Cultura in Bangladesh
Cultura in Bangladesh
p. Sergio Targa, sx
Articoli tratti da To What Needs Are Our Cultures Responding?, CSA, Osaka, 2003.
La traduzione è stata fatta a cura di Banglanews e non è stata rivista dall'Autore
Sommario
Religione
Una delle prime difficoltà che si incontrano, soprattutto per un occidentale, nello studiare le religioni del subcontinente indiano è quella di usare una terminologia spesso ambigua e fuorviante. Qui la religione è tradotta con la parola dharma. Il Dharma, comunque, coinvolge molto più del concetto tradizionale di religione, come intesa in occidente.
L'uso di dharma per indicare la religione è abbastanza recente e risale ai tempi della dominazione britannica. Deve essere detto, comunque, che un uso simile fu precedentemente utilizzato dai buddisti che usarono il termine dharma per riferirsi a quello che noi indichiamo come religione. Il fatto che il Buddismo scomparve virtualmente dall' India continentale dal XII secolo, ci permette di affermare che sono stati gli Inglesi che hanno usato di nuovo questo termine, nei tempi moderni.
Tradizionalmente, dharma voleva dire ' l'ordine di cose, il modo in cui esse sono e il modo in cui dovrebbero essere. ' In breve, è un concetto assegnato all'ontologia ed all'etica di ogni cosa. Per esempio, dire che qualcosa è il dharma di qualche particolare cosa d'altro, sta ad indicare il corretto comportamento di quella particolare cosa in concordanza con la sua natura intrinseca. Dharma non implica necessariamente un giudizio del valore sulla moralità di un atto specifico. In questo rispetto, la nozione non corrisponde completamente al concetto di "giusto" e "buono" della tradizione ebreo - cristiana.
Dharma in questo senso può essere definito come "l'ordine morale-cosmico " dell'universo; infatti non si può pensare che vi sia nulla e nessuno oltre il dharma, né dei, né creature umane, né animali, né piante. In teoria, tale ordine è immutabile, e la disgregazione comporta il caos totale.
Oggi il termine dharma viene tradotto come religione, legge, giustizia, diritto, ordine universale, ecc. Questa breve introduzione aiuterà, spero, il lettore ad avere una migliore comprensione delle seguenti osservazioni fenomenologiche.
In Bangladesh dharma è parte della vita di ogni giorno. Apparentemente, è del massimo interesse per un Bangladese stabilire l'appartenenza religiosa di qualsiasi persona. Realmente non importa se uno sia cristiano, indù o buddista; quello che realmente è importante è conoscere che detta persona appartenga a una religione o, meglio, a una comunità religiosa, qualunque essa sia.
Ateismo è sinonimo di cattiveria e di cattivo.
Etimologicamente la parola nastika (ateo) si assegna a una persona che ha disconosciuto il Veda, le sacre scritture Brahmaniche antiche. Quindi, nastika non vuol dire che uno non crede negli dei ma, essenzialmente, che non crede in un ordine universale precostituito. È interessante notare che, nonostante il Bangladesh sia un paese prevalentemente musulmano (86% della sua popolazione) con una non esigua minoranza indù (12%) e una piccola presenza cristiana e buddista (2%), questo genere di comprensione è condiviso da tutti i bangladesi, a prescindere dalla loro affiliazione religiosa. Bangladesi di religioni diverse sono vissuti assieme fino alla dominazione britannica, senza alcun problema di appartenenza religiosa.
Evidentemente i contorni dogmatici non erano così forti da separare persone di credenze diverse. C'era qualcosa di comune tra le due religioni principali e non era insolito per i musulmani il partecipare a cerimonie religiose indù e viceversa. Questo era particolarmente evidente nella pratica religiosa di fare dei pellegrinaggi ad alcuni santuari dove indù e musulmani, visitavano le tombe dei santi delle due religioni. Con la partizione del sub - continente, basata su principi religiosi ed avvenuta nell'agosto del 1947, si ebbe invece una netta separazione.
La situazione internazionale e l'identità nazionale nelle varie parti del Bangladesh, accentuarono successivamente la divisione tra le comunità religiose del paese. Il risultato alla fine è stato un aumento nei sentimenti della piccola comunità in cui si vive e maggiore separazione dagli altri. Ci sono oggi, due generi di religioni: quella ufficiale e quella popolare.
Ma anche se una certa sovrapposizione tra le due non esiste ufficialmente, sopravvive ancora nelle pratiche religiose e popolari delle persone. Infatti i Bangladesi, qualunque sia la loro affiliazione religiosa, non sono particolari frequentatori di chiese, moschee o tempi. La loro religiosità è vissuta soprattutto nella vita personale e in quella della famiglia. Loro rispettano i luoghi ufficiali di adorazione, ma li visitano solamente in occasione di particolari festività.
Per la maggior parte del tempo la religione viene vissuta esclusivamente fuori dei luoghi di adorazione. Ci sono numerose credenze e pratiche che i Bangladesi poveri compiono in particolari momenti della vita (nascita, adolescenza, malattia, matrimonio, morte ecc.). Questo fa parte di un'unica falda culturale che non può essere necessariamente identificata con il credo ufficiale. Le donne musulmane, particolarmente, nell'isolamento delle loro case sembrano essere depositarie di pratiche antiche che certamente vanno oltre la loro ufficiale affiliazione musulmana.
Il mondo degli spiriti e dei fantasmi sembra particolarmente adatto per esemplificare questo punto. Musulmani e indù (ma anche i Cristiani) credono negli spiriti soprannaturali che possono esercitare influenza sulle loro vite. Allo stesso tempo condividono gli strumenti per tenerli sotto controllo, così da non subire alcun danno. Le malattie sono spesso considerate come opera di fantasmi e musulmani e indù vanno da alcune persone, che spesso vivono di questo, per trovarvi rimedio. La religione ufficiale, in questi casi, realmente non è importante!
Questo atteggiamento religioso "superstizioso e sincretistico" è ulteriormente confermato dal modo in cui generalmente ci si riferisce all'essere o agli esseri soprannaturali: dei e dee nel caso di indù e Dio nel caso di musulmani e cristiani. Sembra che questa relazione sia plasmata in termini meccanicistici e magici.
Dio o le varie divinità sono semplicemente "qualcosa" che deve essere propiziata per il proprio benessere. Preghiere e rituali sono gli strumenti per tale propiziazione e, perché no, per tale appropriazione. Chi crede non sembra stabilire una relazione personale con la divinità. Inoltre, quello che viene fatto, preghiere o offerte, sembra sia qualcosa di necessario e di obbligatorio. Dei e dee sono appunto cose necessarie, pressoché una parte "naturale" dell'ambiente del Bangladesh. La domanda circa l'esistenza di Dio non ha alcun senso per il Bangladese comune.
Ciò che realmente interessa un Bangladese non è l'esistenza di Dio, in quanto lui è sicuro di essa come dell'aria che respira, ma del modo in cui si comporta.
La gratuità sembra essere aliena al contesto religioso bangladese. In questa situazione anche l'etica non ha gran significato. La religione diventa allora soltanto la formale applicazione di regole (es. precetti) e procedure (es. rituali). La divinità è potere e il Bangladese tenta di imbrigliarla o controllarlo.
