8° Giorno, 11 aprile

8 giorno – venerdì 11 aprile 2014

S. MARTINO di VENEZZE - Pettorazza Grimani - CAVARZERE (km. 18 circa)

Partire con il fresco è un altro andare.

Per la prima volta sono già sull’argine poco dopo le 8. Il tempo è magnifico ed il cielo terso e tutt’intorno la rugiada della notte regalano strani brillanti luccichii fra l’erba alta dei declivi arginali.

L’Adige appare di piombo e lo fotografo insieme al sole. Tutto appare attraversare un filtro che elimina i colori per delineare contorni sfumati e affascinanti di platino.

Il ponte che porta ad Anguillara veneta, nella zona padovana, è subito lì. Lo attraverso incuriosita; questo nome mi è familiare, ma quattro case e la piazza della Chiesa parrocchiale di Sant'Andrea sono tutto ciò che riesco a vedere. La chiesa, edificata in cotto nel 1900-1906 in sostituzione di una più antica del XVIII sec., non è granché e nonostante l'ora non è neppure aperta. Non mi ispira neppure fermarmi per un caffè e ritorno velocemente all’argine di destra.

Ma prima di riattraversare il ponte noto in distanza un campaniletto pendente che poco dopo, da altra angolazione, constato invece come siano due inseriti agli angoli della facciata di una barocca chiesa lontana. Chissà, forse Anguillara è più estesa ed importante di quel che ho visto ed immaginato.

Ritorno all'alzaia destra e noto come San Martino di Venezze continui dilatato sotto di me. Mi accompagna per lungo tratto.

Poco avanti un barcone con una grande gru scava sabbia dal fiume che deposita poi sull’argine di sinistra.

Il cielo si addensa di nuvole e spero di arrivare prima della pioggia per cui accelero il mio andare.

L’Adige qui è increspato per il vento odierno che mitiga il calore del cammino e sembra perfino più arrabbiato. Ha intensificato la velocità della sua acqua; forse, oltre al vento, inizia a sentire il traguardo?

E’ comunque rilassante e appagante questo avventurarsi nel silenzio assoluto.

Rari casali sono sparsi nella dilatata pianura ben coltivata. Le anse del fiume capriccioso si susseguono senza fine, i bordi sono riempiti di fiori gialli all’infinito. Vi è un capanno mimetizzato nel verde per l’osservazione della fauna del fiume. E poco avanti vi è anche un approdo e l’argine ora è asfaltato, ma da epoca immemorabile, vista la quantità di buche esistenti.

Non solo non ha panchine od indicazioni, ma vi passano anche le macchine che sfrecciano a velocità eccessiva. Per fortuna sono poche.

Qualche bella villa occhieggia nella riva opposta ed un ennesimo campanile “danzante” si erge a sfidare il cielo. Lo stanno restaurando, ma non saprei a che comune appartenga. Scendo dall’argine quando intravedo un alto campanile senza cuspide eretto, come tutti i campanili della zona, a fianco di una chiesa imponente. Vi è anche un bel palazzo restaurato che dà proprio sulla strada provinciale che attraversa il paese. Siamo ancora nel comune di S. Martino di Venezze, e pensare che credevo di aver fatto molta strada.

Poco dopo sono attratta da due casolari: uno verde pisello, l’altro rosso lampone che nulla hanno di caratterizzante nei loro colori. E’ la moda di questi tempi che utilizza questi colori sintetici mai esistiti. Peccato che sviliscano questi antichi casolari di mattoni. Certo così la campagna talvolta sembra un moderno quadro astratto, non so che dire. C’è anche la targa di Palazzo Corni, il nome del piccolo paese sottostante. Poco avanti l’asfalto è nuovo e le macchine diventano ancora più pericolose.

Noto da lontano Pettorazza Papafava, una piccola frazione, che ha una bella Chiesa circondata da piccole case proprio a ridosso dell'argine.

Non scendo per andarla a visitare, l’ammiro da lì, data l’ora sarà senz’altro chiusa.

E’ il Santuario della Madonna delle Grazie eretto nel 1520 e poi rimaneggiato, ed una preghiera la recito anch’io.

Non incontro quasi nessuno in questo tratto odierno. Solo due vecchi all’inizio giornata che mollemente in bicicletta procedevano appaiati. Uno dei due, incrociandomi ora, al ritorno, mi saluta e mi rivolge qualche parola; incontro anche due ciclisti dalle tutine colorate che chissà da dove vengono e dove vanno. Grandi saluti e sorrisi.

E poi eccomi arrivare a Pettorazza Grimani.

Non vado a vedere il paese e probabilmente perdo qualcosa. Questo abitato ebbe origini nel XIX sec. dalla fusione dei possedimenti dei veneziani conti Grimani, con quelli dei padovani conti Papafava. E così, pittoresche casette antiche che dovevano essere state costruite lungo l’argine del fiume, si fondono con un'imponente villa padronale dai grandi granai, stalle e depositi e ad altri edifici importanti del paese.

Poi, lungo il tratto seguente, per la prima volta, mi spiace constatare la sporcizia che regna imperante ad ogni piazzola di sosta creata dal Comune per consentire ai ciclisti di fermarsi senza intralciare lo scorrimento dell'argine.

Davvero è una bruttura estrema creata per lo più da questi insensati che si ritengono ecologisti solo perché vanno in bicicletta; ma amare la natura è un'altra cosa, è anche non deturparla. Non descrivo lo scempio di queste rientranze, la sporcizia è così abbondante da non riuscire neppure a vedere il suolo.

Forse sarebbe un piccolo passo se il Comune mettesse dei cesti per i rifiuti!!!

Ci vuole ancora molta strada e altrettanta sporcizia prima di arrivare a Cavarzere.

Alle prime case scendo dall’alzaia, sottopasso la strada statale e mi avvio lungo una via che mi pare vada lontano. Ma non so dove sia il centro storico ed ad una donna che in macchina sta uscendo da una viuzza laterale chiedo informazioni.

E’ gentilissima e anche di più perché, quando chiedo dove sia la fermata dell’autobus che dovrebbe portarmi a Padova, mi invita a salire e mi porta alla stazione degli autobus chiedendomi se non voglia piuttosto andare in centro come avevo chiesto in un primo momento.

Quanta disponibilità in questa gente delle terre emerse, quanta lotta contro i loro affascinanti fiumi. Sembrano amanti che le circondano con infinito affetto, talvolta anche troppo. Davvero gentile e generoso questo popolo polesano!

Non vedo nulla di Cavarzere, l’autobus c’è dopo una ventina di minuti ed allora lo attendo per il rientro; per il fine settimana quando le alzaie saranno invase dai ciclisti, preferisco restare a casa.

Una donna rumena mi prende sotto la sua protezione, ha paura che prenda freddo, chiede informazioni per me e mi da consigli. Fa la badante e probabilmente crede che faccia un lavoro simile al suo. E’ sposata con figli, e si è acquistata una casa in Romania. Sebbene abbia sposato un Padovano pensa di tornarci.

Dopo aver raggiunto Padova, ritorno a casa con il treno. Non ha piovuto; alle 16.30 sono già rientrata.