3° Giorno, 28 marzo

3 giorno – venerdì 28 marzo 2014

ZEVIO - Perzacco -Scardevara - Ronco all'Adige - ALBAREDO ALL'ADIGE (Km. 16 circa)

Parto mezz’ora dopo il previsto e, considerato che ero arrivata in anticipo, devo attendere più di un’ora. Non ci sono panchine, il luogo, come tutto il piazzale antistante la stazione, è disastrato. Stanno rifacendo tutto con grandi lavori, peraltro già fatti una ventina d’anni fa per i mondiali di calcio. Tutto buttato all’aria, i nostri soldi compresi, il nostro disagio e la nostra pazienza (questo pullman parte molto più distante rispetto a quello di ieri e senza indicazioni che ci dicano dove andare). Nel piazzale non c’è nessuno che ti ragguagli, devi entrare nella stazione ferroviaria, ma neppure questo è indicato e non mi dilungo….

Non ci sono autobus comodi che raggiungano la periferia provinciale della città perché il servizio è in funzione dei pendolari lavorativi e scolastici che dai paesi raggiungono la città. Comunque arrivo a Zevio, sebbene a metà mattina. Per eliminare questo disagio potrei optare per pensioni e hotel ma spesso sono molto lontane dal percorso e poi, è così confortevole e rassicurante tornare a casa; la città è così vicina e al momento non voglio pensarci.

Dopo aver gustato un ottimo caffè nella piazza di Zevio ed aver potuto accedere alla sola Cappella feriale della Chiesa, posta proprio nel retro del complesso religioso, mi accingo a raggiungere la pista ciclabile. Però, prima di andarmene, noto nella cappella una madonnina del tutto speciale. E’ tutta nera con ricche vesti d’oro.

Sono ormai passate le 10 quando m'incammino verso l’argine ben tenuto che questa volta percorrerò alla destra del fiume. Dall’alto osservo il paese con il suo ricco patrimonio sportivo proprio a ridosso dell'alzaia.

Non male questo Zevio nella Bassa Veronese ma a due passi dalla città.

Mi avvio velocemente, c’è ancora il fresco del mattino, anche se dopo poco devo alleggerirmi perché il sole sovrasta paesaggio e fiume. Inizierà il caldo, questo strano caldo estivo anticipato rispetto la stagione.

L’Adige scorre lento e talvolta si fatica a vederlo per la golena che lo sposta distante dal percorso e per gli arbusti ed alberi che lo fasciano come un velario. Gli alberi oggi hanno più foglie. Che strano, penso, in due giorni è cambiato tutto. Ma è pur vero che siamo un po' più a sud e, con l'acqua vicina, la vegetazione è senz’altro più rigogliosa.

Non ci sono indicazioni di nessun genere, ma ovviamente basta seguire il fiume.

In basso, in mezzo alla campagna, si evidenzia una particolare costruzione in cotto, chissà forse risalente alla Serenissima, di cui però non saprei definirne l'uso, certamente non una colombaia giacché non ha fori, ma un probabile ricovero per attrezzi.

Non c’è nessuno sull’alzaia, solo un signore con il suo cane che non riesco a raggiungere perché mi fermo ripetutamente per fotografare ed individuare i luoghi lontani. Quando lo raggiungo e chiedo informazioni, mi dice che non può proprio aiutarmi. E’ da poco che abita qui e la sua passeggiata giornaliera è proprio fin lì, agli alberi che in un certo senso indicano la deviazione per Perzacco, anche se nulla la indica.

Poiché mi pare di intravedere una bella chiesa, anche se non proprio nell’immediata vicinanza, scendo dall’argine e su istruzioni di un abitante del luogo, giro a sinistra e poi dopo aver ammirato il Capitello di tutti i Santi che funge da rotonda al centro di più vie e che presenta 4 lati con 4 santi diversi, mi dirigo verso il centro del paese. C’è poco da vedere, un paio di case antiche, la Chiesa relativamente recente che è chiusa e la piazza con qualche panchina. Lì vicino però, nella via che porta a Zevio, vi è il Bar Zecchinato nel quale entro per necessità logistiche.