Chiaramente ci sono anche forti differenze tra le varie comunità religiose. I Bangladesi pregherebbero qualsiasi Dio se fossero sicuri di ottenere qualche beneficio e questo, chiaramente, non porrebbe alcun dubbio sulla loro affiliazione religiosa. Non sono sicuro che a un musulmano, per esempio, piacerebbe essere visto mentre entra in una chiesa cristiana per pregare.
Comunque, questo può essere ascritto a costrizioni ed a pressioni sociali più che a una credenza religiosa in quanto tale. In questo contesto, il dogmatismo e l'esclusivismo cristiani hanno poca attrazione per il Bangladese. Molti Indù accetterebbero certamente Cristo come un Dio; ma non potrebbero accettare di eliminare le proprie tradizioni.
A conclusione a questa introduzione preliminare sulla religiosità bangladese, voglio dare un'interpretazione provvisoria che può essere provata da ulteriori studi. Sembra che i Bangladesi seguano due generi di religioni o dharma.
Il primo è il Dharma con la"D" maiuscola; il secondo è il dharma con la "d" minuscola. Il primo è come l'orizzonte del significato dal quale ogni singolo dharma prende vita. In senso stretto Dharma è l'ordine cosmico-morale, qualcosa probabilmente derivato dagli insegnamenti Brahminici ma che è divenuto tradizione e cultura, l'eredità comune del Bangladese. In un certo senso questo è un Dharma che non esiste, nel senso che non ha né un nome né una dottrina. Ma questo è il vero Dharma delle persone del Bangladesh.
Sul suo orizzonte i singoli dharma (es. musulmano, indù, cristiano ecc.) sono plasmati e modificati continuamente. Questo spiegherebbe perché persone di religioni diverse vivono le loro credenze quasi allo stesso modo. Quello che si era soliti chiamare nel passato, da una storiografia troppo polarizzata, la capacità di Induismo di assorbire, avvolgere e ingoiare qualsiasi elemento straniero, non dovrebbe essere ascritta all' Induismo vero e proprio ma alla cultura.
Lo stesso Induismo, insieme alle altre grandi religioni ne è vittima. E, in ogni modo, deve essere chiaro che la religione del Bangladesh non può essere compresa sulla base di categorie occidentali e cristiane.
Istruzione
Oltre 80 anni fa Promoth Choudhuri (1) , un saggista e scrittore bangladese scrisse: "Molti sono d'accordo che l'istruzione data nelle scuole e nei college è un fallimento; ma, aggiungo, non solo è un fallimento, è anche distruttiva. Infatti il nostro sistema non soltanto non fornisce ai nostri bambini alcuna istruzione, ma distrugge anche la loro capacità intima di acquisirla successivamente."
Quanto detto così chiaramente da Promoth Choudhuri tanti anni fa è purtroppo tristemente vero anche oggi.
Nonostante un tasso di analfabetismo del 40% (2) , e l'aumento della consapevolezza dell'importanza dell'alfabetizzazione stia aumentando, il Bangladesh è stato finora incapace di correggere il suo sistema dell'istruzione e di sradicare la maledizione dell' analfabetismo. Ciononostante, l'istruzione è divenuta un grande affare, nuovi collegi e nuove scuole si aprono ogni giorno in ogni angolo del paese e, malgrado questo, il Bangladesh è ben lontano da quelli che sono noti come standard dell'istruzione. Negli ultimi dieci-quindici anni il governo ha introdotto varie leggi a favore dell'istruzione primaria in generale, e di quella delle bambine in particolare.
Non ci si sta curando invece del vero problema: l'analfabetismo del paese non sarà risolto mandando bambini a scuola. Si può infatti dire che le scuole ed i college del Bangladesh sembrano operare proprio per mantenere l'analfabetismo nel paese. Ed è proprio l'analfabetismo ad avviare un processo egemonico teso a riprodurre interessi di classe.
L'analfabetismo in Bangladesh ha due aspetti.
Il primo, più ovvio, si riferisce a persone che semplicemente non hanno seguito il sistema di istruzione formale. Sebbene questo gruppo stia diminuendo di giorno in giorno, ancora è piuttosto grande. Il problema è anche maggiore se consideriamo le donne. Vari governi si sono sforzati per promuovere l'istruzione elementare, prima elevando l'istruzione obbligatoria dalla terza classe alla quinta e, in secondo luogo, dando incentivi, sia in denaro che in alimenti, a famiglie dei bambini che vanno a scuola. Inoltre, sebbene i tassi di iscrizione nelle scuole stiano, e anche notevolmente, aumentando, la percentuale dei drop-out, cioè di quelli che abbandonano la scuola, rimane elevata. Questo è ulteriormente complicato anche dal fatto che non ci sono meccanismi formali per aumentare la presenza nelle scuole. I bambini che completano 5 anni di istruzione formale hanno inoltre un'alta probabilità di ridiventare analfabeti dopo appena due-tre anni. La qualità della istruzione è tale che alunni di quinta possono appena scrivere il proprio nome e leggere qualche semplice parola bangladese.
Il secondo, e meno ovvio, aspetto dell'analfabetismo in Bangladesh riguarda la popolazione istruita. Sebbene possa sembrare strano, ci sono persone istruite che sono davvero analfabete. Molte persone che completano con successo l'intero curriculum della scuola statale imparano poco più dell'alfabetizzazione di base. L'insegnamento a scuola è un processo unidirezionale: l'insegnante parla e gli studenti ascoltano. Gli studenti non possono mettere in dubbio quanto dice l'insegnante e, se lo fanno, sono spesso rimproverati. (Per le punizioni corporali rimando a Banglanews 174!! NDR).
Fare domande è in qualche modo impiccolire e offendere l'insegnante. Per la maggior parte del tempo gli studenti rimangono zitti. Come ha detto Choudhuri tanti anni fa, tale sistema non solo non fornisce alcuna istruzione, ma addirittura "storpia" le menti degli studenti.
Il sistema di scuola del Bangladesh è semplicemente incapace di istruire e di incoraggiare a pensare. Gli studenti sono costretti a memorizzare, dalla classe I sino alla X, un enorme ammontare di informazioni. Poca o nessuna importanza è data al processo di comprensione. Il curriculum intero è basato in una serie di esami che rendono necessario agli studenti memorizzare i manuali parola per parola. Per questa ragione, la vendita dei notes-books (libercoli che hanno domande e risposte) è molto fiorente. Gli studenti non hanno nemmeno bisogno di leggere e di capire i libri, devono semplicemente memorizzare le risposte corrette in questi (stramaledetti NDR) libretti-quiz.
L'istruzione è ridotta così ad ottenere un pezzo di carta, prerequisito ma non garanzia per una decente occupazione. Il risultato è che gli studenti che lasciano la scuola e il college, sono stati talmente oppressi ed angosciati da anni di sterilità intellettuale che mai apriranno un altro libro, per il resto della loro vita. Uno studente che si è laureato con una Laurea di primo grado (BA) può essere incapace di leggere una cartina geografica, di localizzare un paese o di parlare il più semplice inglese (argomento obbligatorio sin dall'asilo!). Ed è per questo che possiamo dire che anche molti che hanno studiato sono, a tutti gli effetti, degli analfabeti.
Infine l'istruzione in Bangladesh è così inefficace che gli studenti sono costretti a pagare delle "lezioni private", se desiderano andare avanti e superare gli esami. Incredibilmente gli insegnanti che danno queste lezioni private di solito sono gli stessi che insegnano durante le normali ore di lezione. Considerando il notevole vantaggio economico gli insegnanti spesso si preoccupano più delle loro classi private che di quelle pubbliche. E si arriva all'assurdo che se alunni e studenti non vanno a lezione privata si fa in modo di punirli, non facendo loro superare gli esami o comunque abbassando i voti!
