Giornata della Legalità

La Memoria è Impegno

Lo scorso lunedì 23 maggio la Secondaria dell’IC Sanzio ha celebrato la Giornata della Legalità nel trentesimo anniversario delle stragi di mafia del 1992, ricordando le vittime di Capaci e di via D’Amelio.

Alla piccola ma significativa cerimonia di commemorazione nel cortile della nostra scuola ci hanno fatto l’onore di partecipare il Questore di Macerata, dott. Vincenzo Trombadore, il Capitano dei Carabinieri Massimo Amicucci, il Maresciallo Fabio Pizzoferrato, l’ex Dirigente Scolastico Francesco Forti con sua moglie per l’associazione Lions Club e la presidente del Consiglio d’istituto Alessandra Perticarà in rappresentanza di tutti i genitori.

Le storie dei giudici Falcone e Borsellino, di Francesca Morvillo e degli agenti Montinaro, Schifani, Dicillo, Loi, Cosina, Catalano, Li Muli e Traina, il cui Spirito di Servizio, Senso del Dovere e Amore per la Giustizia si sono drammaticamente scontrati con l’illegalità e la brutalità di Cosa Nostra, ci hanno testimoniato come la scelta del Male da parte della mafia e, in alcuni casi, anche un Destino beffardo hanno avuto la meglio su di loro ma non hanno spento i valori e le speranze che essi coltivavano.

La cerimonia si è aperta con la piantumazione di un ulivo, gentilmente donato alla nostra scuola dal vivaista e docente Alessandro Magagnini: alla giovane pianta abbiamo appeso dei bigliettini con i nostri pensieri, sul modello dell'albero della legalità di Falcone e dell’ulivo che la mamma del giudice Borsellino ha fatto piantare in via D’Amelio nel punto dell’esplosione.

La Dirigente Scolastica Nicoletta Ambrosio ha parlato con noi giovani che portiamo avanti la memoria di fatti avvenuti quando non eravamo ancora nati, sottolineando quanto ancora sia importante saper dire NO alla mafia senza avere paura.


Il Questore Trombadore si è rivolto direttamente ai ragazzi: “avete organizzato un'attività importantissima: anche se localizzata nella vostra scuola è un esempio per tutta la nazione. Con il comandante della compagnia dei Carabinieri di Civitanova Marche siamo qui a testimoniare che le forze dell'ordine sono di rilevanza necessaria e imprescindibile per quanto riguarda la protezione della collettività, che reagisce al male dell'illegalità con forza.

Dobbiamo continuamente essere presenti e crederci tutti insieme: nel '92 io mi trovavo in Sicilia, dopo 6 giorni dalla strage fui mandato presso la Criminalpol di Palermo e mi occupai di alcune tracce di investigazione relative all'attentato.

Tutti insieme noi forze dell'ordine abbiamo reagito, ma sorprendentemente c'è stata una rivolta sociale di ragazzi come voi all'epoca che consentono adesso a tutti coloro che vanno ora a Palermo di vedere tutta un'altra città che festeggia in ogni angolo la lotta contro le mafie, con la consapevolezza di non abbassare la guardia.

Quindi noi forze dell’ordine vi diciamo grazie per questo invito, che io ho raccolto sia sentimentalmente che istituzionalmente. La nostra presenza come persone è unita a quelli che sono i nostri doveri di rappresentanza istituzionale: vi manifestiamo la nostra partecipazione a questo evento così importante, che deve entrare nel vostro cuore. Da oggi ognuno di voi porterà con sé questa esperienza che hanno voluto i vostri docenti e la dirigente scolastica perché dovete proiettarla nel futuro: non finisce qua oggi, non è una proposta solo scolastica, è un sentimento che coltivate tutti insieme per il vostro futuro".

