Maladolescenza

Attraverso la testimonianza di quindici adolescenti, Maria Rita Parsi

descrive le difficoltà che i ragazzi incontrano durante questo

particolare

periodo della vita, che inevitabilmente crea delle profonde crisi

esistenziali , a causa del difficile passaggio dall'infanzia

all'età adulta.

Dobbiamo fare i conti con le nuove tecnologie che invadono la vita dei

nostri figli e che possono creare non pochi problemi.

Lo chiamano Hikikomori, il fenomeno che colpisce i ragazzini e che li

rende dipendenti da internet dalle dieci alle quattordici ore al

giorno. In Italia, nell'ultimo biennio, i giovani ed i ragazzini che

soffrono di questo problema, sono circa due milioni.

La prima testimonianza riguarda un ragazzo di nome Salvatore che fin da

quando aveva solo sette anni, era appassionato di internet e

a dodici era in grado di gestire questo difficile e complicato mondo

virtuale, scaricando film e giochi.

I genitori all'inizio erano molto orgogliosi del loro ragazzo, ma non si

rendevano conto che Salvatore stava diventando sempre più dipendente dai

suoi giochi virtuali.

Era passato da giochi che avevano come temi diversi sport, a giochi

sempre più violenti, dove i protagonisti erano dei criminali che

uccidevano senza motivo e pur di non farsi prendere dalla polizia, si

toglievano la vita.

Salvatore passava più di dieci ore davanti alla PlayStation, non

conduceva più una vita normale, aveva perso i suoi amici e frequentava la

scuola, solo perchè costretto, senza dedicare più di un quarto d'ora

allo studio.

Aveva solo un amico, con il quale scambiava i compiti e non provava

interesse nemmeno per le ragazze.

Dopo quattro anni di dipendenza totale, Salvatore ha avuto una crisi

epilettica e solo allora il padre ha deciso di intervenire, portandolo via

con la forza da quel gioco "infernale".

Salvatore ha dovuto passare un bruttissimo periodo di disintossicazione,

il padre lo ha portato due settimane in montagna per permettergli di stare

a contatto con la natura, lontano da quel mondo virtuale.

I genitori hanno deciso di intervenire solo di fronte alla crisi

epilettica del figlio, lasciando che passasse quattro anni "rinchiuso" nel

suo mondo.

Ora Salvatore è un ragazzo felice con tanti amici e vede quel periodo

della sua vita, come un incubo da dimenticare.

Non meno toccante e direi scioccante, è la storia di Patrizia che vive

a Canicattì. La sua vita da diciassettenne appare normale, ha un

ragazzo, pratica il nuoto, ha degli amici, ma ha un desiderio

profondo e terribile: vuole uccidere la madre.

Prova un odio profondo verso questa donna che non le ha fatto mai

mancare nulla a livello materiale, ma non l'ha mai ricoperta di

affetto.

Questa donna è sempre stata molto fredda e sicura di sè, è lei quella

che guadagna di più in famiglia e si potrebbe definire tranquillamente

come "l'uomo di casa".

Il padre è adorato da Patrizia, le ha sempre dimostrato affetto e

comprensione ed ha subito come lei, il carattere forte della moglie.

Quando è arrivato il menarca, la madre le ha semplicemente detto che era

diventata una donna e Patrizia a 11 anni, non capiva il significato di

queste parole sterili che le sono risuonate in testa per anni.

Il suo desiderio di uccidere la madre e di poter vivere con il suo

fidanzato vicino al padre, è scaturito da una semplice discussione in cui

la madre le intimava di abbassare il volume della musica di un gruppo

metal.

La voglia di ucciderla, rappresenta il desiderio di uscire dal mondo

che la soffoca e le impedisce di emanciparsi.

Fortunatamente "la sua intelligenza emotiva le offre la consapevolezza

di tenere distante da sè questo desiderio".

