2° Giorno, 24 maggio

BURGUSIOMALLESGLORENZASLUDERNO (Km. 12-14 circa)

Parto prestino perché, con il trenino della Val Venosta, occorre un’ora per raggiungere Malles. Si ferma ad ogni stazione ed in alcune la sosta risulta prolungata per l’attesa di dare il passo al treno opposto; vi è un solo binario.

A Malles dopo poco giunge un minibus che va a Burgusio mt. 1216.

Scendo nella piazzetta del paese e gironzolo fra le sue vecchie case con bovindi (balconi-finestre), archi e tanto legno. Si assapora la vita dei ricordi con la gente laboriosa che accudisce alle stalle sotto casa nel centro del paese. Da qui non vedo la Chiesetta di S. Nicolò che tanto mi aveva affascinato ieri prima di entrare in paese. La Chiesetta risale al 1199 ed apre poche ore un solo giorno la settimana. Né vedo il Sacrario militare che invece avevo intravisto ieri dal pullman che mi aveva portato a Resia. Il Sacrario costruito a forma di torrione nel 1939 è in porfido e custodisce i resti di 312 Caduti, alcuni ignoti. Del resto ieri non era sul mio percorso che scorre lontano dalle strade di transito.

Entro nella Chiesa parrocchiale ma ho fretta, ho tante cose da vedere e parecchi chilometri da percorrere.

Da lì lentamente risalgo la montagna dove l’Abbazia di Marienberg (mt.1340) è stata costruita su un alto sperone. Ma prima di questa sua definitiva collocazione vi furono vari spostamenti anche dalla vicina Svizzera dove un primo nucleo era stato fondato nel 1087 grazie ad una donazione di due fratelli della stirpe dei Tarasp.

Questo Monastero risale al XII sec. e fu costruito per volere del loro nipote Ulrich III von Tarasp.

Si deve a questo periodo la costruzione della cripta e del portale della Chiesa che in origine era a tre navate, trasformata con aspetto barocco nel XVII sec. Molti furono i cambiamenti, anche strutturali, attraverso i secoli e l’ultimo, risalente al 2004, trasformò la parte rurale in museo sulla vita monacale con oggetti e documenti di varie epoche, in sale adibite ad eventi ed in alcune stanze per gli ospiti.

Nel Museo un bellissimo filmato mostra i meravigliosi affreschi della cripta con angeli e santi in parte riscoperti in epoca recente. Questi affreschi, risalenti al 1160, però si possono ammirare solo alle 17,30 dei giorni feriali in occasione delle preghiere della sera. E nella mia contrarietà per non poterla vedere, non posso che andare invidiosa ai racconti epici del nostro prof. P.A.C che per tanti anni ha soggiornato, nel periodo estivo, in questa regione.

Non è consentito neppure accedere alla stanza dei principi, pure affrescata e decorata nel XVII-XVIII sec. e al chiostro gotico poiché fanno parte dei luoghi di clausura. Immagino che ci vogliano permessi speciali per gruppi, certamente non per una singola persona, specialmente se donna.

Mi spiega tutto Padre Pio che accudisce il piccolo negozietto di souvenir. Attualmente nel monastero vi sono 14 monaci che pregano e lavorano secondo la regola benedettina. Lui proviene dalla Germania ma sa parlare l’italiano benissimo e questo mi rincuora. Fotografo chiesa e cortile e ritorno quietamente a valle non senza voltarmi per vedere questa enorme e massiccia costruzione bianca che incombe sulla grande vallata sottostante.

E proprio il bianco dà un aspetto più leggero a questo complesso così imponente. Campanile, guglie, edifici stratificati nei secoli, compongono un puzzle misterioso ed elegante. Ridiscendo con uno sguardo alla Chiesetta di S. Stefano, costruita proprio lì vicino, ma è chiusa.

Più sotto vi è il Castello Furstenburg, quello dei Principi di Burgusio, che cerco di raggiungere attraverso una scorciatoia che si tuffa spaventosamente in basso. Meno male che ho il bastone procuratomi da Adriana e che mi consente di non scivolare paurosamente a valle.

Il Castello fu costruito fra il 1272 e 1282 e, nonostante alcuni lavori del 1500 e del 1700, ha conservato la sua struttura originaria. Fu in questo periodo che servì come rifugio per i Vescovi di Coira (ora in Svizzera).

Quando vi giungo dal portone principale sta scendendo un ragazzetto molto carino al quale chiedo se si può visitare, ma il maniero è adibito a scuola agricola e vi si può accedere solo in giorni e orari ben prestabiliti. Ritorno verso Burgusio da dove riprendo la mia camminata verso Malles mt. 1050.