(Aggiungo una nota personale: mi è stato inoltre detto che gli insegnanti, con quelli che non vanno a lezione privata, sono anche più cattivi nell'infliggere le punizioni corporali di cui da vario tempo, purtroppo ancora senza risultati, vado parlando. Resto sempre più stupito e amareggiato dalla mancanza di risposte e/o di reazioni a quanto ho scritto e denunciato. NDR)
Questo sistema di istruzione fu iniziato dagli inglesi. L'India, prima dell'arrivo degli inglesi non aveva un proprio sistema e l'istruzione era nelle mani delle comunità. L'istruzione stessa era basata sulla conoscenza religiosa e solamente alcune persone vi avevano accesso. Nei tempi antichi, secondo i sastras indù, solamente i ksatria e i vaissia potevano studiare i Veda (sacre scritture Brahmaniche antiche). Praticamente l'istruzione era limitata solamente alla casta alta. Anche gli stessi re ed imperatori non avevano, qualche volta, alcun interesse nell'istruzione. Akbar, l'imperatore più grande della dinastia di Mugol, ad esempio, era analfabeta.
Comunque, da molto tempo, l'istruzione era divenuta un'attività redditizia. Gli scrivani delle corti di svariati regnanti avevano il compito di scrivere atti, leggi, contratti e così via, su pietre o su metallo. A seguito di ciò nacque una nuova classe di persone che acquisì presto considerevole potere e prestigio. In Bengala questa classe di scribi sorse dalle basse caste della società, ad esempio i kaibarta apparentemente originati dai sudra. Loro cominciarono a considerarsi quasi dei Bramini e, dai tempi medievali, l'istruzione è considerata una professione, un buon sistema per guadagnare dei soldi. La situazione cambiò molto poco sotto gli Inglesi in quanto essi diedero grande importanza alla conoscenza della lingua e della cultura inglese, in modo da poter essere dei mediatori tra i dominatori e la popolazione.
L'intellighenzia Bengali è nata con l'introduzione degli Inglesi a Calcutta. Maculay affermò nelle sue famose "Minute sull' Istruzione" che lo scopo dell' istruzione inglese era quello di "formare una classe che poteva fungere da interprete per i milioni di sudditi che governiamo". Nacque così una nuova classe di persone ed i suoi membri non erano né musulmani né indù di bassa casta. Il loro numero, comunque, rimase sempre esiguo ed essi erano completamente staccati da tutta la popolazione e dai suoi problemi.
L'istruzione inglese dava loro soltanto una migliore condizione sociale e i mezzi per vivere. In altre parole, la classe istruita non sentì mai alcuna obbligazione sociale o morale verso i loro concittadini meno istruiti. L'istruzione era, parlando in generale, soltanto un mezzo per uno scopo e questo scopo era quello di servire gli interessi dello stato coloniale e dei suoi funzionari. La stessa mentalità è, straordinariamente, ancora visibile nel Bangladesh moderno.
La classe istruita, che dovrebbe essere la voce del popolo, è fondamentalmente staccata dalla popolazione in una sorta di modo schizofrenico, sciovinistico e antidemocratico. Nel Bangladesh di oggi, imparare non ha alcun significato intrinseco, è solo un mezzo per assicurare un buono lavoro. È facile vedere come tale situazione finisca per favorire soltanto l'élite dominante.
Con tale sistema di istruzione, è evidente che milioni e milioni di persone sono costrette a restare nella loro situazione attuale. Lo stato neo-coloniale vive sull'ignoranza della popolazione e sull'inabilità (unita alla poco volontà) delle persone istruite di cambiarlo. Infatti, i bambini dell'élite dominante non studiano in Bangladesh ma frequentano all'estero scuole prestigiose. Loro saranno l'élite di domani come i loro padri sono quella di oggi.
Questo spiega perché, un giornalista ha scritto, in occasione della Giornata della Madre Lingua (3) "Il 21 Febbraio vi fu il sogno di costruire una bella e prospera nazione. Ma noi ora siamo spaventati. Quel sogno si sta oggi convertendo in un incubo a causa del nostro sistema di istruzione. Lo sviluppo della nostra nazione è come impedito da una cospirazione. Se noi siamo incapaci di vincere questa cospirazione, il nostro futuro sarà oscuro."
Il successo (anche economico!) delle università private in Dhaka può essere visto come un modo per affrontare l'aumentata richiesta dell'élite che, chiaramente, non ha il minimo effetto sul destino del Bangladese di ogni giorno.
Note:
(1) Promoth Choudhuri, Boi Pora. In Probondho Songroho, pubblicato a Calcutta da Bisvabharoti Gronthonbibhag nel 2000, pag. 151. (Traduz. in inglese dell'Autore)
(2) Questo è un dato molto ottimistico ottenuto attraverso comunicazioni personali con funzionari governativi del Ministero dell' istruzione.
(3) Jillur Rahaman Siddiki, nell'edizione speciale del giornale Dainik Janakantha bishes shonkha (The Daily Janakantha, special edition) 21-12-2003, pag. 13.
La Famiglia
Forse la famiglia è la struttura più basilare e resistente a cambiamenti della società bangladese. Anche se può essere difficile parlare di nazione o di casta in Bangladesh, non è difficile di parlare della famiglia. Essa è una realtà che accompagna ogni Bangladese dalla nascita alla morte. È la famiglia che crea l'identità attuale di un Bangladese. Ed è ancora la famiglia che è motivo di orgoglio nell'immaginazione collettiva delle persone. Non solo la famiglia è la cellula basilare della società, ma è anche il paradigma di riferimento per qualsiasi genere di aggregazione sociale.
Probabilmente a causa del ritmo lento nella modernizzazione e nell'urbanizzazione del paese, la famiglia in quanto tale ha subito pochi cambiamenti, mostrando invece una straordinaria stabilità nel tempo. Patriarcale ed estesa, la famiglia è fortemente basata su rapporti di sangue. Il capo della famiglia di solito è un maschio e la sua autorità e responsabilità normalmente vengono passate a un figlio. Il numero di bambini per famiglia nelle ultime decadi è fortemente diminuito a seguito di varie ed aggressive campagne sulla pianificazione familiare. Le coppie oggi tentano di limitare il numero dei figli a due o a tre. L'aumento dell'alfabetizzazione ha anche aiutato a controllare i tassi di nascite. Esistono,comunque, sostanziali differenze tra le varie comunità. I Cristiani, ad esempio, sono meno prolifici dei musulmani. La poligamia esiste fra musulmani e indù di bassa casta, ma generalmente è scoraggiata e comunemente poco praticata.
Ancora una volta, istruzione e posizione finanziaria hanno il loro ruolo per questo tipo di scelta. Poligamia e famiglie numerose, sono evidentemente meno comuni in una popolazione più urbanizzata. Sebbene qualche cosa di simile alle famiglie intese come nucleo stia iniziando a comparire, la famiglia estesa resta ancora la norma. In questo caso di solito i figli di una coppia si sposano, e continuano o a vivere sotto lo stesso tetto dei loro genitori, o nello stesso luogo in contiguità col patriarca. Il patriarca avrà certamente un ruolo di comando anche se non necessariamente un ruolo nelle questioni finanziarie delle famiglie dei propri figli. Il figlio più vecchio spesso assume il comando della "grande" famiglia quando l'età o una malattia impediscono al patriarca da esercitare questo ruolo. E, a dispetto del codice gerarchico, che stabilisce che il comando del fratello più vecchio non deve mai essere messo in questione, talvolta il fratello più giovane e istruito è riluttante a seguire la guida di un fratello più vecchio e analfabeta.
