8° Giorno, 1° giugno

PARCINES - TELL – FORESTA – LAGUNDOMERANO MAIA BASSA (Km.10 circa)

Con l’autobus torno a Parcines per curiosare meglio, soprattutto il Castello del Barone Von Kripp che penso sia carino come appare all’esterno e nel cortile interno. In realtà è alquanto trascurato e le cantine sono tutte chiuse.

Ieri prendendo l’autobus al volo avevo trascurato il paese, ma ora mi guardo intorno, entro nella bella Chiesa, gironzolo fra le stradine. Ci sono delle belle case che lasciano trasparire la storia e resto ad osservarle ammirata.

Poi lentamente scendo a valle per riprendere la pista lungo l’Adige. Prima di attraversare la statale vi è una piccola chiesa dedicata a Santa Elena documentata già dal 1326 e nuovamente mi fermo per una preghiera, ma anche oggi è chiusa.

Pochi chilometri avanti e mi fermo allo sbarramento che imbriglia l’acqua dell’Adige per una ennesima centrale elettrica. Questo furore delle acque ha un che di ipnotico data la violenza con cui corrono e si scaricano poi in basso.

C’è molta gente ad osservarlo anche se il luogo è minuscolo.

Tell era importante nella storia della via romana Claudia Augusta poiché era una stazione doganale, Telonium, a cui deve il nome.

Nel 1700 in questa zona venne ritrovato il basamento di un altare dedicato alla dea Diana costruito da Aeteto (funzionario preposto della dogana) nel 217 o 246 d.C.

Sebbene non mi sia fermata, a Tell vi è un museo privato “K.u.K Bagni Egart dal 1430” con una esposizione speciale sulla Principessa Sissi e la Monarchia Asburgica. Sono raccolti gli oggetti più disparati, utensili di vario genere, giocattoli, minerali, fossili, arte sacra ed altro ancora, esposti in 60 vetrine liberty. Ma soprattutto tinozze, brocche e boccali legati alle acque termali conosciute già dai romani. Questi bagni sono considerati i più antichi del Tirolo e furono chiusi nel 1970.

Nel 2007 il proprietario alberghiero ha trasformato metà dell’edificio in struttura espositiva.

Ed ancora, all’aperto potrete vedere una ricostruzione del mondo di Otzi, l’uomo del Similaun, ritrovato sulle montagne della Val Senales. Sarà un Museo che andrò a visitare prima di intraprendere il mio prossimo percorso.

Osservata la diga procedo lungo un cammino che scende velocemente a valle. E’ un bellissimo percorso creato per i ciclisti con serpentine veloci che allungano la strada dovendo continuamente cambiare direzione, ma in questo modo il tratto risulta più dolce e soprattutto con una meravigliosa vista su Merano. Peccato che la giornata caldissima e piena di foschia ne impedisca una bella visuale nitida come meriterebbe. Tutt’intorno castelli, montagne e “meraviglia”. Ritorno all’Adige, all’ennesima centrale elettrica. Qui il fiume arriva impetuoso e grandi massi nel suo alveo ne rallentano la velocità ma ne aumentano l’ardore; il rumore è assordante ma, nonostante ciò, che pace e che armonia.

Già in lontananza si vedono gli impianti della Birra Forst di Foresta, una frazione di Lagundo.

Ci sono stata qualche giorno fa a pranzare con mio figlio nei giardini d’estate. Quanto spazio nei ristoranti, ma quanta gente ai tavoli. Camerieri velocissimi ed attenti accontentano le esigenze più disparate dei clienti e la birra, forse perché fresca, forse perché raccoglie l’acqua da una sorgente del Monte San Giuseppe con qualità organolettiche particolari, è fra le migliori che io abbia mai bevuto.

E poi la zona, una strettoia fra Merano e la Val Venosta, scelta in tempi di energia elettrica sconosciuta, aveva l’Adige vicino per una frescura necessaria alla maturazione di un prodotto di qualità.

La Birreria Forst fu fondata qui a Lagundo nel 1857 da due imprese meranesi. Oggi è gestita da Margherita Fuchs von Mannstein ultranovantenne, che rappresenta la quarta generazione della dinastia. Mi ha colpito che esistano, fra molte altre, anche la birra di Natale e quella di Pasqua, ovviamente tipicamente stagionali.

La birra in Alto Adige vanta però oltre mille anni di storia.

Procedendo vi è anche un bel ponte coperto di legno che dalla sinistra dell’Adige, con relativo parcheggio, porta ai ristoranti del complesso. E’ una sosta consigliabile per la bellezza delle strutture, oltre che per la cucina e la birra.

Poco avanti, ma facente parte del comprensorio vi è anche il Castello Forst, che appartiene alla stessa famiglia ma non è visitabile. Emerge con giardini curatissimi facendo bella mostra di sé sul lato opposto della strada su cui cammino.

