10° Giorno, 15 aprile

10 giorno – Martedì 15 Aprile 2014

(Rosolina) FOCI ADIGE - CAVANELLA all'ADIGE - CHIOGGIA (km.14 circa)

A questo punto del Cammino, è necessaria una spiegazione per questa variante del percorso, nel senso che lo descriverò alla rovescia, poiché così sono le foto che lo "descrivono".

L'albergo da me scelto è a circa 5 km. da Cavanella e da lì occorrerebbero 12 chilometri per arrivare alle foci dell'Adige, e altrettanti per tornare indietro. Inoltre, in queste ultime tappe, avevo maturato l'idea di arrivare a Chioggia e poi andare a Venezia e con i tempi stringenti familiari, mio figlio sarebbe arrivato l'indomani, non potevo proseguire e finire il mio viaggio alle foci.

Per cui quello che doveva essere la fine del mio Cammino è in un certo senso l'inizio, sebbene incompleto, di un nuovo piccolo breve Cammino.

Il pullmino puntualissimo ferma proprio nella piazzetta della Chiesa vecchia di Rosolina e salendo chiedo all'autista che mi lasci nel punto più vicino alle foci dell'Adige. In effetti mi fa scendere proprio al bivio fra le foci ed il proseguimento verso Rosolina Mare.

Attraverso una estasiante pineta che, data l'ora del mattino, mi pare misteriosa e densa di inebrianti profumi. Ignoro, o quasi, quanto mi circonda, ho fretta di arrivare. Giunta davanti ad una sbarra che blocca il passo alla spiaggia che individuo dal fragore del mare, proseguo avanti. A lato vi sarebbe un'ulteriore deviazione che porta ad un Ecocentro, credo sia un centro di studi per rilievi su fauna e flora marina.

Raggiungo la spiaggia; è una piccola strada protetta dall'erosione del mare da possenti mura di sassi che talvolta si protendono a pettine anche verso il mare.

Giro a sinistra, protetta da questi ripari, per raggiungere il fiume, non vi sono certo informazioni, ma con ovvio istinto, visto che sono a destra del fiume, lo raggiungo.

Il luogo non è pulitissimo, non è ancora stagione e poi fiume e mare hanno inondato questa stradina di sabbia di: legna, plastica e reti, il materiale inerte degli arenili di tutto il mondo.

Questo percorso è chiuso al prosieguo da pali e reti di plastica arancione che ne vietano l'accesso. Ma come posso desistere ed arrendermi visto che, per la mia meta, son giunta fin qui.

Mi intrufolo in qualche modo attraverso questa chiusura che impedisce di entrare; intorno è tutto disastrato, stanno facendo dei lavori, come vedrò anche successivamente, immagino di consolidamento degli argini delle foci.

Raggiungo infine l'argine destro del fiume ed il riappropriarmi del mio terreno consueto mi rende serena e felice. Intorno non vi è nessuno.

Ero alquanto spaventata e timorosa nell'arrivare fin qui perché tutti a Rosolina mi avevano sconsigliata di venirci: donne ed uomini a cui chiedevo orari e mezzi per giungervi, i padroni dell'Hotel, il messo comunale e non ultimo l'autista di stamane.

Poi avevo capito che i brutti incontri che mi paventavano erano "i nudisti" che in qualche modo si erano appropriati della zona.

E' vero, avevo scorto una roulotte tutta chiusa e solitaria (data l'ora) ma avevo proseguito senza darmi pena. E poi, mi ero detta che alla mia età non mi sarei lasciata spaventare per questa diversa scelta di vita.

Non ho proprio incontrato nessuno, il mondo era tutto mio, come l'incontro con Dio.

Oh! come Si è manifestato in quella strana luce dell'alba che uniforma terra e mare, in quel piombo-platino che avvolge l'anima come in un rassicurante piumino denso d'amore e di tepore.

Estasiata da tutta questa solitudine pregna di possanza a cui mai avrei pensato, ma anche di deludente pacata intrusione del fiume nel mare, mi guardavo intorno. Erano giorni di tranquillo scorrere del nostro Adige, dato che non vi erano perturbazioni o disgeli che ne aumentassero volume e velocità. E poi, tutti questi argini, costruiti dall'uomo attraverso i secoli, avevano reso tenue anche il suo ingresso nel mare.

Nonostante ciò, questi fiumi fanno tuttora paura. Pochi giorni, dopo il mio rientro, in quel di Padova, complice "una bomba d'acqua" (come viene chiamata oggi la caduta di pioggia abbondante ed imprevedibile) alcuni d'essi sono tracimati causando molti danni.

Quanti fiumi, quanti canali ci sono in questo Polesine creato proprio dai fiumi e per questo alla loro mercé.