Una famiglia bangladese estesa di solito non è libera da divisioni interne. Spesso problemi di eredità e relazioni personali, particolarmente tra le donne, sono la causa di interminabili litigi. La coesione e l'unità di una famiglia sono comunque immediatamente ristabilite quando quella famiglia deve fronteggiare una minaccia esterna. Straordinariamente, in tali circostanze la famiglia acquisisce un valore assoluto, nel senso che il bene della famiglia viene prima di tutto il resto. Altre considerazioni come buono e cattivo, giusto e sbagliato, giustizia e ingiustizia; passano in second'ordine.
Le famiglie bengalesi sono estremamente gerarchiche. La nozione di gerarchia diviene prima di tutto operativa con la divisione maschi/femmine e, successivamente, con l'età. Donne e bambine sono sempre seconde nella gerarchia della famiglia. Si suppone che il compito delle donne sia quello di badare alla casa e ai bambini. Il loro compito principale è quello di generare dei figli e di badare alla loro crescita. In grado più o meno grande, le donne sono sottoposte nel Bangladesh al regime di parda (*), ovvero alle consuete pratiche con cui sono preservati onore e purezza. Questo comporta un regime di isolamento fisico e psicologico.
Il Parda è maggiormente in vigore nella comunità musulmana e nelle alte caste indù. Lo stato di una comunità è misurato dal grado di modestia delle loro donne. Un discendente maschio è sempre il principale desiderio di ogni famiglia. Le bambine in genere non sono volute e non sono desiderate, e quando nascono non suscitano lo stesso entusiasmo riservato ai bambini. Spesso accade che una donna venga ripudiata perché incapace di generare o, addirittura, di generare dei figli maschi. Le bambine sono discriminate sin dal momento in cui nascono. Di solito non ottengono le stesse attenzioni riservate ai loro fratelli, e se si deve scegliere chi andrà a scuola, la preferenza verrà indubbiamente data ai bambini. Anche a tavola le bambine sono servite dopo i bambini. I bambini di solito sono considerati come proprietà dei padri. E, nell'eredità, i fratelli sono favoriti rispetto alle loro sorelle. Ci sono differenze tra le diverse comunità, comunque le donne sono sempre considerate in qualche modo inferiori ai maschi.
La relazione tra marito e moglie è abbastanza complicata e difficile da capire. A prima vista questa relazione sembra essere basata su una specie di contratto. Infatti, la famiglia della futura moglie deve pagare un discreto ammontare alla famiglia del futuro marito. Nessuna donna nel Bangladesh può sperare di sposarsi senza una dote. Non pagare una dote può portare a un ripudio, torture e addirittura all'assassinio della moglie. I mariti "possiedono" le loro rispettive mogli. Possono bastonarle e nessuno dall'esterno interferirà. Questo è apparentemente parte dei diritti di un marito su sua moglie. Comunque, fra loro esiste amore anche se ha poco dell'amore romantico che gli occidentali associano al matrimonio. L'età ha poi un ruolo importante nella gerarchia di una famiglia. I più vecchi, uomini e donne, hanno la precedenza sui membri più giovani. La situazione sta cambiando man mano che le persone diventano più istruite e le donne lavorano fuori casa. In questi casi le donne acquisiscono una maggiore considerazione e apprezzamento da parte dei loro partner.
La famiglia bengalese "estesa", chiamata gusti, comunque, va ben oltre i limiti delle strette relazioni di consaguineità. Qualsiasi Bangladese continua a mantenere relazioni anche con lontani parenti. Cugini di terzo o quattro grado, parenti della moglie di uno della famiglia, tutti ammessi come parenti. La stessa lingua Bengali contiene una serie intera di vocaboli per indicare le particolari relazioni. In Bengali, per esempio, fratelli e sorelle sono chiamati in modo differente in base alla loro età; zii e zie o sono chiamati in modi diversi secondo la loro età e la loro relazione con il padre o la madre della persona.
Comunque, la famiglia bangladese ha un'altra estensione che non ha niente a che vedere con relazioni imposte dal sangue o dalla legge (matrimoni, adozioni). Può sembrare strano, ma i Bangladesi si riferiscono a vicini ma anche a persone completamente estranee con termini associati alle relazioni familiari. Un estraneo può essere chiamato così caca (zio da parte paterna) o mama (zio materno) o dada (fratello più vecchio) ecc. Una persona capisce il grado di importanza o di amicizia in base al termine con cui viene chiamato. Così delle relazioni familiari fittizie sviluppano i collegamenti fra le persone e sostituiscono l'idea occidentale di amicizia. Inoltre questo tipo di linguaggio crea anche delle obbligazioni morali che danno adito a vari generi di attese.. anche in termini economici.
Sembra così che i Bangladesi usino la lingua della famiglia per stabilire relazioni interpersonali. Ed inoltre, qualsiasi genere di vita collettiva è stabilito in base alle categorie della famiglia. (**)
Così la famiglia e le sue relazioni operano come un paradigma per la vita nella società. In questo modo la gerarchia sulla quale è costruita la vita della famiglia, insieme alle sue relazioni di potere, è trasferita sic et simpliciter nella vita sociale.
I limiti ed i valori della vita della famiglia possono essere trovati anche nella vita sociale. Fra i primi, il nepotismo è forse l'aspetto più socialmente deleterio. Allo stesso modo in cui il bene della famiglia ha la precedenza su qualsiasi altra considerazione, il bene di un'associazione, qualunque esso sia, non soltanto viene prima ma è letteralmente identificato ed individualizzato con la persona che è a capo dell'associazione stessa. Questo vuole dire che qualsiasi organizzazione collettiva non sarà mai costituita come un "corpo neutro". Essa invece rappresenta una specie di estensione del suo leader, da cui dipende totalmente.
Il modello dell'organizzazione sembra essere ancora essere quello della famiglia con i suoi valori di appartenenza, lealtà, gerarchia, paternalismo e patronato. Non sarebbe nemmeno azzardato estrapolare questo concetto arrivando a dire che lo stesso Stato del Bangladesh è una sorta di stato patriarcale o familiare in cui chi detiene il potere mantiene un comportamento gerarchico verso coloro che sono sotto la sua giurisdizione. Allo stesso modo in cui un padre "possiede" una famiglia, il Primo Ministro "possiede" il Bangladesh.
E, come l'identità di una famiglia viene riconosciuta in quella del suo capo, così l'identità del Bangladesh finisce per essere quella del primo Ministro e, in grado via via minore, quella dei ministri e degli impiegati governativi.
Nota: Gli abitanti del Bangladesh sono chiamati, in inglese Bangladeshi. Io ho preferito usare nella traduzione il termine Bangladese, come fa da tempo l'agenzia missionaria MISNA. Fra i Bangladesi i Bengalesi sono il maggiore gruppo etnico. Altri gruppi etnici, alcuni di essi molto piccoli (es. Mandi, Khoch, Tripura, Mandai, Santal, Pahari, Mahali, Oraon ecc.), sono presenti nel Nord e nell' Est del paese. Sono culturalmente molto diversi dal gruppo di maggioranza. Per quanto riguarda la famiglia, alcuni di questi gruppi mantengono un sistema matriarcale. Questo breve articolo si riferisce soltanto al gruppo di maggioranza.
