5° Giorno, 29 maggio

LASA – COVELANO – (SILANDRO – COVELANO – MORTER) – COLDRANO (Km. 17 circa)

Al solito raggiungo Lasa, mt. 868, con il treno ed inizio a visitare la cittadina. Mi piace proprio, ben tenuta ed ordinata e le stalle, che normalmente sono situate nelle parte bassa della casa, qui invece sono in legno, addossate alle case in pietra; una particolarità che non avevo mai notato prima. Alcune sono state restaurate in modo meraviglioso da bravi architetti che hanno inserito elementi moderni fra le antiche strutture senza alterarne la peculiarità.

Vicino alla stazione trovo subito la parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista di classico aspetto tirolese ma l’abside, di cui mi accorgo solo all’uscita, è romanica in stile lombardo. All’abside, costruita nel 1160 su preesistenze più antiche, si accede dall’altar maggiore della Chiesa. Il suo interno non è molto interessante se non per una tavoletta in marmo che raffigura i tre martiri Sisinio, Alessandro e Martino. Il campanile alto e slanciato risale al XII sec. e all’epoca era isolato rispetto al corpo principale.

Poco distante vi è anche una semplice Chiesa dedicata a San Marco. La pietra di Lasa, con cui fu costruita, è diventata dorata e si nota solo l’abside che sembra addossata al piccolo edificio rettangolare. Ha un aspetto massiccio e spoglio ma risale anch’essa al XII sec. Contrariamente a quanto segnalato oggi è chiusa.

Vi sarebbe anche un’altra Chiesetta molto interessante dedicata a San Sisinio, una delle più antiche della Val Venosta, ma essendo decentrata non la vado a cercare.

Mi soffermo fra le piccole strade che portano all’Adige e soprattutto sono attratta dalla “ferrovia marmifera“ che dall’alto porta ripidamente in basso gli enormi blocchi di marmo bianco che talvolta presentano venature nerastre. E’ considerato l’oro di Lasa e per la sua qualità viene esportato in tutto il mondo. Assomiglia al marmo di Carrara ed anche con questo vengono fatte sculture prestigiose. La sua lavorazione risale al VI sec. Il marmo viene estratto da una cava in galleria a mt. 1526 e, a cielo aperto, in una cava di Covelano a mt. 2.170.

Ma a Lasa non si può evitare di ammirare quanto resta di un Waale, l’antica canalizzazione che sorpassa sopraelevata il paese.

Attraverso l’Adige e riprendo a camminare sulla pista ciclabile che discende verso Covelano. Spesso vengo spaventata dalle biciclette che giungono alle mie spalle (consigliano di camminare a destra) e mi superano. Non le sento arrivare dato il frastuono dell’Adige irruente che mi scorre al fianco. Il tratto è bellissimo in mezzo agli alberi ed ad una fantasmagoria di fiori, e finalmente vedo anche i ranuncoli. Ogni tanto, quando lo sguardo può spaziare, mi fermo ad ammirare la vasta vallata di meleti che degrada dolcemente in basso. Un laghetto, Brugg, con una deliziosa casina, sembra la reclame idilliaca della zona. Il luogo è proprio bello e rilassante. E più avanti c’è anche un bel ponte coperto in legno su cui poter attraversare l’Adige.

A Covelano, superato il ponte della ferrovia che passa in alto per unire questo paese a Silandro, devio per poterlo visitare. La pista lo ignora anche se Silandro è uno dei grossi paesi della vallata. Gironzolo intorno per curiosare fra le sue case. E’ ben tenuto, ha anche un Castello che lo domina dall’alto, ma trovo affascinante solo il Rathaus e la Chiesa parrocchiale, dedicata a S. Maria Assunta, che fu ricostruita, dopo un incendio, nel 1499. Il campanile con una cuspide sottile si nota da ogni parte della vallata ed è il simbolo del paese. La punta fu costruita leggermente inclinata ad ovest per resistere ai venti impetuosi.

In effetti il vento è compagno di queste terre ed anche oggi soffia malandrino, ma per me è una fortuna; difficile camminare sotto il sole, alle 13, in una giornata così calda.

Ritorno al punto in cui avevo deviato, ma non ho voglia di risalire per andare a vedere le due chiese di Covelano, costruite sopra uno sperone ed allora procedo lentamente lungo l’Adige, ma questa volta alla sua sinistra. Mi inoltro, come al solito, fra meleti ben tenuti come fossero giardini. Le piante sono tutte allineate, in lunghe file rette, a distanze obbligate. Mi stupisce che fra un tronco ed un altro in alcuni casi ci siano appena 50 centimetri.

