Com'è cambiato l'amore in quarantena?
Questa è stata una domanda ricorrente nei mesi scorsi: psicologi, scienziati e opinionisti di tutti i generi si sono impegnati a fornire delle risposte e delle soluzioni alla crisi dell'affettività, allo sconforto e all'insoddisfazione emotiva dovuta al distanziamento sociale.
Amici, amanti, congiunti: l' "altro" si è fatto inavvicinabile e la tenerezza è diventata un bene di lusso per pochi.
Ma siamo sicuri che "prima" le cose andassero diversamente?
Ripercorrendo le questioni più sensibili emerse durante il lockdown, ci troviamo ora ad affrontare quella della distanza. Ma più che uno sconvolgimento totale delle nostre abitudini, questo sembra essere il risultato estremo di una progressiva digitalizzazione dell'emotività che ha investito, negli anni, ogni nostro legame affettivo.
Mentre ci affaccendiamo per realizzare l'ideale romantico "da film", mentre ogni nostro sforzo è teso all'approvazione e alla richiesta disperata di una dimostrazione d'affetto da parte dell'altro, questo termine "amore", diventa sempre più sbiadito e lontano.
L'abbiamo trangugiato, masticato e rimasticato così tante volte che quello che ci rimane è una massa informe e compatta: un chewingum ingombrante e insapore, di cui non risciamo a sbarazzarci.
Le immagini che ci hanno affollato la vista per tutto il corso della nostra vita hanno definitivamente preso il sopravvento. Ed ora, quelle icone consumate che hanno animato i nostri sogni e nostre più profonde aspirazioni sono diventate ciò che chiamiamo, appunto, "Amore".
In cosa consiste oggi questa parola? Esiste un immaginario comunemente definito "romantico"?
Se esiste, per Francesco Vezzoli risiede nel mezzo mediatico. Cinema, televisione, internet, social network: questi sono i più grandi creatori di simbologie collettive. E se questi sono gli autori degli immaginari che muovono la sensibilità collettiva, è proprio dentro di essi che dovremmo ricercare la risposta alle nostre domande.
Francesco Vezzoli nasce a Brescia nel 1971. Attualmente vive e lavora tra Milano e New York.
Il suo principale mezzo espressivo è costituito dal video, che spesso ha come protagonisti icone pop o star televisive. Vezzoli effettua una sorta di rimeditazione e di rielaborazione dell’effimero mediatico senza rinunciare a citazioni dal cinema colto.
Comizi di Non Amore è un opera che Francesco Vezzoli ha realizzato per Fondazione Prada nel 2004 come parte de La Trilogia della Morte, un progetto ispirato a due lavori cinematografici di Pier Paolo Pasolini: Comizi d’amore (1965) e Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975).
Concepito come una sorta di reinvenzione linguistica del documentario pasoliniano Comizi d'amore, un sondaggio svolto sul campo che mirava a ricostruire le opinioni comuni degli italiani su sessualità e amore, l'opera di Vezzoli ricrea un territorio psicologico nel quale il pubblico viene spinto a parlare di sé e delle proprie riflessioni sulla coppia e sulla relazione amorosa.
Ispirato ai reality show contemporanei il video è costruito e montato secondo i canoni della televisione popolare.
Comizi di Non Amore sembra una vera produzione televisiva, proposta senza distacco critico o volontà polemica. Se nel film di Pasolini il regista entra in prima persona nel proprio reportage, Vezzoli si pone all’estremo opposto, traducendo così il cinema-verità degli anni Sessanta nel reality show degli anni Novanta.
Nel 2020 l’artista realizza Love Stories un progetto avviato l’11 maggio scorso sulla pagina di Fondazione Prada.
Con “Love Stories” Vezzoli si appropria delle strategie comunicative di Instagram, e in particolare della funzione sondaggio delle stories, per sperimentare un nuovo territorio di condivisione di idee, visioni e impressioni sull’amore, il sesso, l’identità, il corpo, la solitudine, l’appartenenza, l’alterità e il futuro.
I follower di Fondazione Prada, e in più in generale gli utenti di Instagram, sono stati invitati, story dopo story, a scegliere tra due possibili opzioni, ad accettare la logica binaria e forzatamente semplificatoria dei sondaggi, e a partecipare a un gioco solo apparentemente frivolo.
L’indagine è stata ideata attraverso la formulazione di oltre 50 sondaggi, che incanalano in due opzioni contrapposte il comune senso di romanticismo attuale: Immagini cult di film, coppie famose e di grandi fotografi si susseguono nella pagina della Fondazione, chiamando gli utenti a realizzare una nuova definizione di "Amore".
Una “decostruzione e ricostruzione” del linguaggio di Instagram: "la digitalizzazione ha radicalmente cambiato il nostro modo di fruire le cose, così come quello di incontrarci, forse anche di fare l’amore, e sicuramente di comprare i vestiti, perché non si provano più nei camerini ma si guardano sullo schermo. Se parliamo di “approccio digitale” dobbiamo considerare, che stiamo usando un mezzo nuovo, quindi dobbiamo fare un’opera d’arte usando il medium", spiega sulle pagine di Artribune l'artista.
I sondaggi propongono ogni settimana un nucleo tematico liberamente ispirato a un’aria tratta da opere liriche di compositori italiani come Vincenzo Bellini, Giacomo Puccini, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi, e dal Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, in omaggio a Pasolini, che aveva usato questo brano musicale come commento sonoro per Comizi d’amore.
Alla fine di ogni settimana i risultati dei sondaggi vengono commentati da una personalità del mondo della cultura, dell’arte, del giornalismo e della televisione. Attraverso un testo, un video o un altro contributo creativo ognuno di loro cerca di decifrare le risposte, interpretare le disposizioni d’animo e le emozioni dei partecipanti, abbozzare un ritratto parziale di una comunità di persone unite in questo momento storico da condizioni esistenziali come incertezza, sospensione e desiderio di ripartenza.