(*) Vi sono indicazioni che le donne potrebbero usare il parda come strategia per controbattere il patriarcato e la dominazione maschile.
(**) Per quanto possa apparire strano, nel "linguaggio della chiesa" questo non avviene. Un prete non potrà mai essere chiamato caca o dada dai suoi parrocchiani.
Politica ed economia
Il Bangladesh è una entità politica relativamente nuova. Dopo la sanguinosa guerra di indipendenza, il Bangladesh fu creato nel 1971 sulle ceneri di quella che era la parte orientale del Pakistan. In tal senso, la nascita del Bangladesh può essere vista come il completamento del piano di partizione del sub-continente indiano, dopo la partenza degli inglesi nel 1947. I pochi anni di storia del Bangladesh sono stati turbolenti. Le speranze di una rapida crescita economica e di una stabilità sociale furono subito gettate al vento da una cattiva amministrazione politica, colpi di stato insanguinati, contro colpi di stato ed assassini motivati politicamente. Solamente qualche anno fa l'ultimo dittatore militare è stato eliminato e si è arrivati ad una forma di democrazia parlamentare. Negli ultimi 14 anni si è avuto un regime formalmente democratico.
Il Bangladesh, comunque, è ancora lontano da un processo politico veramente democratico. Si può in sintesi dire che i problemi politici del paese vengano da questo semplice fatto: la politica del Bangladesh è strutturata formalmente su di una serie di principi democratici che restano tali, e su un'economia politica profondamente radicata in una cultura di gerarchia, clientelismo e patronato. Al Bangladesh, in altre parole, manca una cultura politica di democrazia. Come risultato il Bangladesh è un ibrido che combina elementi di uno stato feudale e quelli di uno stato moderno. Ora tenterò di sostanziare questa ipotesi.
Per quanto ne sappiamo, la cultura politica di questo paese risale agli imperatori Mauryan nei III secolo A.C.. Ma fu soltanto nel periodo post Gupta che il Bengala divenne parte della storia politica indiana. Dal secolo VIII, la potente dinastia Pala e successivamente la dinastia Sena tentarono di regnare nel Bengala come in uno stato regionale più o meno liberato dai più grandi imperi indiani di quel tempo. È questo periodo che, credo, costituisce la base per la formazione della cultura politica del Bengala. A quei tempi lo stato non era un'istituzione fra le altre ma, piuttosto, l'istituzione che abbracciava l'intera vita delle persone. Basata da considerazioni cosmologiche sostenute da credenze religiose, la politica del Bengala medievale era strutturata essenzialmente sul sistema delle caste. In questa organizzazione politica il re ( raja) era a capo come difensore e promotore del sistema delle quattro caste, e un intero esercito di persone era gerarchicamente organizzato sotto di lui.
Il regno come tale era un bene personale del re che letteralmente lo "possedeva". La proprietà infatti era alla base del sistema delle caste. Altri potevano partecipare alla proprietà del re, ma solamente nei limiti consentiti dalla loro classificazione gerarchica e dalla loro relazione con lo stesso re. Il patronato era quindi la base dell'intero sistema. L'amministrazione nel senso moderno non esisteva, invece un numero minore di "piccoli governatori" avevano la "proprietà" di villaggi e città, sempre sotto la giurisdizione del re.
Il potere era amministrato e ripartito in base alla proprietà della terra. Evidentemente il potere politico andò in parallelo con quello economico e questa è forse l'unica somiglianza con lo stato moderno. Nel sub-continente indiano il potere rappresentativo è una scoperta recente.
Se questa è davvero la tradizione politica di Bangladesh, ora può essere più facile capire la palude in cui si trova la politica contemporanea del paese. La formale cornice democratica si basa su categorie politiche tradizionali ed è reinterpretata sulla base di nepotismo e patronato: i pilastri della politica feudale.
I parlamentari eletti sono soltanto la versione moderna dei vecchi maharajas ( i re) e degli jamindars (i possidenti). Chi detiene il potere tratta le persone del proprio collegio elettorale come soggetti, non come cittadini. Relazioni personali di lealtà sostituiscono le considerazioni ideologiche. Le battaglie politiche sono combattute sulla base dei numeri e certamente non su quella dei valori o delle ideologie. Tutto il processo elettorale è basato sulla logica della lealtà.
I candidati comprano letteralmente i voti. Affiliazione personale e lealtà sono il risultato finale. E infine la responsabilità verso gli elettori ed il rispetto delle promesse elettorali semplicemente non esistono. In effetti chi è stato eletto ripaga la lealtà dei suoi seguaci con altri favori (soldi, protezione, impiego ecc), ed in questo modo si libera dal controllo degli elettori.
Con questo sistema soltanto chi è ricco può candidarsi. Una volta al potere il compito principale sarà quello di ricuperare le spese enormi sostenute per le elezioni, naturalmente con i soldi dello stato.
La retribuzione politica è anche piuttosto comune. Il partito che ha vinto si vendicherà su chi ha perso. Basta ricordare il periodo post-elettorale del 2002, con saccheggi, rapine, e persino omicidi da parte degli "amici" della coalizione al governo nei riguardi degli esponenti del partito di opposizione e delle minoranze etniche e religiose (che fondamentalmente sono legate a questo partito). Infatti, in Bangladesh, le elezioni sono sempre una minaccia per i più deboli, per le minoranze religiose e per le persone di bassa casta: una grande minaccia alla sicurezza personale e a quella della comunità.
Sia chi ha perso che chi ha vinto possono vendicarsi su questi poveretti, accusandoli di aver sostenuto la fazione politica opposta. È consueto in Bangladesh per chi è al potere prendersi cura di quelli che li sostengono. La politica di fazioni si basa sul patronato. E chi è sconfitto rimane in una specie di limbo politico per l'intera durata di una legislatura.
È importante ancora sottolineare che le relazioni personali di lealtà costituiscono la base su cui sono plasmate e modellate le relazioni politiche. Soldi e violenza sono i mezzi per costruire su tali relazioni. Lo stato del Bangladesh assomiglia ad una famiglia: un paese che non è condotto nel nome di ideologie ma per interessi personali, costruito come una famiglia gerarchica allargata a capo della quale c'è il Primo Ministro.
Questo spiega perché in Bangladesh è così facile per qualsiasi persona cambiare la sua "fede" politica. Un sostenitore dell' Awami League può diventare senza problemi un fautore del B.N.P., senza altri problemi. Questo spiega anche perché il potere politico è divenuto fondamentalmente appannaggio e diritto ereditario di due influenti famiglie: quella Sheik Mujib Rahaman (il fondatore del Bangladesh, assassinato nel 1975) e quella Ziaur Rahaman (presidente e capo militare del Bangladesh, anche lui ucciso). Ma questo vale anche in Pakistan con la famiglia Butto, in India con la famiglia Gandhi e in Sri Lanka con la famiglia Shin. Apparentemente questa è una caratteristica comune dell'Asia Meridionale.