Mi piacerebbe molto vedere l'Adige entrare nel mare quando è "arrabbiato" in una lotta impari di supremazia, ma probabilmente in un giorno di pioggia intensa, fin qui, non oserei mai avventurarmi, sebbene in Spagna la pioggia non mi abbia mai condizionato.

Ed eccomi sull'argine finale di destra che si insinua nel mare degradando a pelo d'acqua e curvando quasi a proteggere il fiume nel suo incontro con il mare.

Ho fin qui parlato di foci poiché l'Adige, proprio allo sbocco ha creato due piccoli isolotti (+ uno che dalla mia posizione non individuo) che di fatto lo dividono in tre ramificazioni.

Normalmente parliamo di Delta del Po e di Foce dell'Adige, ma constatando questa piccola variazione ho desiderato definire la sua uscita in queste foci, magari causate proprio dall'intromissione dell'uomo.

Mi chiedo inoltre quanti canali intersecanti, più o meno naturali, coinvolgono la pianura e questi fiumi.

Avendo lo zaino, che in un certo senso condiziona la mia libertà di movimento, non mi azzardo a proseguire lungo l'argine che, abbassandosi, lentamente curva e sembra raggiungere quasi il centro del fiume. Temo di scivolare e non vi sarebbe nessuno che potrebbe darmi aiuto.

Dei due isolotti centrali (+ uno che sembra prolungare quello più vicino) distinguo bene solo quest'ultimo ricoperto di canne che danzano al vento imperante.

L'altro isolotto e l'altra riva mi appaiono quasi sfocati. Sarebbe interessante vedere il fiume anche dall'altra estremità, ma ho tempi strettissimi e per percorrere i molti ulteriori chilometri, forse, non basterebbe un giorno in più.

Dopo aver curiosato, ammirato, fotografato questa foce diversa da come me l'aspettavo, dopo essermi emozionata non solo per l'acqua ma anche per il cielo pregno di nuvole arricciate, lacerate da lame di acciaio che lasciano intravedere talvolta "manti di Madonna", decido di tornare attraverso l'argine.

Procedo per un breve tratto; tutt'intorno l'erica fiorita fa da sfondo al mio ritornare così appagato. Poco avanti un cerbiatto del fiume, dove probabilmente è andato a bere, riguadagna la foresta di erica e cespugli e scompare spaventato dalla mia intrusione. Non sono completamente sola come credevo! Avanzo ancora ma tutto è incolto e temendo, dati i lavori in corso, di non aver poi possibilità di uscita, decido di ritornare da dove sono arrivata.

Riguadagno la pineta e proseguo poi sotto l'argine protetto da recinzioni che ne proibiscono l'accesso. Tento comunque di inserirmi fra la rete lacerata in più punti. L'erba è altissima ed incolta e non so cosa nasconda; ho timore ad inoltrarmi.

Raggiunta la sommità, da lì, do uno sguardo all'Adige che si avvia al suo tramonto.

Più a monte due porticcioli, quasi contrapposti, hanno ormeggiate notevoli barche proprio all'interno dell'alveo del fiume.

Possibile, mi chiedo, che non abbiano pensato ad un ponte intermedio o ad un traghetto che porti almeno i pedoni da una sponda all'altra?

Forse le due diverse regioni, le due diverse provincie, sono la causa di questa limitazione?

No, devo proprio scendere dall'alzaia dissestata. Anche più avanti alcuni accessi all'argine sono chiusi e non mi resta che proseguire sulla strada asfaltata sottostante in cui ancora non passano automezzi. Dopo aver raggiunto un lungo recinto che protegge un porto di cui non ricordo il nome, intravedo; edifici, gru e molte barche da diporto attraccate e, subito dopo, ritrovo finalmente l'argine del fiume che stavolta, poiché sto tornando, scorre alla mia destra.

L'argine ora è ben tenuto e scorre alto, parallelo alla strada asfaltata su cui transitano molti automezzi.

La visuale è di nuovo consueta, campagna all'infinito e qualche laguna data dalla vicinanza del mare. C'è molto verde intorno e tutto diventa rilassante e tranquillo se non fosse per quell'oscurarsi del cielo che mi viene incontro minaccioso e terribile, quasi a travolgermi. Anche in quest'ultimo tratto il fiume gioca con anse dissennate. Il vento con l'avvicinarsi del fronte temporalesco sembra indomabile, penso che forse mi aiuterà portando le nuvole lontano. Avendolo contro aumento, con una certa difficoltà, la mia andatura nella speranza di poter arrivare prima della pioggia.

Non ci sono case, se non sulla riva opposta, case che a me appaiono tranciate a metà dato l'oscuramento dell'alzaia opposta.

Un uccello che a me pare un fagiano inconsuetamente in carne (ma non sono proprio un'esperta) e che disturbo avvicinandomi, vola via verso l'altra riva.

