6° Giorno, 7 aprile

6 giorno – lunedì 7 aprile 2014

BADIA POLESINE - Campomarzo - Lusia - Concadirame - ROVIGO (km. 25 circa)

Arrivo a Badia Polesine prima delle 9 e con 30 minuti di ritardo, ahimè è tempo prezioso poiché devo riuscire ad amministrare il tempo anche nel pomeriggio. Sono arrivata lontano da casa, sebbene la sera continui a ritornarci.

Poco fuori la Stazione ferroviaria attraverso il piccolo ponte pedonale che scavalca l’Adigetto, ovvero il Naviglio Adigetto come viene chiamato, ora solo un canale che attraversa la cittadina.

Per un certo periodo però, a seguito delle continue rotte dell'Adige, fu il ramo principale del fiume e fu dopo la Rotta della Malopera, del 1438 che, perdendo di portata e di interesse, fu chiamato Adigetto.

Al di là del ponte una piccola via porta velocemente alla Badia di Vangadizza.

Il paese prende il nome proprio da questa straordinaria Abbazia romanica dedicata a S. Maria. Fu fondata nel X sec. dai Benedettini che bonificarono anche la zona. Stupisce il campanile a cuspide del XII sec. Per il suo basamento in pietra fu utilizzato materiale di recupero romano a cui fu sovrapposta una massiccia struttura in mattoni.

Lo stupore però non è dovuto solo al caldo colore del cotto, ma a quella pendenza che sarà poi una costante di tutte le chiese successive. In questi terreni alluvionali in cui l'Adige ha cambiato alveo a suo piacimento e gli acquitrini erano i veri padroni della pianura, difficile trovare un forte terreno d'appoggio per costruire.

Dai primi del 1200 l'Abbazia passò poi ai Camaldolesi che la tennero fino al 1810, anno della soppressione napoleonica. Dal 1980 è passata al Comune che l'utilizza per mostre ed eventi cittadini, non ultima una rassegna di presepi in epoca natalizia.

Lasciata l'Abbazia che non è visitabile se non in occasioni speciali, mi dirigo verso la Piazza principale passando da Via degli Estensi dove, fra Palazzi signorili e simpatiche case addossate, emerge il Palazzo Estensi del XV sec. che appartenne anche ai Gradenigo.

Nella stretta piazza Vittorio Emanuele II vi è la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista. Era una Cappella che risulta in documenti del 998, però i rimaneggiamenti avvenuti dal 1800 ad oggi ne hanno cambiato non solo l'aspetto ma anche la storia.

Nella stessa Piazza centrale insistono anche il Municipio con la Torre dell'Orologio (ricostruito nel 1600 e più volte restaurato), il Teatro Sociale del 1812, segno di antichi fasti ed il Museo civico Baruffaldi, allocato nell’antico Monte di Pietà (1600) bisognoso di restauro. Poco avanti si nota anche l'antico Mercato coperto (ricostruito nel 1925 in stile gotico veneziano).

Alla Proloco, un vecchiolino dall’aria timida e gentile mi cede il posto nella coda davanti alla Signorina dell'Ufficio dove chiedo informazioni su autobus e taxi che mi portino a 9 chilometri da lì poiché il tragitto oggi per me diventerebbe troppo oneroso (oltre 35 chilometri). Di fronte alle difficoltà che manifesto alla ragazza, l'uomo ascolta suo malgrado e si propone di portarmi lui. Non solo, mi elargisce orgoglioso molte informazioni su questa cittadina così affascinante.

Accetto il suo passaggio che mi semplifica notevolmente il percorso odierno e gironzolando per strade contorte nella campagna che lui conosce bene, mi porta a Campomarzo. Quanto gli sono grata per questa sua gentilezza insperata e generosa.

Raggiungo l’argine da questa frazioncina di 2 case in croce; non c’è nient’altro.

Inizio a camminare velocemente temo di non arrivare in tempo per il rientro.

Sono le 11 e procedo fino al Ponte Morosini. Da lì, noto che l’argine a destra che procede avanti è incolto e chiuso con una sbarra. Non sapendo cosa mi attenda, mi decido ad attraversare il ponte per proseguire sull'alzaia sinistra in provincia di Padova.

Questa è asfaltata ed ahimè è da condividere con il traffico provinciale. Macchine e camion corrono come forsennati in questa strada stretta e senza la possibilità di camminamento per i pedoni.

La zona è però più affascinante e più abitata. E da lì, non avendo l’Adige vicino poiché cammino all’estrema sinistra lungo la scarpata dell'argine, osservo i Colli Euganei. Sembrano ciuffi creati da un pasticcere su una enorme torta verde.

Ci sono bei cascinali restaurati ed in ordine, ma con tanti cani che mi sentono arrivare già da lontano e abbaiano disperatamente. "Ma con tutte quelle macchine che passano osservano solo me?" mi chiedo.