Ma ciò che è davvero peculiare, nel Bangladesh, è che dopo 34 anni di indipendenza, si sta ancora attraversando una profonda crisi di identità. Nella partizione del subcontinente indiano del 1947, il Bangladesh (allora Pakistan orientale) era nato su una base religiosa. Con la guerra del 1971 il Bangladesh sembrò adottare una prospettiva più laica, che però non si è materializzata. Oggi i Bangladesi sono nettamente divisi in due partiti, di cui quello di destra è al potere dal 2002.
Nel 1983, il dittatore presidente Ershad dichiarò il Bangladesh un paese musulmano e corresse di conseguenza la costituzione. ( L'alta corte ha, nell'agosto 2005, annullato tale emendamento. NDR)
Il governo attuale sta perseguendo una politica islamica, e gli ideali laici di un Bengala d'oro della guerra di indipendenza,vengono lentamente ma fermamente erosi.
Il problema, comunque, non è religioso ma politico. Sembra che imporre davvero una base religiosa all'identità del Bangladesh significhi separare e stabilire uno stato che non avrebbe altrimenti un evidente motivo per esistere.
Infatti, sottolineare l'identità culturale e linguistica del popolo del Bangladesh (che poi erano gli ideali in base a cui si combattè la guerra di indipendenza) significa, al tempo stesso, fare un pericoloso paragone con la porzione occidentale del Bengala, rimasto parte dell'India. La parte laica della società bangladese è accusata dai partiti di destra e da quelli islamici di voler vendere il paese all'India. Questo può anche essere il motivo per cui le conversioni religiose dall' Islam sono estremamente scoraggiate e considerate alla stregua di un crimine: contribuire alla diminuzione dell'Islam potrebbe minare la consistenza politica dello stesso Bangladesh, in quanto nazione. E quindi il problema è più politico che religioso.
Con una tale democrazia ancora primordiale, e un clima di incertezza politica, l'economia del Bangladesh è costretta a soffrirne. Nonostante un ragionevole tasso di crescita di oltre il 5% annuo, il Bangladesh non ha ancora realizzato l'autosufficienza alimentare.
L'industria pesante è assente, come quella a tecnologia avanzata, e gli unici settori industriali degni di tale nome sono nei rami tessile, farmaceutico e abbigliamento. Il Bangladesh resta un paese prevalentemente agricolo.
Negli anni recenti la coltura di gamberetti per esportazione è notevolmente aumentata ma, sfortunatamente, anche i benefici di tale settore sono concentrati nelle mani di poche famiglie e l'operaio salariato deve essere contento di sopravvivere. (… e si lamentano anche danni ecologici NDR)
La struttura socialista dei primi anni di esistenza del Bangladesh fallì miseramente a causa di cattiva amministrazione, corruzione dilagante ma anche di carestie. La disgregazione dell'Unione sovietica, insieme alla politica suicida di liberalizzazione promossa se non imposta dal Fmi e dalla Banca mondiale hanno allargato la "forbice" esistente tra i ricchi ed i poveri.
E la scoperta di enormi giacimenti di gas naturale non cambierà il destino del Bangladesh. Le compagnie petrolifere americane sono già arrivate, come falchi, sulla preda. Inutile dire, che i profitti, decurtati delle "doverose" tangenti, andranno ad arricchire soltanto loro. Ironicamente, una metà del bilancio annuale del Bangladesh dipende da donazioni estere, crediti e prestiti.
Etica
Il problema dell'etica in Bangladesh deve prima di tutto essere affrontato considerando la mancanza di unità culturale e di omogeneità tra i suoi abitanti. I principi gerarchici su cui la società è costruita sono anche la causa di tali divisioni e frammentazioni. La nazione del Bangladesh può essere considerata come un insieme di subnazioni con alcuni denominatori comuni, ma anche straordinarie diversità.
La posizione sociale in Bangladesh dipende moltissimo da casta, ricchezza, religione e istruzione. E, per quanto riguarda l'etica, le osservazioni non possono che essere diversificate. Dubito per questa ragione, che possiamo parlare di un ethos bangladese; o meglio si potrebbe dire che la mancanza di un ethos unitario è proprio l' attuale ethos del Bangladesh.
L'etica in Bangladesh è quindi qualcosa riferita a gruppi, non ad individui e nemmeno alla nazione. Appartenere a un gruppo sociale significa anche ereditare una particolare moralità e un determinato comportamento. Possiamo così parlare di un etica di gruppo ereditata con la nascita. Poiché l'appartenere ad un gruppo non è una scelta personale ma, fondamentalmente una caratteristica ontologica insita nella nascita, così è per il comportamento. Ci si aspetta che una persona si comporti secondo il dharma (vedere Banglanews 179) del gruppo a cui appartiene. Inoltre una persona può anche appartenere a diversi gruppi, ognuno dei quali ha propri requisiti morali. C'è evidentemente una gerarchia di valori e quindi, in particolari circostanze, si deve stabilire la priorità della moralità di un gruppo rispetto ad un altro.
In tale situazione c'è poco spazio per la libertà personale. La pressione del gruppo è spesso sufficiente, particolarmente nelle aree rurali, ad annullare o diminuire notevolmente la libertà personale. Il Dharma, o l'ordine universale, è specifico del gruppo. Il comportamento corretto diviene così il ponte tra comportamento ed ontologia. In teoria, il comportamento corretto di un ladro è quello di rubare. Questo, comunque, non gli eviterà di essere bastonato se viene catturato, perché anche questo fa parte del dharma di un ladro.
Parimenti un Rishi deve avvelenare le mucche per poi ricavarne carne e pelle; questo è il suo dharma, e ognuno lo sa. In breve, ogni gruppo, casta o classe debbono adempiere alle attese sociali proprie del gruppo di appartenenza.
Questo può essere visto come l'attuale etica della moralità del gruppo. Sorprendentemente, un Brahmino non può scuoiare una vacca. Se lo fa, può perdere la sua condizione sociale, ovvero, la sua appartenenza al gruppo. Tale azione è estremamente estranea non solo a lui ma anche al suo gruppo, ma la stessa azione compiuta da un Rishi è non solo accettabile, ma anche necessaria alla società. Ma, nel contempo, è anche la società stessa che disprezza chi compie una tale azione. Di per sé, un atto non ha connotazioni morali senza il suo agente.
A questo punto, è difficile non pensare, che tale sistema etico non è altro che una legittimazione della struttura di potere già esistente nella società.
La situazione, comunque, è ben più complessa di quanto descritto e semplificato. Separatamente dalle osservazioni generali di cui sopra, possiamo distinguere ed indicare molti strati di moralità che possono anche essere in contraddizione.
Secondo il Bagavad Gita, l'etica non è che uno stadio da superare. Giusto e sbagliato (nel senso di corrispondenza dharmica tra l'ontologia e la moralità di una persona), e qualunque altro paio di opposti, sono stadi verso la conoscenza assoluta. Corrispondono a una minore esperienza della realtà, che eventualmente deve essere scartata. Non-etica perciò può essere considerato come lo stadio verso il quale il Bagavad Gita ci conduce. A questo riguardo, persone che appartengono a qualsiasi gruppo sociale o classe o casta possono avere un comportamento che può, generalmente parlando, essere socialmente inaccettabile e addirittura non in linea con la moralità del proprio gruppo e, ciononostante, ottenere un riconoscimento sociale. È un fatto, comunque, che modelli socialmente non ortodossi di comportamento (ad esempio le esperienze integrali di asceti, musulmani o indù) sono quantitativamente limitati, e quindi ininfluenti sull'ethos generale del gruppo.