Avevo sempre pensato ai meli come ad alberi ombrosi dalla larga chioma, ma qui sono coltivati a spalliera, vicini l’uno all’altro e, vedendo il tronco, mi sembrano anche molto giovani. Più che altro sembrano lunghe siepi. Certo sono già pieni di frutta. Le mele che in alto erano piccole come ciliege, qui, più in basso, sembrano già grandi come prugne. Mi pare che quest’anno ci sarà una grande produzione.

Io però voglio andare a Morter, mt. 729; che strano nome per un paese che avrà senz’altro significati diversi da quello che evoca in italiano. I ciclisti, con le loro biciclette lussuose, con i loro carrettini al seguito per consentire a figli e cani di aggregarsi a loro, mi hanno abbandonato per proseguire sulla pista ciclabile.

Ad un bivio scelgo questa destinazione. Adesso non ci sono più ciclisti che mi sorpassano, sono proprio sola. Realizzo che i ciclisti non vanno a vedere castelli e musei, forse li avranno già visti in altre occasioni e non trovo neppure i grandi podisti che ostentano doppie racchette. Immagino che questi percorreranno i faticosi sentieri di montagna. In sostanza sono l’unica Pellegrina che percorre la vallata. Ho mantenuto il mio zaino con la tanto comoda borsetta davanti ed ho tenuto anche la conchiglia di Santiago come simbolo e protezione. Chissà se fra i tanti ciclisti qualcuno è stato anche là. Certo qui sono quasi tutti di nazionalità tedesca e sebbene nulla indichi che sono italiana, se non il mio snobistico ed antiquato equipaggiamento vestiario che ben si nota fra tutte queste tutine ristrette, lucide e colorate, nessuno intorno ha mai proferito la parola Santiago.

Quando dopo tanti meli ed un po’di salita arrivo in una piccola piazza spoglia ma con una fontana gorgogliante a cui mi rinfresco un po’, mi guardo intorno. Resto delusa, il luogo è squallido, quasi abbandonato, ma poi scopro un cartello che mi indica la direzione di ciò che intendo vedere e, subito sotto, anche di rivolgersi al Sig. Leo per prendere la chiave.

Mi dirigo all’indirizzo segnalato, sono le 14,30, non so che fare, sul cartello non ci sono orari ma non vorrei disturbare, e attendere lì e quanto, non mi entusiasma. Suono e dopo un po’ una signora zoppicante che arriva da chissà quale punto della vecchia casa mi apre sorridente. Mi scuso per averla disturbata a quell’ora, ma lei mi rincuora e mi chiede in quanti siamo. Sono sola dico ed allora imbarazzata pensa un po’, e poi mi chiede E. 1,50. Le lascio di più; "è per i poveri" mi dice allora.

Mi consegna una grande chiave antica raccomandandomi di chiudere bene poi.

Attraverso un sentierino ben lastricato e arrivo finalmente alla Chiesetta di S. Vigilio e di S. Biagio, sepolta tra i meli. E’proprio speciale. Le sue tre absidi sono messe a croce, formando un trifoglio; unica tipologia del genere in Alto Adige.

Un piccolo accenno di campanile sporge dal tetto. Un affresco con una crocifissione è situato nella parete esterna dove vi è anche l’ingresso con un portale gotico in pietra che porta all’interno, ad un’unica navata rettangolare. Alcuni lacerti di affreschi ne richiamano il suo antico splendore. Ed una grande iscrizione sul fregio del corpo principale in alto, ne ricorda l’inaugurazione.

Fu consacrata nel 1080 dal Vescovo di Trento per concessione dei Vescovi di Coira a cui allora apparteneva la giurisdizione. Non dimentichiamo l’eccezionalità della cosa, dato che questi Vescovi detenevano nelle loro diocesi anche il potere temporale.

All’interno vi è solo un altare in legno del 1600 e qualche arredo. Il soffitto piatto in legno è in parte intarsiato.

Riporto la chiave antichissima alla moglie del Sig. Leo poi mi avvio a vedere il paese e la Chiesa parrocchiale di S. Dionisio. Mi dicono invece che la Chiesetta di S. Stefano, celeberrima per i suoi affreschi del XV sec. è chiusa per restauro.

Non risalgo neppure fino al castello Untermontani non aperto al pubblico e dell’altro, più in basso, sono rimasti solo pochi ruderi. Li fotografo dalla Chiesa poi lentamente e molto ripidamente ridiscendo a valle fino a Coldrano da dove riprendo il treno.

Ma Morter, una frazione piccola di Laces, che si insinua verso la montagna nella Val Martello, grande produttrice di fragole, è porta d’ingresso al Parco Nazionale dello Stelvio ed al ghiacciaio del Cividale, mt. 3769. E’ un paese da non trascurare: 2 ruderi di castelli, quello di Obermontani e quello di Untermontani, due chiesette meravigliose e la chiesa parrocchiale.