Un grosso cane sbraitante e cattivo risale la ripida scarpata venendomi incontro; per fortuna all’ennesimo urlo della padrona disperata, desiste. Succede anche più avanti con un cagnetto più piccolo. Decido allora di procedere sulla destra della carreggiata, rasente il fiume, sebbene così non abbia visuale e controllo sulla strada né davanti né dietro.

Alquanto spaventata da traffico e cani passo in rassegna i numerosi abitati che fanno capo al Comune di Barbona; una bella villa veneta bianca appena restaurata è proprio sotto di me in una posizione infelice così oppressa dalla strada sia per il rumore che per l'altezza di quest'ultima.

Quando fu costruita però doveva essere sul fiume con un facile approdo e questa sua posizione sarà stata una vera ricchezza.

Al primo ponte che incontro, riattraverso il fiume; il percorso sulla sua sinistra con i conseguenti patemi, mi è bastato.

Eccomi a Lusia in provincia di Rovigo sull'alzaia di destra. Il nome di questo paese è dovuto ad una famiglia romana, Gens Luxia, come testimoniano i reperti di un'antica colonizzazione romana.

Non scendo dall'argine per visitare il paese che conserva, quasi sull'argine, un'imponente Torre pendente molto rimaneggiata e da restaurare. E' l'unica superstite della Villa Morosini che crollò sotto un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Lo stesso accade anche al paese ed alla Chiesa dei Santi Vito e Modesto di cui poco più avanti noto i ruderi. La nuova Chiesa dei Santi Vito e Modesto fu inaugurata nel 1958 ed il suo campanile non fa eccezione: è pendente.

Proseguo lungo l'argine che è molto largo ma il piano stradale è pieno di buche per cui zigzago per cercare un terreno livellato onde evitare storture dolorose. Mi occorre più tempo nel procedere ma sono premiata.

La campagna intorno è sempre la stessa, lo sguardo spazia all’infinito. I campanili vicini o distanti sono tutti pendenti. E’ proprio una caratteristica di questa pianura. Girando l’ennesima curva, ma talvolta come ora il fiume svolta proprio ad angolo retto, appaiono fra gli alberi, come una visione, una Chiesa e l’alta guglia di un campanile riflessi nell’acqua. E' un momento di bellezza, di commozione e di emozione in cui neppure oso respirare nel timore che la visione scompaia.

Il sole è cocente, nessuno cammina o gironzola in questo lungo argine capriccioso.

Una moto mi viene incontro ma devia subito per tornare a casa, in un cascinale proprio lì sotto.

Un ciclista, l’unico, mi sorpassa ma poi scende subito dall’argine; sembra tuffarsi e scomparire in mezzo all’erba, ora diventata altissima. In realtà, sebbene io non lo veda, ci sarà un sentierino largo 10 cm. o poco più, bastevole alle bici. Sarà una scorciatoia per portarlo a casa.

A Concadirame, visto che ho sgambettato velocemente mi fermo per un rifornimento d’acqua supplementare. Con questo caldo ho consumato tutta la mia riserva.

Nel bar mi serve una signorina cinese, ma non è la prima volta. Difficile aver notizie corrette da loro che non sono della zona e capiscono poco la nostra lingua. Mi fermo fuori nel giardino dove due vecchi chiacchierano fra loro. Sono disponibili e ciarlieri donandomi informazioni, esperienza e consigli utili.

Il paese ha poco da esibire, la solita Chiesa imponente del XVIII sec. con il campanile pendente.

Riprendo a camminare. Gli argini oggi sono tutti bianchi, non vi è asfalto; alcuni tratti sono ben tenuti, altri, come in precedenza sono di difficile incedere.

Sottopasso l'autostrada e risalendo, sono sorpresa nel vedere una cinquantina di "giovanotti d’altri tempi" che stanno tornando da una camminata, con il loro insegnante di “ginnastica”.

Tutti "quasi" atletici e con le doverose racchette. Ci guardiamo reciprocamente, io per il numeroso incontro, loro per il mio zaino e molto di più.

Dopo poco giungo al ponte della ferrovia e dopo 200 metri scendo dall’argine per una stradina ciclopedonale di quasi 5 km. che mi porta a Rovigo.

Ma non è finita. Il treno è stato sospeso, c’è un autobus sostitutivo che scorrazza nella pianura alla ricerca dei paesi segnalati in un foglio. L'autista non è molto esperto, ma io in tutto questo girovagare scopro altri luoghi in gran parte lontani dall'Adige.

E così osservo Fratta Polesine dove non sono mai stata. Beh, a quel che vedo, bisognerà che torni a curiosare. A cominciare dalla Villa Veneta Badoer ma c'è anche quella Molin-Avezzù, Villa Oroboni ed altro ancora. Con 1 ora e mezza di ritardo giungo a casa. E pensare che avevo corso per tornare presto!