2° Giorno, 26 marzo

2 giorno - mercoledì 26 marzo 2014

Centignano - (Canale SAVA) - ZEVIO (Km. 10 circa)

Parto alle 14.10 con l’autobus per Zevio ma che per arrivare a Centignano, il luogo più vicino a dove sono arrivata la scorsa settimana con le amiche, serve la zona bassa di S. Martino B.A. sulla riva sinistra dell'Adige. Non vi era nessuna possibilità per arrivarci al mattino, né desideravo sconvolgere la vita di parenti e amici per farmi riportare fin lì. Del resto nelle mie avventure ho sempre bastato a me stessa, in sostanza mi sono sempre arrangiata!

Quindi con il pullman attraverso dapprima la città e tutto il paese di S. Martino Buon Albergo, dove risulto essere nata, per ritornare poi, attraversando la zona industriale, a Case Nuove e Campalto, che mi colpisce per la sua bella chiesa che ritengo romanica e per una importante villa che si scorge al di là di un maestoso cancello.

Infine, quando scendo a Centignano, sono alquanto confusa; devo scegliere fra due strade alla mia destra, anziché una a destra ed una sinistra.

Ahimè non mi è mai riuscito di tracciare un perfetto itinerario neppure ora con le mille diavolerie del web che, con satelliti, dall’alto identificano ogni cosa.

Comunque mi avventuro in mezzo al paese; si fa per dire, poiché saranno 10 case in tutto con una chiesetta mignon di cui non riesco a identificare l’origine. E’ chiusa.

Sono quasi le 15, non incontro nessuno ma mi avvio velocemente verso quella che ritengo l'alzaia che dovrebbe portarmi al bivio fra l'Adige ed il Canale SAVA.

La zona, come constaterò nel percorso di quest'anno, però ha più alzaie, dovute a deviazioni di canali più o meno importanti, più o meno con lo stesso intento: alcuni irrigui, altri, come questo, creati per la produzione di energia elettrica.

Mi avvio sull'alzaia verso la direzione opposta al percorso della scorsa settimana sperando di incontrare, prima o poi, l'Adige. Non c'è proprio nessuno in giro per chiedere conferme, anche perché oggi è una giornata buia, ventosa e minacciosa d'acqua.

Ma alfine passa una macchina che cerco di fermare. Prosegue per un po' ed infine si ferma; ne scende un uomo che mi dà le informazioni da seguire ma subito aggiunge che sta andando nella stessa direzione e che mi può dare un passaggio. Dapprima diniego un po', ma poi pensando al vento, alla pioggia ed alla notte che sta sopraggiungendo velocemente perché, con il tempo odierno, alle 17 sarà buio, decido che mi conviene accettare la sua cortesia e riprendere da là, da quell'inizio del Canale SAVA che devia dall'Adige. Sarà un chilometro e mezzo risparmiato.

L'uomo mi dice che terminato il lavoro viene spesso qui a pescare. E' un buon posto così sotto la diga con l'acqua spumeggiante che cade dal soprastante invaso dell'Adige. Il salto non è granché, 5 metri circa, ma è stato creato dalla corrosione dell'acqua avvenuta in questi anni, dal 1957-59 quando la centrale elettrica iniziò a funzionare. Credo che recentemente abbiano fatto dei lavori per adeguarla in sicurezza e potenza giacché noto costruzioni ed appendici motorie tutte nuove. Fotografo lo sbarramento ed i canali e constato che la settimana scorsa ero arrivata a poche centinaia di metri da lì. Non male i miei calcoli al riguardo.

Ritorno per la stessa strada e poco avanti vi è un capanno con tavoli e recinzione.

Sarà stato approntato per i ciclisti, visto che siamo su una pista ciclabile, ma non vi sono indicazioni di nessun genere. Né va meglio con le informazioni che mi fornisce un ragazzotto lì riparato in santa pace e che sta leggendo. Non ha bici e non sa nulla.

Intorno, sarà anche per l’alzaia che così in alto è esposta alle sue bizzarrie, il vento fischia in modo incredibile e le nubi ammattiscono in questo rincorrersi fra frenesie di grigi senza fine. Ma ogni tanto qualche sprazzo di sole squarcia il cielo e la terra, quasi impazzito in queste profonde e laceranti rincorse.

Fotografo ogni tanto, le montagne a nord con la neve dei giorni scorsi. Che strana primavera di intense acque, ma poi sole violento ed afoso ed infine ancora pioggia, neve e grandine e oggi vento, tanto vento.

Ed intorno coltivazioni di asparagi, fragole e più avanti anche mele.

Questo vento che si intrufola fra le reti pronte per proteggere l'allegagione mi riporta a boschi di pini, a bufere invernali senza fine.

Anche qui sembra non finir mai, vi è anche freddo, ma va bene per camminare.