Un bel sorriso ed un piatto di crostini con il grana mi accolgono ancor più sorridenti. Non so cosa prendere per giustificare il mio ingresso ma decido subito, un dito di vino di accompagnamento.

Ma poi questa giovane signora inizia a parlare mentre mi mesce un po’ di vino, come richiesto, e ci accorgiamo di avere molti interessi in comune. Parliamo finché un paio di avventori reclamano la sua attenzione. Prima di uscire, chiedendo il conto, mi risponde che non vuole nulla, “ha consumato così poco” dice, "è tanto però quel che ho ricevuto". Mi ha commosso.

Devo ritornare indietro per riprendere l’argine dove l’ho lasciato ed avanti fino al ponte Delaini che collega i due argini del fiume. Attraversata la strada, si nota subito, quasi sotto il ponte, un ammasso di immondizie lasciate lì da disadattati senza casa, ma la cosa che stupisce è che proprio sopra sia posizionato un bel cartello che richiama, sebbene in questo caso inutilmente ed ironicamente, la nostra coscienza sulla lenta ed estenuante corrosione del tempo prima che la natura abbia il sopravvento. Il vetro, non lo avrei mai immaginato, per distruggersi ha bisogno di 4.000 anni ed un innocente fazzoletto di carta dai 3 ai 12 mesi. Alla faccia di materiale biodegradabile!

L’argine per poche centinaia di metri si immette in una stradina asfaltata che porta ad una frazione vicina. Qui passano poche macchine ma corrono in un modo pazzesco nonostante che, subito dopo, scendendo verso Scardevara, incontri uno di quei pillottini arancione che dovrebbero "frenare" (e "dare multe") la corsa degli automezzi.

Già, come non potevo fermarmi a Scardevara per ammirare una delle chiese più belle di questo percorso. Avrei potuto proseguire sull’argine e scendere più avanti, proprio per ammirare la magnifica chiesa romanica del XII sec., invece scendo subito.

Appena in basso noto il nome di questa frazione che percorro per un po' prima di arrivare alla sua piazza principale con una particolare fontana dedicata ai lavoratori del fiume. Quanta importanza aveva questo fiume che nel corso dei secoli ha elargito vita e morte.

La Chiesa è subito lì, a ridosso dell'argine che è stato in parte incavato per consentire un miglior respiro all'abside romanica.

Ne hanno appena finito il restauro ed un uomo sta lavorando con fili e quant’altro per ultimare alcuni lavori interni.

La fotografo anche da altra postazione e ad una persona che esce dal suo cancello, proprio lì vicino, chiedo se si possa vedere l’interno. Solo alla sera per la Messa, mi dice, ed aggiunge che l’interno è ancora più bello dell’esterno.

Mi ricordo dell’operaio edile e ritorno sui miei passi per chiedergli se dalla porta laterale aperta per i suoi lavori io possa accedervi. Me ne dà gentilmente concessione e timorosa entro piena di aspettative celestiali.

Macché, non c’è nulla e quel poco risale ad un secolo fa od anche meno. Il "Padrone di casa" è comunque contento. Un saluto e via, risalgo sull’argine.

Dopo l’ennesima ansa del fiume, proprio lì vicino, ecco Ronco all’Adige che sembra scorrere sotto. Vi è un bel campanile romanico ed allora decido di scendere per andare a vederlo sperando che vi sia anche la sua chiesa.

Due signore a cui mi rivolgo per sapere se ci siano altri possibili varchi verso il paese, mi dicono che posso farlo in qualsiasi momento dati i molti svincoli che scendono in basso. Veramente una delle due è un po’ seccata per la mia intrusione, l’ho interrotta nel suo conversare con l’amica, sebbene abbia atteso un loro cenno prima di parlare. In ogni caso loro vanno avanti veloci, io un po’ meno, c’è caldo ed ho da fotografare.

Inaspettatamente noto che più avanti almeno una ventina di persone passeggiano e qualche ciclista si associa a questa voglia di primavera della giornata.