Alcuni uccelli bianchi, forse gabbiani, svolazzano tutto intorno. E poi il loro verso mi sembra un miagolio d'amore.

Le nuvole cambiano direzione, si diradano ed infine, dopo aver superato un bel ristorante ricavato in un antico casone, arrivo a Cavanella.

Attraverso il ponte che porta in provincia di Venezia nel comune di Chioggia. Da lì mancano 14 chilometri per arrivarci.

Sono sulla Strada Statale Romea, con un traffico spaventoso. Tant'è che, nonostante il transito dei pedoni sia protetto da importanti guardrail d'acciaio, ho quasi paura a percorrerlo. E poi il frastuono è incessante e terrificante.

Dall'altra parte ci sono quattro case in tutto ma, cosa alla quale non avevo pensato, se avessi attraversato la strada avrei potuto inoltrarmi nel paese certamente più gradevole del luogo ove sono.

Noto che sulla statale c'è un cartello, sebbene quasi nascosto da erbacce, che indica il passaggio di un autobus dopo mezzogiorno, ma dato il luogo in cui è posizionato non so se l'indicazione sia valida o meno. Provo a chiedere informazioni ad una donna che lì ha la sua casa, mi risponde asciutta che non sa nulla.

Sono alquanto stanca per procedere a piedi verso Chioggia, occorrono ancora 14 chilometri da lì, e poi vorrei avere il pomeriggio libero per poterla visitare giacché domani devo proprio rientrare.

Vi è un importante magazzino-esposizione di mobili proprio lì vicino ed oso chiedere qualcosa su questo autobus che dovrebbe arrivare entro una mezz'ora. Chiedo se magari la prossima fermata sia relativamente vicina e magari nelle adiacenze di un bar d'appoggio.

La Signorina che mi viene incontro sorridente non sa molto, ma chiama il Titolare che non solo mi da tutte le informazioni di sua conoscenza, ma mi fa anche sedere perché io possa nel frattempo riposarmi. Mi offre un caffè e vorrebbe darmi anche una bottiglia d'acqua fresca.

Non avrei mai immaginato di trovare tanta attenzione in un uomo impegnato nel suo lavoro. E' vero, era anche incuriosito dal mio andare su cui ha chiesto molte informazioni, ma è stata la sua gentilezza che mi ha colpito. Grazie, ho trascorso il tempo dell'attesa in maniera piacevole e gratificante!

Il pullman arriva, ma l'autista non fa il biglietto e nessuno sull'autobus ne ha da vendermene. Così non pago la corsa fino a Chioggia dove giungo dopo poco. Passo anche da Sottomarina, in cui da bambina ho trascorso alcune estati ospite delle zie. Era un luogo molto "battuto" dai veronesi giacché era relativamente vicino ed era servito dagli autobus di linea. Erano proprio una rarità le persone che, negli anni 50, possedevano un'automobile.

E' passato tanto tempo, troppo e velocemente, non identifico nulla, non riconosco neppure la larga spiaggia caratteristica importante di questa cittadina di mare cresciuta all'ombra di Chioggia.

Entro a Chioggia attraverso il Ponte di San Giacomo. Che coincidenza questo Santiago che mi si affianca ogni giorno della mia vita e si manifesta in momenti e luoghi disparati.

Chioggia, l'antica Clodia, è uno dei più popolosi comuni veneti. La sua storia è legata ad Enea, Antenore, Aquilio e Clodio ed ai resti archeologici che la datano al 2.000 a.C.

Tralascio storie più o meno certe che però la vedono presente anche in epoca romana. Plinio il Vecchio la descrive come "terra dei fiumi".

In quel periodo era famosa per le sue saline nonostante che, di quell'antica prosperità, nulla sia rimasto ai giorni nostri. Ma per quella ricchezza dovette sottoporsi a molte lotte contro gli stati confinanti che, in tale campo, desideravano la supremazia.

Con l'arrivo dei barbari e soprattutto, fra gli altri, dei Visigoti nel 401 d.C., dei Vandali e poi degli Unni nel 452 d.C. che distrussero molte città venete, le popolazioni si spostarono e stanziarono nella Laguna Veneta.

Ma poi arrivarono anche i Longobardi, e la fine dell'Impero romano di Occidente, ma i Longobardi non riuscirono mai a conquistare questa zona.

Tutte queste isole invase da popolazioni disparate provenienti dalle zone limitrofe diedero vita al primo Stato Veneziano che, riunito nel 697, diventò la Serenissima Repubblica di Venezia fino alla sua caduta nel 1797. I confini lagunari si debbono al primo Doge, Paoluccio Anafesto, ed a Chioggia spettarono anche le terre fino alle sponde dell'Adige.

