Querida Amazonía

Vescovi Armeni Cattolici a Gerusalemme nell’anno 1880 - foto tratta da commons.wikimedia.org

Mi permetto una breve considerazione sull’Esortazione apostolica postsinodale Querida Amazonia (“Amata Amazzonia”) del 12 febbraio 2020.

Non mi soffermerò sui temi ecologici, sociali e culturali che fin dall’inizio erano indicati come i principali punti di discussione del sinodo. Questi punti sono stati esaurientemente sviluppati nel documento papale, anche riprendendo e ampliando gli argomenti già trattati nella Laudato si e nell’Evangelii Gaudium.

Mi soffermerò solo sul punto di natura ecclesiastica che, pur essendo in teoria secondario, fin dall’inizio aveva sollevato opposizione da un lato e tante speranze dall’altro, almeno qui in Occidente: il problema della carenza di preti che possano presiedere all’eucaristia, e che sembrava superabile in Amazzonia con l’ordinazione eccezionale di diaconi sposati.

A pubblicazione avvenuta, il parere generalmente condiviso è che il Papa non ha concesso i sacerdoti sposati all’Amazzonia. Ad esempio, Famiglia Cristiana dice che nessun richiamo alla possibilità di ordinare preti uomini sposati si trovi nell’Esortazione, che è solo un appassionato messaggio d’amore per gli ultimi (“Famiglia Cristiana” n. 8/2020, 38).

Chi si aspettava quest’apertura ha fatto sentire la sua delusione perché nell’Esortazione, in effetti, non si parla espressamente dei viri probati, cioè dell’ordinazione di alcuni uomini sposati. Chi era contrario all’innovazione ha gioito per il mantenimento dello status quo, dove resta fissato in maniera definitiva e immutabile ciò che gli uomini devono o non devono fare.

Giusto per citare qualche commento dei delusi:

- Ha scritto Stefano Sodaro nel numero speciale del 12.2.2020 di questo giornale: “Con molta semplicità bisogna concludere che l’esortazione non prevede al riguardo nulla, con ciò lasciando non risolta la questione” (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/edizione-straordinaria---12-febbraio-2020/roma-non-locuta-causa-non-finita).

- Nella rivista Adista n.7/2020, Aldo Antonelli  (nell’articolo Roma locuta est?) ha scritto: “Su questo punto il documento glissa con una nonchalance diplomatica che stona con lo stile franco e profetico di papa Francesco”

- Il vaticanista Politi ha scritto che papa Bergoglio è stato stoppato: “il documento post-sinodale dedicato all’Amazzonia non dice infatti una parola sulla possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati e tace anche sull’eventualità di dare uno status speciale alle donne, che guidano le comunità cattoliche sparse nella foresta amazzonica” (Politi M, “Il Fatto quotidiano”, 13.2.2020).

Personalmente, invece, qualche perplessità su queste amare deduzioni le avrei, e mi fermo sull’obbligo di celibato dei preti, gli unici che possono celebrare l’eucaristia, perché la questione sulle donne non aveva raggiunto la maggioranza neanche nel sinodo amazzonico.

Guardiamo allora cosa dicono i documenti.

• Il Documento Finale dell’Assemblea Sinodale sull’Amazzonia, dopo aver evidenziato al n. 89 che: «è urgente fare in modo che i popoli amazzonici non siano privati del Cibo di nuova vita e del Sacramento del perdono», ha aggiunto al n. 111 che «Molte comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accesso all’Eucaristia», che essendoci già anche nella Chiesa cattolica sacerdoti sposati e sacerdoti celibi, la  maggioranza qualificata del sinodo ha chiesto di poter «ordinare sacerdoti uomini adatti e riconosciuti dalla comunità, che abbiano esercitato un proficuo diaconato permanente e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, così da sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle aree più remote della regione amazzonica».

A questo punto, poi, solo alcuni dei partecipanti – non la maggioranza,-  si sono pronunciati per un approccio generale alla questione, superando i confini dell’Amazzonia, il che finora non è avvenuto.

• Guardiamo ora cosa ha scritto il papa nell’Esortazione:

1) dice di voler presentare ufficialmente il documento del Sinodo (§3), cioè lo riconosce pienamente. Se in società presento ufficialmente una signora come mia moglie, rendo noto a tutti che quella signora che presento ha davanti a tutti lo status di moglie ufficiale.