Sono poi intervenuti il capitano Amicucci, il maresciallo Pizzoferrato e l’avv. Perticarà che, a nome di tutti i genitori, ha sottolineato quanto la scuola sia importante sia per l’ambito disciplinare che per l’ambito educativo. La sensibilità alla legalità si impara infatti se scuola e famiglia collaborano. L’avv. Perticarà ha sottolineato in particolare come la sua scelta di studiare legge sia stata ispirata proprio dai fatti del 1992 e ha citato poi una frase di Falcone: “l'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.” Ha concluso il suo intervento dicendo ai ragazzi che è importante non avere paura anche nelle piccole situazioni quotidiane, come nel difendere un compagno e nel rispettare la diversità che è un valore.


Guidati dalle nostre docenti Roberta Cingolani e Claudia Bartolucci, con cui durante l’anno scolastico abbiamo letto il libro “Io, Emanuela, agente della scorta di Paolo Borsellino”, abbiamo ricordato le storie e i protagonisti delle vicende di 30 anni fa.

Il 23 maggio 1992 Falcone con le auto della sua scorta percorreva l’autostrada che dall’aeroporto di Punta Raisi va a Palermo: allo svincolo di Capaci la mafia azionò a distanza un ordigno con 500 kg di tritolo. Insieme a Giovanni Falcone morirono sua moglie, Francesca Morvillo, e i tre agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani. Questa è la loro storia.


Francesca Morvillo è l’unica donna magistrato assassinata in Italia. Conobbe Falcone in casa di amici e si sposarono nel 1989, decidendo di non avere figli perché sarebbero rimasti orfani a causa dei mafiosi. Giovanni la voleva proteggere, ma lei non aveva paura e lo accompagnava sempre: anche il 23 maggio era seduta al suo fianco nell’auto. Fu trasportata ancora viva all’ospedale Civico, ma morì intorno alle 23. L’ultimo pensiero lo dedicò al marito, chiedendo: “Dov’è Giovanni?”

Rocco Dicillo era un agente della scorta di Falcone. Alla madre, che gli diceva "Mi raccomando! Fai il muto, il cieco e il sordo" perché considerava pericoloso questo lavoro, Rocco rispose che per fare il muto, il cieco e il sordo non avrebbe dovuto lavorare in Polizia. Si sarebbe sposato il 20 luglio con la sua compagna Alba: ora è seppellito nel cimitero di Triggiano, suo paese natale.

Antonio Montinaro era il capo della scorta di Falcone, aveva 30 anni, era sposato con Tina ed era padre di due figli, Gaetano e Giovanni. Sua moglie ha fondato un'associazione per mantenerne viva la memoria. Poche settimane prima dell’attentato in un’intervista radiofonica disse di avere paura, non tanto per sé quanto per i suoi figli, eppure continuò a svolgere con profonda serietà il suo lavoro fino al momento della morte.

Vito Schifani aveva 27 anni, era dinamico, allegro e divertente, appassionato di atletica e amante dei viaggi e del volo. Divideva le sue giornate tra lavoro e famiglia, la giovanissima moglie Rosaria Costa e il piccolo Emanuele di 4 mesi. Il 23 maggio era il suo ultimo giorno di servizio nelle scorte , perché voleva dedicarsi con serenità al suo nuovo ruolo di padre. Vito invece trovò la morte alla guida della prima auto blindata. Nella memoria degli italiani è indelebile il discorso di sua moglie Rosaria il giorno dei funerali: rivolgendosi ai mafiosi la donna disse: “Io vi perdono, ma voi vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare”. Oggi suo figlio Emanuele è un poliziotto, come il padre.


Il 19 luglio 1992, nella strage in via D’Amelio, la mafia ha ucciso il giudice Paolo Borsellino insieme ai cinque agenti della sua scorta, mentre stava per fare visita all’anziana madre. Borsellino sapeva di essere nel mirino della Mafia, che uccidendo anche lui dopo Falcone voleva intimorire un’intera città, un'intera nazione, un’intera categoria: quella dei Giusti. Borsellino era molto legato ai suoi angeli custodi ed era preoccupato per la loro sorte. Ve li presentiamo.