Neppure Carlo Magno ed il figlio Pipino, nel 781 d.C., riuscirono a piegare questo popolo "insediatosi nel mare", in quell'isola di Rialto che, a scapito di Malamocco antica capitale della Repubblica che, a seguito di burrasche e abbassamento del terreno su cui era stata costruita, finì sommersa e si spopolò cedendo il passo a Chioggia che, nel 1110, divenne importante nodo difensivo e sede vescovile.

Oltre alla pesca la sua egemonia si deve anche ai cantieri navali; è del 1438 quello di Camuffo e del 1812 quello di Poli.

Dal 1798 al 1866 Chioggia fu occupata dagli Austriaci e successivamente passò al Regno d'Italia.

La tanta storia si evince nel Corso del Popolo, quasi una lunga piazza, ove sorge anche la chiesa di San Giacomo. Su questo ombelico cittadino insistono molti Palazzi meravigliosi che sembrano riproduzioni miniate. Miniature di quei loro fratelli maggiori di cui Venezia fa vanto in tutto il mondo. E poi altre Chiese ed il Duomo, davvero magnifico, soprattutto per quel giardino laterale con balaustre e statue, così inconsueto in Laguna. Il Corso è frequentatissimo, pieno di sole e di gente, ma preferisco recarmi subito all'alloggio prenotato (Bed & Breakfast Chioggia Bridges) per poter depositare lo zaino e fare una doccia.

Il proprietario, un giovane gentile e premuroso, è munito di mappe ed informazioni; conosce tutto della sua città, anche l'indirizzo di un buon Ristorante. Me ne propone tre ma scelgo quello più vicino "da Nicola" che verte proprio sulle Fondamenta di San Domenico.

Il Ristorante è appena stato rimesso a nuovo ed anziché un cameriere mi stupisce che arrivi un cuoco imponente ed affabile a propormi le varie specialità della casa. Lo chef mi consiglia, giacché sono a Chioggia e desidero mangiare pesce, una loro specialità. Il servizio è velocissimo, il piatto stupendo (piovra, seppie e molto, molto moltissimo di più con paté di orata e non solo; ma non voglio svelarne la ricetta che non è mia) e il raffinato sapore indimenticabile. Un luogo da ricordare tant'é che medito di ritornarci. Il costo? Decisamente basso rispetto alla qualità (ed anche quantità) di quanto servito.

Poi, nel caldo meriggio delle prime ore quando tutti anticipatamente, data la stagione anomala, affrontano la "siesta", io velocemente "scarpino" in questa Chioggia solitaria e luminosa ogni dire. Tutto è silenzio, tutti sono rintanati nelle proprie dimore. Io fotografo quasi impazzita e per il tanto digiuno d'arte di questo percorso, ora faccio indigestione di "bello".

Arrivo fino all'imbarcadero per informarmi sui possibili orari dell'indomani.

Poi rientro appagata e felice per questa giornata davvero unica e speciale.

Esco nuovamente sul tardi, quando le ombre mitigano il caldo ma danno un aspetto favoloso a queste case colorate che si riflettono nei canali. Sono emozionata per gli incanti che si specchiano nel Canale Vena e spero di aver fatto delle discrete foto. Ma su questo Canale mi colpiscono i nomi dei Ponti che sono tutti un "programma"; fra gli altri: Ponte Cuccagna (volendo interpretarlo in italiano penso alla fortuna), Ponte delle Zitelle, Ponte Scarpa, Ponte Pescheria.

Questa Pescheria, aperta il solo mattino, è recente. I banchi, che ora vedo, attraverso l'ingresso, sono d'acciaio, pulitissimi e vuoti, e sono protetti da soli teloni. Ha però per accesso un moderno arco in pietra scolpita.

Verso il termine del canale incontro l'antica lavanderia del luogo con i caratteristici comignoli che finiscono a cono rovesciato e che sembrano sfiorare il cielo. Sono davvero speciali ed unici, sebbene appartenenti all'architettura del luogo.

In questo canale "parcheggiano" le piccole barche degli antichi pescatori, mentre in quello di San Domenico o nel Canale Lombardo mi colpisce la gran quantità di pescherecci d'altura. Tutto è proiettato verso la pesca così come nel passato.

E poi tutto colpisce per quell'intersecarsi di canali e calli con soluzioni inaspettate di portici e campanili, di auto e barche, di moto e biciclette.

In fondo verso la laguna, dal Canal Vena si attraversa il Ponte Vigo, più imponente e decisamente maestoso rispetto agli altri sottotono e pittoreschi. Conduce alla Piazzetta Vigo, alla fine di quel Corso del Popolo dove insiste il più importante Hotel della città e l'imbarcadero per Pellestrina e Venezia, ma per oggi è "bastante".