Persone con una cultura ebraica o cristiana trovano difficile identificare dei principi morali e universali nel contesto del Bangladesh.
Giusto e sbagliato, vero e falso, buono e cattivo sembrano essere continuamente rimodellati per adattarsi alle necessità del momento, ancora più nelle caste o nei gruppi molto bassi della società gerarchica bangladese. Più si è in basso nella scala sociale, più si è proni verso questo atteggiamento. Ma è comunque vero che lo stesso atteggiamento si può trovare nelle caste o nei gruppi socialmente più in alto.
Il povero non è incapace di mantenere dei valori morali. Il fatto è che la sua emarginazione sociale lo spinge ancora più in giù nella scala sociale. Così, la loro dichiarata "immoralità" è non solo presupposta ma in un certo senso persino incoraggiata dalla società che così può giustificare la loro emarginazione. E si può qui osservare una contraddizione. Generalmente parlando ognuno si dice d'accordo che verità, giustizia e bontà dovrebbero aumentare, ma la realtà è molto diversa da quanto desiderato. "Hoeke noe kora" (trasformare verità in falsità e viceversa) è una specie di hobby nazionale. Lo stesso genere di confusione intenzionale è stato chiamato in India, "double-think, double-speak" e cioè pensare o parlare due volte.
Comunque, questo non è un segnale di debolezza morale ma, piuttosto, il risultato di un schema etico che è totaliter alter di quello al quale siamo abituati. L'etica di gruppo è molto forte in Bangladesh e, in un certo modo, questo ha condotto alla scomparsa della responsabilità personale. Doveri verso il proprio gruppo sociale, sia esso la famiglia, il clan, il villaggio o solo la casta etc, può superare o anche eliminare qualsiasi altra forma di responsabilità personale. Il benessere e gli interessi di un particolare gruppo hanno sempre la precedenza.
È comunque difficile, se non impossibile, parlare in Bangladesh di norme sociali. Il tentativo del governo del Bangladesh di andare verso un'etica islamica come àncora di salvataggio per la società del Bangladesh può essere visto, in questa luce, come un tentativo di costruire un ethos sociale, che manca del tutto. Stiamo qui parlando di una specie di relativismo etico il cui significato è difficile da comprendere.
È anche possibile che in Bangladesh, come in tutto il sub-continente indiano, il concetto stesso di persona non sia stato sufficientemente sviluppato. La persona richiede in qualche modo il concetto di uguaglianza, e in particolare di uguaglianza etica. Anche su problemi così fondamentali come il diritto alla vita, un Brahmino e un Sudra non sono sullo stesso piano. I "titoli" di un Brahmino sono mille volte superiori a quelli di un Sudra. In una società gerarchica come Bangladesh la nozione di persona come un essere umano non è stata elaborata filosoficamente. Il concetto di persona esiste come un dato di fatto, ma solamente come una categoria relativa.
Noi abbiamo tanti concetti relativi alle persone quanti sono i gruppi in una società. I diversi concetti sono specifici per un gruppo specifico e non costituiscono una categoria universale. In questo senso, è difficile per noi riconoscere un ethos nazionale nel Bangladesh o una serie personale di valori universalmente validi. Paradossalmente, se il concetto di persona non è filosoficamente sofisticato, lo stesso non può dirsi per il concetto di individuo.
C'è forse una logica per questo. In una società gerarchica, dove moralità di gruppo ha la priorità, è importante per l'individuo emergere. Nonostante la teoria delle caste, come codificata nei dharmasastras e delle regole fisse, c'è una lotta continua fra i membri di un gruppo in una società gerarchica, così come con i membri di altri gruppi, per arrampicarsi sulla scala sociale. E come risultato di questa lotta ne risente anche l'etica di gruppo.
Infatti il continuo cambiamento delle gerarchie sociali conduce ad un relativismo etico. La moralità di ieri potrebbe non essere più appropriata per oggi o domani. Nuove classificazioni generano nuove appartenenze, e nuove appartenenze generano nuovi, o differenti, comportamenti etici. Estremizzando questo ragionamento, questa logica rimuove la consistenza già scarsa dell'etica di gruppo, stabilendo infine che è l'individuo l'unico riferimento per la propria moralità. Come teoria e prassi, la solidarietà non sembra avere radici in Bangladesh. Questo spiega anche perché ideologie comuniste non hanno avuto una grande espansione in Bangladesh o nel sotto-continente indiano.
La cultura gerarchica della terra ha impedito lo sviluppo di coscienza di classe. Addirittura oggi, possiamo osservare come milioni di persone povere sono incapaci di unificare i loro sforzi e sfidare il dominio di una piccola élite.
Alcuni dicono che il relativismo etico, insieme ad un eccessivo individualismo osservato dagli stranieri nel Bangladesh sono causati dalla assoluta povertà e dalla conseguente lotta per la sopravvivenza. La povertà economica non produce però necessariamente anche una povertà morale.
Conflittualità e conflittualità etica, nella società del Bangladesh, sono più probabilmente originate da una cultura gerarchica, il cui individualismo impedisce qualsiasi genere di agglutinazione ideologica fra le persone, sia essa etica o politica. Questo inoltre potrebbe essere il vero scopo, non dichiarato, di tale sistema etico.
Per questo, anche religioni egualitarie come Cristianesimo e Islam, una volta penetrate nel sub-continente indiano, sono state incapaci di rovesciare le gerarchie e, invece, si sono anche loro "impaludate" in una cultura di casta, vittime della propria vittoria.
Estetica
La questione dell'estetica in Bangladesh è piuttosto complessa per due ragioni interconnesse. In primo luogo, la struttura gerarchica della società del Bangladesh, e la risultante stratificazione in molteplici strati culturali, rende difficile identificare un ethos estetico generale. In secondo luogo le osservazioni fenomenologiche che proporrò sono fondamentalmente applicabili alle falde basse della società del Bangladesh, di cui ho esperienza più diretta. La loro validità generale sarebbe aperta ad una eventuale discussione.
Apparentemente i Bangladesi non sono interessati alla bellezza come tale ma a ciò che è bello. Bellezza è una nozione astratta e, come qualsiasi altra estrazione, non è attraente. Luoghi di bellezza istituzionalizzata come musei e gallerie d'arte non sono frequentati, né opere d'arte come dipinti, edifici, film o musica sono particolarmente apprezzati. La bellezza socialmente riconosciuta rimane qualcosa per le élite occidentali o di quelle delle città.
I pochi monumenti storici che sono rimasti sono lasciati alla distruzione del tempo (e degli uomini) senza la minima preoccupazione. La bellezza in Bangladesh si riferisce fondamentalmente alla vita e alla natura, in multiformi manifestazioni.
La bellezza in Bangladesh è inoltre, sopratutto, il colore. Colori brillanti, accesi, forti si trovano dappertutto dai sari delle donne, ai muri di case e alla vegetazione prodiga. Tutte le tonalità di rosso e di verde sono dominanti. E sono le donne l'incarnazione della bellezza del Bangladesh. Avvolte nei loro coloratissimi sari, sono in qualche modo la manifestazione vivente di un senso di bellezza antica. Utilizzando quanto richiesto dal parda (vedere il capitolo "La famiglia" Banglanews 181), le donne fanno in modo di mostrare la loro bellezza…. nascondendola. Le donne ricche possono indossare vestiti costosi, ma anche le donne povere non sono meno eleganti o belle nel loro misero, ma sempre colorato, abito. L'esuberanza della natura è esattamente riflessa nelle donne del Bangladesh.