Emanuela Loi era l’unica donna della scorta, aveva 24 anni ed era sarda. A soli vent’anni aveva vinto il concorso per entrare in polizia ottenendo come sede di servizio Palermo. Sognava di tornare dalla sua famiglia e dal suo fidanzato in Sardegna, ma svolgeva con grande serietà il suo compito. Dopo aver trascorso una breve vacanza a casa, era rientrata in servizio a Palermo il 17 luglio, nonostante non si sentisse bene: il suo mancato ritorno avrebbe impedito ad un altro collega di andare in ferie, e non lo considerava giusto. Fu la prima agente donna della Polizia di Stato a restare uccisa in servizio.

Agostino Catalano aveva 43 anni e tre figli. Poche settimane prima dell’attentato aveva salvato la vita ad un ragazzino che rischiava di annegare nella spiaggia di Mondello. Era il capo scorta di padre Bartolomeo Sorge, ma quel 19 luglio si era offerto di scortare Borsellino per mancanza di personale.

Walter Eddie Cosina era nato in Australia da una famiglia triestina emigrata nel dopoguerra. Dopo la strage di Capaci accettò di spostarsi da Trieste a Palermo per lavorare nel servizio scorte. Il 19 luglio un collega, che avrebbe dovuto dargli il cambio, era stanco dopo un lungo viaggio: Cosina si offrì di fare il turno al suo posto al fianco di Borsellino. Aveva 30 anni.

Vincenzo Fabio Li Muli è la vittima più giovane della strage: aveva solo 22 anni ma era già fidanzato con Vittoria, con cui voleva sposarsi e costruire una famiglia. Amava le moto e le auto da corsa, ma diventare poliziotto era stato il suo sogno fin da bambino. Dopo la strage di Capaci si fece assegnare alla scorta del giudice Borsellino, pur consapevole del rischio a cui andava incontro.

Claudio Traina aveva 27 anni. Si era arruolato giovanissimo e aveva ottenuto da poco il trasferimento a Palermo, la sua città, ed era padre di un bimbo di 11 mesi, Dario. Condivideva con il fratello Luciano (anche lui poliziotto) la passione per la pesca: la mattina del 19 luglio fu la loro ultima uscita in barca.


I ragazzi delle classi seconde sez. A-B-C-D della secondaria R. Sanzio

Gli altri eroi dell’antimafia

Noi ragazzi delle classi terze, insieme ai nostri docenti Roberta Morgoni, Sabrina Grandinetti e Claudio Gaetani, abbiamo dedicato un ricordo a quattro importanti vittime della Mafia: Peppino Impastato, Libero Grassi, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Piersanti Mattarella.

Sono passati 44 anni dalla morte di Peppino Impastato, il 9 maggio 1978. Dalle frequenze di Radio Aut prendeva in giro i boss e ne denunciava i crimini: i mafiosi mettendolo a tacere hanno però amplificato la sua voce.

Libero Grassi era invece un imprenditore di successo, che non fece compromessi con la mafia pagando il pizzo ma pubblicò sul Giornale di Sicilia una lettera aperta diretta ai suoi estorsori dicendo di aver scelto la protezione della Polizia. Fu ucciso nel 1991, ma il suo coraggio non verrà mai dimenticato.

Carlo Alberto Dalla Chiesa fu nominato prefetto di Palermo nel 1982 con l'incarico di contrastare Cosa nostra così come aveva fatto nella lotta al terrorismo. Fu ucciso nel capoluogo siciliano pochi mesi dopo il suo insediamento, nella Strage di via Carini, dove sembrava essere morta la speranza dei palermitani onesti. Ma gli stessi figli del Generale hanno detto che la speranza non era morta: la sua presenza non è stata una meteora, perché ha lasciato un segno profondo nella coscienza popolare.

Piersanti Mattarella era il fratello maggiore del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Eletto Presidente della Regione Sicilia, tentò di cambiare la Sicilia, consapevole della necessità di rompere i legami della politica con la mafia. Il 6 gennaio 1980 venne assassinato a colpi di pistola.


Edoardo Cucco, Alice Marabini e Teodor Alexandru Tita 3A

Ludovica Gheco, Gordan Gospodinovic e Alessandro Serenelli 3B

Elena Isabella Bufalari ed Elena Pierleoni 3C

Anna Di Ciriaco e Helena Luciano 3D