2) dice di non volerlo neanche citare per non fare inutili ripetizioni, ma invita tutti a leggerlo (§3), e noi abbiamo appena letto cosa dicono i nn. 89 e 111 del detto documento;

3) dice che non intende sostituirlo, ma solo offrire un breve quadro di riflessione (§2), cioè non intende cambiarne una virgola del documento sinodale, per cui l’approvazione a maggioranza qualificata dell’apertura all’ordinazione «di sacerdoti uomini adatti e riconosciuti dalla comunità, che abbiano esercitato un proficuo diaconato permanente e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, così da sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle aree più remote della regione amazzonica» viene mantenuta, non viene affatto cambiata. L’Esortazione si affianca così al documento sinodale [2], che prevedeva questa novità eccezionalmente legata all’Amazzonia. Ovviamente, poiché si parla di celebrazione dei sacramenti si comprende anche l’eucaristia, che è uno dei 7 sacramenti riconosciuti dalla Chiesa cattolica.

4) si augura che tutti (chierici e laici) s’impegnino alla sua applicazione (§4), cioè che sia data piena attuazione al documento del sinodo; in altre parole che sia data effettiva esecuzione anche alla richiesta di ordinare preti sposati.

5) infine si augura che il documento sinodale possa ispirare in qualche modo tutte le persone di buona volontà (§4), cioè che sia spunto per una discussione più ampia e per operare anche al di fuori dell’Amazzonia. Dunque ‘porte aperte’ anche per continuare a discutere dell’allargamento del prete uxorato in tutta la Chiesa, e della posizione delle donne nella Chiesa.

Il Papa, per sua ammissione, non ha sviluppato “tutte” le questioni “abbondantemente esposte” nel documento finale (§2 dell’Esortazione), perché – come detto, - col suo documento accompagna il documento conclusivo sinodale. Per quanto sopra visto, perciò, non mi sembra si possa concludere nel senso che, non avendo espressamente autorizzato il sacerdozio uxorato, lo abbia rigettato; piuttosto, appunto, non lo ha ulteriormente sviluppato.

Era il caso di svilupparlo? Forse sì. Bastava una riga per dire che si ammettevano i preti sposati delegando i vescovi per le modalità relative. Ma forse il papa ha voluto evitare di aggravare una frattura grave e pericolosa già presente nella Chiesa cattolica, in particolare dopo il libro di Benedetto XVI e Sarah Robert, Dal profondo del nostro cuore, Cantagalli, Siena, 2020, con cui i due autori avevano giocato d’anticipo riaffermando la necessità del celibato per tutti i preti cattolici, così entusiasmando tutti i tradizionalisti.

Il papa ha voluto rinviare la soluzione a tempi migliori? “Non lo so” dice Antonelli (Roma locuta est?, in Adista n.7/2020). Secondo la sua opinione, però, il capitolo quarto dell’Esortazione, là dove si descrivono i tratti di un “Sogno ecclesiale” in cui la monotonia faccia posto alla «pluriforme armonia» (n. 61), e l’annuncio evangelico venga «espresso in molte modalità diverse» (n. 64) perché «non renderebbe giustizia alla logica dell’incarnazione pensare ad un cristianesimo monoculturale e monocorde» (n. 69), presenta come dei vuoti amari, domande sottaciute cui non si vuol dare risposta espressa.

Invece a me sembra che questi richiami non solo parlino della visione di una Chiesa nuova e diversa da quella attuale (ancorata al potere della curia romana e ferma sulle proprie immutabili tradizioni), ma rafforzino la decisione di dare attuazione al punto 111 del documento finale, come indicato ai §§1-4 dell’Esortazione.

Ma come è possibile dare esecuzione da parte della Chiesa amazzonica al punto viri probati se il papa non ha espressamente dato il beneplacito all’introduzione di questa novità?

Con l’art. 18 della Costituzione apostolica Episcopalis Communio del 18.9.2018 papa Francesco aveva stabilito che, se approvato espressamente, il documento finale di un sinodo partecipa del magistero, cioè è magistero; perfino è sufficiente la sola ratifica se il Pontefice aveva in anticipo concesso all’Assemblea del Sinodo potestà deliberativa, a norma del can. 343 del Codice di diritto canonico.

Nel caso di specie, non ho trovato documenti sul punto, per cui non so dire (ma non credo, perché sarebbe venuto fuori) che il sinodo avesse avuto in via anticipata potestà deliberativa. Quando però si dice che il documento sinodale è tanto chiaro che il papa non pretende di sostituirlo in nessuna parte, ma anzi si vuole ‘presentarlo ufficialmente’ e si chiede che tutti i vescovi e agenti pastorali dell’Amazzonia si impegnino nella sua applicazione, e addirittura si auspica espressamente la possibilità di creare una Chiesa cattolica di rito amazzonico (https://formiche.net/2020/02/amazzonia-chiesa-esortazione-fernandez/) (cfr. §§61 e 77 dell’Esortazione, dove si parla più precisamente di “volto” e non di rito, ma la prevista inculturazione fa cambiare entrambi), è ancora possibile negare che siamo davanti a un’approvazione espressa?

