Incontro con il musicista Sergio Reggioli

Il Resto del Carlino ci ha dato l’opportunità di intervistare un talentuoso musicista della nostra città, Sergio Reggioli, polistrumentista e violinista che fa parte dei Nomadi dal 1998.

Il 29 Marzo, noi ragazzi della Redazione Giornalistica e i ragazzi dell’indirizzo musicale del comprensivo Sanzio di Porto Potenza Picena abbiamo avuto modo di incontrarlo e fargli delle domande per conoscere la sua storia e avere da lui dei consigli.


D: La musica è sempre stata il suo sogno fin da bambino?

R: Mi sono appassionato alla musica fin da piccolo grazie alla mia famiglia che mi ha fatto conoscere questo mondo, in particolare devo ringraziare mio padre che ha investito molto sulla mia formazione musicale e anche su quella di mio fratello maggiore (Enrico Reggioli, pianista e direttore d'orchestra, ndr). Ho iniziato a suonare molto presto, infatti alla vostra età già suonavo il violino da 4-5 anni.


D: Ha sempre sognato di diventare famoso?

R: Quando ero bambino era molto diverso da ora, non c’erano i social che ti permettono di entrare velocemente nelle case degli altri e di inviare in pochi secondi messaggi e immagini dall’altra parte del mondo. Il mio sogno da piccolo era il palco di Sanremo, la trasmissione televisiva che tutti seguivano era un traguardo in cui sentivi che la notorietà sarebbe arrivata. Sinceramente questo nei miei sogni c’era, perché la musica dà tanto ma richiede anche tanto sacrificio. La musica è una compagna di vita da cui si fa fatica ad allontanarsi, ma il sacrificio che comporta imparare a suonare uno strumento è ripagato solo quando puoi condividere le emozioni con chi ti ascolta, quella è una forma di successo.

D: Come è entrato a far parte dei Nomadi?

R: Prima di entrare nella band collaboravo con Lorella Cerquetti e Marco Petrucci, che avevano composto canzoni per i Nomadi. Dopo circa cinque anni è capitato che la band cercava due nuovi membri ed ha contattato tutti i collaboratori per iniziare a vagliare alcuni musicisti. Marco Petrucci diede il mio nome e io ancora oggi lo ringrazio. Feci un provino e mi dissero che mi avrebbero ricontattato, ero al settimo cielo. Dopo circa un mese invece mi dissero che, nonostante l’ottimo provino, avevano scelto un altro musicista. Era il 1998, persi tutte le speranze, iniziando a costruirmi un nuovo piano in cui la musica non c’era più. Dopo qualche mese invece ricevetti la chiamata di Beppe Carletti (fondatore dei Nomadi) che mi chiese di unirmi a loro.


D: Ha fatto subito amicizia con i membri della band?

R: All’inizio ci ho messo un po’, ma poi abbiamo condiviso momenti molto belli specialmente durante i tour estivi anche al di fuori del palco e del concerto.

D: Come si è sentito la prima volta che è salito sul palco?

R: Le prime esperienze le ho fatte in conservatorio con le esercitazioni orchestrali, sicuramente ero molto emozionato ma l’emozione più forte l’ho provata quando ho esordito di fronte a quasi 3000 persone al Palasport di Vicenza. Non lo dimenticherò mai. Sono comunque riuscito a godermi quell’emozione perché la mia preparazione mi ha fatto vivere serenamente e a mio agio quell’esperienza.


D: Ha raggiunto il suo sogno o ha ancora altri obiettivi?

R: Posso dire di averlo realizzato, perché ho sempre guardato il mondo musicale come un sogno e ora lo vivo da dentro ed ho la possibilità di avere di fianco sul palco artisti che avevo sempre ascoltato e visto ai concerti.


D: Quali sono i suoi idoli musicali?

R: I miei idoli musicali sono molti ma sono legato in particolare a Franco Battiato perché ha fatto parte della mia vita spiritualmente e musicalmente; rimane l’icona più importante nella mia carriera musicale.


D: Grazie ai Nomadi ha incontrato tanti artisti, ma anche tante personalità della cultura e della politica, qual è stato l’incontro più importante?

R: L’incontro più importante è avvenuto attraverso i Nomadi perché un fan siciliano, che ora è un grande amico, mi ha fatto incontrare il filosofo Manlio Sgalambro, che era molto legato a Franco Battiato. Con lui ho passato due ore nel suo studio a parlare di musica e cultura, e credo sia una delle cose più speciali che ho vissuto in questi anni.



D: Qual è la sua canzone preferita tra quelle che avete scritto?

R: Una canzone che mi piace molto è “Lo specchio ti riflette”, un brano del 2009, che ha visto la nostra collaborazione con i Jarabe de Palo. Un altro brano a cui sono legato è “Qui è passato l’amore”. Particolare è il mio legame con “Io vagabondo”: pensate che, quando ero più giovane e suonavo nei pianobar, non conoscevo questa canzone e ogni volta che qualcuno la richiedeva la lasciavo suonare ai miei colleghi. Ora invece la suono quasi tutte le sere, ed è una grande emozione vedere come sia un brano amatissimo che lega molte generazioni.


D: Con il COVID-19 lei ha smesso di fare musica? Come ha influito sul suo lavoro?

R: Durante la pandemia il settore musicale è stato tra i più colpiti e si sono bloccati tutti i concerti, che sono la nostra principale fonte di lavoro. E’ stato un periodo molto duro non solo per noi artisti sul palco, ma anche per tutte le maestranze che lavorano per organizzare e rendere materialmente possibili i concerti.


In chiusura dell’incontro ci siamo fatti una foto tutti insieme, e ci siamo lasciati con la promessa di rivederci presto: Sergio Reggioli ha infatti espresso il suo desiderio di tornare a trovarci durante le prove di Musica d’insieme dell’indirizzo musicale per suonare qualcosa insieme a noi.

Rivolgiamo un ringraziamento al Resto del Carlino per averci dato questa opportunità e al Maestro Reggioli per averci portato nel mondo della sua musica e per essersi dimostrato molto disponibile a rispondere alle domande e curiosità.