10° Giorno, 03 ottobre

10° giorno – giovedì 3 ottobre 2013

BORGHETTO ALL’ADIGEBrentino Belluno - Peri - DOLCE’ (km.20)

Arrivo a Borghetto, una manciata di case affacciate sul fiume. I colori accesi recenti dati alle facciate delle antiche architetture mal si adattano alla loro storia. Ma forse oggi, con il quasi buio per la nebbia che intorno ovatta le montagne avvolgendole in una cappa grigia che sembra di piombo, paiono rischiarare la valle. Per la prima volta ho anche freddo. Cerco il bar per un caffè che mi riscaldi, ma l’unico bar del paese è chiuso.

La proprietaria della cooperativa, che è l’unico negozio aperto, fra le altre informazioni mi dice che la ciclabile verso Verona non esiste.

Ci stanno lavorando e dovrebbe essere pronta per Pasqua.

La cosa mi preoccupa un po’, ma penso che in qualche modo andrò avanti, magari su strade secondarie e se occorre anche sulla statale.

Mi guardo intorno nella minuscola piazza che oltre alla cooperativa ha l’affaccio importante della Chiesa parrocchiale.

La Chiesetta barocca non è granché, ma in cerca di calore mi fermo un momento per una preghiera.

Riattraverso poi il ponte e ritorno alla fine della pista, dove ero arrivata ieri, in cerca di una deviazione che mi porti dove dovrebbe esserci un cippo che segnala il vecchio confine austriaco-italiano. Ma non vi è nulla che lo indichi. Forse sarà sulla statale.

La pista immette nella strada che sulla parte destra dell’Adige porta a Brentino Belluno. Ed allora, delusa per non aver trovato quanto cercavo, proseguo comunque allontanandomi dal fiume.

La strada provinciale non è molto trafficata ma gli automezzi corrono come impazziti. Vi sono anche tanti camion perché poco avanti vi è una zona industriale che non conosco.

La strada fiancheggia il canale che si nota raramente. E’ posto in alto rispetto la carrozzabile ed ancor più rispetto la vallata. Mi incute un certo timore. Ha grossi argini e contrafforti ed esiste da tanto tempo, ma se dovesse esserci una perdita, quale enorme guaio causerebbe? L’acqua all’interno scorre lenta ed è di un verde che ben si mimetizza con l’erba e la vegetazione che crescono intorno. L’autunno tarda ad indossare i suoi colori. Per ora solo qualche macchia gialla fra il verde imperante e qualche foglia marron accartocciata.

Affiancati alla provinciale si incontrano ogni tanto dei "lavori in corso". Ruspe, camion e quant’altro stanno lavorando per approntare la pista ciclabile.

Più sotto stanno sistemando l’enorme piazzale di una importante cantina ed ancora avanti vi è anche un allevamento di trote che usa l’acqua proveniente dal canale posto molto più in alto.

Attraverso un ponte sul canale per salire alla frazione di Rivalta in cerca di un caffè. Il vecchio che mi accudisce mi dà le stesse informazioni ricevute al mio arrivo e data la giornata mi sconsiglia di andare fino a Brentino Belluno, tanto, “con questa nebbia non vedrà niente” ma, rispondo: “non importa, la Madonna vedrà me”.

Quando esco piove a dirotto e l’acqua mi accompagnerà per questo tratto.

Nonostante i consigli diversi, procedo su questa provinciale, ho una grande confusione sulle informazioni ricevute dall’oste e dai suoi avventori ma fino a Brentino devo proprio arrivare, poi penserò al da farsi.

Più sotto incontro una grande cantina sociale che sta lavorando a pieno ritmo nonostante oggi sia impossibile vendemmiare.

Supero anche il Ponte che porta a Peri, un paese situato sul lato opposto della valle e sempre avanti costeggiando, in basso, il canale.

Riconosco i luoghi, sebbene sia una decina d’anni che non passo di qui. Tutto è più in ordine e ben curato e vi è anche qualche casa rurale adibita ad albergo.

Vi sono anche importanti ritrovamenti archeologici di cui non ho mai sentito parlare, ma la mia meta è di arrivare a Brentino fino all’inizio della scala che porta al Santuario della Madonna della Corona.

Questa Madonna è molto conosciuta e venerata nelle zone ma anche nelle città vicine, sebbene molti pullman giungano qui da tutta la penisola.

Il Santuario per la sua posizione a picco sulla valle è considerato il più ardito d’Italia. Il sentiero storico parte da Brentino Belluno e sale lentamente. Occorrono circa 2 ore per percorrere i 1500 gradini, con 600 metri di dislivello, che consentono di arrivare alla meta. Alcuni sono scavati nella roccia, altri sono lunghe lasagne di contenimento in mezzo ai boschi e poi la parte finale che, attraversato un ponte di raccordo nel vajo, si arrampica con gradini in successione da togliere il fiato.

