante e di confine, dove i popoli, lungo la storia, hanno incrociato le loro armi ed il loro sapere.

Altri castelli nelle vicinanze, altri musei legati alla guerra, all’arte, al turismo ed a molto di più.

Mi inoltro per la città, fotografo qua e là, ma ormai è giunta l’ora di rientrare.