La Parsi attraverso la testimonianza di Giada, una ragazza di

buona famiglia, che dopo aver mangiato sente il bisogno di vomitare,

affronta il problema della bulimia.

La ragazza è seguita da alcuni anni da diversi psicologi che per ora

non hanno ottenuto risultati significativi, poichè si rifiuta di vedere

il suo comportamento come un problema.

Del resto anche il papà, assente, ma considerato da Giada più

affettuoso

della mamma fredda e distaccata, lo vede come un fatto legato al

delicato periodo dell'adolescenza.

Solo la mamma comprende che il suo problema può diventare cronico e

causare la morte, ma lei ritiene che sia solo un modo per rimanere in

forma e bella, perchè, comunque, ha una visione di sè molto positiva.

Infatti non ha altre difficoltà, va benissimo a scuola e da qualche mese

ha un ragazzo che considera il suo problema, come un modo per affrontare

il senso di solitudine , che anche lei ammette di provare, non avendo un

buon rapporto con la mamma.

La Parsi si sofferma poi, sulla testimonianza di Elisabetta di appena

diciotto anni , che ha collezionato da tre anni appena, una trentina di

storie sessuali.

La ragazza è molto sicura di sè, ha sempre ottenuto dei voti altissimi

a scuola e si è sempre mantenuta agli studi con qualche lavoretto,

nonostante il papà benestante.

Elisabetta descrive in maniera chiara e precisa tutte le sue relazioni

sessuali, dichiarando di non essersi mai innamorata.

Per lei il sesso è un gioco ed un divertimento ed è sicura che se

fosse stata un maschio, sarebbe stata una cosa normalissima.

L' autrice è convinta che quando "la realtà trapasserà la barriera di

cellophane che la avviluppa e la tiene apparentemente protetta",

riuscirà finalmente ad innamorarsi, abbandonando l'illusione di essere

un'eroina del femminismo.

La Parsi fa conoscere altre testimonianze di ragazzi che apparentemente

conducono una vita normale e quasi tutti appartengono a famiglie agiate,

figli di dottori, avvocati, ma sono entrati ormai in un turbine di

dipendenza, dal quale sarà difficile uscire.

Tutte le storie sono caratterizzate dal fatto che i genitori credono

alle loro bugie, forse perchè per loro è più facile che affrontare la

dura realtà di avere un figlio spacciatore e dipendente dalla

cocaina,

come Paolo, che da alcuni anni riesce a guadagnare parecchi soldi

spacciando e quattro volte la settimana fa uso di questa sostanza,

convinto che potrà smettere tranquillamente , finito il liceo.

Nessun adulto vicino a lui , gli ha spiegato i rischi a cui va incontro

il suo sviluppo psicofisico.

E poi c'è Paride , un sedicenne , che rientra tardi, all'una o alle due

di notte, dopo aver bevuto sei birre, duo o tre Campari e qualche

whisky. C'è da chiedersi come fa una mamma dottoressa ed un padre

avvocato non accorgersi che il figlio puzzi di alcol, che non sia giusto

che a quell'età rientri così tardi a casa, accontentandosi della

sufficienza nelle materie scolastiche.

Questi ragazzi nascondono il loro bisogno di essere guidati in questo

periodo dell'adolescenza ed il loro disagio, attraverso

l'abuso di sostanze che per un pò riescono a regalargli dei momenti di

felicità, senza rendersi conto che potrebbero causargli dei

danni irreversibili o addirittura la morte.

Tutte queste storie, tra le quali c'è anche quella di Francesca, una

diciottenne che prova piacere nel tagliarsi con una lametta e lo

scorrere del sangue, provoca il lei un brivido di vera libidine, ci

aiutano a capire come gli adolescenti di oggi siano bambini quando sono

costretti ad assumersi una minima responsabilità e nello stesso tempo si

sentono adulti quando si percepiscono liberi di fare ciò che

vogliono senza dover chiedere niente a nessuno.