Occorre appunto fiato e cuore, ma la meta ricompensa non solo per quella spiritualità che si respira ovunque nello spazio conteso alla montagna, ma per quel dominare la valle dove pigramente scorre il fiume.

Nel 1922 fu scavata una galleria che consente di raggiungere il Santuario scendendo da Spiazzi. Questo Santuario fu restaurato più volte nel corso dei secoli, e la sua origine sembra legata all’esistenza di un romitaggio nel XV sec.

La statua della Madonna, antecedente a questa data, sembra sia stata donata ai religiosi dai nobili Castelbarco del Castello di Avio.

Però la tradizione a cui è legata la devozione, vuole che alcuni pastori vedessero in un sottile anfratto della montagna una luce. Calatisi per raggiungerla scoprirono che si trattava di una statua della Madonna con in grembo il Cristo morto e poiché in quel periodo, 1522, Rodi era occupata dai turchi, non solo le fu attribuita tale provenienza, ma si iniziò a pregare per la liberazione di quest’isola ed a costruire una Chiesa in questo luogo così inaccessibile.

Data la posizione, molti furono gli operai salvati grazie alla protezione della Madonna che, nel corso dei secoli (dati gli ex voto, che fra molto altro, si possono ammirare nel Santuario), compì prodigi anche per numerose altre persone.

Se vogliamo credere alla sola storia o se vogliamo credere alla devozione dei nostri avi dipenderà dalla fede individuale.

Prima dei miei “Cammini” ci venivo ogni anno. E’ un luogo importante per noi veronesi che però spesso preferiamo scendervi dall’alto, risparmiando tempo e fatica, sebbene a me questa soluzione appaia impropria.

Per raggiungere la partenza di questo Cammino della fede salgo verso il paese di Brentino Belluno attraversando un ponte sul canale; l’erta per arrivarci è ripida e sfiancante. Case e ville nuove si sono aggiunte ai miei ricordi; il paese è trasformato ed ingrandito. In alto però la zona antica è rimasta uguale. Qualche casa è stata restaurata ma molte sono ancora abbandonate.

Questa dimestichezza del luogo che riaffiora ad ogni passo, mi commuove. Piove ancora. Le vasche e la fontana con i due alberi secolari dal tronco enorme e possente sono ancora là, immoti alla sfida del tempo. Sono proprio alla fine del paese dove inizia la prima scalinata che porta già in quota per la impegnativa salita verso il Santuario.

Riesco ad individuare la croce bianca posta a mezzacosta che corrisponde alla prima stazione della Via Crucis, una breve sosta prima di continuare la salita. Ma la Chiesa è avvolta nella nebbia, impossibile scorgerla e fotografarla. Rivolgo uno sguardo, una preghiera, e poi ritorno.

Una signora dall’accento meridionale mi aspetta davanti alla porta della sua abitazione; è incuriosita dal mio aspetto e si ferma a chiacchierare con me. Abita lì da una ventina d’anni ed ormai conosce tutto del luogo e mi informa anche che non c’è un ponte che riporti dall’altra parte della valle se non tornando indietro verso Peri. Potrei proseguire fino a Verona lungo questa provinciale ma non avrei accesso ai treni, sebbene immagino ci siano autobus che facciano lo stesso servizio.

Ma non conosco questi luoghi e non so quanto dovrei camminare ancora fino al prossimo paese.

Preferisco tornare indietro per oltre 3 chilometri, attraversare il ponte e rientrare a Peri. Vado alla stazione che raggiungo attraverso un varco nella recinzione. Penso di trovare qualcuno per avere informazioni più corrette. Mi colpiscono le vecchie panche di legno, nella sala d’attesa, ormai scomparse da sempre in altri luoghi. C’è anche “una stanza dei bottoni” grande ed importante per la profusione di attrezzature che contiene, la porta è aperta e poiché noto un uomo che vi lavora mi rivolgo a lui. La pista ciclabile per proseguire non esiste, bisogna utilizzare la strada che ho percorso dall’altra parte.

Non ritorno da dove sono venuta, né mi addentro nel paese di Peri. Decido di procedere da lì sulla statale.

Non è un bell’andare con il traffico intenso, anche di camion, sulla strada “curvosa” e stretta che accentra ogni possibile attenzione. Non c’è molto da vedere se non la valle ricoperta di viti e l’Adige capriccioso che si allontana e si avvicina come fosse un cavaliere di un ballo d’altri tempi, quando alla coppia non era consentito avvinghiarsi. Un cavaliere diverso ed imprevedibile e proprio per questo dal grande fascino.

Finalmente raggiungo Dolcè. Non è stata una gran giornata anche se da Peri non piove più. Non so se per quest’anno fermarmi o proseguire.

“La notte porta consiglio!”