Cortisone Airlines

Homem caminhando por um túnel com uma câmera em São Martinho do Porto, Portugal,

Joaquim Alves Gaspar, 1969/1970 - foto tratta da commons.wikimedia.org

Oggi sto bene. Mi sento bene, veramente bene.

Il sole è alto e viaggio nella stanza con lo sguardo, vado incontro all'aria, la sfido, l’afferro e me la ficco nei polmoni. Oggi ho fame, tanta fame, fame di tutto: ho voglia di fare, andare, uscire. Oddio, uscire no, ma facciamo almeno due passi.

Come sono morbide queste ciabatte, non lo avevo mai notato.

Porca put... Perché c’è quest’affare in mezzo ai piedi, stavo per fare un macello. Cacchio, Gianni! Dovevi lasciarlo proprio qua il tuo vaso? Comunque non fa niente, oggi sto troppo bene per prendermela. Vorrei dirlo anche a Gianni, ma lui adesso dorme.

Che faccio? Lo sveglio? Ieri sera aveva gli occhi così tristi.

Magari lo sveglio e gli faccio una scena di “Così parlò Bellavista”, così si riprende un po’. Meglio di no, ché a nessuno piace essere svegliati. Fossi una bella donna, ah, allora sì che gli piacerebbe!

Mi fiondo verso il corridoio e mi sembra di decollare.

“Mamma mia, che paura!”

“Luisella! Scusa, scusa, oggi mi sembra di volare.”

“Ecco, bravo, occhio solo a non atterrare su...”

“Sergio carissimo!”

“Esatto”, conferma Luisella nel dissolvere le rughe del viso in un sorriso materno.

Sergio mi fa un cenno con la mano destra e poi la rimette subito sul manubrio per tenere dritto il carrello che conduce. Percorre in fretta il corridoio e non parla quasi mai, sembra spesso assente, come se proiettasse altrove il suo cuore per difenderlo dagli abitanti di questo luogo.

Oggi, però, mi sembra di vederci meglio.

Oggi gli occhi di Sergio mi parlano dritto alle viscere.

Raccontano di un’infinita pena e di un’umanità stordita dal destino che incontra ogni giorno all’Istituto.

“Ti senti bene?” mi chiedono, “Lo sai perché?”

Si avvisano i signori passeggeri che stiamo per atterrare in pieno deserto, siete pregati di riporre le vostre speranze e restare calmi fino alla prossima dose. Grazie per aver volato con la Cortisone Airlines.

Non uscirò mai da qui, non da vivo.

Per qualche secondo l’udito mi abbandona, il corpo si fa pesantissimo e lieve a un tempo, muovo passi insensati fino a trovarmi davanti a una finestra.

Vedo piccole figure camminare, poi una macchina blu frena bruscamente per occupare un posto che sta per liberarsi in via Venezian.

Alzo lentamente lo sguardo, forse in cerca del cielo, mi fermo prima di trovarlo.

In un palazzo dall’altra parte della strada c’è qualcuno alla finestra come me, sembra un uomo della mia età, immerso nel limbo ovattato tra i trentacinque e i quaranta. Un’età strana questa, in un tempo strano: troppo presto per nulla e troppo tardi per molte cose.

Stronzate! Tu pensi sia troppo tardi per qualcosa?

“Stronzate!” dico a voce alta.

Gli parlo da finestra a finestra, come fossimo la stessa persona che si parla da due universi paralleli.

Se nel mio mondo qualcosa è andato storto, ed è andato storto eccome, non posso permettere che lui bruci il suo.

“Mettiti in testa una cosa: vivi la tua vita e non trovare mai scuse per non farlo. Risorgi, Cristo santo, tu che puoi!”, quasi colpisco il vetro con i pugni che agito nell’aria.

Con la coda dell’occhio mi accorgo che due signore calve in vestaglia si sono fermate alle mie spalle e mi guardano intimorite. Non mi interessa.

Devo dirglielo, sì, devo gridarglielo perché mi deve sentire.

Tutti mi devono sentire.

“Non trovate scuse, non trovate scuse, non trovate scuse!”

Domenico Petraroli