Non sembra comunque, stranamente, che la bellezza della natura divenga fonte di estasi o contemplazione. Queste attività mentali sono diluite in un genere di atteggiamento istintivo fra le attività di situazioni di vita di ogni giorno. Non ho mai visto un Bangladese contemplare il tramonto infuocato di tante serate bengalesi. Ma quel tramonto rosso, comunque, è molto probabile finito nei sari delle donne, o nella allegria delle canzoni popolari.
Il verde intenso delle risaie diviene soltanto fonte di inspirazione per i poeti. Per il Bangladese medio quel verde e la bellezza dei campi stanno soltanto ad indicare un raccolto abbondante. La bellezza, perciò, è collegata ai suoi risultati pratici. I campi verdi sono una fonte di esaltazione e gioia perché loro indicano abbondanza futura. Forse in Bangladesh la vita è bellezza e la bellezza è vita. E la bruttezza è morte.
C'è, comunque, qualcosa che sembra sfuggire al collegamento tra bellezza e le sue conseguenze pratiche. I Bangladesi sono molto attaccati alla poesia e si può davvero dire che l'anima bangladese è poetica. Molti scrivono poemi ma praticamente tutti amano ascoltare per ore recite e canzoni. Questa è una pratica molto popolare che coinvolge sia le caste alte che le basse, musulmani e indù, giovincelli e adulti. Le canzoni dei Baul, composte e recitate da uomini o donne con una nota preparazione religiosa, appartengono ad un particolare genere musicale e poetico che piace a tutti. Parlando di problemi umani e universali, queste canzoni vanno davvero oltre le barriere dogmatiche delle varie religioni e di qualsiasi genere di settarismo. La loro musica non è molto raffinata, in quanto non è importante come le parole che accompagna.
Gli strumenti musicali sono piuttosto semplici: tamburi e ektara (uno strumento tradizionale a corda) è tutto ciò di cui i Baul hanno bisogno per le loro canzoni. I loro temi sono presi dalla vita di ogni giorno e dalla natura, oltre che dai lavori agricoli. Queste ballate appartengono a tutti, nel senso che ognuno può trovarvi riflessa parte della sua vita. Ascoltarle è come guardando il lento avanzare di un carro di buoi o il lento scorrere di un fiume. La Jattra è un genere di teatro popolare recitato all'aperto, è un altra forma di divertimento pubblico estremamente riuscito.
Sebbene televisione e sale cinematografiche abbiano invaso anche i villaggi più remoti del Bangladesh ed abbiano in qualche modo diminuito l'importanza di queste forme piuttosto sofisticate di arte popolare, le Jattra presentano storie tratte dalla mitologia indù dove dei, dee e creatura umana interagiscono liberamente in questo mondo. Chi le guarda finisce prima o poi di identificarsi con qualche personaggio. Gli spettatori reagiscono come se lo spettacolo rappresentasse la realtà e non poche volte attori costretti a rappresentare personaggi cattivi e poco graditi sono stati violentemente malmenati. Pian piano cinema e televisione stano sostituendo queste rappresentazioni. Il mezzo è cambiato ma, fondamentalmente, i temi e la partecipazione del pubblico è rimasta la stessa. Le trame dei film sono piuttosto ripetitive. Di solito si parla di una storia d'amore, di un personaggio cattivo e di un finale con la sconfitta del cattivo e col trionfo dell'amore. Apparentemente le persone sono in cerca di emozioni e, più forti sono, meglio è. Un buon film è uno che fa piangere tutti. Sembra quasi che ci sia una sorta di continuità tra la vera vita e lo spettacolo. Quanto viene rappresentato sul palcoscenico e quanto avviene nella vita reale vengono ad essere così interconnessi che nessuno può fare a meno di partecipare.
La bellezza in Bangladesh è la totalità di vita esperimentata nella sua interezza senza soluzione di continuità tra la vera vita e quella raccontata, tra naturale e soprannaturale, tra umano e divino, ecc. Un'altra particolare forma di arte popolare che è possibile vedere in tutto il paese, è quella rappresentata dalle decorazioni dipinte su autocarri, autobus e rickshaws. Come gli altri paesi nel sub-continente indiano, ai Bangladesi piace decorare questi mezzi di trasporto. Scene di vita del villaggio spesso vengono dipinte con colori brillanti.
Il giallo di solito è il colore di fondo per gli autocarri, su cui vengono dipinte scene prese dalla vita dei campi. Talvolta vengono aggiunte figure geometriche spesso inframmezzate da qualche frase religiosa, in arabo o bengali. Il rickshaws, sebbene molto più piccoli, sono similmente decorati. In qualche modo, le scene bucoliche di Bengala rurale sono portate sulle strade e nel bel mezzo della vita urbana, con questo sistema. La bellezza in Bangladesh deve essere guardata nella relazione tra l'uomo e la sua terra, il suo suolo.
C'è, comunque, qualcosa che rende l'estetica bangladese difficile da capire. La bellezza, in Bangladesh, è in qualche modo qualcosa di contestualizzato. Essa non è di comprensione generale ma relativa, ed è prima di tutto individualizzata in una persona, e nelle sue immediate, sociali o naturali vicinanze. Sembra infatti che qualcosa che non sia direttamente riferito ad una particolare persona non è nemmeno oggetto delle sue considerazioni estetiche. Per esempio i Bangladesi si prendono tradizionalmente buona cura delle loro case. Le decorano con disegni e poster, le tengono pulite e puliscono frequentemente le mura con sterco di vacca diluito. Ma questo, comunque, non impedisce le stesse persone dal buttare appena fuori dalle mura di casa i propri rifiuti. Ciò spesso è un contrasto tra case pulite e ben tenute e, in mezzo a loro, dei maleodoranti mucchi di rifiuti. Questi comportamenti possono essere osservati in tutti i livelli della popolazione. Similmente, è piuttosto comune per i Bangladesi buttare via qualsiasi cosa dove si trovano e così buste di plastica, pacchetti vuoti di sigarette, rifiuti sono sparsi dappertutto e senza alcun rimorso.
Questi contrasti impressionanti sono maggiormente evidenti in un ambiente urbano dove la maggior disponibilità di beni ha anche aumentato la quantità di rifiuti. Edifici pubblici, ospedali, uffici governativi sono posti in cui praticamente pulizia ed igiene non esistono. Professori, dottori, funzionari si recano al lavoro con i loro vestiti immacolati, senza preoccuparsi di calpestare spazzatura di ogni tipo e di lavorare in un ambiente poco pulito.
Non pretendendo di capire questa paradossale realtà, si potrebbe forse dire che per i Bangladesi la bellezza non è un attributo statico delle cose, ma la caratteristica dinamica del transformabilità della natura. Forse la bellezza non è nemmeno una caratteristica delle cose ma solamente dell'occhio umano che le vede; immondizia e sporco possono certo essere sgradevoli ma, se non entrano nella sfera personale, nessuno se ne cura.
Resta comunque la contraddizione tra l'amore per la natura dei Bangladesi, confermata anche dalla ricca letteratura e la sconsiderata distruzione dell'ambiente sociale e naturale. Il colore dei cumuli di spazzatura (e, peggio, il loro nauseante odore) mal si accorda al brillante colore dei sari delle donne.