Fu costruito intorno al 1200, a difesa della vallata, dai Cavalieri di Vorst, una famiglia ministeriale al servizio dei Conti del Tirolo. Al solito ebbe vicissitudini infinite fino al 1500, quando passò di proprietà e venne ampliato e ristrutturato. Nel 1803 subì un pauroso incendio che lo distrusse in gran parte ivi compreso l‘altare gotico della Cappella. Restaurato, dopo ulteriori passaggi, fu infine venduto a Giovanni Troyer che ne fece un albergo di charme con mobili e suppellettili antichi; ora è però chiuso.

Nel Castello è conservato parte dell’arredamento originale ed alcuni quadri; pittoresco risulta il suo cortile a logge.

Proprio vicino al ponte mi rincorre una signora, emozionatissima, come lo sarò poi io.

Anche lei è stata a Santiago in bicicletta, proviene dalla Germania ed ora soggiorna a Merano. Quale gioia, pur capendoci poco, si prova nell’incontrare vecchi amici. Ci salutiamo con un abbraccio, poi proseguo.

Poco avanti vi è il ponte che da Lagundo porta a Merano, ma ignoro questa sosta e procedo in una strada trafficatissima lungo l’Adige che diventerà la Mebo (Merano Bolzano); la superstrada, quasi ultimata, che unirà le due città.

Hanno mantenuto la strada ciclabile lungo l’Adige a ridosso della Mebo, però è alquanto disastrata poiché non ancora ultimata, ma in ogni caso dopo tanta tranquilla amenità ritrovarmi in mezzo a tutto quel rumore infernale mi disorienta se non mi terrorizza.

Adige, traffico, perforatori, ruspe e camion sono i miei compagni per qualche chilometro. Poi finalmente sottopasso la superstrada e recupero una strada in mezzo ai giardini.

Non vi sono indicazioni ed allora chiedo ad una ragazza dove dovrei dirigermi poiché ci sono più strade, mi guarda senza dir nulla poi con la mano mi indica di tornare indietro per una strada che sottopassa, almeno credo, nuovamente la superstrada.

Adesso si, sono terrorizzata. Mi inoltro sotto l’autostrada in un ambiente sudicio e pieno di gente mal vestita che a gruppi sta sdraiata su logori tappeti e materassi immondi, parlando animatamente con i vicini.

Li guardo spaesata, non so cosa fare ma pensando che la strada passi proprio lì, mi azzardo ad andare avanti. Un numero imprecisato di cani mi corre incontro abbaiando furiosamente. Nessuno osa fermarli, sono annientata, ma una voce, in una lingua che non conosco, intima loro di fermarsi. L’uomo mi viene lentamente incontro chiedendomi sospettoso che cosa voglio e dai suoi pantaloni e dallo sguardo fiero e tenebroso, finalmente capisco. Sono zingari che, come vedrò poi, dopo aver aggirato la zona, hanno occupato tutta l’area, sottostante la strada, con le loro roulotte ed i loro pseudosalotti. In questo modo sono isolati e protetti, lontani dalle intemperie.

La situazione sembra irreale; tutti siamo ammutoliti, loro per questa intrusione coraggiosa ed inaspettata ed io, che coraggiosa in realtà non sono, ignara del rischio che stavo correndo. Chi mai avrebbe saputo della mia scomparsa se fossi stata rapita (o peggio) in quel luogo?

I cani acquietati e con le indicazioni corrette dello zingaro, finalmente ritorno da dove ero venuta e proseguo, aggirando campi sportivi e sottopassando la superstrada, molto più avanti, non senza notare lo squallore dell’accampamento in cui ero finita, ritrovo il giusto percorso.

Ma quella ragazza come aveva potuto mandarmi in quel luogo sapendo quel che poteva accadermi?

Immagino non abbia capito il mio italiano e non voglio pensare ad altro.

La pista ciclabile si inoltra in quartieri periferici non sempre ben tenuti. E’ finita la Val Venosta e non mi aspettavo la confusione e le bissaboe che incontro ora.

Supero il Passirio che si butta nell’Adige ed alla fine mi trovo a Maia Bassa, c’è proprio la stazione del treno lì vicino. Chiedo informazioni su dove andare ma nessuno mi capisce ed allora poiché di fronte vi è un ristorante vi entro per pranzare.

Ma sarà stato il gran caldo, la stanchezza del giorno prima, la paura di oggi, le porzioni abbondanti e la tentazione del treno vicino, quando esco vado direttamente alla stazione e ritorno a casa. Decisamente oggi non mi sento troppo bene.

E poi il prossimo anno ripartirò da Merano, tante cose e tanti castelli da vedere, ma questa sarà un’altra storia.