Quanto al “regolamento di attuazione”, il §26 della Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, del 21.11.1964 è più che sufficiente, avendo statuito che: “Ogni legittima celebrazione dell'eucaristia è diretta dal vescovo, al quale è demandato il compito di prestare e regolare il culto della religione cristiana alla divina Maestà, secondo i precetti del Signore e le leggi della Chiesa, dal suo particolare giudizio ulteriormente determinante per la propria diocesi”. Quindi i vescovi amazzonici potranno predisporre loro stessi le regole minute impegnandosi così nell’effettiva applicazione del documento sinodale, come chiesto dal papa.

Ricordo che un atteggiamento così cauto e gesuitico, di fronte alla manovra a tenaglia (interna ed esterna) che viene mossa contro papa Francesco, non è nuovo: nell’Esortazione postsinodale Amoris laetitia, papa Francesco ha aperto alla comunione dei divorziati senza che quella volta, a differenza del caso Amazzonia, il sinodo della famiglia si fosse neanche espresso con una maggioranza qualificata sul punto. L’approvazione implicita (che giuridicamente non basta) là si intuisce nel testo ove si legge: «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa». L’approvazione diventa però espressa, ancorché non proprio franca, nella nota 351 a piè pagina ove si legge: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (Esort. Ap. Evangelii gaudium 24.11.2013). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “Non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”».

Come ha ben evidenziato il noto vaticanista Politi Marco (Politi M., La solitudine di Francesco, Laterza, Bari-Roma, 2019, 118) per i confessori e i parroci sparsi per il mondo, che già da tempo rifiutavano l’inesorabilità della dottrina ufficiale vaticana, la piccola nota è bastata, essendo stata intesa come “via libera”.

Ambiguo? Sì. Ma non pensate che le leggi italiane – quando ci si trova di fronte a contrasti insuperabili fra i partiti in Parlamento - siano fatte meglio: sono fatte in modo che ogni partito possa leggerle nel senso che più gli aggrada, mettendo poi in grave imbarazzo i giudici (basta pensare alle leggi sull’equo canone o alla legge sull’aborto, che parte dal principio generale che non si tratta di un mezzo di controllo delle nascite, in teoria: ma in pratica?).

Inoltre – come detto nell’articolo È possibile discutere dei dogmi? al n. 538 di questo giornale (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/numero-538---5-gennaio-2020/e-possibile-discutere-di-un-dogma) - la Chiesa cambia anche se dice di non cambiare mai, solo che i cambiamenti avvengono molto lentamente, quasi impercettibilmente, e spesso senza neanche essere formalmente ufficializzati.

Faccio anche notare che, seguendo il Vangelo, lo stile di papa Francesco non impone mai, offre. Offre a tutte e persone di buona volontà i vari “sogni” sull’Amazzonia elencati nell’Esortazione. A tutti il compito di contribuire a realizzare questi sogni.

Infine ricordo che viene ancora definito scismatico chi non si sottomette al papa (n. 2089 Catechismo della Chiesa Cattolica). Nel secolo scorso i vescovi che avessero osato opporsi così platealmente sarebbero stati  tutti silenziati e scomunicati, e anche tanti politici (tipo Bolsonaro che non segue le indicazioni del papa sull’Amazzonia) avrebbero fatto la stessa fine. I tempi delle scomuniche esplicite e dei roghi (per fortuna) sono finiti, e questo papa (per fortuna) non fa più valere il principio di autorità, che poi vuol dire per tutti gli altri l’obbligo di obbedire. Invita piuttosto al discernimento e responsabilizza le coscienze individuali, cercando sempre di evitare lo scontro diretto.

Il tempo dirà se papa Francesco aveva ragione di agire così.

 

Dario Culot

[1] Cercherò, per mia deformazione professionale, di leggere il documento papale in controluce, per trarre le implicazioni giuridiche anche non palesemente esplicitate.

Può darsi che la mia visione sia anche deformata dall’idea che il celibato non debba essere un’imposizione: cfr. l’articolo Il celibato dei preti cattolici al n. 543 di questa rivista (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/numero-543---9-febbraio-2020/il-celibato-dei-preti-cattolici).

Ricordo però che durante il volo di ritorno dalla Terra Santa il 26 maggio 2014 anche il Vescovo di Roma aveva detto: «Il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita, che io apprezzo tanto e credo sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre una porta aperta».

[2] Il commento alla Esortazione apostolica di papa Francesco “Querida Amazonia” del 12.2.2020 in “La Civiltà cattolica” evidenzia che: “È la prima volta che un documento di tale importanza magisteriale si presenta esplicitamente come un testo che ne «accompagna» un altro, cioè il Documento finale del Sinodo, intitolato Amazzonia: nuove strade per la Chiesa e per un’ecologia integrale”.