Già, è proprio una giornata meravigliosa per camminare. Se penso a come erano belle e vicine le montagne stamani, così innevate e misteriose. Ora il caldo ne sfoca i contorni e la distanza, ma mi sento comunque a casa. Ammiro il paese dall'argine fino ad un'altro ed unico svincolo che porta alla fine del luogo; non ho più voglia di tornare indietro per vedere il solo campanile romanico di quella chiesa che, inglobata ad una nuova costruzione moderna, viene menomata della sua bellezza.

Qualche chilometro ed un nuovo ponte con archi d’acciaio attraversa l’Adige.

E’ quello che porta ad Albaredo all’Adige sulla sinistra del fiume, di cui intravedo la Chiesa e qualche tetto.

Poiché l’argine risale per raggiungere la provinciale ed il ponte, non capisco dove dovrei andare per l’autobus del rientro, poiché l’abitato si espande anche a destra dell’Adige, sebbene come zona industriale che, da dove sono, al momento non distinguo.

Ed oso perciò, poiché mi vengono incontro, rivolgermi alle stesse due donne incontrate prima.

Non l’avessi mai fatto, la signora che mi aveva risposto in precedenza, un po' seccata e con tanta cattiveria, mi assale ora con una veemenza che mai avrei presupposto in una donna a cui avevo solo chiesto se dovevo andare a destra o a sinistra.

Tralascio i commenti, le cattiverie, il suo desiderio di umiliarmi. Avrei dovuto sapere tutto, in effetti era così, ma qualche volta si ha desiderio di rassicurazioni, per non fare passi in più, di contatti con gli altri.... Già, indosso come sempre il mio completo da pellegrina e questo l’avrà indotta a pensare che io fossi una "barbona"?

Penso anch’io al contrasto di estrema gentilezza dell’ostessa ed all’ostile cafoneria di questa misera infelice. Avrei dovuto supporlo. Diffido da chi va a camminare con "gioielli al seguito"!

La sua compagna vorrebbe sprofondare, non dice nulla, è a disagio e mi fa pena. Io resto così allibita che non controbatto affatto.

Questo si è stato un brutto incontro!

Nonostante il cattivo " reclame" fatto al suo paese da questa "signora" così ostile, devo ringraziare il Comune di Ronco all'Adige non solo per i suoi cartelli di riflessione sul tempo di smaltimento rifiuti, ma anche per aver dotato l'argine di qualche panchina e albero.

Me ne vado silenziosa per la mia strada senza bisogno di indicazioni o aiuto ed attraversato il ponte entro in Albaredo. Subito vi è una deliziosa costruzione, ora ristorante, che era l’antica dogana.

Albaredo era un importante approdo delle barche che risalivano il fiume con il "tiraglio". E qui penso a quel vecchio pescatore che anni fa ci fece vedere questo luogo, deposito di barche e quant'altro, che lui curava con attenzione in attesa che ne venisse fatto un Museo del fiume. Ci spiegò molto della vita lungo il fiume che lo aveva visto protagonista e di quel "Tiraglio" (a Verona non a caso esiste ancora un Lungadige Attiraglio) percorso da buoi o cavalli che, lungo l'Adige, trainavano le barche in risalita.

Chiedo ad un uomo che sta parlando con la sua vicina, se hanno poi realizzato quel Museo. No, il Museo non è stato fatto, ma le barche si possono vedere nel retro del Municipio.

Poiché fotografo una bella porta con due finestrelle a lato, il mio interlocutore mi dice che la sua casa risale al ‘600 e che il suo negozio di ferramenta è il più antico d’Italia. Caspita, il palazzo è di sobria bellezza ed il signore proprio gentile.

Risalgo la via principale per inoltrarmi nel paese.

Qualche bella villa antica si intravede attraverso alcuni cancelli e rimango affascinata da una lunga costruzione ad archi posta però nel retro delle case che si affacciano sulla via. Ritengo siano stati depositi di merce o ricoveri delle barche ma nessuna delle poche persone incontrate, data l'ora del primo meriggio, ha saputo darmi indicazioni.

Chiedo in un bar informazioni per l’autobus del rientro e mi danno un’indicazione generica, ma richiedendo, nonostante la posizione della fermata, per “un foresto”, non sia troppo facile da reperire, alfine trovo l'autobus pronto a partire per me. Una volta tanto l’attesa non è lunga.

Alle 16,30 sono già a casa.