Malles era stazione di cambio posta lungo la Via romana Claudia Augusta. La cittadina, il secondo comprensorio più vasto dell’Alto Adige, si dipana vorticosamente verso la valle. Ha oltre 5000 abitanti in gran parte dediti al turismo estivo ed invernale. Come capolinea della ferrovia che all’inizio del ‘900 avrebbe dovuto proseguire fino al confine, risulta centro nevralgico per la raggiera di paesi che la circondano. E poi a pochi chilometri vi sono Austria e Svizzera. I dintorni sono ricchi di affascinanti chiese romaniche e di importanti monasteri.

Volo subito alla ricerca della Chiesetta di S. Benedetto che apre dalle 10 alle 11,30. Ha un aspetto semplice ed un delizioso campanile, niente di particolare da evidenziare all’esterno, ma è una delle chiese tirolesi più antiche, come pure i suoi affreschi interni. Fu costruita prima dell’800 ma le vicissitudini della sua storia sono innumerevoli: diritti di proprietà, creazione di altri muri poi tolti, l’iconostasi rimossa, affreschi coperti da imbiancature, apertura di finestre, stucchi rimossi e le nicchie murate. Infine fu utilizzata come falegnameria e come deposito di munizioni dell’esercito austriaco durante la guerra e poi come ricovero per i soldati italiani. Gli arredi finirono nella chiesa parrocchiale.

In questa devastazione totale fu necessario togliere oltre un metro e mezzo di materiale alluvionale che aveva sommerso il basamento della chiesa e togliere il pavimento terroso all’interno per deumidificare l’edificio.

Ciò, inaspettatamente, consentì di trovare alcuni reperti di stucchi e marmi.

Nell’ultimo secolo la Chiesa subì innumerevoli interventi atti a salvare il poco rimasto: la parete a nord e le tre nicchie absidali che dovevano essere incorniciate di stucchi. Un paio di frammenti marmorei ritrovati negli scavi sono stati identificati come appartenere all’iconostasi scomparsa. Alcuni frammenti di capitelli in stucco sono lavorati finemente a dimostrazione della magnificenza del luogo. Gli affreschi dovevano rivestire tutte le pareti ed anche qui, come sempre nella pittura carolingia, è stata usata la scrittura.

La Chiesetta, valutando quel che resta, doveva essere magnifica; in ogni caso non ha perso il senso spirituale, di raccoglimento e di emozione che suscitano le chiese primitive. Una visita da non perdere.

Mi guardo intorno in questa cittadina che corre velocemente a valle come l’Adige che l’attraversa irruente fra le case; è una vera scoperta. Belle case, interessante la Chiesa parrocchiale ed un ulteriore campanile romanico unico superstite di una chiesa distrutta. Ed in alto, all’estremità del paese, da dove vi accedo, vi è una Cappella rotonda che colpisce data la particolarità della costruzione, sebbene di epoca più recente.

Una torre circolare (Torre Fròhlich), alta 33 metri, risale al 1247 ed è quanto rimane di un antico castello medievale. Si può salire fino alla cima con 164 gradini.

Dopo tanta meraviglia mi dirigo a Glorenza (mt.907), un paio di chilometri più in basso.

Lungo la strada che conduce a valle, un bunker che apparteneva allo sbarramento Glorenza-Malles delVallo Alpino in Alto Adige, colpisce lo sguardo.

Reminescenze lontane anche per me che ho vissuto in luoghi di frontiera.

Ed infine altra e maggiore meraviglia colpisce la visuale già da lontano: Glorenza.

Fu fondata dal conte Mainardo ma troviamo il suo nome solo dal 1163.

Degni di nota sono i portici con le relative case che scorrono da est ad ovest e che rappresentano, con la piazza, il primo nucleo della città; racchiuso da mura fu ulteriormente allargato nel XVI sec. Aspetto che conserva anche attualmente e che le dà un fascino del tutto speciale.

Torri d’angolo rotonde, camminamenti di ronda e porte d’accesso, sembrano farci entrare nel medioevo. Vi sono visite guidate che illustrano luoghi e leggende e l’importanza del commercio del sale fra Germania, Austria e Lombardia passa da qui. Non a caso i numerosi mercanti che vi abitavano avevano unità di misura proprie, come il “mutt”, corrispondente a 28 chili di cereali. Molto ci sarebbe da raccontare su questo frammento della nostra storia che attualmente ha solo 880 abitanti.

Oggi però la scopro un po’ devastata a causa della grande gru necessaria al restauro di alcune case e che occlude via e vista della via principale. La lascio con dispiacere. E’ proprio bella.

Dalla Porta di Sluderno mi dirigo lungo l’Adige fino a questa località, anzi la pista ciclabile devia per portarmi, dopo qualche chilometro, alla stazione. Ma ritornerò domani, ho altro da vedere.