E poi finché ci sarà vento non pioverà.

Sparsi lungo l’alzaia che serpeggia in mezzo alle due golene fra canale e Adige vi sono dei bei casolari, ristrutturati in epoca recente e che danno valore a questo monotono andare fra la pianura sterminata. Il benessere, prima dell'attuale profonda crisi, era giunto anche fin qui. Non vi è più la povertà di un tempo per i contadini, così come eravamo abituati a considerarla, quando le intemperie mettevano a dura prova il lavoro di mesi, il duro lavoro di braccia, senza protezione per i raccolti, senza motorizzazione alcuna che mitigasse la fatica. Con la ricchezza è aumentata anche la serenità, una riconsiderazione della vita all'aria aperta, che pur soggetta al quotidiano lavoro senza interruzioni, lascia spazio ad una gestione più ampia, magari anche più pesante, rispetto l'orario lavorativo "con cartellino".

L’Adige è alla mia destra in basso e nascosto fra gli alberi che appena ora iniziano a germogliare ma che non hanno ancora indossato il vestito verde della primavera.

Dall’altra parte del canale, alla sinistra, mi colpiscono un campanile romanico ed alcuni edifici che ritengo religiosi. Non saprei. Ad un uomo che guida un trattore chiedo che luogo sia, rallenta e mi dice essere la Mambrotta. Allora ricordo che trattasi di una frazione di S. Martino B.A. di cui ho sempre sentito parlare, perché è famosa per la coltivazione degli asparagi. Ammiro sempre le colline ed il fondale delle Alpi che a nord fanno corona a queste campagne ben tenute che attraggono lo sguardo per filari e filari di mele o per questo terreno preparato alla semina che sembra pettinato ed accarezzato da una mamma. Mi stupisce che la perfezione sia anche lì; in fondo le piante crescono spontanee anche se non tutte interessano il nostro ciclo alimentare.

Cammino veloce, timorosa che il buio mi colga per strada.

In due ore sono a Zevio. Attraverso il Ponte Perez ed il paese è subito lì.

Il luogo era abitato fin dalla preistoria, sebbene solo al periodo romano si debbano tracce significative. Fu importante avamposto di difesa contro le invasioni barbariche provenienti dal nord, poiché l'Adige sembrava un naturale confine di protezione. In realtà, alla stregua di Verona, anche qui Longobardi, Gepidi ed Ungari ebbero facile approdo.

Fu per un rafforzamento difensivo che venne eretta una prima costruzione militare che attraverso i secoli, rimaneggiata, verrà nominata Castello.

Con l'avvento della Serenissima il Castello venne ceduto alla potente famiglia dei Sagramoso che lo trasformò in Villa padronale fino al suo declino, nel 1868, quando venne alienato al Comune.

Gli utilizzi più disparati: asilo, teatro, caserma dei carabinieri ed altro attraversano il periodo fino al 1990, quando il Castello diviene definitivamente sede del Comune.

Gironzolo intorno. L'imponente edificio (che viene menzionato dal 976) al mio sguardo appare proprio brutto per le manomissioni indecenti di secoli. E poi, questo grigiore che uniforma tutto è molto lontano dall'idea dei "miei castelli" di mattoni rossastri abitati da principi e cavalieri; ha però, ad ingentilirne l'aspetto, un meraviglioso fossato (antica pescheria) che gli gira intorno, con alberi ed animali; una vera rarità.

Il fondale della piazza, poi, compensa per la sua dolcezza. Piccole case affiancate sembrano abbracciare il Castello; inoltre una parrocchiale trasformata ed imponente con addossata una chiesetta oratorio molto più piccola ed un magnifico portale che promette meraviglie ma che in realtà conduce ad una corte male in arnese, concludono questo insieme armonioso. Inizialmente doveva esserci una chiesa romanica di cui resta il campanile, ma il tempo con le sue mode ed esigenze né ha trasformato l'aspetto e la storia.

Lì vicino vi è anche un bel palazzo rinascimentale che doveva essere affrescato, ma i cui sbiaditi dipinti sembrano macchie senza storia. Qua e là alcune belle ville Liberty danno armonia all'umiltà di alcune case più antiche.

In una gelateria, in cui chiedo informazioni per il rientro, acquisto anche un ottimo semifreddo, e forse sarà per questo che perdo l’autobus. Mi tocca aspettare oltre un’ora ed intanto sopraggiunge il buio ed il freddo, molto freddo.

Ho la mantella ed una sciarpa con cui coprirmi, ma ho anche tanta pigrizia per togliermi lo zaino ed andare alla loro ricerca.

Rientro da San Giovanni Lupatoto un paese che fa parte della mia vita di ragazza, ma che non vedo da trent’anni e più. Quanti ricordi, ma ci penserò domani.